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Autore: Gillian_Lightman    18/03/2013    2 recensioni
Buon Compleanno Zaraaaaa ❤❤
Questa One-Shot è il mio regalo di compleanno per te, spero ti piacciaa :3
Ancora tanti auguri, ti voglio un sacco di beneee ❤❤❤
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gillian strinse i denti e represse un gemito di dolore, poggiando la mano sul pancione “aah! Stasera vuoi proprio dar battaglia eh?” sussurrò al piccolo bambino che oramai da oltre otto mesi si agitava nella sua pancia. Poi sentì un impercettibile rumore metallico, che sarebbe passato inosservato a chiunque, soprattutto oggi, considerando che ogni minimo suono era attutito dai quindici centimetri di neve che erano caduti… Ma lei conosceva bene quel suono.
Afferrò il telecomando e spense la televisione, mentre stringeva i denti per reprimere il dolore causatole da una nuova contrazione… Preoccupata controllò il cronometro…
Dopo qualche secondo la porta di casa si aprì, ed entrò un uomo imbiancato di neve.
“Hei amore” lo salutò Gillian con un sorriso “Tutto bene oggi a lavoro?”
“Aah lasciamo perdere! Tanto per cominciare da quando hai preso il permesso per maternità un mese fa sento un sacco la tua mancanza… e poi oggi è stata una giornata pesantissima, non vedevo l’ ora di arrivare a casa per abbracciarti e rilassarmi!”
“AAH!” gridò Gillian, portandosi una mano sul ventre.
“Tesoro che succede?” domandò Cal preoccupato.
La donna lo guardò con un debole sorriso, e poi rispose “A proposito della tua serata tranquilla… Credo che mi si siano rotte le acque”
 
Lightman sentì la terra mancargli improvvisamente sotto i piedi, e per un’ istante gli si annebbiò la vista. “T-Tu cosa?! Ne sei sicura?”
“AAAH” gridò ancora Gill, portandosi nuovamente le mani sul pancione.
“Lo prendo come un sì” commentò l’ uomo “Ma ora che facciamo?!”
Gillian lo guardò stralunata, non credeva di averlo mai visto così agitato “Ma come che facciamo?! Prendi l’ auto e portami all’ ospedale!”
“Come?! Sulle strade ci sono quindici centimetri di neve abbondanti e ci sarà il traffico del sabato sera… impiegheremo delle ore!”
“Che altro possiamo fare Cal? AAH” Gillian iniziò a respirare sempre più affannosamente.
“Okay tesoro, tranquilla, ti aiuto io ad alzarti” disse Cal avvicinandosi al divano e afferrandola delicatamente per un braccio; poi la aiutò ad infilarsi il giubbotto.
Mentre erano in macchina, Cal continuava a spostare lo sguardo dalla strada innevata ed intasata dalle macchine alla donna, seduta nel posto auto accanto a lui, che teneva gli occhi chiusi e cercava di controllare il respiro. Cal la guardò, e con una punta di vergogna più che di imbarazzo le disse “Sai tesoro nonostante…beh, la situazione…sei sempre bellissima”.
Gillian si voltò e aprì gli occhi per guardarlo “Solo tu Cal puoi pensarci ora” replicò sorridendo, mentre allungava una mano per andare a stringere quella del compagno.
Questo svoltò a destra, e si trovò nuovamente imbottigliato nel traffico.
“Ora basta!” sbottò mollando un pugno sul volante “Tesoro, apri il cassetto davanti a te per favore…veloce” aggiunse in risposta al suo sguardo interrogativo.
Gillian lo aprì, e con un fluido movimento Cal ne estrasse uno strano oggetto, con in cima due specie di coni colorati di blu e rosso.
“Cal ma che diavolo è?” domandò la donna.
“Questo” iniziò lui mentre tirava giù il finestrino “è una cosetta solo un tantino illegale che conservo per le emergenze”.
Posizionato l’ oggetto sopra l’ auto, Cal diede gas e ripartì, mentre tutte le altre macchine si facevano da parte, grazie al suono del lampeggiante della polizia che si trovava sopra di loro.
“Caal!” gridò Gillian mentre stringeva di nuovo i denti per il dolore “Hai per caso deciso di vedere tua figlia da dietro le sbarre?!”
“Ho deciso che non voglio sentirti stare male, e se questo è l’ unico modo per farti arrivare subito all’ ospedale allora non cercare di farmi cambiare idea, perché lo faresti inutilmente”.
Gillian, rassegnata, tornò a guardare davanti a se, cercando di pensare a qualsiasi cosa che potesse distrarla dalle contrazioni, che le parevano sempre più forti e ravvicinate.
 
Nemmeno cinque minuti dopo, Cal inchiodò davanti all’ ospedale e si avviò frettolosamente ad aprire la portiera della consorte.
“Gill, tesoro, ce la fai a camminare?” domandò porgendole una mano. Questa la afferrò e, tirandosi su, rispose “Se sono riuscita a sopportarti per dodici anni, anche quando non stavamo insieme, direi che posso farcela a camminare per una decina di metri…AAH”
Giunti all’ interno dell’ ospedale, Cal si precipitò dalla capo-infermiera dietro al bancone “Signora, mia moglie sta per partorire!”
“D’ accordo… Hei si calmi”
“Si stai tranquilla tesoro” concordò Cal, voltandosi a guardare verso Gillian.
“Veramente” proseguì lì infermiera “io parlavo con lei signore… se continua così andrà in iperventilazione. Ora, mi dica il nome di sua moglie”.
“Foster. Gillian Foster”
L’ infermiera annuì in silenzio, e prese ad annotare tutto su una cartellina.
“Età?”
“Si può dire l’ età di una donna?”
“Caal!” imprecò Gillian, reggendosi il pancione.
“Okay scusa tesoro…trentasei”
“Prima gravidanza?”
“Sì” proseguì Cal.
“Perfetto..ah, desidera un parto cesareo?”
Questa volta fu Gillian a rispondere “No.”
Pochi secondi dopo li raggiunse un’ altra infermiera con una sedia a rotelle, su cui fece accomodare Gillian; Cal le prese una mano e camminò accanto a lei”
“Adesso la porteremo in sala parto” iniziò a spiegare l’ infermiera “Ma spesso il travaglio dura numerose ore, quindi in caso il dottore non ritenga la cervice abbastanza dilatata per procedere le consiglio di camminare, aiuta a stimolare il parto…
Venti minuti dopo la profezia si avverò: il ginecologo, dopo aver brevemente visitato Gillian, disse che non era ancora pronta per il parto, e la mandò a camminare un po’ per velocizzare le cose.
Ad un certo punto la donna smise di camminare, e si appoggiò alla finestra; mentre guardava la neve che scendeva fuori, allungò una mano e la appoggiò sul vetro, come per captare tutte quelle migliaia di fiocchi di neve che cadevano ininterrottamente al suolo.
Cal la strinse da dietro, e allungò a sua volta una mano per stringere quella di Gill, che poi appoggiò delicatamente sul pancione, e una volta che le mani della donna furono entrambe  lì, le ricoprì con le sue.
Gillian girò lievemente il viso verso destra, e lo inclinò all’ indietro, appoggiando la propria guancia a quella di Cal; poi entrambi chiusero gli occhi.
 
“Oddio Caaal!”. L’ uomo si svegliò di soprassalto; dopo un po’ vedendo che nonostante i dolori Gillian  non riusciva comunque a partorire, avevano deciso di andare a sdraiarsi su uno dei letti dell’ ospedale, e Cal si era addormentato. Ora erano le due di notte, e fu svegliato dalle urla della moglie.
“Che succede tesoro!?!? Stai partorendo?!!” chiese allarmato, balzando in piedi.
“Nono, stai tranquillo! Torna a sederti”.
Cal si rimise sul letto, appoggiando la testa di Gill sul suo petto. “Mi hai fatto prendere un colpo! Allora, che succede?”
“Non abbiamo ancora scelto il nome della bambina!”
“Accidenti, hai ragione! Beh, tu hai idee?”
“Mi piacerebbe un nome italiano”
“Ci sono!”!!!! esclamò Cal schioccando le dita; poi, cercando di trattenere le risate, guadò la donna ed esordì: “Cuniconda”.
Gillian scoppiò a ridere “Piuttosto la chiamo –Nessuno-! Dai seriamente, abbiamo poco tempo…mmh… che ne dici di Sara?!”
“Sara…si, mi piace molto!”
“Allora è deciso, Sara Lightman” concluse Gillian, allungandosi per baciare Cal.
“AAAH!! Non ce la faccio più con queste dannatissime contraz…AAH”
“Ogni quando le hai tesoro?” domandò Cal preoccupato.
“Meno di sette secondi..AAH”
“Cavolo cavolo cavolo… mi sa che ci siamo!!!”
“Cal aiutami ad alzarmi AAH…e portami in sala parto…AAH”
 
Gillian era sdraiata sul letto della sala parto, con le mani appoggiate alle ginocchia e le gambe allargate; Cal le prese la mano e cercò di restare calmo, anche se riuscì con scarso successo.
Il medico arrivò qualche secondo dopo, con una cartellina blu in mano “Bene signora…Foster, vediamo un po’ la situazione” continuò infilandosi i guanti ed avvicinandosi a Gillian.
“Bene, direi che ci siamo! Ora faccia dei respiri profondi, e ogni volta che glielo dico inizi a spingere più forte che riesce… D’ accordo?”
“D’ accordo” ripose Gillian stringendo i denti e stritolando la mano di Cal, che rischiava di andare in iperventilazione a causa dell’ agitazione.
“Spinga!” continuò il dottore.
Gillian obbedì con un gemito, e chiuse gli occhi.
Mentre la scena si ripeteva, Cal avrebbe voluto posizionarsi per qualche secondo di fianco al dottore, in modo da poter vedere com’ era la situazione… ma molto probabilmente sarebbe svenuto dopo mezzo secondo. Buffo a dirsi: il grande Dottor Lightman è terrorizzato dai parti.
“Ci siamo, ci siamo!” urlò il medico “Forza Gillian, un ultimo sforzo! Continui a spingere, mentre io lo aiuto ad uscire!”
E Gillian fece un ultimo grande sforzo. Per qualche istante tutto si fece buio, poi udì il rumore di una sculacciata, e il pianto di un bambino: il suo bambino.
Lentamente riaprì gli occhi, e si trovò davanti un’ infermiera che stringeva un fagottino, non più lungo di un filone di pane. Tremante allungò le mani, e afferrò con delicatezza quella che da ora in poi sarebbe stata la persona più importante della sua vita.
La guardò dritta negli occhi, e quella ricambiò lo sguardo; Gillian rise, e non tentò nemmeno per un secondo di reprimere le lacrime, che già scendevano copiose sul suo viso raggiante. Si girò a guardare verso Cal: era immobile, con lo sguardo fisso sulla neonata, praticamente incapace di dire o fare qualsiasi cosa. Lentamente si inginocchiò, appoggiando il suo capo a quello di Gill, che lo prese per mano, ma senza smettere di fissare sua figlia.
Poi accadde l’ immaginabile: Gillian notò una piccolissima goccia luccicante attraversare rapidamente la guancia dell’ uomo che le stava accanto…A Cal era scappata una lacrima.
In quel momento non c’ era bisogno di parole. Anzi, non c’ era bisogno proprio di nulla, perché tutto quello di cui avevano bisogno era lì, mentre si stringevano alla loro bambina. Ora erano una famiglia.
  
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