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Autore: youmovemekurt    18/03/2013    2 recensioni
“Sai, Lou, potresti coprirmi?” gli aveva chiesto con quel piccolo accenno di vergogna nella voce. L'altro sussultò, non c'era nulla. “Harry, non ci sono coperte” “Coprimi lo stesso” “E con cosa?” aveva chiesto in preda al panico, l'altro soffiò sulle sue labbra. “Con i baci, coprimi di baci” gli aveva detto e lui l'aveva fatto
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Paper.




Quel giorno Louis era strano.
E per strano si intende strano: si era alzato presto, alle otto, si era lisciato i capelli con una spazzola blu scadente, aveva stiracchiato gli occhi con le dita sottili, si era vestito e si era diretto fuori casa.
E quando il freddo gelo di Londra gli pizzicò il naso ebbe un sussulto, mentre la neve gli accarezzava il viso, gli occhi ridotti a due fessure e la leggera nebbiolina che scuriva le sue iridi. E Louis Tomlinson non odiava il freddo.
Quando, poi, aveva incontrato un gruppetto di ragazzine sul ciglio della strada intente a fissarlo non ci aveva nemmeno fatto caso: nemmeno un saluto alle sue fan, non un sorriso, non una battutina -una di quelle forti a 'mo di x-factor-, non una foto.
E Louis Tomlinson non deludeva mai le sue fan, o almeno così sperava.
Infine, dopo aver camminato due ore piene, essersi fermato a degustare un'adorabile torta alle noci e essere passato dal barbiere, si trovava davanti al famosissimo negozio di tatuaggi.

Ma si sa, Louis Tomlinson la coerenza non l'ha mai incontrata, non sa nemmeno cosa sia.
A dieci anni si era ripromesso di non giocare a calcio: era troppo scontato. Ora era in una squadra e ne era pure il capitano.
A dodici anni aveva scoperto di saper cantare. Le ragazze cantano, io no. Ora era un componente di una boy band di fama internazionale.
A sedici anni si era ripromesso di lasciarsi crescere i capelli a 'mo di Lennon, per assomigliargli. Ora aveva un ciuffo tirato all'insù da far invidia a chiunque.
A diciotto anni, dopo aver incontrato Harry Styles, si era ripromesso di mantenere la sua aria da eterosessuale, perché i ragazzi erano troppo ugh per uno come lui. Ora era il suo ragazzo, ci faceva l'amore tutte le sere e lo provocava davanti a miliardi di fan urlanti.
A vent'anni, infine, in un intervista disse “Odio i tatuaggi”. Ora aveva un braccio ricoperto da quell'inchiostro colorato.

Quando poi era entrato, aveva salutato James -tatuatore sulla quarantina, occhi sgargianti, un principio di calvizia e una folta barba sul volto- e si era seduto sullo sgabellino color mogano, non aveva esitato un attimo a mostrare all'uomo davanti a lui il suo prossimo obbiettivo: un aeroplanino di carta.
“Allora, Louis, come mai questo tatuaggio ora?” gli aveva domandato l'uomo mentre infilava dei guanti bianchi in lattice, Louis sbuffò, odiava ricevere domande troppo personali, e quella andava anche oltre; ma Louis sa come sono i tatuatori: pettegoli nati, quasi più pettegoli di lui -e ce ne vuole-.
“Beh” aveva iniziato a dire mentre l'immagine di Harry occupava la sua mente “Simboleggia una persona importante” aveva detto infine socchiudendo gli occhi; James sapeva che quando Louis si alterava -e in quel caso si stava alterando- era meglio lasciar stare. Avete presente quelle donne perennemente mestruate che non perdono occasione per urlare o gesticolare come pazze isteriche? Ecco, lui era peggio.
“Okay, dove lo vuoi?” gli aveva domandato poi mentre posizionava lo stancil “Di fianco all'ultimo” gli aveva risposto mentre socchiudeva gli occhi e si infilava le cuffiette nell'orecchio.

Un'ora dopo -quanto ci aveva messo, quel dannato tatuatore?- Louis usciva con un sorriso a trentadue denti dal negozio, si dirigeva al solito negozio sotto casa loro, prendeva due muffin al mirtillo e entrava con passo felino in casa.

Harry, dal canto suo, era seduto in cucina: le gambe snelle appoggiate sul tavolo, il telefono in mano, l'ansia nel non sapere dove fosse Louis.
Quando quest'ultimo entrò, però, non potè fare a meno di sorridere alla vista del ricciolino e del suo sguardo assassino. “Hi, love” gli aveva detto mentre gli posava un candido bacio sulla fronte, gli aveva spostato un riccio e gli aveva buttato il sacchetto con i muffins sul tavolo.
“Dov'eri?” gli aveva chiesto lui, il disappunto nella voce, gli occhi lucidi per via della colazone. Louis aveva roteato gli occhi, un sorriso soddisfatto sul volto, il cappotto appeso al lavabo -ed Harry lo riprendeva sempre. 'Louis, quando mai si appende il cappotto al lavandino? Ma dico, dove hai vissuto fino ad ora? Mica è un porcile questa casa!'- si era seduto poi sulla sedia di legno, accarezzava con una mano la gamba di Harry il quale, dopo un paio di minuti, iniziò a rilassarsi mentre buttava la testa all'indietro imitando dei versi simili a fusa.
“A prenderti la colazione, love” gli aveva prontamente risposto estraendo dal sacchetto i dolci; Harry ne aveva preso uno, un sorrisino poco convinto sul viso, quando Louis glielo strappò da quelle mani liscissime. “Mh, ehi!” aveva urlato lui. “Cosa hai dimenticato, Styles?” gli aveva rinfacciato Louis, il viso ad un palmo dal suo.
“Non lo so”
“Oh sì che lo sai; è semplice: niente bacio, niente dolce.” aveva detto Louis mentre si passava la lingua sulle labbra, inumidendole: avrebbe ceduto.
“Lo faccio solo per il dolce” aveva ribattuto Harry “Oh, certo, ovvio” e le sue labbra sentirono quello strano, confortante sapore di quel paradiso chiamato casa.

Quando si erano, finalmente, buttati sul divano, Harry iniziò ad accarezzare il petto di Louis mentre la sua testa piena di riccioli gli solleticava il viso, facendogli storcere il naso.
“Allora, me lo dici dove sei stato?” gli aveva richiesto mentre con calma praticava un po' di sano zapping, Louis piantò le sue iridi azzurre sulla chioma di Harry, mordicchiandola. “James” l'altro strabuzzò gli occhi. “Di nuovo? Che ti sei fatto?” aveva chiesto Harry mentre si passava una mano sul viso, pizzicandosi le guance, e si sedeva composto sul bordo del divano.
Erano cinque, in quel mese, cinque tatuaggi che Louis si faceva, stava diventando peggio di lui. Per non parlare del fatto che erano così espliciti, cavolo, pure un cieco si sarebbe accorto della loro relazione.
“Sorpresa” aveva detto e mentre Harry si stava già posizionando sopra di lui, intento a scoprire cosa fosse, quello prontamente lo fermò “Calmo, è ancora fasciato, credo che dovremmo uscire” e detto ciò aveva preso Harry per un braccio, niente cappotto, e se l'era trascinato in macchina.

L'avrebbero fatto santo, Harry ne era sicuro, sopportare gli sbalzi d'umore di Louis era noioso ed irritante, ma per amore avrebbe fatto di tutto.
Quando, dopo quattro ore estenuanti passate in auto con Louis, il suo CD dei 'The Script', la sua voce acuta che intonava le stesse canzoni da ore, il suo gesticolare e le imprecazioni ogni qual volta un passante attraversava la strada o un semaforo diventava rosso non appena toccava a loro, credette di morire.
Louis aveva inchiodato, un sospiro soddisfatto e “Siamo arrivati” con quel suo tono acuto ed eccitato allo stesso tempo.
Mentre il sole tramontava lasciando intravedere quella bellissima sfumatura rossastra, Harry era sceso dalla macchina, le mani poste sulle braccia scoperte per tentare di riscaldarle -e Louis nemmeno gli offriva la sua giacca, che romanticone- e si era diretto sull'erba.
Louis lo fissava con quel suo solito luccichio negli occhi, il solito sorriso che non lo abbandonava mai quando si trattava di Harry, le solite farfalle nello stomaco che lo facevano volare più in un alto del loro aereo privato, il solito batticuore quasi mortale. Quando si era seduto di fianco al riccio aveva circondata la sua esile figura -esile, insomma, era più muscoloso di lui quel ragazzetto- stringendola a se, le dita arrotolate nei suoi ricci, la bocca posata sul suo naso pronta a lasciare mille baci.
“Che ci facciamo qui, Lou?” gli aveva domandato mentre le stelle iniziavano a comparire nel cielo. “Ti ho portato a vedere la tua famiglia” aveva detto lui, un sorriso sornione sul volto; Harry strabuzzò gli occhi: cosa diamine? “Cosa?” aveva detto infatti mentre si sdraiava di fianco a Louis.
L'altro gli lasciò un flebile bacio sulle labbra, leccandole, “Beh, tu sei una stella, quindi ti ho portato a vedere la tua famiglia” aveva detto baciandogli lentamente il collo “Quanto sei stupido” aveva biascicato mentre emetteva dei leggeri gemiti.

Dieci minuti dopo, Harry era tornato l'Harry di sempre, e infatti “Me lo fai vedere ora, il tatuaggio?” aveva specificato -sempre meglio specificare- l'altro rise, si tolse la benda mostrando l'aeroplanino che si trovava sulla collanina del riccio, ma che ora stava inciso sulla sua pelle, per sempre.

E quello sussultò, la bocca a forma di o, le lacrime sul ciglio degli occhi pronte a scendere. “Oddio, è..è..bellissimo” aveva detto mentre ne tracciava il contorno con le dita, era perfetto.
Ed era così palese: ennesimo riferimento alla loro storia, quanto poteva amarlo?
“Ti piace?”
“Quasi quanto mi piaci tu.”
“Mi reputo offeso, Haz.”
“Non devi, Boo”
“E perché?”
“Perché il tatuaggio mi piace, io invece a te ti amo.” aveva semplicemente detto Harry prima di baciarlo e stendersi a guardare le stelle, le braccia di Louis attorno alla sua vita.
“Sai, Lou, potresti coprirmi?” gli aveva chiesto con quel piccolo accenno di vergogna nella voce. L'altro sussultò, non c'era nulla. “Harry, non ci sono coperte” “Coprimi lo stesso” “E con cosa?” aveva chiesto in preda al panico, l'altro soffiò sulle sue labbra. “Con i baci, coprimi di baci” gli aveva detto e lui l'aveva fatto.

E il giorno dopo, Harry, si era ritrovato da James a tatuarsi l'aeroplanino sul braccio.
  
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