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Autore: Sikt    16/03/2013    2 recensioni
Il mondo in cui vive Wayne Gonzales ormai non è più quello di una volta. Le giornate grigie si susseguono le une con le altre in una estenuante monotonia, fino alla giornata del Capodanno del 2094. In quel momento Wayne incomincia veramente a vivere: in una guerra che non credeva potesse esistere, si ritroverà sprofondare in un turbine di bugie, aiutato dai ragazzi della Resistenza nella ricerca di sua figlia.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TRE
- 3 Dicembre 2094 Ore 17:30 -

E’ passata ormai un’altra giornata da quel…Come definirlo…”Incidente”. Per fortuna avrei avuto più tempo comunque per svuotare la mente e dedicare tutto me stesso alla riunione della Resistenza. Si sarebbe tenuta di lì a poco in mezz’ora. Decisi comunque di uscire prima di casa, così, per passeggiare un po’ tranquillo prima dell’incontro. Nonostante la grigia città di metallo e cemento, e le difficili condizioni in cui eravamo costretti tutti a vivere, il lungomare del Quadrante Nove era il più rinomato fra tutti e dieci: fu lì che mi diressi. Una lunga distesa di acqua salata costeggiava la stragrande maggioranza della città, divisa in una moltitudine di quartieri collegati tra di loro con ponti e ponticelli. In lontananza nonostante il cielo nuvoloso, si poteva scorgere il Confine. Tanta spensieratezza mi riempiva la testa in quel momento, quasi da farmi dimenticare chi fossi e cosa stessi facendo. Mi soffermai a guardare il movimento delle acque, piccole onde frastagliate. Mi rilassai e poggiai le braccia conserte sulla ringhiera. Poche persone passeggiavano lì quel pomeriggio: un coppia portava a spasso un cane; un paio di impiegati con annessa valigetta correvano chissà dove, ed un uomo si sedette in quel momento su un panchina non troppo distante da me. Lo guardai per un attimo un po’ perplesso, perché indossavo degli occhiali da sole molto sottili. Occhiali da sole con il tempo che c’era? Nulla ormai poteva sorprenderti più di tanto nella realtà in cui vivevamo. Decisi di non pensarci più di tanto e mi incamminai di nuovo per terminare la passeggiata prima di presenziare alla riunione. La coda dell’occhio però non potè fare a meno di notare che l’uomo sulla panchina si mosse insieme a me: di nuovo una situazione di paranoia eccessiva? Le giornate si stavano facendo stressanti, ma no: io andavo a destra e l’uomo con gli occhiali da solo andava a destra; io a sinistra e lui pure. Qualcuno mi stava pedinando e lo stava facendo anche male. Aveva a che fare con la faccenda Coyote? Qualcuno poteva aver sentito o visto la nostra conversazione? Sicuramente avranno identificato la morte di Coluard come un attacco di panico andato male a causa della frettolosa evacuazione del Dipartimento. Cosa volevano ancora da me? Svoltai velocemente un angolo, uscendo quindi dal lungomare e mi nascosi dietro il muro. Anche se avevo la pistola adesso sempre con me, non avevo intenzione di utilizzarla, almeno non al momento, così presi in mano il coperchio di un bidone lì vicino e aspettai, sapendo che anche quel tizio avrebbe svoltato in quest’angolo. Lo fece. La prima cosa che spuntò dall’angolo furono quei maledetti occhiali da sole: mi stavano dando alla testa. Colsi l’uomo di sorpresa colpendolo dritto sul suo naso; probabilmente glielo ruppi, perché Il tipo cadde per terra e in un attimo ebbe la faccia piena di sangue. I suoi occhiali erano andati completamente in frantumi, ma il suo viso ormai di un colorito rosso mi impedì di capire chi fosse. Feci appena in tempo a posare il coperchio per terra che lui, con un calcio mirato alla mia caviglia, mi fece sbattere di schiena per terra. In un attimo il tipo fu sopra di me: altri scenari si affacciarono nella mia testa. Sempre il solito bagno di sangue. Il mio. Cercai di dimenarmi in tutti i modi possibili e gli misi le mani in faccia per allontanarlo da me, ma l’unico risultato fu qualche goccia rossa sui miei vestiti. Mi accorsi però che ormai la sua faccia si era pulita e adesso aveva un senso…I miei occhi cedettero a tanta incredulità. Rivoli di lacrime di paura bagnarono le mie guance. John Coyote Coluard era resuscitato per farmela pagare? Stavo forse impazzendo per l’eccessivo stress delle ultime giornate? Il fantasma non aprì bocca: aveva lo stesso terribile e inquietante sguardo di due giorni fa, quando lo vidi per l’ultima volta prima di fuggire. Allungò le mani e mirò al mio collo: iniziò a strangolarmi. Mi ci volle poco per capire che se non avessi fatto qualcosa di lì a poco sarei sicuramente morto e nessuno l’avrebbe saputo, né tantomeno quelli della Resistenza. Io e Coluard ci saremmo rivisti all’Inferno. Un altro dolore si stava aggiungendo alle ormai terribili pulsazioni della testa e alla vista annebbiata…Qualcosa mi premeva forte sul fianco destra. La pistola! D’un tratto mi ricordai della pistola. Solo Dio sa dove trovatti la forza per estrarla. Col collo della pistola inizia a picchiarlo violentemente sulla tempia, man mano sentivo la presa attorno al mio collo allentarsi. L’adrenalina scorreva inesorabile ormai nel mio corpo e mi fece rinvenire: l’uomo che stavo colpendo non era una creatura dell’oltretomba, Coyote non era morto, una lunga e profonda cucitura sulla tempia dove lo stavo attaccando era l’unica cosa che gli rimaneva. Il punto dove aveva sbattuto cadendo sul tavolino! Sangue iniziò a sgorgare a fiotti e Coluard si arrese al dolore, cadendo all’indietro e coprendosi il volto con le sue mani. Ero riuscito ad alzarmi, e adesso puntavo la pistola proprio contro il suo petto. La mano mi tremava, stavo sudando. L’adrenalina mi aiutò a vivere un momento della mia vita che mai dimenticherò: la mente si svuotò, tutto si focalizzò in quell’unico attimo, come se fossi nato in quel momento e stessi per morire in quello stesso istante. L’enorme castello di carta formatosi nei due precedenti giorni adesso di reggeva su quei pochi secondi che mi separavano dall’ucciderlo. Non potevo fare altro. Anche il vicolo attorno a me parve svuotarsi. Bianco come l’infinito. La città si svuotò e l’interò mondo divenne vuoto: rimanemmo solo io, lui e il proiettile che gli avevo appena impiantato nel torace. Coyote sussultò per un attimo. Forse i laghi di sangue che mi ero immaginato nelle precedente ore non appartenevano a me. in una giornata che sicuramente sarebbe stata la più lunga di tutta la mia vita, il suo e il mio dolore scomparvero. Finalmente John chiuse gli occhi e per un attimo, fu come se il suo inquietante sguardo non fosse mai esistito.

- Ore 17:55 -

«Sono Drake Hill, Capo Riunione sostituto per questo incontro della Resistenza numero uno, due, quattro, cinque, quattro: Sebastian Miles è dispiaciuto per non essere presente qui quest’oggi a presidiarla lui stesso, per questo ha chiamato me. Messo a verbale che fra gli assenti di oggi vi è solo…Wayne Gonzales giusto?»

Un vecchiaccio di fronte a me mi guardò scrutandomi dal basso verso l’alto. Sebastian me li avevi descritti i suoi compagni, credo che questo qui fosse Tom Renner.

«Dove cazzo è Miles? » mi sbraitò contro.

«Il Signor Hill non è qui presente oggi a causa di vari impegni che non ha potuto rimandare: è pur sempre un’anima d’orata no? Avrà avuto i suoi buoni motivi.»

«Lei chi è per sostituirlo?» mi domandò Felicia Sanchez.

«Sono suo cugino. E se non avete altre domande da farmi, metto a verbale i presenti: Tom Renner, Felicia Sanchez, Julia Smith, Elektra Black e Andrew Price. Sei compreso me.»

La Signorina Black era appena rientrata dal bagno e si sedette al suo posto con un aria smarrita: non vedere il solito Sebastian all’incontro doveva essere uno shock per tutti. Diciamo che era tutta una questione di fiducia di questi tempi. Elektra è appena una minorenne…Mi chiedo se non sia sbagliato strappare via una ragazzina così dalla sua giovinezza e portarla sul campo di battaglia. Il ragazzo, Andrew, le si avvicinò all’orecchio iniziandole a parlare sotto voce: Elektra annuiva e mi guardava. Probabilmente le stava spiegando che io ero il sostituto. Credo che Sebastian mi abbia detto che i due fossero fidanzati, per quanto possibile in un mondo del genere: Andrew aveva diciannove anni, lei sedici. A quanto pare dicevano di amarsi…Fortunati loro che ci riescono ancora: pagherei io come lo farebbero anche loro per vivere appena dieci anni fa. Quelli erano bei tempi. Un’altra donna, Julia Smith, stava invece nel frattempo versando un bicchiere d’acqua alla Signora Sanchez. Entrambe erano donne di una certa età: la Smith andava verso i sessanta, mentre Felicia ne aveva appena quarantacinque. Julia era vedova da ormai due anni. Suo marito, Carlos, era morto in un attentato nella Grande Piazza. Sanchez invece era orfana. Probabilmente il non avere una famiglia al suo fianco la spinse ad entrare nella Resistenza, per far sì che lei diventasse la famiglia di qualcuno, qualcuno che voleva combattere, che aveva sempre combattuto nella sua intera vita, come aveva fatto lei. Insomma, qui abbiamo dei veri e proprio combattenti.

«Direi che possiamo procedere.» disse Tom.

Le sue parole però non furono le uniche cose ad interrompere il chiacchiericcio generale della sala. La porta della stanza si aprì con forza, sbattendo contro il muro: un tonfò rimbombò. La luce che entrava adesso illuminava il pavimento, facendo brillare un paio di gocce di sangue. Un uomo adesso si poneva, a malapena, di fronte a noi. Uno stupore generale invase gli occhi degli altri presenti; io fui soltanto scosso, non conoscevo ancora bene nessuno, ma capii dalle loro facce che doveva trattarsi di Wayne. La sua giacca era imbratta di sangue, un po’ lo era anche il suo viso. I suoi occhi non traspiravano nulla, sembrava che gli mancassero le pupille. Era terrorizzato e lo capimmo tutti. Le sue mani allentarono la presa su di una pistola che si riversò al suolo: non disse una parola. Il suo sguardo ora era fisso sul pavimento e ancora altrove, probabilmente su quello che aveva potuto combinare, Dio solo lo sa.

Il vecchio Renner si alzo di scatto.

«…Wayne ma che diavolo combini?» disse.

Il Signor Gonzales ci squadrò uno a uno. Poi semplicemente svenne, accasciandosi al suolo.

  
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