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Autore: nishinaka    19/03/2013    1 recensioni
Sono rinchiuso qui, maledetto perché sono nato con le corna come gli antichi Dei. Le pareti della stanza sono ricoperte di tombe come la mia. Centinaia di altri con le corna prima di me, forse. Se non ci sono riusciti loro, perché dovrei farcela io?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È buio. È tutto buio. Non sento più le voci degli uomini che mi hanno rinchiuso qui dentro. Al buio. Sento solo il mio respiro, irregolare perché ho paura. Ho una paura folle, non so perché mi abbiano rinchiuso qui. È colpa delle mie corna?

Batto forte i pugni contro le pareti della mia prigione finché non sento il sangue che scorre sulle nocche e sui dorsi. Riesco a malapena a muovere le braccia, per raggiungere la pietra non devo nemmeno stenderle del tutto. Non ho paura del buio. Ho paura dell'aria che sta diventando sempre più viziata. Ho paura perché non capisco se i miei occhi sono aperti o chiusi. Se provo a toccarmi la pelle sento solo freddo. La mia pelle sembra pietra, oppure sto toccando il muro? Oppure sto diventando di pietra?

Devo essere svenuto, perché quando sento la terra tremare sobbalzo. O meglio, sobbalzerei se riuscissi a muovermi. Ormai mi sento pesante e tutto questo tremare in realtà mi lascia quasi indifferente. Ma non quando sento il buio muoversi. Non quando sento che il mondo gira. Anche se sono al buio ho capito cosa sta succedendo e cerco di farmi il più piccolo possibile. Quando sento mancarmi l'aria, chiudo gli occhi. Il rumore della roccia che si spacca quasi me li fa riaprire, ma la luce mi ferisce e lacrimo. Così aspetto. La luce è forte, fa male anche se ho gli occhi chiusi, provo a portarmi le mani sulle palpebre ma non riesco. Aspetto.

Piano piano il dolore si attenua e la luce pure. Aspetto ancora e posso riaprire gli occhi, posso vedere la stanza attraverso due piccole fessure piene di lacrime. Aspetto ancora e le lacrime si asciugano, gli occhi si aprono. È ancora tutto sfocato, ma ci vedo. Riconosco gli idoli dai quali siamo entrati, adesso sono chiusi. Vedo delle scale, dall'altra parte. E una leva. E una porta.

Ma che senso ha? Mi accascio a terra. Sono rinchiuso qui, maledetto perché sono nato con le corna come gli antichi Dei. Le pareti della stanza sono ricoperte di tombe come la mia. Centinaia di altri con le corna prima di me, forse. Se non ci sono riusciti loro, perché dovrei farcela io? Torno tra le macerie della mia tomba. Mi rannicchio in mezzo a quei sassi, chiedendomi perché. Ancora poco e non sarei stato più capace di respirare. Un po' di agonia e sarei morto. Adesso mi aspetta la noia. E la disperazione. Piango.

Devo essermi addormentato, mi fa male il collo e riesco malapena a tenere gli occhi aperti. Il pavimento è freddo ma io sono tutto sudato e tremo. Stavo facendo un sogno... una gabbia e una luce bianca. Poi una voce mi ha svegliato. Giro in tondo per la stanza, per ore, per stancarmi. E mi riaddormento sul pavimento.

Di nuovo il sogno. Una torre, in cima c'è la gabbia, e dentro la gabbia...

La voce mi sta chiamando. Mi sta chiedendo aiuto e la sento, proviene dalla porta. Devo trovare un modo per aprirla, ma qui dentro c'è solo quella leva in cima alle scale... funziona. Attraverso la porta, una stanza piccola e buia. Ma ci sono delle fiaccole e il fuoco scalda. Ne prendo una, è piacevole, anche se sento le braccia deboli. Da quant'è che sono qui? Credo di avere fame. Ma la voce mi sta chiamando.

Seguo la voce e raggiungo la torre. Sono dentro, delle scale salgono a spirale seguendone il contorno. La voce mi dice di fare in fretta. Sento che il bianco mi sta chiamando. Salgo le scale, in rovina, devo stare attento. Una caduta da qui mi ucciderebbe. La voce mi sta chiedendo aiuto, dice di essere sola e di avere paura. La seguo perché è come se quella voce fossi io. Forse è tutto un sogno.

Ecco la gabbia. Ma dentro non c'è nulla. Non capisco. Ma è buio, provo a chiamare. Una luce bianca mi acceca, devo chiudere di nuovo gli occhi. Quando smetto di lacrimare lei è lì. È bianca. Ed è bellissima. Ed è sola. E fragile. Devo proteggerla. Devo aiutarla.

«C'è qualcuno? Chi sei?»

«Cosa ci fai lì dentro?»

«Aspetta, ti tiro giù.»

La catena che regge la gabbia scende con un gran fracasso e devo tornare in fondo alle scale. La gabbia si è aperta e lei è lì, confusa. Mi guarda. Sembra risplendere, anzi risplende per davvero. È bellissima. È impaurita. Io sono solo un piccolo ragazzo con le corna e sono armato solo di un bastone.

«Portano qui i bambini con le corna.»

«Volevano sacrificare anche te?»

Le ombre proveranno a portarmela via. Stringo il bastone.

«Dobbiamo andarcene.»

Non me la porteranno via.

   
 
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