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Autore: Scarlet Jaeger    18/03/2013    2 recensioni
"[...]Ma più di tutto odio il fatto
che mi avete insegnato ad odiare
quando la vostra missione
era solo quella di insegnarmi a voler bene"
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Deuteros
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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l'orco dell'isola di Kanon.

"[...]Ma più di tutto odio il fatto
che mi avete insegnato ad odiare
quando la vostra missione

era solo quella di insegnarmi a voler bene"



L'Orco dell'Isola di Kanon.


"Lost in the darkness
Hoping for a sign
Instead there's only silence
Can't you hear my screams?"



Era passato quasi un anno da quando, ritenutosi colpevole della morte del gemello,  si era auto esiliato su quell'isola dove le eruzioni del vulcano sempre attivo, ricoprivano di lava quella che oramai era diventata la sua casa.
Viveva lontano dal Tempio, per espiare quelle colpe di cui si riteneva artefice e di cui si sentiva macchiato oramai da tempo. Tutta la gente del villaggio oramai lo definiva come un orco ed ogni volta che qualche voce o diceria arrivava alle sue orecchie, non faceva altro che spronarlo a dare il peggio di sé; sul suo volto si disegnava una maschera di apatia ed un sorrisetto divertito gli inarcava gli angoli della bocca.
Un orco.
Un demone.
Diventare più forte.
Erano questi i pensieri che vagavano nella sua mente oramai, da quando era arrivato in quel posto; null'altro vagava nei regressi della sua anima. Più nulla che per lui valesse. Tanto oramai, era abituato ad essere paragonato ad un mostro, un demone oppure un orco, e per lui quei nomi non facevano più alcuna differenza.
In quell'isola era temuto da tutti e per questo i cavalieri che giungevano fino alla sua dimora, li uccideva tutti senza pensare alle loro anime oppure alle loro colpe. Erano tutti uguali. Forse lo faceva per riprendersi indietro quegli anni rubati, in quegli anni in cui era solo un ombra. Adesso però, era l'ombra di sé stesso. Gli andava veramente bene così?
Si, gli andava bene; tanto non c'era nulla che valesse la pensa nel mondo esterno, per essere vissuta.
Diede una rapida occhiata al Pandora Box dei Gemelli, posto accanto al suo giaciglio, e lasciò che per l'ultima volta i pensieri di quel giorno riaffiorassero alla mente.
°Si, una volta c'era un motivo per rimanere al tempio.°
Sospirò, ma oramai non poteva fare altro che rinchiudersi in sé stesso e lasciare che i giorni passassero l'uno dopo l'altro, tutti uguali.
Si alzò dalla sua posizione, lasciando che i capelli color della notte gli ricadessero dietro le spalle, ed uscì da quell'umile dimora che definiva oramai casa facendo riecheggiare il suo urlo nella notte per ribadire che lui era ancora li, come tutte le notti.


"Never stop hoping
Need to know where you are
But one thing's for sure
You're always in my heart."


Andò a sedersi su una roccia, circondata dalla bollente e fumante lava, vestito del suo solito paio di pantaloni neri e di quegli stivaletti oramai logori, dello stesso colore. La pelle abbronzata si mimetizzava nella notte ed oramai non sudava più per quell'elevata temperatura causata dal magma; oramai il suo corpo si era abituato a quelle condizioni, oramai non c'era più nulla che gli facesse paura.
Avvolto dal suo Cosmo, entrò nella lava come se fosse per lui acqua in una piscina, lasciando che dietro di sé continuasse a sgorgare dal vulcano.
Sedette scomposto, con una gamba incrociata e l'altra piegata, e lasciò che la frangia gli ricadesse sugli occhi blu e fece defluire il Cosmo sulla propria mano. Creò così un sfera bollente, che si divertiva a roteare sull'arto grazie alla sua forza, più per passatempo che per vero e proprio allenamento. Si comportava così quando, in solitudine, passava le sue nottate; ma quella era diversa, una notte stellata dove in cielo comparivano le diverse costellazioni che nelle notti limpide come quella, deliziosamente ornavano la volta celeste.
Lasciò scemare il Cosmo a regresso, poco alla volta, facendo sì che il magma tornasse al suo posto, ed alzò il viso verso il firmamento cercando quella costellazione che aveva segnato il suo destino: i Gemelli.
Sospirò, ripensando proprio al loro destino: il suo e quello di suo fratello Aspros. Sulle sue mani sentì ancora il calore del sangue fraterno e davanti agli occhi balenarono ancora quelle forti immagini di suo fratello, poco prima di togliersi definitivamente la vita scagliando contro sé stesso quello stesso infernale potere che gli aveva piegato la mente al suo volere. Infondo, era stato solamente una marionetta per lui e per questo continuava ad arrovellarsi lo stomaco. Possibile che per Aspros, quei dolci momenti di gioventù, quando era l'unico a dimostrargli umanità con le sue parole, non esistevano più? Cosa lo aveva completamente cambiato? Nonostante per gli altri fosse solo una sciocca ombra, un numero due destinato a vivere dietro i successi del gemello, lui gli era comunque vicino; perché adesso non era più così?
Sorrise appena, quasi rassegnato, scoprendo i canini appuntiti che gli erano propri, con ancora gli occhi puntati verso il cielo ed il cuore aperto ai ricordi. Ricordava l'infanzia, l'adolescenza, la vicinanza di Apsros, fino a quel giorno. Continuava a chiedersi dove fosse finito: in inferno o in paradiso? Un uomo che aveva ricevuto la Gold Cloth dei Gemelli ed aveva reso devota la sua anima verso Athena e consacrato i suoi fini ad essa e che si era piano piano convertito al male, dove poteva giungere dopo la morte? Questo non lo poteva sapere, non gli era dato saperlo, infondo lui era ancora vivo; lui che avrebbe preferito morire al posto del fratello. In quel momento, quando notò l'espressione malvagia di Aspros e lo vide levare la mano su di sè per ucciderlo, iniziava a sperare di essere finalmente libero dal tormento della sua persona..eppure, a morire fu l'altro.
Sorrise ancora, tristemente. Strana la vita, no? Non sapeva davvero dove fosse la metà del suo sangue, ma di una cosa ne era certo: era nel suo cuore perché ancora quei ricordi continuavano a tormentarlo. A ricordarglielo, c'era la Gold Cloth a lui appertenuta.




"I'll find you somewhere
I'll keep on trying
Until my dying day
I just need to know
Whatever has happened
The truth will free my soul"




I lunghi giorni uguali trascorsi sull'isola, non fecero altro che plasmare la sua anima ed il suo corpo come un vero orco; tuttavia, era proprio quello che voleva. La Guerra Santa era oramai sopraggiunta ed il brulicare dei Cosmi nemici, lo sentiva oramai vicino al Tempio. Assistette alle battaglia, alle morti, alla disperazione, eppure non si mosse da lì fino a quando un semplice Saint di Bronzo non approdò nell'isola con l'intento di diventare più forte. All'inizio fu infastidito da quella visita nel suo territorio; di solito chi irrompeva nell'Isola, che fosse un Bronze o un Sylver, lo uccideva senza tanti complimenti, eppure quel ragazzo aveva suscitato la sua curiosità. Lo mise alla prova con delle assurde, se pur utili, prove di resistenza.
Gli ricordava il sé stesso di un anno prima quando assistette inerme alla morte del fratello; quando la sua mano colpì il petto di Aspros e non quello del Grande Sacerdote; il sé stesso di quando decise che la sua vita non aveva più valore.
Solo infine capì che l'arrivo del ragazzo era segnato dal destino. La prova di tutto ciò, fu l'apparizione di Asmita attraverso l'armatura di Pegaso. Era ora di darsi da fare.
Imperturbabile e sicuro di sé, si lanciò alla volta del Lost Canvas, nella casa di Marte, ma proprio non si sarebbe aspettato di rivedere lui: suo fratello Aspros in veste dello Spectre dei Gemelli. La prima reazione fu di sgomento, seguita dalla rabbia e poi tristezza; un ramdom di sentimenti che neanche lui seppe ben definire, ma purtroppo solo una traguardo andava raggiunto: la morte.
Dopo una dura e lunga battaglia, dove nessuno dei due sembrava prevalere, dove si battevano con le stesse tecniche, Deuteros capì che c'era solo un modo per vincere: ovvero morire per liberare il fratello dalla "prigionia" del signore degli Inferi. E fu così; dopo una Galaxian Explosion, gli rivolse un ultimo sorriso, quello più bello e dolce che Aspros ricordasse. Fu un sorriso interamente riservato a lui, finalmente privo di quell'orribile maschera che celò per anni i lineamenti uguali ai suoi, prima di estinguersi in un bagliore di luce.
Aspros rimase talmente scosso da tale scena, che i suoi capelli si tinsero di nuovo del loro colore originale. Non più il nero della notte ornava la sua capigliatura, e non più il rosso scarlatto si riversava nelle sue iridi, adesso era finalmente privo del suo tormento.
Di fronte a sé l'armatura d'oro di Deuteros, la sua armatura d'oro, fluttuava come un semplice e vuoto totem, mentre calde lacrime rigavano il suo viso.
Deuteros trovò finalmente la pace donando la propria vita a colui che tanto amò. Era finalmente libero.
Fine.



 






  
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