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Autore: ast3r    03/10/2007    1 recensioni
" piccole, fragili foglie... " one shot semplice, che spero vi piaccia.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola one shot. Penso che vi piacerà, o almeno spero. Ho voluto metterci quel piccolo riferimento ( non visibile alla prima lettura, a mio parere ) alla vita che sperò vi intrigherà. La storia è breve, leggibile facilmente, penso anche scorrevole, così, veloce, e anche se divisa in parti è tutta un seguito, esse servono solo a cambiare punto di vista. Comunque, grazie per la lettura. GRadite critiche, commenti, complimenti, e altro... grazie!



La battaglia attorno a Lui scomparve. All’ improvviso. Niente più, attorno a Lui, esisteva. Solo il suo nemico. Ed era il momento di combattere. Esert partì all’ attacco. Un fendente alto mirato a colpire il petto di Aret. L’ avversario lo guardò, per un attimo, poi parò. E non si fermò lì. Colpì, tagliando lievemente la gamba, e mentre Esert muoveva la spada, colpì di nuovo. Sul petto. Esert era sempre più rabbioso. Aret si stava di nuovo prendendo gioco di Lui.
Attaccò con potenza e precisione, con un colpo che avrebbe potuto uccidere molti. Invece Aret lo schivò, colpì al manico la spada e poi l’ afferrò, mentre essa cadeva.
- Forse dovresti allontanarti, no? – disse.
- No.
- Non ti rendi conto che ti ho già risparmiato tre volte in neanche due minuti. Vai a combattere chi puoi sconfiggere. – Aret parlava, guardandolo negli occhi.
- No.
- Bene, allora è finita la tua vita.
Esert saltò agile, afferrando la spada di un cadavere, giusto in tempo per parare il colpo di Aret, che arrivava potente. Il suo avversario era fortissimo. Deglutì. Da quando era un soldato, un guerriero, gli dicevano sempre che era uno dei più potenti. Eppure Aret, un tempo arciere, lo batteva con molta facilità. Ma Lui teneva durò.
Aret si era fermato. Lo fissava. Lanciò una spada verso di Lui. Esert la parò, e l’ afferrò. Era cascato nel trucco. Fu colpito ad una gamba, poi alla spalla, tuttavia Aret sembrava riluttante ad ucciderlo. Ancora un colpo alla gamba, poi rosso.


Lenzuoli bianchi. Pergamene, pozioni e altre di queste cose. Esert si guardò intorno. Era decisamente l’ infermeria.
- Dove sono? Cosa è successo? - chiese, a nessuno in particolare.
- Ben svegliato. – una voce spuntò dal nulla, era una donna. Esert la guardò bene, e focalizzandola si accorse che era Alexis.
- Certo che sei veloce, eh? Neanche ti sei svegliato! Comunque , ti racconterò.
- Ciao, Alexis… avanti, raccontami.
- Dovresto essere rimasto al punto in cui Aret stava per ucciderti. Dopo quello, il capitano Naliskin ha sfidato Aret, impedendo la tua morte. Poi tu sei stato trasportato qui e curato, mentre loro combattevano.
- Combattere? Sfida? E come è finita?
Aret colpì subito. Voleva giocare un po’ di forza, per vedere cosa accadeva. Naliskin, il vecchio Naliskin, parò e riattaccò in maniera quasi impercettibile. Aret parò di nuovo, poi mosse un po’ la spada, nell’ aria, e vedendo il rapido fendente del capitano schivò e attaccò sul fianco. Ancora un movimento impercettibile, ancora una parata, ancora un attaccò. Variazioni infinite, ma sostanza uguale. Dopo un’ ora, erano entrambi illesi.
- Allora, - esordì Naliskin. – Tutto bene?
- Si. – rispose Aret. ostentava sicurezza, mentre rischiava la morte. Non riusciva più a controllarlo. Così attaccò.
Naliskin non parlò oltre, e neanche Aret. La battaglia era finita. C’ erano solo loro due, sul campo di battaglia. Le parti si erano ritirate entrambe, per recuperare forze, e regnava su di loro un tacito accordo. Non tra Naliskin e Aret. Entrambi in realtà erano dispiaciuti per il fatto che qualcuno dei due dovesse morire. Tuttavia sapevano che era il momento di finire lì quelle contese.
Aret guardò l’ avversario.
- Mi dispiace. – disse.
- Anche a me. – Replicò l’ altro.
Aret attaccò, ma dopo la parata dell’ avversario si mise sulla difensiva. Naliskin attaccava, senza fermarsi, e Aret parava. Era una situazione di stallo. Gli attacchi proseguirono, in un tempo che sembrava dilatarsi all’ infinito.
Aret osservava l’ avversario, lo studiava, in cerca di punti deboli. Ad un certo punto, inizio a colpire, ogni tanto. Parava un paio di colpi. E poi tentava colpi diversi, per vedere se per caso avesse difficoltà a pararne qualcuno. Affondo. Perfettamente parato. Fendente dal fianco. Parato, quasi senza guardare. Poi lo trovò. Fendente dall’ alto verso il basso, che si chiudeva all’ altezza della pancia, e l’ avversario mostrò netti segni di sofferenza. Così Aret si rimise sulla difensiva. Naliskin iniziò a colpire molto forte, con colpi precisi, e l’ ostentata sicurezza non serviva a molto, per Aret. E stava soffrendo. Così decise di attaccare. Affondo, affondo, sul fianco, affondo. La famosa tecnica che Aret aveva ideato. Dopo i primi quattro colpi, un colpo molto forte verso la spada dell’ avversario. Era il momento. Naliskin fu un po’ sorpreso dall’ ultimo colpo, così di nuovo, colpo laterale, parato a fatica dal capitano, e poi l’ attacco. Fendente forte, dall’ alto, micidiale. Il capitano si allontanò. Aret lo fissò. Per un attimo sembro essere ancora illeso.
Solo per un attimo.


Fiori bianchi, ovunque. Fiori bianchi che ricoprivano ogni maledetta cosa, lì. Ed era tutto bianco. Come gli occhi vitrei del Capitano Naliskin, bianchi, spenti. Esert era dannatamente arrabbiato con sé stesso, perché sapeva che era colpa sua, che era tutta colpa sua. Era cosciente che la sua dannata smania di uccidere Aret aveva ucciso il Capitano. Però non si era concesso lacrime. Aveva, invece, paradossalmente, salvato la vita di Aret, che dopo aver portato il corpo di Naliskin, era uscito dall’ accampamento a piedi, camminando sprezzante, ed era stato Esert a salvarlo, convincendo gli altri a non colpire. Adesso non aveva più senso. Niente aveva più senso, perché avevano perso. Magari avevano vinto la battaglia, magari potevano uccidere Aret senza problemi, ma non contava molto, ora. E lo sapeva anche Aret. Perché quello tra Lui è il capitano non era stato un combattimento, ma una sfida, ed Aret sapeva di poter entrare in un accampamento nemico con il corpo del capitano appena ucciso, senza temere niente, perché aveva dimostrato di valere abbastanza da poterlo fare. Tra Naliskin e Aret non c’ era semplice inimicizia, c’ era odio. Eppure sapeva che quell’ odiato uomo, che Esert avrebbe voluto massacrare, non stava esultando, ma probabilmente era in contemplazione del vuoto. Ed Esert, invece, era pensieroso. E aveva paura. Paura di ciò che sarebbe successo dopo.
- Ehi, che succede? – La voce di Alexis parlò alle sue spalle.
- Oltre al fatto che ho ucciso il mio Capitano? Niente.
- Non l’ hai ucciso! Non fare l’ idiota.
- Sai, - disse Esert – mi chiedo perché diavolo l’ ho fatto. Perché ho voluto andare a suicidarmi? E perché è finita così?
- Non lo so. Ma so che non è colpa tua. E so che andremo avanti, in qualche modo. E so che potrai sempre contare sull’ appoggio di tutti.
- La morte, Alexis… la morte ferma anche l’ amicizia.
Alexis rimase a guardare davanti a sé, senza parlare.
- A cosa pensi? – chiese Esert.
Alexis sorrise.
- Sai una cosa? Non credo che la morte fermi l’ amicizia. Perché tu sarai sempre legato a persone come me, o Nimara, o Narek… Io credo che la morte non ci fermerà.
- Sai una cosa? – disse Esert.
- Cosa? - Lo credo anche Io, in fondo. Non ha senso vivere con l’ apprensione per la morte, e la morte… la morte non è un limite, no.
- Sono d’ accordo con te.
- Credo che forse dovremmo andare. La celebrazione stà per iniziare. – disse Alexis.
- Sai una cosa? Non voglio celebrare la morte. Voglio andare via da qui.
Alexis lo guardò. Lo fissò negli occhi.
- Si, - disse – Andiamo.

Il viale sembrava infinito. Esert e Alexis camminavano, guardandosi avanti. Le foglie secche erano a terra.
- Credo che la vita e la morte siano come una foglia. – disse Lei. – Quando le foglie cadono sembra che sia finita per sempre, ma poi rinasce, e continua, questo ciclo. La gente rivive anche dopo la morte. Per questo la vita è proprio come le foglie.
- Si. – disse Esert. – Delle piccole, fragili foglie, nelle mani del vento.
  
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