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Autore: Darik    01/10/2007    4 recensioni
Qualcuno è in agguato tra le nevi e i ghiacci. Un qualcuno freddo quanto loro, ma molto più pericoloso. Nota: questo racconto si colloca dopo FMP The Second Raid.
Genere: Azione, Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Operazione Hunting'
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OPERAZIONE HUNTING - 3° PARTE

LA MORTE DI METALLO

ANTEFATTO

QUALCHE MESE PRIMA

Nonostante la presenza di numerose apparecchiature che sembravano uscite da un film di fantascienza, un silenzio quasi tombale regnava in quel laboratorio.

Al suo centro, quello che sembrava un sarcofago, di color grigio acciaio.

Sulla parte superiore del coperchio c’era una fessura larga qualche centimetro e illuminata da una luce verde fluorescente.

Due uomini in tuta da lavoro entrarono nel laboratorio, fermandosi vicino al sarcofago.

“E cosi, eccola qui la tanto decantata Arma Suprema” esordì uno dei due.

“Considerando la complessità del progetto, la sua realizzazione è stata piuttosto rapida” rispose l’altro.

“Questo perché il progetto originale era già pronto da tempo. Solo che serviva il soggetto giusto. Non si poteva mica usare uno qualunque”.

Il secondo uomo osservò dalla fessura sul sarcofago il soggetto della loro discussione.

“Però senti una cosa, tutti la definiscono l’Arma Suprema. Ma perché esattamente? Sono stato trasferito in questo laboratorio da poco, e conosco solo la sua principale caratteristica fisica. Per il resto, cosa sa fare?”

L’altro sorrise e fece cenno al compagno di seguirlo.

Arrivati davanti ad uno schermo, attivò uno schermo e premette alcuni pulsanti.

Partì una registrazione.

“Questi sono alcuni dei test di collaudo della nostra Arma Suprema”.

Il secondo uomo osservò con attenzione quelle immagini che mostravano una figura incappucciata in azione, e la sua espressione divenne un perfetto esempio di cosa fosse lo stupore.

“E’… è incredibile…”

“Puoi dirlo forte!”

“Ma… ma come può muoversi cosi velocemente?”

“I servomotori inseriti nelle sue gambe le permettono di correre a centodieci chilometri all’ora. E guarda che cosa viene adesso”.

L’uomo che osservava stupefatto quello spettacolo, trasalì.

“Mio Dio… con un solo calcio ha spaccato in due quel mezzo blindato come se fosse di carta! E che salti! E’ cosi veloce che faccio fatica a seguirla con gli occhi!”

“E’ questo era solo il primo tempo. Ora comincia la seconda parte dello spettacolo”.

Altri pulsanti vennero premuti, la registrazione cambiò.

“Questi sono i test di combattimento manuale” spiegò l’operatore.

L’altro osservava come ipnotizzato: “Mostruoso! Tutti quei bersagli mobili… li sta distruggendo a gruppi, uno dopo l’altro… e con quale precisione! Le sue braccia si muovono ad una velocità pazzesca!”

“Eh eh, le sue braccia possono sferrare quattro colpi al secondo. E le sue spade sono realizzate in una lega metallica speciale, ancora più speciale di quella della sua corazza, che già può reggere i colpi di un cannone da 381 ml”.

“Che lega sarebbe quella delle spade?”

“Adamantio*. Virtualmente indistruttibile, taglia qualunque cosa”.

“Davvero impressionante!”

“Se questo ti impressiona” continuò l’operatore ridacchiando soddisfatto mentre chiudeva la registrazione “aspetta di sapere quali sono gli optional”.

“Optional?”

“Certo. La nostra Arma Suprema possiede anche un dispositivo di rilevazione dell’ECS, un minimeccanismo per il Lambda Driver inserito nelle mani e che le permette di convogliare tale energia nelle sue spade, un ECS proprio e un altro dispositivo creato apposta per distruggere gli AS. Il top della Black Technology”.

Sentendo questo elenco di caratteristiche, si poteva credere di stare davanti ad un venditore di automobili.

Ma chi ascoltava era troppo preso dall’essere che stava racchiuso nel sarcofago per pensarci.

“Tuttavia, nonostante queste magnificenze tecniche, è un altro l’aspetto della nostra arma che mi piace di più”.

“Sarebbe?”

“Quello psicologico. La scelta del nome non è certo stata casuale, come pure la scelta del design della maschera. Il suo nome è quello della dea della morte venerata dagli antichi Vichinghi. E la maschera riproduce un volto inumano nella sua fredda impassibilità, quindi molto inquietante”.

“Ma prima non ho visto maschere”.

“Questo perché ora sta chiusa nel sarcofago, quindi la maschera non serve. Ma aspetta di vederla dal vivo”.

Finita la descrizione, l’uomo che l’aveva appena sentita, si avvicinò di nuovo al sarcofago, ma con più cautela.

Osservò ancora attraverso la fessura.

Improvvisamente, con un mezzo grido fece un salto all’indietro.

“Che succede?” domandò l’altro.

“Ha… ha aperto gli occhi, mi ha guardato”.

“Tranquillo. Ha solo ultimato la fase di inattività rigenerativa, una espressione complessa che più semplicemente indica il sonno. Non dimenticare che anche se fuori sembra un robot corazzato color blu notte, dentro quella corazza sono conservati i resti di una persona”.

“Giusto, è un cyborg. Con quello che ho visto prima, l’avevo dimenticato”.

“Bene, terminato il giro di controllo, possiamo andarcene. Ci penseranno gli altri a tirarla fuori da lì”.

I due uomini uscirono dal laboratorio.

“Senti, ma siccome è un cyborg, non c’è il rischio che la sua parte umana possa interferire con lo svolgimento delle missioni?”

“Assolutamente no. Quella non può più provare emozioni, grazie ad appositi microchip inseriti nel cervello. Ricorda gli eventi del suo passato, ma la lasciano indifferente, come se fossero i ricordi di un’altra persona. E’ fredda come un robot. E non vorrei essere nei panni dei nostri nemici”.

“Già, nessuno può sopravvivere alla nostra Arma Suprema, Hela”.

*Adamantio: metallo indistruttibile che esiste nell’universo Marvel. Il suo usufruitore più famoso è Wolverine.

1° CAPITOLO

Il generale Cameron amava l’Italia, che aveva visitato più volte, perchè la trovava piena di arte.

Ma data la sua concezione particolare di arte, non faceva riferimento a chiese, musei e antiche rovine.

No, quella per lui era roba buona solo per esercizi di tiro al bersaglio o come materia prima per gli accampamenti.

A lui piaceva la storia bellica di quel paese, che nel corso dei secoli aveva conosciuto guerre di tutti i tipi.

Inoltre alcuni dei più grandi condottieri e strateghi della storia erano nati lì, o vi avevano operato, dall’età romana fino al secondo conflitto mondiale.

E nei pochi momenti liberi gli piaceva recarsi nei luoghi di quelle grandi battaglie, ricostruendole con la fantasia ed eccitandosi all’idea di calpestare lo stesso suolo calpestato da un Cesare, da un Annibale o da un Kesserling.

Tuttavia, nei suoi attuali due giorni di residenza in Italia, non aveva potuto dedicarsi alle sue passioni.

Perché qualcosa era andato storto in Giappone.

Il generale in quel momento stava osservando alcuni telegiornali giapponesi, che parlavano della violenta battaglia tra AS svoltasi il giorno prima a Tokyo.

Sembravano esserci tutti gli elementi per far scoppiare una crisi internazionale.

Peccato che per far accadere ciò bisognava prima scoprire a chi appartenevano quegli AS con la coda di cavallo.

E il governo e la polizia giapponese brancolavano nel buio.

I cronisti davano per morti i piloti, che invece si erano nascosti in una sede secondaria di Amalgam posta sul territorio giapponese, e avevano già fatto rapporto.

Non avevano comunque detto nulla di nuovo rispetto al resoconto del loro infiltrato, il sintetizoide S: Xiu-Yu Fan era sopravvissuta e stavolta si era ripresentata insieme ad un nuovo mezzo, dalle potenzialità sconosciute ma sicuramente molto elevate.

Questo dimostrava quanto le cose si stessero complicando, ma il quartier generale aveva deciso di continuare lo stesso col piano centrale.

E di trasferire l’ospite altrove.

In fondo la prudenza non era mai troppa.

Il trasferimento però non poteva avvenire subito, prima era necessario trovare un altro posto adatto.

Senza contare che neppure l’operazione poteva essere rimandata, ormai i laboratori erano stati installati lì, avrebbe richiesto troppo tempo smontarli e rimontarli senza dare nell’occhio.

Perciò la base aveva deciso che anche con l’operazione bisognava proseguire secondo la tabella di marcia.

Nel caso ci fossero stati problemi prima del trasferimento o durante l’operazione, avevano mandato qualcuno che aumentasse le potenzialità del loro già ottimo servizio di sorveglianza.

Cameron diede un’occhiata all’orologio.

“Uhm, eppure avrebbe dovuto essere già qui”.

Nell’attesa, infilò nell’enorme televisore digitale che si era fatto portare fin lì un dvd, le immagini dal Giappone scomparvero, sostituite da un documentario, montato dallo stesso Cameron, con alcuni momenti salienti della guerra in Corea.

Quando non aveva altro da fare, non c’era niente di meglio per passare il tempo.

Poi sentì uno spiffero dietro di lui scombinargli i capelli.

Mise una mano all’indietro per aggiustarseli, e toccò un corpo solido.

“Sei arrivata finalmente”.

“Scusi il ritardo” rispose una voce femminile dal sottofondo metallico.

“La missione è semplice: fino a quando dovremo restare qui dovrai assicurati che niente e nessuno provochi problemi. Il nostro nemico è molto determinato e molto ben attrezzato”.

“Intesi”.

“Sei stata informata sulla identità del nemico. Spero non ti crei problemi”.

“No. Assolutamente”.

“Allora vai. Io vi raggiungerò poi”.

E un secondo dopo, Cameron era nuovamente solo.

Il cielo scorreva velocissimo attraverso il vetro del finestrino, ma Yu Fan era troppo concentrata sul trovare un luogo in cui atterrare.

“Puoi essere orgogliosa di me” disse KITT “Ho calcolato una rotta che ci ha permesso di arrivare a destinazione in nove ore. Ti suggerisco di usare l’ora che abbiamo guadagnato per riposare”.

“Non ho tempo per riposare” rispose Yu Fan.

“Mi permetto di insistere. Da quando siamo tornati dalla missione in Giappone, non hai chiuso occhio. E abbiamo appena concluso un viaggio estenuante. Io ho potuto ricaricare le mie celle energetiche, ma tu…”

“Alla pagoda ho meditato. E’ più che sufficiente per riprendere energie”.

“Ti faccio notare che il rallentamento delle funzioni vitali permette un recupero energetico, ma non vale quanto una sana dormita”.

“Durante le missioni per il sensei, io e mia sorella sopportavamo di peggio”.

“Non è un buon motivo per non riposare, avendone la possibilità”.

“Ora basta. Atterriamo”.

L’aereo atterrò in una zona isolata piena di boschetti e grossi ammassi rocciosi, ponendosi al riparo di essi.

Yu Fan disattivò l’ECS, che ormai rischiava di surriscaldarsi, dopo un utilizzo di nove ore comunque necessario per attraversare dalla Cina all’Italia cosi tanti spazi aerei nazionali senza essere intercettati.

“KITT, dimmi quanto manca per il centro abitato più vicino”.

KITT non rispose.

“KITT?”

“Sono programmato per badare anche alla tua salute. Non ti dirò niente se prima non ti riposi”.

Yu Fan fece per replicare, ma si rassegnò.

“E va bene, tutto pur di non sentirti più nel ruolo di balia”.

Yu Fan reclinò il sedile e si addormentò.

“Gradiresti una ninna nanna?” domandò KITT.

Per tutta risposta, la ragazza tirò un calcio al quadro comandi dell’aereo.

“Ho capito, sto zitto”.

  
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