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Autore: beencravinmore    15/03/2013    8 recensioni
Mi chiamavano Greace, ero un ragazza, forse, tormentata dal passato. Pensavo che bastasse un foglio di carta per risolvere tutti i problemi. Come ho fatto a non capire che ne avrebbe creati altri? Come uno dall'aspetto di un angelo biondo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non pioveva fortunatamente, perchè io non avevo l'ombrello. Arrivai davanti al bar all'angolo, come deciso. Puntuale, senza un minuto di ritardo; lui non c'era. Continuavo a guardarmi intorno, per vedere se arrivava, se lo vedessi apparire da qualche parte. Dopo cinque minuti che aspettavo vidi un ragazzo che girava l'angolo. Occhiali scuri, ma senza cappuccio. Avrei giurato che se lo sarebbe messo, pensavo che una star andasse in giro così, ma nessuno vorrebbe farsi notare mettendosi un cappuccio. Dovevo ricordarmi che era una recita messa in piedi dal mio datore di lavoro, dovevo ricordarmi che niente era reale e che probabilmente nessuno si sarebbe accorto di quel semplice dettaglio.

“papà non è vero che la nonna ci porterà al parco, vero?”
“chi te lo dice tesoro?”
“la sua voce: ha soffiato e poi ha risposto che lo avrebbe fatto, ma con svogliatezza”
il sorriso benevolo di mio padre
“non ti sfugge niente, piccolina”
il sorriso timido, ma triste di sua figlia

Sfortunatamente per i bugiardi io ero troppo concentrata sui dettagli che sul resto della realtà; mio padre diceva sempre che avrei potuto fare la psicologa, magari criminale, diceva che sarei stata brava negli interrogatori: capivo sempre chi mentiva. Chissà se però sapevo mentire bene come sapevo riconoscere chi lo faceva.
Si avvicinò a me in silenzio, un suo gesto brusco mi riportò alla realtà.

-siamo in due a non aver voglia, sorridi.

Forse non era un buon inizio, ma non mi venne in mente altro che non fosse una frase stizzita e arrogante; non so perché, ma lui non mi inspirava nessuna simpatia.

-dai entriamo un attimo, voglio prendermi una cioccolata.

Lo tirai per la manica fino dentro il bar; era un locale normale, il piano bar a sinistra con una distesa di bicchieri sul bancone e dietro le bottiglie sistemate dalla più alcolica alla meno alcolica; il bancone e le sedie di legno scuro, quattro piccoli lampadari che escono dal soffitto e penzolano giù. C'ero già entrata con mio padre in quel bar.

“cosa vuoi principessa?”
“papa, sai che non puoi chiamarmi così.”
“scusa, cosa vuoi cara?”
“della cioccolata si può?”
“certo che si”
“le porto subito una cioccolata per la principessa”
“non mi chiami così, perfavore”

Era un po' diverso a quei tempi, sperai che la cioccolata fosse come allora, così avrei potuto ricordarmi non solo dell'odore che proveniva dalla tazza, ma anche quello che proveniva dai vestiti di mio padre seduto davanti a me quel giorno.

-tu per caso mangi solo cioccolata?

-tu per caso hai qualcosa in contrario?

 

****

-no niente in contrario, stavo solo chiedendo, non si può?

Alzai gli occhi su di lui, il mio lavoro non mi piaceva affatto per il momento.
Mi avvicinai al bancone.

-si può avere una cioccolata, per favore?

Il barrista sorrise. Era un uomo non più giovane, con i capelli e la barba bianca. Gli occhi celesti facevano a cazzotti con tutto il resto. Dava l'impressione di essere un principe azzurro invecchiato e che aveva messo su qualche chilo. Ricordo che sorrisi al pensiero.

-e adesso che hai da sorridere?

Scossi la testa, non gli risposi, mi chiedevo perchè avrei dovuto. L'odore di cioccolata mi invase le narici.

-si sieda pure ad un tavolino, signorina, gliela porto io.

Sorrisi di nuovo e feci un mezzo inchino. Sentii una risatina. Ricordai allora perchè mi sembrava tanto un principe. Ricordai quando quel giorno nel bar mi chiamò “principessa”. Non si scordano persone che da piccoli ti hanno colpito così tanto. Si, quell'uomo un po' invecchiato, quel giorno con mio padre, aveva i capelli biondi e i modi di fare di un gentiluomo, bellissimo e con una voce profonda e sincera, ma soprattutto calda, che ti faceva sentire al sicuro.

-sediamoci qua.

Mentre mi perdevo nei miei pensieri, come al solito, sentii la mano del ragazzo che lì per lì mi ero dimenticata di avere accanto. Mi spinse verso una sedia.

-perchè quel mezzo inchino, dai, era imbarazzante.

-perchè ti interessa tanto quello che faccio, prima ti lamenti perchè bevo solo cioccolata calda e ora perchè faccio inchini, la vuoi smettere?

-ecco la cioccolata, signorina

-grazie

"ecco la cioccolata, principessa"
"papà neanche lui con quella bella voce può chiamarmi così glielo vuoi dire"

Mi misi a bere la cioccolata, mentre con gli occhi sopra il bordo della tazza osservavo la persona che mi stava di fronte. Calò il silenzio, dopo l'ultima cosa che avevo detto si era leccato le labbra e aveva semplicemente sorriso chiudendo un pugno che poggiava sopra il tavolo.
Posai la tazza ormai vuota sul tavolo.

-allora...

-non importa davvero che tu parli, basta che ci vedano insieme

Lo guardai un attimo, poi feci un mezzo sorriso. Si toccò le labbra con due dite percorrendo due volte il bordo del labbro inferiore, come a pulirle di un qualcosa che in realtà non c'era, deformandone la linea. Alzò le sopracciglia, come se fosse d'accordo.

-però, potremmo rendere questo pomeriggio un po' più piacevole non trovi?

-se lo dici tu, che bel lavoro che ho scelto.

Sbuffò.

-quello scocciato dovrei essere io, capisci?

Gli sorrisi falsamente.

-ok, facciamo come vuoi tu, rendiamo un po' più piacevole questa cosa.

-Writer's corner:
scusate la cortezza del capitolo, ma ho avuto tanto da fare
suprattutto con la scuola, non mi lasciano un momento in pace

  
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