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Autore: PrincesMonica    01/10/2007    3 recensioni
E' la prima FF di una serie di tre. Piccola conversazione di Wesley con una Faith in coma dopo i fatti di “Graduation Day”.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Wesley Wyndam-Pryce
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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CONVERSATION WITH A COMA PEOPLE

Era stanco e dolorante. La battaglia contro il Sindaco era terminata per il meglio, ma per Wesley era stato necessario passare un paio di giorni in ospedale. Si era slogato una spalla ed, in più, era stato ferito all'addome. Per fortuna tutto era facilmente curabile anche a casa. Certo, ad averla una casa: aveva chiamato il Consiglio appena era riuscito a tenere in mano il telefono e si era sentito dire che erano piuttosto delusi dal suo comportamento. Non solo Buffy non aveva voluto seguire gli ordini, cioè non salvare Angel, ma aveva messo a serio rischio la protezione del mondo. Se lei fosse morta donando il proprio sangue, chi avrebbe combattuto per il bene? Faith? Non scherziamo, lei era in combutta con Wilkins, di sicuro non avrebbe cambiato sponda.

Wesley finì di mettersi una lente a contatto: purtroppo i suoi amati occhiali erano andati in frantumi durante la lotta e se voleva uscire di lì senza spalmarsi su qualche lettino o carrello, doveva premunirsi di altro, le lenti, quindi. In ospedale gliene avevano dato una piccola scorta. Le infermiere si erano impietosite di quel ragazzo completamente solo, che non riceveva visite, fiori o telefonate da chicchessia. Era come se fosse solo al mondo e così Wesley si sentiva in realtà, Solo e disperato: suo padre si era talmente vergognato di lui, da evitarlo perfino al cellullare. Buffy non si era degnata di mandargli un saluto, troppo presa dalla fine del liceo e del suo amore per pensare che qualcuno potesse stare male. E neppure Giles sembrava volergli far visita. Sperava che almeno lui, ex osservatore ed in fondo buon uomo, si interessasse un po' delle sue sorti. Invece no...solo.

Uscì dal piccolo bagno finalmente pronto. Le infermiere gli avevano dato un paio di Jeans ed una camicia e, nonostante non si sentisse perfettamente a suo agio in quei panni, dovette ammettere a se stesso che stava piuttosto bene. Si modellò i capelli neri all'indietro sperando di tenerli fermi, poi prese una piccola valigetta e iniziò a camminare per i corridoi.

Ciò che non aveva ancora detto al Consiglio, era la sorte di Faith. Oh, sapeva che di sicuro Giles li aveva avvertiti, ma lui non si era sentito di parlarne. Non essere riuscito a trattenere Buffy non gli fregava poi molto. Non era la sua Cacciatrice, era quella di Giles e se a lui andava bene così, non era certo lui a dire qualcosa in merito. Ma Faith Lehane sì che era la sua Cacciatrice. Dopo la Post era passata a lui, aveva delle responsabilità verso di lei e non era riuscito a tirarla fuori dal guai. Ammise con se stesso che forse non si era comportato benissimo, forse avrebbe dovuto ascoltare più il suo cuore e meno il regolamento del consiglio, ma, purtroppo, non poteva tornare indietro per sistemare le cose, quindi doveva tenersele così com'erano.

Arrivò davanti ad una piccola tenda tirata: una parte di se aveva paura di vederla, paura di rendersi conto fino in fondo cosa era stato della sua ragazza, della sua Cacciatrice. Poi con un gesto lento, tirò la tenda e la vide.

Faith era distesa su un letto candido e faceva concorrenza alle lenzuola per quanto pallida era. Spiccavano ancora alcuni lividi bluastri dovuti alla lotta contro Buffy. Dal braccio partivano una serie di canule per le flebo e l'elettroencefalogramma dava qualche segnale ogni tanto. Era in coma. Quella parola continuò ad aleggiare nel cervello di Wesley anche mentre si sedeva vicino a lei su una sedia.

Entrò una infermiera piuttosto stupita di trovarlo lì: non l'aveva mai vista, ma in fondo lui era stato ricoverato in tutto un altro reparto.

“Oh, non mi aspettavo una visita.” disse lei.

“Spero di non disturbare.”

“E' il suo ragazzo?”

“Oh no...diciamo che sono un conoscente.” La donna prese a controllare i vari sacchi delle flebo e sorrise a Wesley.

“Sa, lei è il primo che viene a salutarla. Poverina, è tutta sola.” Wesley evitò di dire alla giovane ragazza che Faith si era fatta tabula rasa attorno a se per il carattere così poco amabile. In fondo sarebbe stata una discussione troppo lunga e lui non aveva voglia di parlarne e di rivangare tutto. Annuì semplicemente guardando Faith che non muoveva un solo muscolo. Il cuore dell'Osservatore si strinse a vederla così: sembrava sul serio indifesa. Era così piccolina che non arrivava in fondo al letto, sembrava una piccola bambola di porcellana, terribilmente bella e fragile.

L'infermiera uscì dalla stanza lasciandoli finalmente soli. Con un leggero timore, lui prese la mano di Faith tra le sue. Si sorprese a sentirla calda.

“Ciao Faith.” Iniziò leggermente titubante. Sapeva che lei forse non poteva sentirla, ma voleva comunque provare. “Come stai? Umph, domanda decisamente sciocca...sei in coma, di sicuro bene non starai.” Sospirò pesantemente perdendosi un attimo seguendo la linea dell'elettrocardiogramma...Il suo cuore batteva forte e senza esitazioni. “Sto per andarmene da Sunnydale. Non ho più nulla che mi leghi a questo posto e sinceramente ne sono sollevato. Non è una città che mi piace, Sunnydale. Ci saresti tu, ma il Consiglio mi ha...licenziato. Eh sì, fa ridere vero? Ho cercato di essere il miglior osservatore che potessero trovare, fallendo miseramente. Comunque, non parliamo del consiglio, quelli sono fatti miei e a te non credo interessino. Sono venuto qui per scusarmi con te, Fatih. E' tutta colpa mia se sei distesa su questo letto senza sentirmi. Se io fossi stato un uomo migliore e non solo un osservatore migliore, avrei potuto capirti meglio e avrei potuto salvarti dalle grinfie di Wilkins. Tu volevi solo qualcuno che si prendesse cura di te, qualcuno che ti trovasse unica e non una ruota di scorta di Buffy. Nessuno di noi ha capito questo: Buffy prima di tutto e tu hai fatto l'unica cosa che lei non avrebbe fatto mai, uccidere un innocente. Oh Faith, che errore non è stato questo? Tu sei speciale anche senza l'omicidio sulle tue piccole spalle.” Sospirò per l'ennesima volta. “Tu non sai quanto sei bella e forte, quanto ti invidio per la tua libertà, eppure non ti sei mai sentita veramente unica...perchè?”

Accarezzò con le dita la pallida mano della ragazza continuando a guardarla con i suoi occhi azzurro cielo.

“Alla fine sono riuscito a capirti, a capire la tua solitudine, il tuo essere diverso. Scusa se ci ho messo così tanto per farlo, ma ora so che cosa hai provato e perchè ti sei fatta guidare dai tuoi sentimenti oscuri.” Sospirò di nuovo, per poi prendere una grossa boccata d'aria. “Diventerò un uomo migliore, Faith, un uomo di cui tu potrai essere orgoglioso. E quando ti risveglierai, e lo so che ti risveglierai, ci vedremo ancora e sarà tutto diverso, te lo prometto.”

Vide che i suoi battiti avevano accelerato la corsa, la macchina non mentiva, e quindi Wes sperò con tutto il cuore che lei avesse sentito le sue parole. Prese dalla sua piccola valigetta un sacchetto di pelle nera, lo aprì e fece uscire una piccola collana di argento antico, con un rubino come pendente.

“Questo era di mia nonna, Faith. Me lo sono sempre portato dietro in suo ricordo, un po' come portafortuna. Credo che ora serva più a te che a me. Me lo ritornerai quando ci rivedremo.” Gliela legò al polso, facendoci parecchi giri, visto quanto esile fosse e, prima di uscire definitivamente, le lasciò un piccolo bacio sulla fronte.

Wesley uscì dall'ospedale senza guardarsi indietro. Uscì nello spiazzo delle autoambulanze stando attento di non intralciare i movimenti dei paramedici e prese a pensare su cosa fare nel suo futuro. Infine sorrise.

“Mi sa che mi prenderò una moto.”
   
 
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