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Autore: LuLu96    19/03/2013    1 recensioni
"Non sono forte come i lupi o il Kanima, non sono veloce come loro, non ho i sensi sviluppati come i loro, non so maneggiare archi, balestre o armi varie come i cacciatori. Sono un'impiccio, ecco tutto. Ma ormai ci sono dentro, e la cosa non mi dispiace affatto, questa è la cosa che mi preoccupa. Dovrei correre per le strade urlando, cercando una via di fuga da tutta questa storia, invece di sentirmi come se io fossi il mostro, quello anormale, invece che loro." (Dal primo capitolo)
"Quell'uomo mi metteva in soggezione. Tutto in lui ispirava paura e rispetto. Era senza dubbio bellissimo: quegli occhi stupendi erano capaci di gelare e bruciare al contempo, potevano sciogliere come potevano far rabbrividire. Mi strinsi nell'abbraccio di Zac, in cerca di un po' di protezione. Non ero abituata a sentirmi in quel modo." (Dal quinto capitolo)
Stiles è in crisi, non sa chi è, cosa vuole, se è di aiuto o di impiccio per i suoi amici, cosa fare della sua vita. La sua vita, però, sta per cambiare.
C'è un nuovo arrivo a Beacon che sconvolgerà gli eventi.
E' la mia primissima fic, spero vi piaccia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Pov. Peter/

Strinsi la presa sulla sua mano e avvicinai di più il viso al suo. Quel sapore dolcissimo mi invadeva la bocca, mi inebriava, il suo cuore batteva velocissimo vicino al mio e intrecciandosi con questo formava un ritmo perfetto. Cos'era quella sensazione di bisogno che quel contatto sapeva darmi? Non lo sapevo, ma sapevo che sarebbe stato insopportabile separarmene adesso. Jolene staccò la mano dalla mia e insieme all'altra la fece scorrere lentamente lungo il mio addome, sul petto fino alle spalle, per unirla all'altra dietro il mio collo. Mi strinse di più a lei, mentre mi mordeva piano il labbro inferiore. Portai le mani ai suoi fianchi. Cosa mi succedeva? Ne volevo ancora. Volevo ancora quelle labbra sulle mie. Strinsi le mani sul suo corpo. Mi sospirò sulle labbra premendo poi su di esse con più forza. Le mie mani, lentamente, si spostavano su e giù sui suoi fianchi, esplorandone ogni centimetro, cercando di saziare la mia fame, che però non faceva che aumentare. Non riuscivo a pensare e le sue mani attaccate ai miei capelli che mi tiravano verso di lei non aiutavano affatto a migliorare la situazione.  Le mie mani scesero ancora, osando, forse troppo. Quando delicatamente le strinsi sulla sua carne morbida e calda e lei, per tutta risposta, iniziò a baciarmi con più foga, capii cosa stavo facendo. Stavo davvero toccando una ragazzina? Quell'esserino tremante che tenevo tra le mani mi stava davvero stringendo come se non desiderasse altro?
Cosa diavolo stavo facendo? Jolene era una ragazzina, non potevo comportarmi come uno stupido adolescente in preda agli ormoni. Non potevo farle questo. Con un grande sforzo mi staccai dalle sue labbra e dal suo corpo. Ero senza fiato, come lei. Nei suoi occhi uno sguardo deluso, ma ancora con quell'accento di desiderio e follia che immaginavo avrebbe visto riflesso nei miei.
"Perdonami" sussurrai mentre le voltavo le spalle e facevo per andarmene. Di corsa. Via. Veloce.
"No! Resta!" Mi afferrò per un braccio costringendomi a voltarmi. Mi fissò negli occhi.
"Per favore" mi implorò.
Sospirai e abbassai le spalle, rassegnato: avrei detto di sì a qualsiasi cosa, se me lo avesse chiesto.
Era... No, non poteva essere.
Mi prese per mano e mi riportò al masso al quale prima si era appoggiata. Si sedette, tirandomi a sedere accanto a lei. Mi abbassai a terra senza dire una parola. Lei era seduta con le gambe tirate al petto, cinte dalle braccia, la testa appoggiata di lato sulle ginocchia. Mi guardava. I miei occhi, invece, erano fissi sull'erba davanti a me. Non riuscivo a capire. Avevo una voglia quasi incontrollabile di prenderle la mano, di abbracciarla, di baciarla. Provavo una sensazione nuova, ma familiare. Era come con... No, non era come con lei. Avevo giurato che non l'avrei tradita mai, per nessuna ragione. Eppure sentivo che non la stavo tradendo. L'avrei fatto se al posto di Jolene ci fosse stata una qualsiasi altra donna. Forse non la stavo tradendo. Forse potevo permettere a quella cosa che mi cresceva dentro il petto di rivelarsi per quello che era, senza timore, senza remore. Tutto con quella ragazza era venuto così naturale, così spontaneo! Ma era una ragazzina, era solo all'ultimo anno del liceo, mentre io... Io ero un uomo adulto, morto e risorto letteralmente parlando. Era sbagliato anche solo pensare che io e lei potessimo... avere un'opportunità, stare insieme, amarci.
"Sono stata così pessima?" Mi chiese lei all'improvviso, sottraendomi ai miei pensieri. Mi voltai a guardarla senza capire. Sulle sue labbra si era fatto strada un sorriso, ma nella sua voce sentivo una sfumatura diversa, una sfumatura di dubbio e amarezza.
"Cosa?" chiesi facendo finta di non capire a cosa si stava riferendo.
"Sono stata così pessima a... Beh... Prima?"
Sorrisi trattenendo una risata e chinando la testa sul petto per rialzarla subito dopo, puntando lo sguardo sul tronco che prima ci aveva ospitati.
"Cosa te lo fa pensare?" chiesi sempre sorridendo e spostando gli occhi su di lei. Sorrise imbarazzata, sulle guance apparve un rossore appena accennato.
"Beh... Ti sei staccato così all'improvviso, stavi andandotene così di corsa-"
"Ma sono rimasto, quando me lo hai chiesto" la interruppi.
Mi guardò per qualche secondo senza parlare, ma sorridendo, e poi riprese:
"Sì, è vero"
"C'è altro?" Chiesi come a prenderla in giro.
"No... Cioè..." sospirò "sei corrucciato, serio, non parli. Hai lo sguardo triste, deluso, quasi... Pentito" ammise. La guardai negli occhi. Il suo cuore batteva più veloce, ma era per l'intensità del momento. No, pensava davvero quelle cose.
"Tu pensi che io mi sia pentito di averti baciata?" le chiesi. Lei abbassò testa e sguardo, rattristandosi all'improvviso. Le misi due dita sotto il mento, alzandole il volto per far sì che mi guardasse.
"Baciarti è stata la migliore idea che mi sia venuta negli ultimi sei anni, Jolene."
Mi guardò fisso negli occhi. Sul suo volto leggevo l'indecisione chiara come fosse scritta a caratteri cubitali sulla sua fronte. Le presi la mano e me la posai sul petto in corrispondenza del cuore.
"Puoi credermi"
Lei guardò le sue dita sul mio petto, ascoltando il battito accelerato del mio cuore e la verità che ne derivava.
Con movimenti estremamente lenti mi avvicinai ancora a lei, sporgendomi verso il suo corpo. Alzò il viso, puntandolo verso il mio. I nostri respiri si mischiarono. Le posai una mano sul viso, accarezzandole una guancia. Tra le nostre bocche c'erano sì e no due centimetri, ma mi fermai. Volevo che fosse lei a colmare la distanza che ci divideva, se avesse voluto. La guardavo negli occhi, mentre lei osservava le mie labbra. Il mio cuore accelerò sotto il suo tocco. Perchè non si decideva?
Poi, lentamente, quasi avesse paura di rovinare quel momento, si avvicinò azzerando la distanza e poggiando le labbra sulle mie. Mi rilassai non appena  mi sfiorò. Le sue labbra erano ciò che di più dolce esisteva al mondo. Quella volta il nostro bacio fu meno passionale, ma più moderato, più dolce. Mi staccai lentamente, sorridendo. Sorrise anche lei. Mi prese una mano e se la passò sopra le spalle creando un abbraccio, raggomitolandosi accanto a me e appoggiando la testa sulla mia spalla. Le baciai la fronte.
"Così va bene" disse strusciando un po' la guancia sul tessuto della mia giacca. Risi piano. Già, così andava molto meglio.

Pov. Derek/

Non se la cavava poi tanto male, quel ragazzino. Certamente aveva ancora tanto da imparare, ma era ad un buon livello. Feci partire un gancio verso il volto di Zac, che prontamente lo schivò abbassandosi. Sorrisi, sicuro sul da farsi, ma in quel momento sentii qualcosa di cui, non so per quale motivo, sapevo esattamente la provenienza. Un cuore. Un cuore che batteva. Ma perchè stava battendo in modo regolare e non a velocità ultra come al solito in quelle situazioni? Stiles, abbracciato a Lydia, aveva il battito regolare e non velocissimo, come mi sarei aspettato. Mi voltai a guardarlo. Non saprei dire perchè ma sentii un'improvvisa sensazione di sollievo nel constatare che il cuore di Stiles non batteva più per Lydia. Mi tornarono in mente le parole di Peter di pochi giorni prima. In quel secondo in cui ero distratto, il calcio di Zac mi aveva raggiunto alla stomaco, facendomi piegare in due. Ringhiai e lo atterrai con un solo colpo.
"Bene, basta per oggi!" dissi al mio branco. Avevamo lavorato bene e a lungo, avremmo continuato un altro giorno. Mi guardai intorno: i due umani erano ancora abbracciati sugli scalini del portico, ma appena sentirono la mia voce di separarono e si alzarono in piedi. Stiles fissò gli occhi nei miei assumendo un'espressione incuriosita e perplessa. Solo in quel momento mi accorsi che a mia volta lo stavo fissando e che la sua espressione era dovuta a questo. Mi voltai subito, il cuore che rischiava di sfuggire al controllo forzato a cui lo stavo obbligando. Non andava per niente bene! Prima mi distraevo e mi facevo menare per quell'idiota, poi mi mettevo a guardarlo senza un apparente motivo. Dovevo stare male, non c'era altra spiegazione.
Lasciai vagare lo sguardo sullo spiazzo davanti a casa, ma, a parte i lupi e i due umani, non c'era nessuno. Mancavano all'appello Peter, Allison e la sorella di Zac. La cacciatrice arrivò poco dopo, ma degli altri non vi era traccia.
'Arriveranno' pensai, senza preoccuparmi più di tanto. Era un altro il pensiero che mi assillava: perchè diavolo quell'idiota di Stiles non aveva le palpitazioni per la vicinanza di Lydia? Tutti i miei Beta si fermarono e per uno strano fenomeno si formarono involontariamente delle coppie: Scott si avvicinò a Allison, Jackson a Lydia, Isaac, stranamente, a Zac. Solo io e quell'umano petulante restammo spaiati. Anche Stiles sembrava essersi accorto della situazione e aveva alzato gli occhi su di me. Lo fissai meno di un istante. Dovevo uscire da quella situazione.
"Vado a vedere dove si è cacciato Peter" dissi piano e iniziai a correre verso il bosco.
Cosa mi stava succedendo? Stavo iniziando a pensare troppo e troppo spesso a quel ragazzino, senza riuscire a dare un senso logico ai miei pensieri. Ripeto: non andava affatto bene. Non potevo permettermi di ricaderci di nuovo, non ci stavo ricadendo, non con... Quello! No, ora dovevo solo trovare mio zio e Jolene, fare una doccia fredda -no, che dico fredda, ghiacciata!- e smettere di pensare a Stiles. Ecco, questo era quello che dovevo fare, non era difficile. Una parte della mia testa mi diceva che in realtà lo sarebbe stato, ma decisi di ignorarla.
L'odore di Peter era mischiato a quello della ragazza e le tracce portavano ad un fiumiciattolo che scorreva non esageratamente lontano da casa. Li trovai lì, Peter stravaccato a terra con la schiena appoggiata ad un tronco vicino alla riva, a torso nudo mentre prendeva il sole e sorrideva all'indirizzo della ragazza, che invece era con i piedi nell'acqua seduta sulla riva accanto a mio zio con un braccio appoggiato ad una gamba dell'uomo e la testa sul suo petto.
Non saprei dire se fu più forte la sorpresa o l'invidia. Penso più o meno si equivalessero. Un'immagine di me e Stiles nella stessa posizione si sovrappose a quella di mio zio e Jolene.
Non andava affatto bene, andava più che malissimo!
Mi schiarii la gola mentre cacciavo quell'immagine dalla mia mente, senza però riuscirci completamente.
Peter si voltò a guardarmi, così come la ragazza.
"Nipote! Avete finito gli allenamenti? Come è andata?"
"Bene" risposi semplicemente senza riuscire ad emettere altre parole, un po' per la sorpresa, un po' per la spontaneità di quella situazione, da parte loro s'intende, nonostante il lieve imbarazzo della ragazza, un po' perchè non riuscivo a smettere di desiderare di poter essere io in quella situazione e di provare invidia per Peter, che nonostante tutto riusciva ad amare ancora. Sempre che si trattasse d'amore, ma conoscendo mio zio, che non era tipo da fare certe cose, era probabile che lo fosse, o che avrebbe potuto esserlo.
"Ci vediamo a casa" dissi e cominciai a correre nel bosco senza aspettare una risposta. L'immagine di me e Stiles non mi abbandonava.
Che odio!
Quel ragazzino mi stava rovinando la vita. Non faceva che provocarmi, mettere in dubbio la mia forza, fisica, psicologica ed emotiva, portarmi al limite del controllo e della pazienza. Ma mi dava anche pace quando ero all'inferno ed era una luce quando camminavo nel buio.

Angolo dell'autrice
Eccomi di nuovo! Chiedo scusa per il ritardo colossale ma ero preda di una mancanza di ispirazione pressoché totale XD Beh che dire, questo è il capitolo, spero vi piaccia, anche se non sono molto convinta di quello che ne è venuto fuori.
Grazie per l'attenzione e alla prossima!a
   
 
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