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Autore: robe995    19/03/2013    0 recensioni
E lui cadde nel vuoto
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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06.09.1900  è il giorno in cui perse la vita il mio migliore amico nonche compagno di lavoro.
Si chiamava Mark, amava la vita, e le donne.
Morì in fretta e solo, era una giornata buia, e il tempo non era dei migliori, c'erano molte nubi scure in cielo. Stavamo sistemando il campanile di una vecchia chiesa a Little Rock, a 50 km dal centro di Springfield. Il nostro capo aveva detto che questo campanile aveva la precedenza su tutti gli altri lavori della giornata. Il danno era importante, la trave portante della campana si era danneggiata, in più il parafulmine si era del tutto reso inutile perché si era inclinato di lato.
Decidemmo di cominciare dalla campana,  la stabilizzammo mettendo sotto dei supporti di legno, e poi la staccammo. Sostituimmo la trave e rimettemmo il tutto, intanto la pioggia cominciava a battere sul vecchio campanile. L'intensità della pioggia aumentò dopo poco tempo, e la sera cominciava a calare.
Ci rimaneva poco tempo prima del calar del sole e il lavoro andava concluso. Allora Mark prese la scala e me la passo svogliatamente.
Decisi che ad occuparsi della prima fase del lavoro ero io, neanche giunto in cima ero già bagnato dalla testa ai piedi, quindi feci presto a raggiungere il palo. Cominciai a svitare il vecchio palo arrugginito, facendomelo scorrere veloce tra le mani. Quando si stacco feci presto a raggiungere la scala, la scesi e appoggiai il palo al muro, ora toccava a Mark concludere il lavoro. Anche lui si avventò sulla scala per raggiungere la cima il più presto possibile, ma pochi secondi più tardi vidi che dal tetto cadevano i piodi che lo componevano. Non feci in tempo a raggiungere la scala che vidi anche Mark precipitare giù dal tetto del campanile, precipitò per 35 metri, e neanche un secondo dopo potei sentire il tonfo secco che annunciava il suo arrivo a terra. Scesi di corsa le scale che mi separavano da terra, ma quando arrivai non potei fare altro che giungere al fianco del mio caro amico e chiudere gli occhi al suo ormai esanime corpo. La cosa che tutt'ora mi tormenta anche dopo 10 anni dall'accaduto, è il suo sguardo, sguardo che aveva perso speranza, e che si era già rassegnato ad una morte ormai certa. Fui io a dirlo a sua madre, e per la prima volta sentii l'urlo del silenzio, anche il suo sguardo perse vitalità, diventò grigio e cupo. Il tipico sguardo di chi perde la voglia di vivere.
Roberto
 
  
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