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Autore: Firelight_    17/03/2013    14 recensioni
“Avevi promesso, Zayn” i muscoli tesi, le labbra morse a sangue, il pianto racchiuso nel petto colmo di silenzi “Avevi promesso”.
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(Zayn/Liam, accenni Zayn/Niall; slash. Partecipa a "La Scalata" del gruppo facebook Wanki!fic)
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Writer's corner:

... Lo so, lo so: con che coraggio mi presento qui dopo due mesi di assenza? Purtroppo ho avuto tantissimo da fare e, a dir la verità, continuo a essere soffocata dai troppi impegni ;_; Però avevo davvero voglia di buttar giù qualcosa di nuovo, e spero di trovare il prima possibile un altro po' di tempo per scrivere. Non vi farò attendere tanto, stavolta! u_u
Questa nuova one shot, ahimé, non è nulla di che. Ma era da tantissimo tempo che non scrivevo in modo spontaneo: I mean, avevo sempre quel sottile timore di non essere all'altezza, di scrivere sciocchezze che non meritavano di perderci su del tempo. Però ora mi sono stancata: mettermi sotto pressione da sola è abbastanza stupido da parte mia. XD Dunque, vi avverto: non vi aspettate chissà che. E' la mia prima Ziam (per me questa coppia è angst e solo angst, dunno why) e forse è anche piuttosto giù di tono; ci ho impiegato solo tre giorni, il che per me è veramente un record!, e... niente, spero solo che vi piaccia. Anche se, uhm, a dirla tutta a me non piace affatto, tanto per cambiare. Ci terrei tanto se mi faceste sapere il vostro parere, spero di ricevere qualche recensione! :D
Adesso vi lascio alla storia, a presto!


Questa one shot partecipa a "La Scalata" del gruppo facebook Wanki!fic (http://www.facebook.com/groups/WankiFic/)
Prompt: Promessa








 

You broke all your promises



 

Liam apre gli occhi.
Si mette di colpo a sedere fra le lenzuola stropicciate, la maglia bucherellata che gli si incolla alla schiena bagnata di sudore, gli occhi spalancati a scrutare attentamente attraverso la penombra: nulla. È, come ogni mattina, perfettamente solo.
Si trascina fuori dal letto con un sospiro che gli raschia la gola riarsa, mugugnando fra i denti parole senza senso fino a che non raggiunge di malavoglia la cucina maleodorante, i piedi scalzi a lasciare impronte sul pavimento lucido. Non ha alcuna idea di dove possano essersi cacciate le sue pantofole: come sempre, le palme fredde strofinano contro le mattonelle, provocandogli scariche di brividi lungo tutto il corpo.
 
Liam si stropicciò gli occhi stanchi, chiudendo di scatto lo schermo del portatile e maledicendo fra sé e sé quella dannata tesi che non voleva saperne di venir su nel modo giusto. Lanciò una breve occhiata in direzione della pendola di legno sul muro, borbottando irritato quanto fosse disumano dover essere costretto a lavorare sino alle due del mattino, poi soffocò uno sbadiglio con la mano. Era davvero stanco.
Si alzò in piedi con la schiena che gli faceva male, gli occhi che bruciavano e con la vaga certezza di aver bisogno di una doccia che, un attimo dopo, venne subito messa a tacere dallo sfinimento. Senza guardare dove stesse andando, raggiunse la camera da letto alla luce fioca delle lampadine, orientandosi a tentoni lungo il corridoio e facendo cigolare la porta sui cardini.
Rinunciò fin da subito alla ricerca del proprio pigiama – Zayn gliel’aveva strappato di dosso quel mattino con esagerata foga, e probabilmente doveva essere rimasto nello stesso punto in cui l’avevano lasciato, sotto la cassettiera – e si abbandonò sul letto cercando di non fare rumore, intrufolandosi sotto le coperte.
“Te l’ho già detto stamattina” la voce roca e assonnata di Zayn lo raggiunse nel buio, con una innegabile nota divertita “A volte sei veramente rumoroso”.
Liam ringraziò l’oscurità che riusciva a nascondere il cocente rossore sulle sue guance, e si girò goffamente su un fianco.
“Non sembrava che ti dispiacesse” brontolò imbarazzato, ricevendo come risposta soltanto una risatina e – inaspettato e morbido – un abbraccio stretto. Il più grande gli posò le labbra sul collo in un bacio umido e lascivo, scivolando poi sul suo petto e facendolo fremere al contatto con la sua lingua bagnata e bollente.
“E piantala!”
Gli scappò da ridere mentre si contorceva nella sua stretta leggera, schiacciandogli i piedi freddi contro le gambe e facendolo sobbalzare, per poi udire un contrariato: “Sei gelido!”
“Non hai voglia di riscaldarmi?” sorrise Liam contro le sue labbra, traendolo a sé e tirandogli un po’ i capelli neri per vendicarsi delle sue provocazioni, arricciandoseli fra le dita.
“Tu… non dovrei permetterti di dire certe cose” fu tutto ciò che Zayn riuscì a sibilare, sconcertato; un attimo dopo, Liam aveva già la sua lingua in bocca e le sue mani dentro ai pantaloni.
 
Si muove per la casa senza rendersene conto: fa il caffè, disgustoso e al sapore di saponetta come al solito, strofina la tazzina sporca con la spugna inzuppata fino a che le mani non gli diventano grinzose, schiaccia la fronte contro lo stipite e si morde le labbra per non piangere.
“Questo caffè fa schifo” dice, la sua voce che sembra rimbombare fra le pareti scarne del salone, incolore.
Nessuno gli risponde.
 
Erano al loro terzo appuntamento – ovviamente, Liam li aveva contati, segnandoli con il pennarello rosso sul calendario della sala da pranzo – e cominciava a domandarsi quando Zayn l’avrebbe baciato. Insomma, non che pensasse di continuo soltanto al momento in cui ciò sarebbe accaduto – o forse sì, ma in fondo che male c’era?
Continuava a osservarlo mentre parlava, mentre si scostava nervosamente i capelli dagli occhi e sorrideva con una punta di disagio, il temporale che martellava alle sue spalle attraverso i vetri della caffetteria. Picchiettava sul tavolo con le dita magre, giocherellava con i lacci della felpa e non la smetteva di rigirare il cucchiaio nella tazzina, rimestando lo zucchero sul fondo. Liam rise inconsapevolmente al vederlo talmente bello ed emozionato e, perplesso, Zayn smise di parlare e inarcò le sopracciglia scure, facendo increspare la fronte alta.
“Ho detto qualcosa di buffo?” domandò confuso, le luci al neon che si specchiavano nei suoi occhi.
“No, certo che no” balbettò lui di rimando, non sapendo che cosa dire “È solo che… mi piacerebbe assaggiare il caffè”.
 “Oh” sembrava smarrito, ma parve decidere di sorvolare sulla questione, e dunque accennò ad attirare l’attenzione del cameriere, quando però Liam lo fermò posandogli la mano sulla sua.
“Non era quello che intendevo” precisò, sapendo già di avere il viso in fiamme “Pensavo che avresti potuto farmelo assaggiare tu”.
Lo sguardo di Zayn saettò dalla tazzina vuota alle labbra del più piccolo e, le mani che gli tremavano convulsamente e il respiro corto, si sporse verso di lui, pregando mentalmente di non rovesciare la zuccheriera e di non combinare un disastro.
E allora Liam non resistette, perché gli stava tutto macerando dentro da settimane, perché il rossore sulle guance di Zayn e la luce accecante nei suoi occhi erano decisamente troppo perché potesse rimanere impassibile, perché avvertiva già il profumo della sua pelle e aveva solamente voglia di stringerlo a sé. Così, lo baciò e si dimenticò di ogni cosa.
Tutto quello a cui riusciva a pensare era quanto gli piacesse e che, se avesse potuto, sarebbe rimasto in quel modo per sempre, a sentire le labbra del moro premute contro le sue, percependo il suo fiato timido e caldo e l’accenno ruvido di barba sul mento.
Si separarono solo per un istante, guardandosi negli occhi, a corto di fiato e di parole.
“Che… che te ne pare di questo caffè?” farfugliò Zayn, le labbra rosse e schiuse sui denti perlacei.
“Non saprei” gli sorrise timorosamente “Credo che dovrei assaggiarne ancora un po’ “.
L’altro assentì col capo, e: “Quando vuoi” ridacchiò, un attimo prima di accarezzargli il collo con la mano liscia, fronte contro fronte, e poi baciarlo di nuovo, stavolta più a lungo.
 
Liam non ha voglia di far nulla: indossa gli stessi vestiti della sera prima, ma non gli importa, e riesce unicamente a ingoiare qualche galletta stantia sigillata nel barattolo di latta vicino ai fornelli. Ha dimenticato di fare la spesa, anche se non è una novità, e pensa vagamente che potrebbe mandare un sms a Harry per chiedergli di portargli qualcosa da mangiare.
Passa davanti allo specchio e si osserva con aria scettica, cercando di ravviarsi i capelli in disordine, si strofina la voglia sul collo e, sollevando gli occhi al cielo, volta le spalle al proprio riflesso opaco. Una parte di lui, lontana e annebbiata, ricorda le immagini bianche e nere del calendario degli esami appeso nella bacheca dell’università, le date stampate sulle colonne scolorite. Poi, d’altro canto, considera che non ha alcuna voglia di uscire per le strade della città, e si abbandona sul divano di pelle azzurra, la testa pesante che sprofonda tra i cuscini soffici.
Ha mal di testa – neanche quella è una novità – e si sente intorpidito. Allunga una mano verso il telecomando della televisione, quello stupido schermo ultrapiatto che, arrendendosi dopo sue infinite insistenze, Zayn aveva finito per regalargli.
Guarda un notiziario senza prestarvi realmente attenzione, le palpebre socchiuse e il capo reclinato all’indietro, abbandonato ai pensieri che gli pesano addosso. Si sente dentro qualcosa che fa male, lo schiaccia, lo annulla, lo distrugge; si sente morire pian piano e ha paura, perché non sa che altro fare se non stare a guardare la propria ombra diventare sempre più sottile alla luce del sole.
“L’aveva promesso” si lascia sfuggire, in quello che sembra un singhiozzo stridulo che gli strappa la bocca arida.
E, adesso, Liam non ce la fa più a tacere. Sta piangendo.
 
Liam non capiva. Si era svegliato con lentezza, una sensazione di appagamento acciambellata in fondo allo stomaco, il collo chiazzato da segni rossi e un dolore pungente che tuttavia non era riuscito a scacciare il suo senso di felicità. Una felicità che, quando si era voltato e aveva visto le lenzuola deserte al proprio fianco, era crollata al suolo, andando in pezzi.
Riusciva a ripetere a se stesso solo poche parole, ossessive e insopportabili, che non lasciavano scampo: Zayn non è qui.
Dopo la loro prima notte insieme, dopo quello che avrebbe creduto poter essere l’inizio di qualcosa di grande – gli pareva quasi di sentire la voce di Harry nella sua testa, che lo accusava di essere una checca sentimentale – lui se n’era andato. Esattamente come tutti gli altri.
A quel pensiero, Liam deglutì e si prese il capo fra le mani, tentando di respirare a fondo e desiderando solo mettersi a urlare, fuggire da qualche parte per lasciarsi tutto alle spalle, mandare al diavolo il mondo intero e svanire.
Attese per ore. Non riuscì a mangiare nulla e, con indosso soltanto una vecchia maglietta e un paio di boxer, continuò a camminare fra le stanze vuote e pallide, misurando il corridoio con i propri passi pesanti, canticchiando canzoni di cui non ricordava le parole e facendo zapping fra i canali di telefilm americani.
Quando si fece sera, si era ormai rassegnato a telefonare a Harry, sentirgli ringhiare un: “Te l’avevo detto. Quel tipo, Zane, è proprio un bastardo: si capisce da come ti guarda dall’alto in basso”, farsi consolare, piangere sulla sua spalla fino a bagnargli la polo e infine prendersi una sbronza cercando di non pensare più a niente. E, nello stesso momento in cui aveva sollevato la cornetta per comporre il numero di casa Styles, avevano cominciato a suonare insistentemente al campanello.
Aveva aperto la porta conciato in quel modo, seminudo e scarmigliato, col cuore che gli sbatacchiava contro le costole, per trovarsi davanti un Zayn con gli occhi cerchiati, il colorito smunto e le dita a tormentare una sigaretta spenta.
“Mi dispiace” i denti gli torturavano le labbra screpolate, e aveva lo sguardo fisso a terra “Sono uno stupido, non avrei dovuto andarmene via. No, anzi” rettificò, incassando il capo fra le spalle “sono davvero uno stronzo, e se non vorrai vedermi mai più… bé, non me ne sorprenderei affatto. È che ho una paura fottuta di tutto questo, perché tu mi piaci. E anche tanto, ma davvero tanto, tanto, tanto…”
“Sembri una ragazzina” sbuffò Liam, sperando di non avere gli occhi lucidi e cercando anche di mostrarsi spavaldo.
“Lo so. Scusa” Zayn non era mai stato una persona di molte parole e in quel momento, fra le imprecazioni e quel farfugliare continuo, sembrava più in difficoltà che mai “È talmente evidente quanto io sia innamorato di te?”
Era calato un silenzio elettrico, durante il quale Liam si era sentito morire e rinascere centinaia di volte, il valore di ciò che aveva appena udito che gli riecheggiava nelle orecchie, navigando fra le incertezze.
“Stai piangendo, Lì?”
“No!” aveva esclamato, mettendo il broncio “Dev’essere colpa del freddo. Londra è insopportabile, d’inverno” aveva fatto una pausa, distogliendo gli occhi e fissandoli sulla tettoia che gocciolava pioggia “Promettimi che stai dicendo la verità, Zayn, che non ti stai prendendo gioco di me, che non mi abbandonerai mai più come hai fatto oggi. Per favore”.
E, compiuto un passo verso di lui, Zayn gli aveva soffiato un: “Te lo prometto” sulle labbra, per poi abbracciarlo forte, incespicando insieme all’indietro, fino a cadere con le gambe intrecciate sullo zerbino polveroso.
 
Liam ha i palmi premuti sul volto, non sa se per soffocare i singulti o il proprio respiro affannoso, e sente che la voce gli è rimasta impigliata fra le corde vocali.
Ora ha delle certezze: sa che Zayn non tornerà più da lui, sa che nonostante tutto ha infranto la sua promessa e che l’ha lasciato andare per sempre. Sa che non lo vedrà mai più ridere, che non sarà più lui ad abbracciarlo teneramente quando la sera si addormenta sulla poltrona guardando quei film intellettuali che in realtà detesta, e la consapevolezza lo brucia. Non ha idea di come andrà a finire, non sa se riuscirà a districarsi da quella sofferenza fangosa che l’ha catturato nelle sue grinfie e non lo lascia andar via, ma quel che sa è che non smetterà mai di amarlo.
Quel che sa, è che è ormai rimasto solo.
 
Quando Zayn, una sera fra le tante, aveva fatto ritorno a casa con quell’espressione addolorata e colpevole sul viso, Liam si era sentito annegare in un panico colloso e soffocante, annaspando. L’altro si era sfilato il cappotto di dosso, l’aveva accuratamente appeso all’appendiabiti e, trascinando le scarpe sul pavimento, si era accovacciato su una delle sedie rigide.
“Sembri stanco” aveva balbettato Liam, un insolito vuoto dentro “Forse è meglio che prepari io la cena, tu aspettami qui…”
“No, Liam” l’aveva fermato lui, il tono serio ma tremante, le ciglia fitte a nascondere il luccichio degli occhi “Non possiamo continuare ad evitare di parlarne”.
“Non c’è nulla da dire” si era affrettato a rassicurarlo, alzandosi di scatto per allontanarsi il più possibile da lì “Non c’è niente che non vada”.
“Devi renderti conto che fra noi non funziona più come una volta!” era sbottato Zayn, la mascella contratta e il pugno che colpiva bruscamente contro il tavolo, facendo tremare il posacenere di vetro colorato “Sappiamo entrambi che deve finire”.
“Possiamo risolvere le cose” aveva bisbigliato Liam, la testa che girava vorticosamente “L’abbiamo sempre fatto, Zayn, insieme. Non roviniamo tutto quel che abbiamo costruito finora”.
“Ho un altro”.
Quelle parole si erano schiantate contro di lui con una brutalità inaudita, assordandolo, riempiendogli la testa di migliaia di idee incatramate, spezzandogli in due il futuro, inquinando tutto quel che era stato il passato. Non vedeva più nulla.
“Perché?” domandò semplicemente, in un sussurro a stento percettibile.
Zayn non aveva avuto il coraggio di guardarlo e, rannicchiato su se stesso, sembrava terribilmente fragile; teneva gli occhi chiusi e le labbra serrate, e Liam era sicuro che, sulla sua pelle scura che aveva imparato a conoscere a memoria, si potesse ancora sentire l’odore di quell’altro.
“Non credevo che sarebbe successo” confessò sottovoce, il capo basso e il mento quasi a sfiorare il petto “Non avevo programmato di innamorarmi di lui, e di certo neppure Niall aveva idea di cosa sarebbe accaduto fra noi…”
“Niall” ripeté Liam fra sé e sé, immobile e gelido.
Zayn si alzò a propria volta, inciampando fino a raggiungerlo e stringendogli i polsi con le dita, ora cercando disperatamente di riuscire a guardarlo in faccia.
“Non volevo” giurò, le lacrime addensate che scivolavano giù lungo il suo volto e vi lasciavano strisce bagnate “Mi dispiace”.
“Avevi promesso, Zayn” i muscoli tesi, le labbra morse a sangue, il pianto racchiuso nel petto colmo di silenzi “Avevi promesso”.
“Ti prego…”
“Vattene” soffiò fuori un singhiozzo, liberandosi dalla sua presa e spintonandolo con una violenza che non aveva mai conosciuto prima, le schegge sottili della sua esistenza che si sgretolavano ai suoi piedi “Non voglio sentire una parola di più”.
E Zayn se n’era andato.
Aveva portato via ogni cosa: le proprie giacche profumate appese alle grucce in fondo all’armadio, il vecchio pigiama da liceale piegato sotto al cuscino stropicciato, le boccette chiare di dopobarba sulla mensola del bagno, i pacchetti di sigarette accartocciati che abbandonava ovunque sui mobili ingombri di fogli scarabocchiati.
Quando aveva sentito il portone chiudersi per l’ultima volta con un tonfo cupo, Liam aveva avuto la certezza che, pigiato all’interno delle sue borse, schiacciato tra i fumetti a colori vivaci e gli spartiti musicali, Zayn avesse portato via anche lui.
 
Liam guarda la parete di fronte a sé, lo sguardo perso e lontanissimo, la testa che ciondola mollemente su una spalla: il muro è ancora tappezzato dalle fotografie, la maggior parte delle quali cominciano a minacciare di staccarsi e cadere giù, e mentre le osserva sorride.
Il telefono sta squillando ma, smarritosi fra sorrisi che non riuscirà a vedere mai più, non ha voglia di rispondere; quando la voce di Harry lo riscuote dopo il segnale acustico della segreteria, non riesce neppure a capire che cosa stia dicendo.
Sta fissando da diversi minuti una di quelle foto vivaci, quella che hanno scattato la prima volta che Liam è entrato in casa di Zayn – per poi risvegliarsi sul suo sofà il mattino seguente. Sono abbracciati l’uno all’altro, la luce giallastra delle lampade del corridoio rende strane le loro espressioni, e sembrano due bambini felici e ignari di tutto: i capelli sono più corti, i visi leggermente più pieni, i sorrisi imbarazzati. Zayn indossa quel suo maglione bianco che gli piaceva tanto, lo stesso che dopo i tre anni trascorsi insieme era diventato di lana grezza e infeltrita, ma che lui aveva continuato ad amare perché gli ricordava il loro primo bacio.
Harry ha smesso di parlare, fuori non piove più, il notiziario alla televisione è finito da un pezzo, eppure Liam continua a ricordare, un po’ piange e un po’ sorride: lui non ha ancora smesso.

   
 
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