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Autore: dapperunicorn    17/03/2013    2 recensioni
Harry e Louis sono amici da quasi sei anni, ed è da altrettanto tempo che Harry è innamorato di quest'ultimo. Il giorno in cui gli confesserà il suo amore, Louis avrà un incidente, che lo farà stare in coma per qualche mese. Al suo risveglio, non si ricorderà dei suoi ultimi cinque anni di vita. Sarà Harry, a doverlo aiutare attraverso i ricordi a ricostruirsi una vita quasi da capo.
[Larry]
Dal primo capitolo:
[...]
Doveva tornare dal suo amico. Dal suo migliore amico.
Fece dietrofront, ricominciando a correre imperterrito. Svoltò l’angolo così rapidamente che un’auto che stava sfrecciando non si accorse del ragazzo, e lo investì, provocando un tonfo.
Louis venne sballottato per qualche metro, poi sbatté la testa sull’asfalto. Si sentì pervadere da uno strano calore, e iniziò a sentire un dolore lancinante provenirgli dalla testa. Cercò di tenere gli occhi aperti, ma lentamente le forze lo abbandonarono. L’ultima cosa che sentì fu qualcuno che urlava di chiamare un’ambulanza. Poi, il buio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo uno.
 
Non appena lo fece entrare in camera sua, Louis si buttò a peso morto sul morbido letto dell’amico, cominciando a giocare con una pallina da tennis che si trovava in quel momento sul letto di Harry.
 Il loro era diventato quasi un rituale, quello di trovarsi il venerdì pomeriggio a casa di Harry, a chiacchierare in camera sua. Louis si sdraiava sul letto di Harry, mentre quest’ultimo si metteva comodo sulla poltrona girevole di camera sua, cambiando posizione di tanto in tanto.
Mentre il ricciolino raccontava un piccolo aneddoto successo a scuola quel mattino stesso, Louis si soffermò a guardare il suo amico, ripensando al giorno in cui si erano incontrati, quasi sei anni prima. Nonostante il ragazzo si fosse dimostrato forte ed indipendente sin dall’inizio, Louis sentiva il bisogno di proteggerlo, come un fratello maggiore, e così era stato e continuerà ad essere, pensò accennando un tenero sorriso.
Harry notò il sorriso sghembo dell’amico, e si accigliò. «Dimmi, cos’è che ti fa tanto ridere del fatto che abbia preso una F nel compito di biologia?» Sbuffò, incrociando le braccia al petto.
Louis gli lanciò un’occhiata divertita, poi ricominciò a giocare con la pallina, passandosela tra le mani. «Non stavo ridendo di te Harry caro, stavo semplicemente pensando.» Ammise, così che l’amico non se la prendesse.
«Oh perfetto, ti ho portato a casa mia, ti ho offerto la merenda e non mi stai nemmeno ad ascoltare mentre ti parlo, grazie mille!»
Come non detto, pensò Louis. Harry aveva un sacco di pregi, ma anche qualche difetto. E la permalosità era uno di questi.
«È che stavo pensando a quando ci siamo conosciuti, tutto qui.» Dichiarò Louis. A quelle parole il cipiglio sul volto di Harry si dissolse immediatamente, e sul volto del ragazzo comparì un sorriso intenerito. Immediatamente si alzò dalla poltrona e raggiunse l’amico sul letto, stringendolo in un abbraccio. Per un attimo Harry chiuse gli occhi e ispirò a pieni polmoni, inebriato dal profumo del moro. Avrebbe voluto dirglielo, quanto amava il suo profumo, quanto amava lui.
«E per la cronaca, mi dispiace per il tuo brutto voto. Se hai bisogno di una mano, basta chiedere.» Dichiarò Louis, stringendo ancora di più l’amico.
Harry non rispose, cercando di soffocare una risata, senza successo. Iniziò a sghignazzare senza ritegno, finendo anche per cadere dal letto. Il dolore che si procurò con la botta presa non lo fece desistere, e continuò a ridere di gusto. «Senza offesa Lou, ma tu sei l’ultimo a cui chiederei aiuto con la scuola. Se non ricordo male, sei stato bocciato.» Riuscì a dire tra le risate.
«Hai ragione. Volevo solamente esserti utile. Se vuoi posso chiedere a Charlotte di darti una mano con lo studio. Credo se la cavi in biologia.»
Harry diventò improvvisamente serio. Odiava quando Louis parlava di lei, della sua fantastica ragazza, di quanto l’amava e di quanto era brava in biologia, o nella vita in generale. Non gliene fregava un cazzo del fatto che fosse brava, e non avrebbe mai e poi mai chiesto aiuto a quella vipera.
«No grazie.» Sibilò tornando a sedersi sulla poltrona, girato di spalle.
Louis gli guardò la schiena per qualche secondo, senza proferire parola. Poi sospirò rumorosamente. «Non ho ancora capito perché voi due non andate d’accordo. In fondo siete molto simili.»
L’unica cosa che ci lega e ci rende simili è l’amore incondizionato verso di te, pensò Harry, nient’altro. E poi era colpa di quella Charlotte se si erano dichiarati guerra. Era stata la prima e l’unica a capire che Harry provava qualcosa per Louis, così aveva avuto la bella idea di tenerselo ancora più stretto. L’unica cosa che aveva lasciato Harry senza parole era che stranamente la ragazza non aveva raccontato nulla al fidanzato. Sicuramente stava solo aspettando il momento perfetto per farlo, per distruggere per sempre un’amicizia fantastica.
Diciamocelo, Harry era maledettamente invidioso di Charlotte.
«Non è vero che siamo simili, Louis. Se lo pensi vuol dire che non mi conosci affatto...» Disse Harry, a bassa voce, non abbastanza però da non farsi sentire dall’amico.
Ad interrompere la discussione che stava per prendere piede fu il campanello di casa Styles che suonò.
Il padrone di casa si alzò stranito. «Davvero strano, mia madre non c’è e non ricordo che aspettassimo qualcuno.» Disse mentre si dirigeva alla porta. Mentre scendeva le scale, ripensò alle ultime parole dette a Louis, e si morse la lingua. Si dette mentalmente dello stupido per aver parlato troppo, e decise che avrebbe chiesto subito scusa all’amico, non appena lo scocciatore se ne fosse andato.
Quando aprì la porta il sangue gli si gelò nelle vene. Davanti si trovo una ragazza alta, con lunghi capelli castani schiariti dal sole e occhi scuri.
«Charlotte.» La salutò Harry a denti stretti.
La ragazza alzò un sopracciglio, dopodiché si aprì in un sorriso. «Ciao Harry, come stai?» Gli chiese gentile.
Il ragazzo era stupito. Da quando in qua lo trattava con così tanto rispetto? Da quando gli interessava sapere come stava?
«Spero non ti dispiaccia, Hazza, se ho avvertito Charlotte che ero qui. Sai, le ho promesso un pomeriggio assieme.» Si sentì dire da Louis, che nel frattempo li aveva raggiunti e si era fermato ad indossare le scarpe, ai piedi delle scale.
Ecco svelato il motivo di tanta gentilezza da parte di Charlotte.
Harry lo raggiunse e si sedette accanto a lui. «Non importa, davvero.» Mentì.
«Che ti avevo detto tesoro?» Disse Charlotte, raggiungendo i due all’interno dell’abitazione. «Ad Harry non dispiace che usciamo un po’.» Aggiunse.
Nel frattempo il riccio si mordeva l’interno guancia, nervoso. Quella aveva fatto apposta. Chi cazzo ti ha detto di entrare in casa? pensava rivolto a Charlotte.
Louis si sistemò bene i lacci delle scarpe, poi si alzò e si girò verso l’amico. «Vuoi unirti a noi?» Gli chiese, con il solito sorriso sulle labbra.
«Forse è meglio di no. Devo studiare per un importante verifica.»
Louis annuì pensieroso, poi abbracciò l’amico ed uscì di casa, tenendo la fidanzata per mano e dirigendosi verso Londra centro. Nel frattempo, Harry era ancora seduto sulle gradinate, e stava percorrendo con lo sguardo la strada che aveva fatto Louis, pochi secondi prima.
Dopo qualche minuto, si alzò di scatto e salì le scale fino a camera sua, dove entrò e si buttò a peso morto sul letto, come qualche ora prima aveva fatto Louis. Dio, pensò il ragazzo, si sentiva ancora il profumo dell’amico, intriso su quelle lenzuola. Lo stesso dolce profumo che sentiva quando lo abbracciava. Quel profumo aveva il potere di calmarlo, infatti per qualche secondo Harry era rimasto nella stessa posizione, con i battiti del cuore e il respiro che lentamente si facevano più regolari.
Poi però il viso di Charlotte gli tornò in mente. Mise la testa sul cuscino e soffocò un urlo colmo di ira e frustrazione.
Rimase in quella posizione per un tempo interminabile, poi si decise. Il giorno dopo avrebbe detto tutto a Louis, gli avrebbe confessato i suoi sentimenti, e si sarebbe finalmente levato quel peso dallo stomaco.
 
Non ci voleva. Non poteva essere così nervoso, in fondo, non avrebbe dovuto fare niente di pericoloso o qualcosa in cui avrebbe potuto perdere la vita. Peccato che la sua coscienza la pensava diversamente.
Il suo cuore batteva così forte, che sembrava dovesse esplodergli in petto da un momento all’altro. In più, gli tremavano le gambe e non riusciva a smettere di mordersi le unghie della mano destra.
«Se continui così ti uscirà sangue.» Disse sua madre, apprensiva.
«Lo so mamma, è che proprio non riesco a stare tranquillo. La mia vita cambierà, e non so se in meglio o in peggio.»
«Qualunque cosa accada, ricordati che Louis ti vuole bene.»
«Forse hai ragione.» Disse smettendo di mordersi le unghie. Dopo qualche secondo però, iniziò a tormentarsi le labbra.
Sua madre alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. «Sei proprio...»
Le sue parole vennero bloccate dal suono del campanello. Deve essere lui, pensò il riccio andando ad aprire. Anzi, correndo.
Quando alla porta si trovò l’amico che lo guardava preoccupato.
«Che succede?» Chiese entrando in casa senza tanti complimenti. Poi si girò verso l’amico e gli mise una mano sulla fronte. «Stai male per caso? Hai il raffreddore, la febbre, la tubercolosi?» Harry lo guardava senza proferire parola. «Allora, cosa c’è che non va? Non dirmi che devi trasferirti per sempre in India, o peggio, in Alaska.» Aggiunse, con la voce più alto di qualche tono.
«In realtà non sto male, Louis. E no, non mi devo trasferire proprio da nessuna parte. Cosa te lo ha fatto pensare?» Gli chiese, ridacchiando nervosamente.
L’amico si mise una mano sul cuore, poi espirò come se avesse trattenuto il respiro da quando, qualche ora fa, Harry lo aveva chiamato al telefono, pregandogli di recarsi immediatamente da lui per una cosa importante. «Mi hai preoccupato, amico. Pensavo già di dover convincere tua madre a farti restare qui a Londra. O di rapirti prima che salissi in aereo.»
Harry rise di gusto, poi però il terrore lo assalì di nuovo. Prese l’amico per mano e lo porto in camera sua, pronto per la sua confessione. Non appena varcarono la soglia Harry richiuse la porta alle sue spalle e puntò i suoi occhi chiari in quelli di Louis, che ricambiò il suo sguardo con altrettanta intensità.
«Sentì Lou, ci sono un paio di cose che ti ho nascosto e che avrei dovuto dirti anni fa, quando ci siamo incontrati e siamo diventati amici.»
«E sono importanti?» Domandò Louis, serio.
«Be’, dipende dai punti di vista.» Provò a dire Harry. «Anzi, in realtà è molto importante.  Io, sono... sono gay, Louis.» Disse il ragazzo tutto d’un fiato. Chiuse un attimo gli occhi, convinto che quando gli avrebbe riaperti non avrebbe trovato nessun Louis a sorridergli dolce. Quando li riaprì - prima uno e poi l’altro - Louis era ancora lì.
Nel suo viso non vi era traccia di disprezzo, ma neanche di comprensione.
«Perché non me lo hai detto prima, Harry?» Gli chiese Louis, duro. «Pensavo che di me ti fidassi.»
«Io mi fido di te, Louis.» Si sbrigò a dire il riccio. «Ma tu non sai com’è difficile dire una cosa del genere. Ci ho messo anni anche per dirlo a mia madre, figurati al mio migliore amico. Non volevo che mi disprezzassi, tutto qui.» Ammise Harry, volgendo lo sguardo al pavimento, e cercando di trattenere le lacrime. Louis lo notò dal modo in cui si tormentava le mani, ansioso. In un gesto quasi involontario il moro si fiondò verso l’amico e lo cinse in un abbraccio.
«Per favore Harry, non piangere.» Gli sussurrò in un orecchio. «Va tutto bene, davvero. Scusa se ho reagito così, è che ero leggermente deluso dal fatto che non me lo avessi detto, tutto qui. Però ho capito quanto ti sentivi fragile.»
Harry strinse Louis, ma subito lo staccò dolcemente. «Non è solo questo che devo dirti, Louis. Non è tutto. Sono contento che tu non mi disprezzi per la mia omosessualità. Vedi... io sono innamorato. Innamorato di te, fin da quando ci siamo incontrati per la prima volta.»
Quando un’amica di Harry - una delle poche che sapesse che lui era gay - gli aveva presentato Louis, lo aveva fatto con l’intento di metterli insieme.
«Sei simpatico e carino Harry, magari Louis capisce di essere gay.» Aveva detto la ragazza sorridendo sorniona. Peccato che non fosse mai successo.
Questa volta Harry continuò a guardare l’amico negli occhi, senza distoglierli da lui. Fu però Louis a farlo, ad allontanarsi. Uscì dalla camera e corse, scendendo velocemente le scale. La madre di Harry lo salutò, ma lui non rispose. Era scioccato. Continuò a correre per un bel pezzo di strada, finché non iniziò a sentire i polmoni bruciare. Poi si fermò a pensare. Chiuse gli occhi e respirò profondamente, accorgendosi di aver fatto un grosso errore. Non avrebbe dovuto scappare. Solo i codardi scappavano, e lui non era uno di quelli. Appoggiò una mano sulla fronte e scosse la testa. Stupido, si disse. Doveva tornare dal suo amico. Dal suo migliore amico.
Fece dietrofront, ricominciando a correre imperterrito. Svoltò l’angolo così rapidamente che un’auto che stava sfrecciando non si accorse del ragazzo, e lo investì, provocando un tonfo.
Louis venne sballottato per qualche metro, poi sbatté la testa sull’asfalto. Si sentì pervadere da uno strano calore, e iniziò a sentire un dolore lancinante provenirgli dalla testa. Cercò di tenere gli occhi aperti, ma lentamente le forze lo abbandonarono. L’ultima cosa che sentì fu qualcuno che urlava di chiamare un’ambulanza. Poi, il buio.
  
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