Stava li da sola. Seduta su un muretto. Mani sotto il mento, testa bassa e sguardo perso nel vuoto.

Guardava i bambini giocare. Era triste.

I piedini calzati da scarpette bianche. Scarpette sempre bianche immacolate. Ne terra ne fango. Perché non giocava mai.

Il corpicino avvolto da un grembiulino color crema. Senza macchie e buchi. Perché non giocava mai.

A lei non piaceva stare li. Nessuno la voleva.

Invidiava le maestre dell'asilo. Loro non avevano bisogno della madre per andarsene. Potevano farlo benissimo da sole.

Lei invece no. Doveva stare li finché la mamma e la nonna non sarebbero venute a prenderla.

Odiava quel posto. Odiava l' asilo in cui era costretta a stare e i bambini che non la calcolavano.

Poi un giorno...

“Ciao!”

Una parola. Quattro lettere e un bambino.

Erano bastate a cambiarle la vita.

“Vuoi giocare con me?”

Che domanda!

Così semplice e normale per quel bimbo dai capelli scuri.

Così difficile e strana per quella bimba dai capelli castani.

Non glielo aveva mai chiesto nessuno. Troppo timida per parlare con le persone.

Annuì piano con la testa.

Da quel giorno i suoi vestiti non furono più bianchi immacolati.

La piccola Emma aveva trovato Samuele come amico.