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Autore: Strider    19/03/2013    3 recensioni
Fin da bambino il conte aveva una grande paura del buio. Il solo pensare alle cose che avrebbero potuto celarsi nell'oscurità lo terrorizzava. Questa paura irrazionale lo perseguitò per tutta la vita.
Finché, una notte, accadde l'impensabile.
Genere: Horror, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fin da bambino il conte aveva una grande paura del buio. Il solo pensare alle cose che avrebbero potuto celarsi nell'oscurità lo terrorizzava. Questa paura irrazionale lo perseguitò per tutta la vita finché, una notte, accadde l'impensabile.

C'era qualcuno nella sua stanza, ne era certo. Quella fu la prima di tante notti insonni.

Poteva sembrare una delle tante ombre che si moltiplicavano tra loro, coprendosi l'una con l'altra, in un'orgia di oscurità. Ma lui sapeva che quella non era normale. Non riusciva a indovinare da dove provenisse o chi la proiettasse, ma ogni notte era sempre più vicina. Gli capitava di svegliarsi di soprassalto, sentendosi osservato, e cominciava a fissare un punto ben preciso nell'oscurità. Era terrorizzato, paralizzato dalla paura. Sapeva che lui era lì, in agguato. Era di certo qualcuno che si divertiva a torturarlo. Forse uno dei servi, o qualcuno a cui aveva fatto del male. Non era mai stato una brava persona, era avido e arrogante, in molti avrebbero avuto motivi per volergli male. Così passava tutta la notte a fissare quel punto, finchè i primi raggi di sole non cominciavano a illuminare la stanza. Allora la sveglia suonava e lui si destava per davvero, rendendosi conto che in quella stanza non c'era nessun altro all'infuori di lui. Eppure ne era sicuro, e stava diventando una tortura.

Finché una notte fu certo che qualcosa lo avesse addirittura sfiorato. Doveva essere stato lui, quel maledetto. Quel giorno si era dato malato e non aveva voluto alzarsi. Aveva fatto portare due o tre lampade dalle stanze inutilizzate della tenuta, e le aveva tenute accese tutta notte. Finalmente era riuscito ad avere una tregua! Erano anni che non dormiva così. Il giorno seguente si sentiva rinvigorito e andò in paese con la sua macchina. Acquistò varie lampade e le disseminò per la casa. Diede l'ordine ai servi di tenere tutte le luci accese, di modo che non venissero a crearsi ombre. Quel maledetto non l'avrebbe più torturato!

Ma non bastava. A volte faceva ancora fatica ad addormentarsi. Così decise di armarsi. Comprò una delle più grosse pistole che avevano al negozio di armi del paese, per sentirsi sicuro. Gli dissero che con quella avrebbe potuto uccidere un elefante con un solo colpo. Era un'arma adatta al suo nobile lignaggio, lo capì non appena la vide. Con quel pezzo di ferro sotto al cuscino e l'intera tenuta illuminata a giorno, dormì come un bambino.

Ovviamente, cominciarono i problemi. Il suo maniero era davvero molto grande e tutte quelle lampadine accese gli costavano molto. Bollette spropositate si susseguivano, mese dopo mese, anno dopo anno. Fu costretto a licenziare i servitori e a tirare la cinghia. Non furono più dati balli, non ci furono più inviti. La sua grande casata era piombata nella miseria. E infine accadde l'inevitabile. I soldi erano finiti, le bollette non erano state pagate per qualche mese consecutivo.

Era una notte particolarmente buia, senza luna. Il conte stava dormendo tranquillamente, quando un incubo fece capolino nel suo subconscio. Camminava per una foresta buia e qualcuno lo stava osservando. Sentiva sul collo lo sguardo bruciante di qualcuno, qualcuno che lo voleva morto.

Questo bastò, dopo anni di dolce sonno privo di sogni, a farlo svegliare urlando.

E l'urlò continuò, perché si rese conto che per la prima volta dopo molto, molto tempo, si trovava al buio.

E l'ombra era di nuovo lì, vicinissima, al suo capezzale.

Preso dal panico, tirò fuori la pistola da sotto il cuscino. La aveva abbracciata per tutti quegli anni, ma finalmente la usò.

Il colpo fu terribile, il rumore assordante.

Ma lo aveva preso, ne era certo. Sentì il tonfo di un corpo che cadeva a terra e un gemito terribile, animale. Fu preso dalla gioia. Finalmente la sua tortura era finita! Erano stati anni grami, ma la fortuna sarebbe presto tornata a girare, i soldi, la servitù, i balli, gli inviti sarebbero tornati nella sua vita! Mentre pensava queste cose, ancora stringendo la pistola fumante, si rese conto che c'era qualcosa di strano. Il gemito continuava, e non sembrava provenire da qualunque cosa si fosse accasciata ai piedi del letto. Bensì... da lui stesso. Era lui stesso che gemeva, che soffriva.

Un lampo illuminò la stanza per una frazione di secondo, ma fu abbastanza. A terra non c'era un uomo. A terra, in una pozza di sangue, c'era quella che riconobbe inequivocabilmente come la sua ombra.

Il mattino dopo il conte si svegliò all'alba. Non ricordava nulla degli avvenimenti della notte precedente, ma notò che la luce del sole era stranamente fastidiosa, anzi, lo scottava addirittura. Così si dette da fare e tirò tutte le tende delle stanze principali. Quando ebbe finito, andò in bagno per radersi. All'inizio non notò nulla di strano, ma quando cominciò a inschiumarsi il viso, si spaventò sul serio. Che scherzo era mai quello? Perché lo specchio rifletteva l'intera stanza e la schiuma sulle sue guance, ma si rifiutava di mostrare il riflesso del conte? Preso dal panico, tirò un pugno al vetro, ferendosi la mano. Stette a guardare il taglio per un po'. Non capiva proprio da dove diamine venisse quella  voglia bestiale, vorace, dissennata, di bere sangue.

   
 
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