Kelly
se ne stava placidamente
adagiata sul
morbido sofà dell’ampio salotto sfogliando una
rivista d’arte nella quale c’era
un articolo che parlava in toni entusiastici della loro galleria. Sorrise compiaciuta
sorseggiando il suo tè al
gelsomino.
Sembrava
proprio che l’ultima esposizione presentata avesse colpito il
pubblico e addetti
ai lavori, cosa che la fece sentire oltremodo fiera di quello che lei e
le sue sorelle
erano riuscite a creare. Effettivamente quell’enorme open
space, illuminato in
modo che le luci non sembrassero affatto artificiali e perennemente
investito
da musica chill out
e ambient
lounge stava rapidamente diventando un luogo alla moda, un
punto di ritrovo
per la gente in. Dai giovani artisti
a quelli affermati, dalle modelle, ai fotografi di grido, dai bohemien
in
genere e coloro i quali amavano definirsi
cool , tutti prima o poi transitavano per la
loro galleria. E non tanto per ammirarne le
opere, quanto per goderne l’atmosfera e poter affermare di
essere degli habituè.
Stringi,
stringi, pensò Kelly sorniona, non avevano fatto altro che
modificare un po’ la
concezione del caffé che gestivano prima. Anche
lì c’era gente che andava,
veniva e si fermava, solo che nella versione attuale i quadri e le
installazioni sostituivano i tramezzini e il caffé. Senza contare che lì
non c’erano tazze da lavare in
grembiulino!
A
questo pensiero non poté trattenere una risatina, non
rinnegava affatto il
passato, ma doveva ammettere che, almeno sotto questo punto di vista,
la loro
vita era migliorata di gran lunga.
Anche
se... Beh, bisognava ammettere che negli ultimi tre anni di traumi ne
avevano
avuti abbastanza, anzi, qualcuno di troppo. Innanzitutto
c’era stata la quantomai
frettolosa partenza per l’Europa, il cui cruento antipasto
era stato il casino
successo tra Sheila e Matthew, una tremenda cagnara culminata con il
tempestoso
distacco dei due. Separazione che ancor oggi faceva sentire i suoi
effetti.
Dopodichè
avevano girato in lungo e in largo attraverso il nord Europa alla
ricerca della
benché minima traccia le potesse portare a trovare qualche
indizio inerente
loro padre. Tempo perso, tutte le piste avevano portato ad un nulla di
fatto, per
quanto lei, le ragazze e l’immancabile signor Marloss si
fossero sforzati in
ogni direzione. Sembrava che di Heinz si fosse perduta del tutto la
memoria. La
delusione era stata enorme e persisteva tutt’ora, anche se
ormai ne parlavano
di rado, giacché l’amarezza era davvero troppa.
Restava loro l’intera collezione
del padre ormai riunita, ma che senso aveva, visto che quella che
sembrava la
chiave di volta per ritrovarlo alla fine non era servita ?
Oltre
a ciò Kelly trovava che fosse un vero peccato il doverla
tenere occultata in un
deposito sotterraneo, con tutto il cuore avrebbe voluto esporla al
pubblico per
far finalmente ammirare il genio di Heinz, suo padre. Ma come fare? Si
trattava
del frutto di tutte le imprese di Occhi di Gatto, quindi agli occhi
della legge
un corpo del reato e di certo lei, né le sue sorelle,
potevano costituirsi. O
perlomeno non ancora, in effetti Marloss si stava muovendo in tal
senso. Attraverso
le sue conoscenze infatti, stava cercando un cavillo, un modo legale
per
rendere la loro situazione costituzionale. La collezione Heinz era
stata rubata
e dispersa dai nazisti e loro che erano le figlie del legittimo
proprietario
non avevano fatto altro che riappropriarsi dei beni appartenuti al
padre, anche
se naturalmente il metodo usato non era stato dei più
ortodossi… Comunque alla
controversia stava lavorando un nutrito pool di avvocati sulla cui
riservatezza
si poteva contare, ma i tempi previsti andavano sul lungo e quindi non
potevano
far altro che aspettare e aver fiducia.
“Fosse
facile.” Pensò sospirando, quando
all’improvviso fece capolino nella stanza Sheila.
“Allora,
che dice l’articolo del nostro vernissage?” Chiese
tamponandosi la fronte con
una salvietta.
Veniva
direttamente da quella che soleva definire “la mia sala
fitness personale”, infatti,
nella loro nuova casa, aveva preteso ci fosse un’ampia stanza
che aveva
arredato con tutte le moderne tecnologie da palestra e dove passava
parecchio
tempo quando non era alla galleria. Kelly non si era mai presa la briga
di
chiederle il perché di questa originalità, anche se ne sospettava il
motivo, tutto il
contrario di Tati alla quale la cosa non piaceva affatto. Sheila era
sempre
stata delle tre la più introversa e quella dal carattere
decisamente ermetico,
ma da quando lei e Matthew avevano rotto era andata via, via
peggiorando.
Si
era buttata a capofitto prima nella ricerca del padre e poi nella nuova
vita
che avevano intrapreso al loro ritorno in Giappone.
All’apparenza sembrava che
andasse tutto bene, il lavoro le piaceva, faceva tutte quelle cose
normali che
ci si aspetta da una giovane single avvenente ed era persino uscita
qualche
volta con alcuni interessanti giovanotti conosciuti a qua e
là. Eppure rimaneva
come distaccata da tutto ciò, era come un divertimento fine
a sé stesso, finché
durava sembrava appagarla, ma poi le lasciava dentro un gran vuoto. E
quelle
rare volte che Kelly si era risolta a tentare di parlarle si era
trovata
davanti un muro. Poteva darsi però che il suo modo pacato di
farlo forse non
era quello giusto, anche se neppure quello molto meno diplomatico di
Tati aveva
prodotto dei risultati. La loro ultima litigata in proposito era
avvenuta circa
un paio di mesi prima.
“Accidenti a te, hai la testa più dura di
un
mulo!” L’aveva apostrofata la loro
sorellina davanti all’ennesimo rifiuto
da parte di Sheila di uscire di nuovo con
un designer molto carino sulla trentina.
“Perché non ti fai gli affari tuoi?”
Le
aveva risposto oltremodo arrabbiata quest’ultima lasciando la
stanza dove
l’alterco stava avvenendo.
“Perché stai sprecando la tua vita idiota!”
Aveva replicato la più piccola
seguendola dappresso e, non paga, aveva rincarato la dose: “E se, nonostante tutto, con la testa stai
ancora appresso a quel cretino senza spina dorsale, allora sai che ti
dico?
Tira fuori il coraggio e vallo a cercare!”
L’aveva
sfidata iniziando ad alterarsi oltremodo, era stufa di vederla svagata
e
oppressa e, soprattutto, era ora che la piantasse di nascondersi dietro
ad un
dito. E se sua sorella non si decideva da sola, ebbene gliele avrebbe
cantate
chiare! Inoltre, anche se Tati non l’avrebbe mai ammesso,
neppure sotto tortura,
Matthew mancava da
morire anche a lei. Sebbene
fosse sempre stata convinta che
non
fosse per nulla
l’uomo adatto a Sheila,
ciò nonostante però
nel corso degli anni
gli si era affezionata, quasi fosse diventato una sorta di fratello
maggiore
per lei. Anche se a volte dimostrava meno anni di lei quanto a
maturità.
“Tu stai dando i numeri Tati! Il fatto che io
non voglia uscire di nuovo con quel presuntuoso non ha motivi reconditi.“
“Tutte balle e se pensi che ci creda stai
fresca! Ma perché non ammetti una volta per tutte che vuoi
rivederlo?”
“Ma di chi diavolo parli?”
Domandò Sheila
al culmine della malafede, giacché sapeva benissimo a chi si
stavano riferendo.
“Del fantasma di quel cretino! Che come un
ectoplasma malefico
si aggira nella tua
testa ed esce solo per farti fare delle grandissime cavolate! Non puoi
negarlo,
accidenti, ogni volta, ogni maledettissima volta che ti dai uno
spiraglio di
vita, risorge dalle sue ceneri e ti riacchiappa!”
“Ma che ti sei data all’alcool ?!” Aveva replicato ostentando
un misto di
stupore ed esasperazione. In effetti, volendo mantenere
quell’apparenza
distaccata, non avrebbe potuto comportarsi diversamente. Sebbene
sapesse in
cuor suo quanto la piccola avesse colto
nel segno.
“No, io no, ma tu dovresti farlo... esci,
svagati, tocca il culo agli uomini insomma! E se non ti va e pensi
proprio che
lo rivuoi, allora vattelo a pigliare ovunque si sia cacciato!”
“Questa discussione non ha affatto senso.”
Aveva ribattuto Sheila girando sui tacchi e chiudendo il discorso. E
che poteva
risponderle? Che ci aveva già provato e che di Matthew
pareva non fosse rimasta
traccia? Invero, con molta discrezione, da quando erano rientrate in
patria,
aveva tentato di rintracciarlo per parlargli, quantomeno, si era detta,
per
chiarire definitivamente la situazione tra loro e poi ognuno per la sua
strada
. Il che naturalmente era tutta una scusa per non ammettere che la sua
speranza
era di tutt’altro tipo. Ma in ogni caso sembrava che si fosse
volatilizzato.
Dagli archivi computerizzati della polizia risultava solo che aveva
lasciato la
sua precedente sede e altro non c’era. Non era dato sapere se
facesse ancora parte
delle forze dell’ordine o se si fosse dimesso, per queste
informazioni sarebbe
occorsa una userid e una password, o meglio ancora, le doti di hacker
della sua
sorellina. Ma sarebbe morta piuttosto che chiederglielo!
Così
la sua mossa successiva era stata quella di recarsi presso il complesso
dove
c’era il suo appartamento, ma anche là
l’unica informazione che aveva reperito non
le era servita un granché. Dai vicini infatti aveva appreso
che erano mesi che
non viveva più nessuno in quel locale, anche se la casa non
era stata riaffittata.
In
sostanza qualunque strada tentasse di prendere finiva continuamente in
un
vicolo cieco, anche perché Matthew aveva pochi amici,
nessuno dei quali
veramente intimo, ai quali poter porre domande. L’unica era
Alice Asatani e,
sebbene quella lì sapesse dove trovarla, non
ne aveva affatto
voglia. Senza contare che era pressoché certa che se pure
quell’arpia fosse
stata a conoscenza di qualcosa, a lei non
l’avrebbe di certo detto. Inoltre non voleva dare alla
detective un nuovo
pretesto per rimettere il naso nelle sue faccende. Chi restava ?
Tolto
il Capo, il diretto superiore di entrambi i detective, il quale nel
frattempo
era andato in pensione e si era ritrasferito nella natale Fukuoka, i
pochi
parenti di Matthew che vivevano a Kyushu non lo vedevano da un pezzo. E
non era
solo una supposizione questa, giacché aveva telefonato a
tutti gli abbonati che
facevano di cognome Isman di quel distretto, finché non
aveva beccato in modo
del tutto fortuito una zia . Al che, omettendo la sua
identità e spacciandosi
come organizzatrice di una riunione tra ex compagni di scuola,
l’aveva
interrogata in tal proposito. La donna, sebbene disponibile, non aveva
saputo
dirle molto, salvo precisare che non aveva notizie di suo nipote.
Possibile che
non ne sapesse niente? Ma proprio niente, niente?
Aveva
insistito molto, ma per quanto ci avesse provato non le era riuscito di
farla
sbottonare, l’unica cosa che le aveva detto era che in ogni
caso, conoscendolo,
pensava non sarebbe intervenuto, dopodichè aveva buttato
giù. E così si era ritrovata
nell’ennesimo impasse, tanto che le sembrava la seconda
edizione della
scomparsa del padre, con l’aggravante però che il
suo ex fidanzato non aveva
lasciato opere d’arte dietro di sé!
Tutto
questo era successo nei due mesi precedenti e nel frattempo lei aveva
realizzato appieno che aveva assolutamente bisogno di rivederlo. Alla
fine
aveva dovuto ammettere con sé stessa di amarlo ancora e che
aveva sperato
durante tutti gli anni trascorsi dal loro distacco che lui fosse ancora
lì ad
aspettarla e che niente fosse cambiato.
Intanto
tuttavia il tempo passava e nonostante tutto non le riusciva di sapere
dove
fosse, benché avesse messo in moto persino Marloss,
pregandolo però di
mantenere un’assoluta segretezza sulla cosa.
Ad
ogni modo quella domenica mattina una volta tanto non ci stava
pensando, si era
svegliata presto e si era messa a fare dello step tanto per passare il
tempo
prima di recarsi in centro. Aveva fatto una doccia e si era diretta in
salotto
per fare quattro chiacchiere con le sorelle. Tati si era alzata poco
prima,
l’aveva incrociata in corridoio mentre si dirigeva verso il
bagno, per cui
quando bussarono alla porta fu quest’ultima ad aprire e le
sorelle dal
salotto udirono
chiaramente la sua
esclamazione di stupore...