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Autore: StillDoll    18/03/2013    0 recensioni
Era lui, quel contatto, le mani di lei dietro al collo, le mani che nell'abbracciarla si erano intrigate nei capelli di lei quasi catturati da una ragnatela, la sensazione delle loro lingue ruvide e umide di saliva lo aveva disgustato, trovò quel sapore di fragola caldo e soffocante e si allontanò.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: PWP
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Guardava a terra e cercava di comprendere perché si trovasse lì.

Un vecchio parco giochi dismesso con qualche panchina sommersa dall'erba alta, un posto desolato e desolante frequentato perlopiù da tossici, ubriachi e barboni.
Cosa faceva lui sotto la pioggia, su quella panchina i Dr. Martens stringati macchiati di fango?

Gli erano capitate un sacco di cose negli ultimi tempi, cose di poco conto, qualche test non passato all'università, capita; qualche impegno preso che non era riuscito a mantenere, era colpa di altri impegni e non poteva certo fare tutto; la persona che era convinto di amare aveva dichiarato il suo amore per un altro,capita a tutti prima o poi; e poi ancora un ritardo in un momento importante, un errore in un momento critico, una scelta sbagliata sotto pressione...

Le mani gli tremavano e non riusciva a capire perchè, le lacrime gli scendevano a fiotti ma lì non c'era nessuno, non doveva preoccuparsi.

Preoccuparsi di cosa poi? aveva sempre nascosto i suoi sentimenti dietro un sorriso e doveva essere terribilmente bravo a farlo perchè nessuno ci aveva mai visto dietro nulla.
Strinse le mani in un pugno, giusto per assicurarsi che funzionassero ancora dopo tutto quel freddo.
Sotto le maniche arrotolate ai gomiti della giacca sportiva osservava l'ancora tatuata sull'avambraccio muoversi. Quando se l'era tatuata l'aveva esposta con orgoglio -ancora rossa e gonfia- come un trofeo "mi rappresenta" aveva detto pieno di boria "simbolo si forza e sicurezza" aveva detto. Non era vero, per se stesso era un monito di ciò che lui voleva apparire agli altri, ed era apparso esattamente come voleva apparire. O le persone erano stupide o lui era un fottuto genio.

Un misto di ansia e terrore lo soffocava in una sensazione sgradevole che partiva dal collo e continuava a straziarlo fino alla bocca dello stomaco.

Poggiò i gomiti sulle ginocchia e la testa sulle mani.

Aveva sempre creduto che da un certo punto in poi la vita diventasse più semplice, che certi gesti sarebbero diventati meccanici o indolori o semplicemente più semplici da concludere, ma non era stato così, ogni azione gravava su di lui come un macigno che lo schiacciava, ogni scelta un altro peso da sopportare, ed ogni peso in quel momento sembrava premergli sul cranio e sulla gola, non pensava, non respirava.Un ciuffo fi capelli gli si appiccicò in fronte appesantito dalla pioggia, dava dannatamente fastidio, corti ai lati e più lunghi al centro, come i modelli di Armani. Dipendeva tutto dall'immagine che voleva dare: una persona che di moda se ne intende.

All'improvviso si senti estremamente vuoto, tirò un lungo respiro di aria umida e alzò la testa portando indietro i capelli bagnati. Infondo a che serviva disperarsi in solitaria? Nessuno poteva vederlo, nessuno poteva interessarsi, e allora perchè farlo, era davvero così necessario?
Bisogno di sfogarsi lo chiamano alcuni, c'era caduto anche lui?

Si sporse all'indietro poggiandosi allo schienale della panchina,alzò la testa al cielo e lascio che la pioggia leggera gli cadesse direttamente sul viso.

Era successo di nuovo e lui non sapeva dargli una spiegazione, niente di stravolgente, capitava spesso.
Lei era favolosa, era proprio come lui, ma senza la consapevolezza di essere così vacua.
Una gonna un po' bohemiennè e i capelli dall'aspetto naturale e sbarazzino, frutto di ore di maschere e arricciacapelli. Le sue labbra, poco sotto il naso cosparso  da leggere efelidi erano lucide e dall' intrigante odore di ciliegia, la sua lingua sapeva della gomma alla fragola che masticava pochi minuti prima.
Ma qualcosa non era giusto, non era lei, lei era fantastica. Era lui, quel contatto, le mani di lei dietro al collo, le mani che nell'abbracciarla si erano intrigate nei capelli di lei quasi catturati da una ragnatela, la sensazione delle loro lingue ruvide e umide di saliva lo aveva disgustato, trovò quel sapore di fragola caldo e soffocante, si allontanò piano -non voleva che qualcuno pensasse di lui che era un maleducato- perché che lentamente saliva in lui una forte sensazione di disgusto. Disgusto e imbarazzo per aver fatto una cosa così viscida e priva di significato.
Le aveva accarezzato i capelli cercando di sorridere reprimendo una smorfia di disgusto, l'aveva salutata e si era allontanato via con la voglia di correre lontano, ma se ne era andato lentamente, perchè una persona sicura di sè fa così, lentamente e senza ripensamenti, perchè sa esattamente dove vuole andare, e con calma perchè sà che quello che vuole prima o poi lo raggiungerà comunque.

Era per questo che era lì? Perchè quello tutti facevano con gioia a lui portava un tale disgusto?

Un altro respiro intenso e aprì gli occhi, sbattendo le palpebre istintivamente, per evitare alle gocce d'acqua sempre più leggere di penetrargli sotto le palpebre.

La morsa intorno alle sue budella si strinse ancora.

Scosse la testa sconsolato e si alzò, la pioggia aveva smesso di cadere, sentiva il sapore della delusione riempirgli la bocca.
Doveva tornare presto, altrimenti a casa avrebbero pensato che qualcosa non andava, e in quel momento nessuna balla gli sembrava plausibile.
  
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