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Autore: Water_wolf    16/03/2013    5 recensioni
Avete presente quelle storie che parlano di angeli? E quelle sui quattro elementi? Ecco, prendetele e buttatele nel cestino perché questa fanfiction non ha nulla a che vedere con la normalità. Perciò, ecco gli ingredienti per questa storia:
-Un angelo rincorso in metro
-Una quindicenne sempre in ritardo
-Una Milano piovosa
-Una sana dose di divertimento
-Tre cucchiai di buona musica
-Cavolate q.b
-Magia in abbondanza
-Quattro Elementi strampalati
-Una missione da compiere
-Un pizzico d'amore (attenzione a non esagerare!)
[Cap. 6 “Prendi appunti coscienza: quando un padre arrabbiato incontra un ragazzo semi nudo in casa con sua figlia, il ragazzo semi nudo è un ragazzo morto”. Il pugno lo colpì in pieno volto, l’angelo cadde a terra, dal labbro era iniziato a scendere sangue. ]
[Cap. 10 Devi aiutarlo. Devi salvarlo. Corri. Più forte. Va’ da lui. Lui ha bisogno di te. Jonas ha bisogno di te. Quei pensieri, quella consapevolezza, le facevano muovere le zampe freneticamente, mentre i cuore aveva abbandonato il petto già da un po’ per trovare una sistemazione più accogliente in gola. ]
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"You surprised me,
hypnotized me,
Found my weakness,
then you creeped in
Took my heart then,
oh you started
To make my whole world just explode!
Bam, Miranda Cosgrove"


Chiara sbatté la porta di casa alle spalle. Era di umore nero, si potevano quasi vedere nuvoloni grigi sopra la sua testa. Marco la squadrò dal divano. << Dove sei stata? Sono quasi le sette. >>
La quindicenne lo ignorò e si diresse nella propria camera. Il padre la raggiunse, era pur sempre un suo compito badare alla propria figlia. << Dimmelo. >> tuonò sulla soglia.
Chiara si chiuse in un ostinato silenzio, disfece la borsa e poggiò i libri di testo sulla scrivania, facendo particolarmente cura a non rompere l’ampolla che le aveva consegnato la sirena. << Non fare la bambina Chiara, non puoi ignorarmi per sempre. >> insistette.
<< Ma io sono una bambina, come dite sempre per rimproverarmi. >> ribatté acida la quindicenne, senza degnare d’uno sguardo suo padre che stava diventando paonazzo dalla rabbia. Come poteva una ragazzina trattarlo a quel modo?
<< Eri con lui, vero? >> domandò titubante, avendo paura della risposta che sua figlia avrebbe potuto dargli. Chiara si voltò verso di lui e puntò i suoi occhi in quelli di Marco. << Sì. >> sentenziò sforzandosi di mostrarsi decisa.
Un’ombra scurì il viso dell’uomo. Marco la prese per un braccio << Che avete fatto? >>
Chiara sentì il sudore freddo scivolarle lungo la schiena. << Siamo andati in piscina. C’era anche Emilia. >> rispose dura. Il padre parve rassicurarsi un attimo ma invece la colpì a tradimento << L’avete “fatto” quella notte? >> La quindicenne abbassò lo sguardo. << E’ un “sì”? >> la incalzò con la rabbia che gli montava dentro.
La Custode dell’Acqua si riscosse, doveva difendere Jonas o almeno provare che non era uno stupratore. << No. >> capitolò.
Marco le strinse il braccio << Giuralo. >>
A Chiara venne da ridere ma si trattenne e sfoggiò solo un sorriso beffardo. << Perché è così importante che lo prometta? Non credi a quello che dico? E se anche avessi fatto l’amore con lui a te cosa importa? Poteva essere la persona che amavo, quella con cui volevo stare per tutta la vita, e tu lo avresti rifiutato ugualmente. Quindi perché non la smetti di preoccuparti per me e non te ne torni al lavoro? Perché non ritorni da lei? >>
Marco si sentì punto sul vivo. Strinse così forte il braccio di sua figlia che la ragazza non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un gemito. << Non hai il diritto di trattarmi così, capito?! >> sbraitò Marco. Chiara sentì gli occhi umidi e li chiuse pur di non mostrarsi debole di fronte a suo padre. << Mi fai male. Lasciami. >> mormorò.
L’uomo mollò la presa simultaneamente, andò in salotto, prese il cappotto e annunciò << Questa sera non ci sarò a cena, non aspettarmi. >>
Meglio. Con rabbia si diresse in bagno, si svestì velocemente gettando i vestiti sulle piastrelle verdognole e andò nella doccia. Di solito usava la vasca da bagno, preferiva avvertire l’acqua attorno a se, ma quel giorno era troppo irata per aspettare che la conca si riempisse. Aprì l’acqua al massimo della sua potenza e si lasciò bagnare delle gocce guizzanti.
Si accasciò contro la parete e, seduta sul freddo fondo della doccia, urlò. Inveì contro il destino, rese il mondo partecipe del dolore che la divorava da tre anni. Gridò finché la gola non le dolette. Poi, cullata dal getto del doccino, si addormentò.

§
 

<< Ti amo. >> sussurrò Marco, abbracciato ad una donna bruna, bella e formosa.
<< Anch’io. >> rispose quella, regalandogli l’ennesimo bacio di quella serata. Marco si fece prendere dall’euforia e si unì alla bruna ancora e ancora. La donna si staccò da lui e domandò << Hai detto che tua moglie e tua figlia non saranno qui entro domani, giusto? >>
Marco la baciò. << Non ti preoccupare, non c’è motivo d’avere paura.>> Invece ce n’era eccome.
L’orologio scoccò l’una e un quarto quando una chiave si mosse nella toppa. Marco e Celine si erano addormentati, stanchi dopo il fervore di quella notte. Un chiacchiericcio soffuso riempì le stanze. Due voci femminili parlavano del più e del meno, ignare di ciò che era accaduto quella sera.
<< Vado a vedere papà, è così buffò quando dorme! >> disse Chiara, felice. Lei e sua madre erano appena tronate da un week-end in una SPA, vinto partecipando ad uno dei mille concorsi indetti dalle marche famose di prodotti di bellezza.
Per loro fortuna, o sfortuna, a seconda dei punti di vista, riuscirono salire sul primo treno diretto a Milano ed arrivare quella notte. La ragazzina si stupì di trovare la porta socchiusa, di solito suo padre era un maniaco della perfezione.
La scostò giusto quel che basta per far filtrare un raggio di luce che illuminò la camera da letto e individuare due figure e le coperte raggruppate ai loro piedi. Si stropicciò gli occhi, forse la stanchezza le stava giocando dei brutti scherzi. Aguzzò la vista e la vide: la donna bruna che dormiva abbracciata a suo padre. Avrebbe voluto gridare ma non aveva più voce, avrebbe voluto svegliarsi da quell’incubo e ritrovarsi nel letto soffice della SPA.
<< Allora? >> chiese la mamma poggiandole una mano sulla spalla, affiancandola.
Le bastò spostare lo sguardo dalla figlia al letto per comprendere. << Va’ in camera Chiara. >> le ordinò con durezza che mai aveva adottato nei confronti della ragazza.
La dodicenne non si mosse, era impietrita innanzi quella scena.
<< Va’ via! >> gridò la madre spingendola fuori dalla stanza. Chiara corse a rifugiarsi in camera sua, spalancò le ante dell’armadio e si nascose dentro come aveva fatto mille volte da piccola quando c’era qualcosa che la terrorizzava mortalmente. Senza accorgersene scoppiò a piangere; cercava di trattenere le lacrime ma inutilmente, quelle scendevano copiose dai suoi occhi senza il minimo accenno a smettere. Così pianse come un adulto, in silenzio, tra lacrime di rabbia e disperazione. I suoni le giungevano ovattati in quel marasma di vestiti.
Due donne urlavano, una era sua madre, l’altra non la conosceva.
Suo padre tentava di farle smettere. “Zitta Celine!”, “Perdonami Monica…” diceva.
Ma le due non si fermavano, anzi presero a insultarsi più forte. Marco non aveva mai gestito bene la rabbia né tanto meno la tensione.
Fu una svista, perse il controllo per un attimo e lo schiaffo colpì sua moglie in pieno volto, facendole battere la testa contro lo spigolo del comodino.
Celine fu cacciata fuori da casa in gran fretta, i baci e le carezze dell’uomo cui prima si era unita erano solo un lontano ricordo.
Partirono una serie infinita di telefonate, di spiegazioni affrettate alla pattuglia e rumori confusi di sirene. Un medico portò Monica all’ospedale in fretta e furia, Marco fu ammanettato e trascinato via a forza, e Chiara rimase sola, nel silenzio comodo del suo nascondiglio. Non mangiò e non bevve per un giorno intero, poi la vicina si ricordò di lei e la trovò raggomitolata nell’armadio. La porta dell’appartamento era rimasta aperta e col trambusto della notte scorsa nessuno si era accorto di lei.
La donna cicciottella la condusse in ospedale dove sua madre dormiva. Non capiva nulla di quello che stava accadendo ma voleva sapere, nessuno però le badava, la trattavano come una poppante. << Qualcuno mi può dire che cosa cazzo ha mia mamma!? Dannazione! >> urlò il terzo giorno.
Un dottore la squadrò da capo a piedi e la portò in una stanza appartata. Le spiegò la situazione in poche parole semplici: “ha battuto la testa…è in uno stato di semi-coscienza…non sappiamo quando si sveglierà”. Il medico si aspettava che la ragazzina scoppiasse in lacrime, che gli attendesse un lungo giorno intento a consolarla, invece accadde tutto il contrario. Chiara tirò su col naso, chiese che le fosse portato un foglio di carta e una matita e si mise a disegnare. Non era nulla di più che uno scarabocchio della stanza dove sua madre era ricoverata ma in quel modo riusciva a non pensare.
Alcuni curiosi si soffermarono un poco a guardarla, non dissero nulla, poi la lasciarono di nuovo sola.
<< Ma non hai nessuno con cui stare? >> le chiese un’infermiera scura di carnagione, il quarto giorno. Chiara scosse la testa. La giovane donna si abbassò al suo livello e le disse poche parole concise << Senti, noi non possiamo tenerti qui, è contro le regole. Se ti va posso portarti a casa mia per qualche giorno, ti piacciono i cani? >>
La dodicenne la guardò, non le appariva intenzionata a farle del male così annuì. Quella notte dormì su un vero letto, mentre un meticcio dal manto bianco sporco le leccava il palmo della mano senza sosta.
Il giorno dopo Monica si svegliò.
Chiara non poté parlare per l’intera giornata ma quando giunse il momento di entrare nella camera non le saltò al collo, non la baciò, non mostrò il minimo affetto. Era scostante, fredda e quando le parlò fu lapidaria. << Forse è anche colpa tua, forse non vi amavate più come prima, forse anche tu avevi smesso da tempo. Dovevi tenerlo stretto a te però, così invece lui si è trovata un'altra, così ti ha tradita. >>

I giorni si susseguirono uguali per molto tempo, Chiara bivaccava in case diverse di sconosciuti, andava a scuola solo per non perdere l’anno, mentre Monica si riprendeva pian piano. Decise di non sporgere denuncia contro Marco, era pur sempre suo marito.
Chiara tornò a casa sua, con suo padre, che da quella notte aveva perso ogni potere su di lei. Lo odiava, si rifiutava categoricamente di parlargli, non toccava nulla che il padre avesse anche solo sfiorato. L’uomo tentava di riempire quei vuoti inutilmente, così infine si rassegnò anche lui.
Un tale consigliò a Monica di non andare ad abitare più nella stessa casa di suo marito. “E se ti picchia di nuovo? E se questa volta ti ammazza?” le chiedevano amiche e colleghe. Così la donna cedette a tutte quelle fastidiose domande senza risposta e decise di trasferirsi a casa di sua cugina, a Parigi, dove la sorella era andata per lavoro.
<< Ci sentiremo per telefono piccola, non temere. >> aveva detto a Chiara per rassicurarla. Ma lei non voleva futili promesse, voleva che suo padre se ne andasse, che sua madre tornasse da lei. Il giorno della partenza fu anche il momento in cui un rancore profondo sbocciò.
Probabilmente superò gli esami di terza media per pura pietà da parte degli insegnanti. Non si oppose al volere del padre e frequentò un liceo scientifico; lì incontrò Emilia, l’unica che fosse riuscita a farla sorridere per davvero dopo “l’incidente”.

§

Jonas sedeva sul cornicione del balcone dell’appartamento di Giovanni. Lo scrittore l’aveva lasciato fare, poteva anche cadere e sfracellarsi sulla strada, ma inspiegabilmente sapeva che quel ragazzo non si sarebbe suicidato e che voleva solo stare da solo con se stesso.
Bevve un sorso di caffè fumante e ci intinse dentro una banana. Poi si domandava perché nemmeno una donna lo voleva sposare.
L’angelo contemplava dall’alto la città, non era certo come volare sopra uno dei grattacieli di Upward e guardare il tramonto da un’altezza esorbitante, ma in quel momento non importava. Sospirò. Sentire l’aria sferzargli il viso lo aveva sempre a mettere insieme i pensieri, a rilassarsi e trovare una soluzione ad ogni problema.
Capelli nocciola, occhi castani, corporatura esile, un passato oscuro, questo era il suo demonio.
Che cosa doveva fare con lei? Inginocchiarsi e rivelarle i propri sentimenti definitivamente o continuare quella farsa pietosa? Optò per la seconda opzione. Non sapeva nemmeno lui che cosa provava nei confronti di quella ragazza, che cosa poteva dirle, “Chiara, forse mi sono innamorato di te, vorresti provare ad essere la ragazza di un angelo che ti ha spinto ad una missione di vitale importanza, forse mortale, col rischio probabile di rimanerne delusa”?
Fece una risata amara. Che cosa gli era saltato in mente? Il suo compito era un altro, salvare la sua città, la sua gente, non incappare in una cotta per una quindicenne. Aveva Shai, una giovane ragazza alata, bella e intelligente come poche, come poteva anche solo pensare di tradirla?
Al cuor non si comanda lo apostrofò la sua coscienza.
“No, questa volta sarà la testa a decidere”.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e che mare!
 “La parola sarcasmo non è nel tuo vocabolario vero? La coscienza dovrebbe aiutare, non fare di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote!”
Umpf, non sono mica il grillo parlante io! Avevo solo voglia di pronunciare qualche proverbio…
“Allora taci, sorta d’insetto chiacchierone!”
Jonas rimpianse di non poter volare, sicuramente quello lo avrebbe aiutato a riflettere. Rientrò in casa pacatamente, andò in cucina, aprì il freezer e prese una pietanza qualsiasi surgelata. La ficcò nel microonde con malagrazia e attese i sette minuti necessari.
Giovanni comparve sulla soglia della cucina. << Donne… sempre un problema, vero? >> chiese a J, facendolo sobbalzare. L’angelo borbottò un “sì” scocciato e aprì la confezione di involtini primavera.
Fece per prenderne uno quando lo scrittore riprese a parlare << Se ti serve un consiglio… >>
Jonas fissò Giovanni. << No grazie. Non mi serve il tuo aiuto. >>
L’uomo rise << Davvero? Sono quarantacinque anni che sto qui, avrò pure un po’ di esperienza in fatto d’amore. >>
<< Esperienze scritte in libri che narrano di sirene e muse ispiratrici! >> sbottò << Sono queste le avventure che hai fatto, giusto? Illusioni di poliziotti rudi e assassini psicopatici! Sentiamo, che hai fatto nella vita reale, eh?! Se questo è il tipo di consiglio che vuoi darmi non mi serve. >>
Erano parole taglienti, volevano andare a segno, fare male e Jonas se ne pentì quasi subito.
Giovanni incassò il colpo ma non si scompose. << Comunque, non sarà strozzando un involtino che troverai la risposta ai tuoi dubbi. >> commentò atono, abbandonando la stanza.
L’angelo gettò il cibo sul tavolo e si prese la testa tra le mani. Quella ragazza lo stava facendo impazzire, e lui doveva mantenere i nervi saldi.
“Pensa alla missione Jonas, concentrati su quello” si disse. Raccolse gli involtini primavera e ne addentò uno con rabbia. Era proprio una giornata no.


***
ANGOLO DELL'AUTRICE
Che capitolo tristeeee XD
Finalmente, o forse no, sapete perché Chiara odia suo padre e anche in parte sua madre. Credo sia una cosa piuttosto comune quella accaduta alla mia pargola, milioni di donne e uomini tradiscono i loto partner.
Povero Jonas, lui è proprio sfigato, non ha la più pallida idea di che fare ^^
Anche Giovanni però ha messo del suo, poteva lasciarlo in pace.
Beh, spero non vi siate depressi XD
Ho un piccolo favorino da chiedere a voi impavidi (?) lettori, una mia compagna di classe sta pubblicando una long fic ma nessuno la recensisce, persino io l'ho scoperto solo una settimana fa XP
Così visto che io ho sempre ricevuto recensioni e pareri vari, magari tra voi c'è un'anima pia che aiuterà questa ragazza.
Il suo nome è alice_love_justin98, non è un asso ma nemeno una merdina, scrive *molto* diversamente da me ma ha un buon umorismo :)
Ok, credo che questo angolino sia più lungo del capitolo stesso, questa volta meno lungo del soltio, volevo dare un po' di spazio ai pennsieri, appunto.
Enjoy!

Water_wolf

  
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