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Autore: gattapelosa    19/03/2013    2 recensioni
Proprio mentre Bibi stava ferma lì a guardare una lucertola arrampicarsi su per le crepe del muro, sentì un’improvvisa agitazione farsi strada attorno a sé. Donne e uomini che correvano verso la porta, gridando “Lei è qui! Lei è qui!”. E in quel fracasso generale, Bibi si mise in piedi a fatica, e riuscì, con non poca difficoltà, a fermare un uomo.
— Che succede?— chiese.
— Katniss Everdeen è nell’ospedale— rispose lui, riprendendo a zoppicare verso l’uscita.
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                 Lei che si salvò







Puzzava di muffa, rancida poltigliosa melma. Bibi sapeva di non poter fare la schizzinosa, allora, ma quella roba non l’avrebbe bevuta nemmeno sotto tortura.
“Domani cambierai idea, quando avrai tanta di quella fame da bere pure il sangue”, le avevano detto, e ancora non demordeva. Sua madre l’aveva pregata di bere, più e più volte.
“Bibi, ti prego, ti prego almeno tu!”, ma c’erano cose che non avrebbe fatto mai, come uccidere o leccare lumache o bere la muffa. E così sentiva sete, tanta sete, ma non poteva farci niente.
Se ne stava seduta con la schiena alla parete, nel vedersi passar davanti malati e morenti, e pregando di non essere chiamata nella sua stanza da qualche medico. Aveva paura che le condizioni di salute di sua madre peggiorassero. E se fosse morta? Non voleva pensarci.
C’erano altri bambini all’ospedale, molti dei quali costretti a letto, pochi soli stavano lì per i genitori. Bibi ne aveva visti alcuni di spaventosi, tutti bruciati, o senza più dita, gambe, orecchie.
Bibi aveva tre fratelli, tutti più grandi, due erano stati quasi ammazzati dai Pacificatori, il terzo aveva solo un anno in più di lei, e stava benone. Aveva anche un amico, Eddy, con il volto ustionato, bloccato lì con i suoi fratelli e le sue sorelle malate.
Proprio mentre Bibi stava ferma lì a guardare una lucertola arrampicarsi su per le crepe del muro, sentì un’improvvisa agitazione farsi strada attorno a sé. Donne e uomini che correvano verso la porta, gridando “Lei è qui! Lei è qui!”. E in quel fracasso generale, Bibi si mise in piedi a fatica, e riuscì, con non poca difficoltà, a fermare un uomo.
— Che succede?— chiese.
— Katniss Everdeen è nell’ospedale— rispose lui, riprendendo a zoppicare verso l’uscita.
Per un attimo Bibi stette ferma. Ricordava vagamente di aver visto, appena l’anno prima, Katniss battersi nell’arena, e da quel momento non ne aveva più saputo niente, se non per quel poco che la gente del distretto aveva voluto rivelarle. Ogni parola su di lei, però, era pura venerazione: Katniss salvatrice, Katniss vita, Katniss, Katniss, Katniss. E poi le voci si erano spente, e nessuno aveva saputo dir niente su di lei.
Eddy gliene parlava spesso, quando ancora poteva farlo: avrebbe solo voluto incontrarla, un giorno, e dirle grazie. E Bibi allora iniziò a correre, tutta eccitata, verso quel baccano. Si ritrovò davanti una folla immensa, nemmeno mettendosi sulle punte dei piedi riusciva a scorgere nulla.
— Ti serve una mano, piccola?— sussurrò qualcuno. Era lo zoppo di prima, che con un forte strattone se la issò sulle spalle. Bibi stava ora più in alto di tutti, e poteva vedere la ragazza del 12, stringere mani e dare speranza. Anche Bibi avrebbe voluto toccarla. Avrebbe voluto farla vedere a Eddy.
— Katniss!— gridò, ma in tutto quel baccano non sarebbe riuscita a farsi sentire.— Katniss, guarda anche me, tocca anche me!
— Perché vuoi essere toccata?— chiese lo zoppo.
— Voglio anche io la speranza che da a tutti.
— Solo il fatto che lei sia qui, viva, dovrebbe darti speranza.
Bibi non disse più niente, e stette in silenzio, vedendosi passar davanti il corteo della Ghiandaia e dei suoi amici.
Quando lo zoppo riposò Bibi a terra, la piccola disse solo — Vado a dirlo alla mamma!— e corse via. Poi si fermo, si voltò, e mimando un “grazie” riprese a correre.
Sua madre avrebbe apprezzato moltissimo, lei amava Katniss. Diceva che era un’eroina, una ribelle, la salvatrice. E Bibi ci credeva, eccome se ci credeva, e moriva dalla voglia di farle sapere che stava bene e che era lì per aiutarla.
Così correva su e giù per l’edificio, schivando malati, nel tentativo di ritrovare la sua stanza. Poi si fermo: un ronzio si era fatto sempre più vicino. Bibi guardò fuori dalla finestra, e lì vi vide, nell’altro del cielo – strizzando un po’ gli occhi, tanto erano lontani-, degli hovercraft avvicinarsi all’ospedale.
Sporgendosi un po’, Bibi vide anche Katniss e il suo gruppo fissare stupiti gli aerei da combattimento. E allora la bambina seppe con estrema certezza cosa sarebbe accaduto da lì a pochi minuti.
— Mamma!— gridò, riprendendo a correre, ma la sua stanza era ancora troppo lontana e non avrebbe mai fatto in tempo ad avvertirla. Intanto, altri pazienti avevano notato gli aerei: alcuni stavano uscendo fuori dall’edificio, altri correvano trascinandosi dietro i malati. E Bibi seppe che non c’era più niente da fare.
Tornò indietro. Un po’ incespicando, un po’ rotolando, cascando e rialzandosi, riuscì a raggiungere il piano terra prima che lanciassero bombe, ma là stava il vero caos: persone che correvano, spingevano, sbraitavano! Bibi cadde a terra ancora un’ultima volta, prima d’essere calpestata da più e più passi. Gridò, e nessuno riusciva a sentirla, quando due braccia forti riuscirono a sollevarla e a rimetterla in piedi.
Si ritrovò a pochi centimetri dal volto di Melanie, la sorella di Eddy, e non fece neanche in tempo a ringraziarla che lei era già corsa via, chiamando il fratello. Ma Bibi non aveva tempo da perdere: la prima bomba era già crollata e un terribile rimbombo accompagnò il crollo di qualche struttura.
Facendosi largo tra la folla, un po’ lasciandosi trascinare da questa, stava quasi per raggiungere l’uscita quando una seconda bomba mandò a fuoco l’entrata bloccando l’uscita. Alcuni iniziarono a gridare, molti tossirono per il fumo.
— C’è ancora un’uscita, guardate, un’uscita!— fece qualcuno, e tutti si diressero verso l’ultimo baluardo di salvezza. Una finestra.
— È troppo piccola!— gridò il primo, cercando di uscire. E intanto dietro di lui s’era formata la calca di gente.
Come con Katniss, Bibi era troppo piccola e troppo lontana per vederci qualcosa, e nemmeno mettersi in punta di piedi sembrava aiutare. Quando ecco due mani forti sollevarla e issarla sulle sue spalle.
— Fatemi passare!— gridò l’uomo. — Lei è piccola, riuscirà ad uscire! Fatemi passare!
E Bibi riconobbe in quella voce e in quella stretta lo zoppo di poco prima. Molti si fecero da parte, creando una sorta di tunnel, ma qualcuno rimaneva inchiodato lì, desideroso d’uscire.
— No! Prima io!— dicevano, e per tanto venivano tirati via a forza, così da lasciar passare Bibi e lo zoppo.
Davanti alla strettissima finestra, Bibi sentì appena l’uomo rassicurarla e invogliarla a uscire. Quel passaggio era piccolo anche per lei, ma con tutta la sua volontà, Bibi riuscì a infilarci dentro prima le braccia, poi la testa e infine quel rimaneva del corpo, lasciandosi cadere dall’altra parte.
Voltandosi, vide lo zoppo gridare — Via! Corri!
E Bibi si alzò in piedi, correndo lontana, il più lontano possibile. Poi si voltò. Lo zoppo stava ancora lì, dietro una parete di fuoco, con lo sguardo alla finestra. E Bibi mimò l’ultimo “grazie” all’uomo che le aveva salvato la vita.
 
C’era un piccolo gruppo di superstiti: quarantotto persone in tutto. Tra loro, comunque, Bibi era forse la più piccola, a esclusione del lattante Dorian, messo in salvo dalla sorella quattordicenne, che se ne stava lì a cullarlo come fosse la cose più importante del mondo.
Con sua estrema gioia, tra quei quarantotto c’era anche il fratello maggiore di Bibi. 
Quando Timothy aveva visto sua sorella emergere dalle fiamme, era quasi scoppiato in lacrime. Per mettere in salvo almeno se stesso, aveva dovuto abbandonare tutti gli altri, e mai sarebbe riuscito a perdonarsi una simile codardia.
— Anche io ho abbandonato tutti gli altri— aveva detto Bibi.— L’abbiamo fatto tutti, qui.
E gli altri quarantasei confermarono.
Timothy e Bibi non avevano più alcun posto dove stare, ma qualcuno tra i superstiti si era offerto di prendere con sé i due bambini. 
— E quando tutto questo sarà finito— disse Timothy — Avremo una casa tutta per noi e ti prenderò un cane. Come hai sempre voluto: un bel cane grande.
— Tutto questo non finirà mai.— disse Bibi.
— Certo che finirà. Katniss ci salverà tutti.
Ma Bibi guardò ancora una volta l’edificio. Non pensava più che nella Ghiandaia Imitatrice bisognasse riporre tanta fiducia. Eppure sorrise, e annuì, e si finse contenta, perché questo rendeva felice Timothy, e tanto bastava. E se un giorno ne fossero usciti allora molto meglio: avrebbe avuto la sua casa e il suo cane.
E magari sarebbe riuscita a dimenticare sua madre e i suoi fratelli, la parete di fuoco, e i pazzi alla finestra, e lo zoppo e il suo sorriso. Magari ci sarebbe riuscita. Magari ne sarebbe uscita. 




Bacheca dell'autrice

Questa storia l'ho scritta solo perché avevo voglia di scrivere qualcosa. Non c'è nulla di profondo dietro, è solo la storia di un sopravvissuto alla strage dell'ospedale. 
  
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