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Autore: _ayachan_    04/10/2007    24 recensioni
Naruto e Sakura: il giardino dell’Eden; i fratelli Uchiha: il serpente e la mela… Il peccato originale: il tradimento.
"Tutto ciò che credevo sicuro, si sgretolerà tra le mie mani...
Il mio passato, il mio presente, e il mio futuro...
Chi sono io?
Naruto o Kyuubi?"

[Pairing: cambieranno in corso d'opera, anche drasticamente! Threesome, in ogni caso. Molte]
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Naruto-1



Questa è la storia di un ritorno.

E’ la storia di un nuovo incontro e di vecchi scheletri che tornano a vivere.
E’ la storia di un amore, se vogliamo, ma anche la storia di un’amicizia.
E di una vendetta.
Perché in ogni storia che si rispetti,
ogni fiore ha la sua spina…










Capitolo primo

Passo a due






Il Villaggio della Foglia.

Pochi sanno dove si trovi esattamente all’interno del vasto paese del Fuoco, e ancora meno sanno come arrivarci.
Quei rari personaggi che per un motivo o per l’altro lo hanno visitato, sono legati al giuramento di non rivelarne mai l’ubicazione; ma se dovessero parlare racconterebbero di un sentiero quasi invisibile nel bosco, disseminato di trappole, che si fa strada vera e propria nei pressi dell’abitato. Racconterebbero di mura in legno alte e guardate a vista, di due porte principali immense, di un’alta parete di granito con cinque volti scolpiti, di case dagli stili più disparati. Racconterebbero di terme, negozi, chioschi di ramen, parchi per bambini, racconterebbero delle persone e della vita che si respira nelle strade, vita apparentemente uguale a quella degli altri mille villaggi comuni.
Poi, racconterebbero dell’Accademia ninja. E dell’Hokage, il ninja più forte, capo e protettore del villaggio. E di tutti i genin, chunin e jonin che bazzicano quotidianamente da una casa all’altra, da un ufficio all’altro, come se niente fosse, mostrando i loro coprifronte con disinvoltura.
Perché il Villaggio della Foglia, Konoha, è un villaggio ninja.
Un villaggio misterioso, protetto e protettore, un villaggio in cui è difficile entrare e ancora più difficile uscire.
Qualcuno ritiene che sia abitato da menti eccelse.
Quel qualcuno, secondo Sakura Haruno, doveva essere un gran cretino.
Diciotto anni, capelli chiari e lisci fino alle spalle, occhi verdi e fisico longilineo, Sakura era uno dei più validi ninja del villaggio, stretta collaboratrice del quinto Hokage e mente geniale, secondo chi la conosceva. Nonostante la giovane età già era jonin, e in quel momento era appena tornata da una missione con Sai e Kakashi Hatake, rispettivamente un coetaneo dal bizzarro carattere e il suo maestro.
Al suo rientro aveva trovato un biglietto, lasciatole all’ufficio per lo smistamento delle missioni, in cui una certa persona la informava di essere andata a sostenere l’esame per diventare jonin.
Così, di punto in bianco.
“E’ un deficiente!” pensò Sakura, accartocciando il foglietto e riducendolo in polvere davanti a un attonito smistatore di missioni. “Quando pensava di dirmi che aveva intenzione di farlo, eh? E poi pensa davvero che sia possibile? Lui non è neanche chunin!”
«Qualcosa non va?» chiese Kakashi accanto a lei, con un’occhiata moderatamente curiosa da parte dell’unico occhio visibile.
«Naruto» ringhiò Sakura stringendo il pugno, ora che la carta non era più disponibile. «A quanto pare si è svegliato stamattina e ha deciso di tentare l’esame per jonin»
«Lui?» fece Kakashi, inarcando le sopracciglia.
«Già, lui!» sputò Sakura come fosse stato un insulto. «E ovviamente non ha ritenuto opportuno avvisarmi»
«Ma perché ha voluto dare l’esame?»
«Vai a capirlo! Cioè, come se ce ne fosse bisogno!»
«Forse voleva semplicemente un riconoscimento ufficiale» suggerì Sai diplomaticamente. «Ci ha sempre tenuto molto, no?»
«Sai cosa me ne frega?!» sbottò Sakura fulminando il compagno con lo sguardo. Lui le rivolse un sorriso che aveva un che di zen. «Non appena rimette piede nel suo appartamento gli stacco la testa, ecco cosa succede!»
Tra fuoco e fiamme, ancora parlando, Sakura piantò in asso Kakashi e Sai e decise di uscire dall’ufficio. I due si scambiarono un’occhiata neutra.
«Qual è il problema, insomma?» chiese Sai.
«Non l’ho mica capito» rispose Kakashi.
In fondo, che male c’era anche se Naruto decideva di volere un riconoscimento ufficiale per la propria forza? Cioè… erano diciotto anni che non faceva che cercarlo, ora che poteva averlo Sakura non avrebbe dovuto essere contenta per lui?
I due jonin decisero di comune accordo che le ragazze erano creature troppo complesse.

Ma Sakura sapeva cosa faceva e di cosa parlava. Lo sapeva fin troppo bene. Così come anche quel maledetto impulsivo di Naruto doveva saperlo alla perfezione.
“Proprio adesso? All’improvviso?” si chiese attraversando il villaggio a passo spedito, il cuore leggermente accelerato. “Perché così in fretta?”
«Ehi Sakura! Dove stai…?»
Sakura sorpassò Ino Yamanaka senza nemmeno vederla, lasciandola impalata in mezzo alla strada con la mano ancora alzata e il saluto incompleto.
Probabilmente in quel momento non avrebbe ascoltato nemmeno il quinto Hokage, se le si fosse parato davanti. A dire il vero, non vedeva neanche dove stava andando; anche se sapeva quale sarebbe stata la sua meta finale.
Si infilò in una stradina secondaria, in cui le ombre già iniziavano ad allungarsi, e a passo di carica l’attraversò spaventando un gatto che ronfava su un cornicione. Interruppe la sua marcia solo davanti a un edificio che si avviava ad essere anziano, con una serie di campanelli accanto a un ingresso decoroso ma irrimediabilmente segnato dal tempo. Una delle targhette indicava, in una scrittura tremolante, “Narudo Uttumagi”. Evidentemente all’epoca della sua creazione “l’artista” doveva aver avuto seri problemi con l'ortografia.
Tuttavia Sakura non si curò del campanello, ma sfilò di tasca un paio di chiavi e le infilò nella serratura come avrebbe conficcato un kunai in un albero, girandole ferocemente. Con un secco clack la porta si aprì, permettendole di entrare in un atrio buio e stretto, e come un gatto si mosse nell’oscurità fino a raggiungere le scale a colpo sicuro. Le salì, facendo rimbombare i propri passi sugli scalini, e passò una rampa, due, e poi altre, fino a fermarsi a un piano intermedio.
Il pianerottolo qui era peggio tenuto che altrove, con batuffoli di polvere cacciati negli angoli e una macchia dalla natura misteriosa sul consumato tappetino d’ingresso.
A quella vista Sakura fece una smorfia, e, sollevando il piede per evitare la chiazza, raggiunse la porta di legno un tempo bianco. Estrasse altre chiavi e tentò di far scattare la serratura come nell’ingresso, ma questa volta constatò con stupore che la porta era aperta.
“Quel cretino non imparerà mai!” pensò irritata, spalancando la porta con un gesto secco e facendo irruzione in quello che, per mancanza di migliori definizioni, tutti definivano l’appartamento di Naruto.
La prima cosa che notò fu l’odore. Rancido e marcio insieme, come una confezione di latte dimenticata fuori dal frigo troppo a lungo, accanto a un frutto putrescente. Poi, con un’occhiata disgustata tutt’attorno, vide che effettivamente sul tavolo c’era una confezione di latte evidentemente scaduto, accanto a incarti vuoti di ramen take-away, mollati per terra o sulle sedie, e avanzi di cibo ovunque, mescolati a cartacce di vario genere, calzini, kunai e rotoli ninja e, sotto un kit medico aperto, un disegno di Sai spiegazzato.
Per un attimo Sakura contemplò l’ipotesi di dare fuoco a tutto. Quel posto non era un appartamento, era una discarica.
Poi la sua natura fondamentalmente buona ebbe la meglio, e con un profondo, profondissimo sospiro e un’occhiata cupa prese la sua decisione.
Richiudendo la porta, si trovò a pensare: “In fondo ho un po’ di tempo da perdere… e comunque credo che finirà per essere nel mio interesse…”
Un’ora dopo se qualcuno avesse aperto la porta dell’appartamento di Naruto avrebbe creduto di aver sbagliato indirizzo: le confezioni di ramen erano sparite, così come il latte e gli avanzi di cibo; i calzini e la biancheria sporca erano stati raccolti in un cumulo che stava nella cesta apposita – la quale prima era stata nascosta sotto una grande mappa con una macchia di sugo; i kunai, il kit medico e tutte le altre armi che Sakura aveva trovato in giro giacevano sul tavolo pulito in bell’ordine, scintillanti e pronti all’uso; il divano era stato liberato dalla spazzatura che lo ricopriva, i cuscini sprimacciati, il disegno di Sai appeso a una parete nonostante un angolo fosse rovinato, e infine ai pavimenti era stata data un’energica spazzata e una lavata con un detergente profumato.
Seduta sul davanzale della finestra aperta, in attesa della completa asciugatura della sua opera, Sakura si guardava attorno facendo ciondolare mollemente le gambe. Inspirò a fondo. Profumo di pesca. Un netto miglioramento, senza ombra di dubbio.
Ora doveva solo attendere, sia che il pavimento si asciugasse, sia che Naruto tornasse…
…O almeno così pensava.
Perché la porta si aprì all’improvviso e, con l’acqua ancora per terra, un piede si fece strada lasciando un’impronta drammaticamente netta del suo passaggio.
Sakura raggelò.
«Non ti muovere!» abbaiò, e il piede sulla soglia si bloccò pietrificato.
«Ehi, ma chi… che…?» fece una la voce di Naruto dietro la porta mezza aperta. «Ho sbagliato piano?»
«No, razza di cretino! Ma ho lavato il pavimento, quindi non muoverti da lì!»
«Sakura?»
«Chi altri avrebbe avuto il coraggio di mettere piede qui dentro?»
«Hai pulito tutto tu?»
«No, i folletti»
«Ahah! Grazie! Ehi, ma questo che sento è profumo di pesca? E’ tuo?»
«E il detersivo per pavimenti»
«Ah. Però è molto buono»
Calò il silenzio.
Fuori dalla finestra il sole si avviava a scendere verso ovest, e il cielo era solcato dal volo di uccelli scuri, che di tanto in tanto lanciavano il loro richiamo. Una leggera brezza entrava nella stanza, scompigliando lievemente i capelli di Sakura. Lei abbassò lo sguardo, senza sapere da dove iniziare a chiedere ciò che davvero le premeva.
«Sono jonin» buttò lì Naruto prima che lei potesse decidere.
«Ah… ah sì?» mormorò alzando lo sguardo sulla porta che lo nascondeva. «Bene… Congratulazioni»
«Quando sono arrivato da Tsunade a chiederle di sostenere l’esame non sapeva se ridermi in faccia o darmi una botta in testa… Dice che le ho solo procurato lavoro extra. E che sono un cretino, ovviamente» Naruto rise brevemente dietro la porta, poi scese altro silenzio. Il pavimento iniziava ad asciugarsi, ma nessuno dei due si mosse da dov’era.
Poi fu Naruto a parlare di nuovo:
«Ti ricordi quella promessa, vero?» chiese con tono vagamente ansioso.
Sakura esitò prima di rispondere, grata che la porta che li divideva nascondesse il suo rossore.
«Sì» mormorò poi, così piano che quasi lui non la sentì. E un attimo dopo aggiunse in fretta: «Ma perché così all’improvviso?»
Naruto tacque.
«…C’è qualche problema?» chiese cauto.
«…No. No, certo che no…» sussurrò lei incassando la testa tra le spalle. «Solo… avrei voluto un preavviso, che so… Un attimo di tempo per metabolizzare la cosa…»
«Vuoi tirarti indietro?»
«No!» Sakura scattò, rischiando di perdere l’equilibrio dal davanzale. «No, te l’ho promesso e manterrò la parola!»
Dietro la porta, Naruto sorrise.
«Ah, meno male… per un attimo ho avuto paura»
Di nuovo zitti. La tensione era palpabile, l’aria densa nella luce del tardo pomeriggio, il pavimento ormai pressoché asciutto.
«Quindi… vieni a vivere con me?» domandò Naruto in tono neutro, ma la sua voce tremò appena sulle ultime parole, rovinando l’effetto noncurante.
Sakura si fissò i piedi nervosamente.
«Sì» confermò stringendo le dita sul davanzale.
Mesi prima, scherzando, Naruto le aveva detto: “Il giorno che diventerò jonin tu verrai a vivere con me”. Poi, Sakura non sapeva come, quella battuta era diventata dannatamente seria… E ora… ora era arrivato il momento.
Ma lei voleva davvero vivere con lui?
Cioè, la convivenza era una cosa abbastanza importante… lei aveva sempre vissuto con la sua famiglia, chi le garantiva che non avrebbe cercato di uccidere Naruto dopo il terzo giorno?
“Non essere stupida” si disse irritata. “Sei tu che ti sei innamorata di lui, sei tu che hai voluto che vi metteste insieme… non puoi tirarti indietro adesso!”
Senza che se ne fosse accorta, Naruto l’aveva avvicinata, dopo aver attraversato il pavimento finalmente asciutto. Vedendo i suoi piedi davanti alla finestra Sakura alzò lo sguardo, e  lo vide. Non sorrideva.
Naruto era contemporaneamente diversissimo e uguale a quando aveva dodici anni.
I capelli biondi non erano mai stati domati, ma ora erano più lunghi, e gli occhi azzurri erano limpidi come il giorno della prima missione. Era diventato più alto, Naruto, molto più alto di lei ora; ed era diventato anche forte, spaventosamente forte… tanto da inquietarla, qualche volta.
Ma con lei era sempre stato infinitamente dolce, fin da ragazzino.
E lei aveva visto il suo lato più fragile, lo aveva conosciuto e aveva desiderato proteggerlo… finendo per arrivare a quel giorno.
Era stata una scelta del tutto consapevole, ripensarci ora non aveva alcun senso.
E poi…
…Naruto era l’unico che potesse amare, ora che di Sasuke si era persa ogni traccia.
«Sì» ripeté Sakura, guardandolo negli occhi, senza più esitare.
Lui finalmente le sorrise, con il sorriso che in quegli anni era rimasto sempre lo stesso, e poi le circondò le spalle con le braccia e la strinse a sé.
Sakura ricambiò l’abbraccio, chiudendo gli occhi, e un sorriso incurvò anche le sue labbra.
Dopotutto rimettere a posto alla fine le avrebbe davvero giovato, se doveva vivere lì.
«Ma perché hai deciso di diventare jonin così all’improvviso?» chiese.
Naruto, senza lasciarla, fissò un gatto che passeggiava sul tetto di fronte, con occhi cupi. Aumentò leggermente la stretta attorno alle sue spalle, e, esitando appena, mormorò:
«…Abbiamo una traccia. Sappiamo dov’è Itachi»
Sakura spalancò gli occhi.
Dire Itachi… significava dire Sasuke.
Perché l’unica cosa che sapevano del minore degli Uchiha era che non avrebbe smesso di cercare suo fratello fino alla morte.
E loro avevano una traccia di Itachi.
Una possibilità di trovare anche Sasuke...
Né lei, né Naruto si mossero o accennarono a voler sciogliere l’abbraccio.
Eppure, nella stanza che da quel giorno avrebbero dovuto condividere, in cui avrebbero dormito, aperto gli occhi al mattino, riso, mangiato, litigato e scherzato, l’aria si raffreddò, e il profumo di pesca che aveva aleggiato, dolce fino a un attimo prima, sembrò all’improvviso nauseante…

…Sasuke…









*      *     *   *    ȣ    *   *     *      *


Spazio autore

Salve a tutti, sono nuova su questo sito e non so bene come muovermi...
Come molti di voi, provengo dal bacino di manga.it,
in cui le regole sono molto meno e le cose molto più semplici!
Quindi sono qui per chiedervi sostanzialmente una mano:
se faccio qualcosa di sbagliato, se fraintendo una regola, se avete qualunque consiglio da darmi,
non esitate a scrivermelo via mail!
Il vostro aiuto è davvero indispensabile!
Grazie in anticipo!

Aya
(-aya-chan- su manga.it... prima che mi accusiate di plagio! XD)

  
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