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Autore: xxstrawberryfields    18/03/2013    3 recensioni
Per quanto possa sembrare divertente essere una figlia di uno dei Beatles beh, non sempre lo è. Non puoi vivere normalmente. Non puoi vivere. Non che il mondo mi conosca, anzi, io sono il loro segreto.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Is in my heart and in my eyes…


Tutto sembrava così buio e tetro, non una luce, non uno sguardo sincero.
Primo giorno di scuola, scuola nuova.
Di nuovo tutti i corridoi si confondevano la testa girava e le aule si confondevano. Le voci tutt’intorno piene di felicità e di furore, abbracci ovunque e per tutti.
Tranne che per me.

Finalmente trovata la mia classe mi siedo il più lontano possibile dalla lavagna, invisibile.
Pian piano l’aula comincia ad affollarsi un viavai di voci concise e risatine isteriche. Ciò non aiuta per certo il mio dolore alla testa. Un professore sulla cinquantina con i capelli un po’ neri e un po’ grigi e gli occhialini a mosca prende a parlare mentre tutti si siedono. Da il benvenuto e fa qualche battuta davvero impossibile sull’estate e cose varie. Sento già che è strano, molto strano.
Nel frattempo mi trovo a studiare i miei compagni di classe. Le ragazze tutte carine con i capelli stirati e piene di lustrini mentre i ragazzi buttati là sul banco ancora mezzo addormentati. Di colpo la porta si apre, e entra un ragazzo realativamente alto con i capelli neri e gli occhi verdi. Bello. Davvero bello. Le ragazze davanti a me smettono di parlare e sorridono sornione, l’una mettendosi una mano tra i capelli e l’altra tirandosi a sedere più composta.

< Bene Ryan, vedo che ti sei deciso ad arrivare anche tu > lo prende in giro il professore < primo giorno, dieci minuti. Bravo. Vai a sederti vicino alla ragazza laggiù >

Finché non m’indicò non capii che parlasse con me. Provai a sorridere ma credo sia uscita qulacosa come una smorfia.

< Come ti chiami? > partì all’attacco il professore.

< Penny > risposi io più gentilmente che potei. Nel frattempo Ryan si era seduto accanto a me e per la prima volta le due ragazze sedute davanti si accorsero della mia esistenza. Fantastico.

< Aha. Penny Lane, l’allieva nuova. Sbaglio o ti chiami come la Penny Lane dei Beatles? > e rise della sua possa, possissima battuta.

< Sì, qualcosa del genere > risposi io.

< Non volevo rispondessi alla domanda. Ascolta, in questa classe ci sono due tipi di domande: quelle che hanno bisogno di una risposta e quello che non l’hanno bisogno, d’accordo? Ecco, questa rientrava nella seconda. E poi non parlare se non ti interrogo o non ti viene concessa la parola, non ascolare la musica, non puoi andare al bagno. Okay? > sì, decisamente terribile.

Al mio fianco Ryan prende un block notes e ci scribacchia qualcosa, poi me lo passa.

Non preoccuparti per lui, fa tanto così ma in realtà è innocuo. Basta non contraddirlo.
Piacere, ragazza dei Beatles, sono Ryan.
Mi passa il bigliettino, lo leggo.

Perfetto. Ragazza dei Beatles. Presi la matita e mi accinsi a rispondere.

Non lo farò, allora. Piacere ragazzo del ritardo, sono Penny.

Bene, spero andremo d’accordo, e cerca di non farti sorprendere a non ascoltare, mi raccomando.

Sorrisi leggendo l’ultima frase, e il professor Trincey, come avevo appreso, subito attaccò < cosa c’è di tanto divertente, Penny Lane Lonely, vuoi condivere anche con noi questo divertimento? >

< No, non è niente, stavo pensando a una cosa >

< Beh allora cerca di non pensarci >

< Certo >

Alla mia destra Ryan ride sotto i baffi. Ma cos’hanno questi qui per essere così strani?
La risposta non tardò ad arrivare.

Te l’avevo detto di stare attenta.
Girai la testa dalla parte opposta e non mi mossi più fino che non suonò la campanella. Come avrei fatto a sopportare un anno così?


Yesterday, love was such an easy game to play…

Negli ultimi anni ho cambiato la scuola un decina di volte, tutti istituti in giro sparsi per il mondo.
L’unico motivo era che volevo seguire mio padre nei suoi turneé e in quanto figlia illecita mi trovavo sempre a raccontare bugie a chiunque sul fatto che sono orfana.
Cioè, sì lo sono ma ua padre ce l’ho ancora. Una madre no. La madre che mai ho avuto non si è mai presentata. Così sono una piccola sorta di portafortuna per mio padre, per George, Ringo e Paul.

Ringo è quello più giocherelloso, sembra essere un piccolo bambino da accudire. George è quel tipo di persona seria che prima o poi si decide a sorridere ma so che malgrado tutto mi vuole bene. Paul è... beh Paul è Paul. Senza di lui nessuno sarebbe qui. Lui ci incoraggia tutti quanti (non è che io cantassi o roba del genere, anzi, ma cambiare sempre tutto alla fine non è così divertente) e ci infonde della sua energia positiva. Mentre mio padre, John, beh lui è un buon padre. Sa essere dolce e affettuoso quando vuole. Da piccola giocava sempre con a scarabeo, e per me hanno scritto “Penny Lane”. La loro unica Penny Lane.

A volte le persone pensano che mio padre sia solo un drogato, un presuntuoso, uno a cui non frega niente di quello che succede nel mondo. È vero, sì, vive nel suo mondo, ma non è come si dice.

Appena nata, mi raccontava papà, George tanto commosso scrisse “here comes the sun”, arriva il loro piccolo sole. Io.

Per quanto possa sembrare divertente essere una figlia di uno dei Beatles beh, non sempre lo è. Non puoi vivere normalmente. Non puoi vivere. Non che il mondo mi conosca, anzi, io sono il loro segreto.
Prima che io nascessi loro erano tutti un po’... diciamo drogati. Ma ora sono bravi, ora ci sono io a fare la donna di casa.
Qualche tempo fa George aveva conosciuto una ragazza davvero carina e gentile e tutto quanto. Aveva cominciato a piacergli, e poi aveva capito che lui per lei era solo popolarità e fama, e anche se aveva il cuore rotto in tanti piccoli pezzetti la lasciò. Non ne parlò più, quell’argomento, come tanti altri, è tabù. Si chiamava Annette. Non c’è mai stata una canzone per lei.

  
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