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Autore: mugen_ost    19/03/2013    0 recensioni
In un mondo completamente grigio, solo l'Imperatore e pochissimi eletti possono godere degli altri colori, almeno finchè la curiosità di Hairo diventa sprezzo del pericolo (o forse follia?) e lo spinge a fare ciò che pochi avrebbero mai osato.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.

 

Meno tre giorni alla festa nazionale, urrà, urrà, urrà. L'evento annuale meno atteso dal 99% della popolazione, ma magnificato e poubblicizzato dal restante 1% più di qualsiasi altra cosa, era in corso di preparazione. Ovvero, la Sede era in fermento, tutte le strade attorno ad essa chiuse, sorveglianza massiccia. Per i cittadini questo significava solo noia, scomodità e rallentamenti. Ma era pur sempre festa, suvvia, almeno per un giorno niente lezione: Hairo avrebbe passato la giornata schiacciato in mezzo alla folla per poter assistere al discorso dell'Imperatore, capo indiscusso del paese, regnante per discendenza diretta dalle più remote dinastie col beneplacito del Santuario. Ed è proprio nei pressi dell'alto muro che recinta tutto il perimetro del Santuario, l'ingresso al quale è consentito ad un numero di persone inferiore alla decina in tutto il paese, che Hairo si trova a terra, il volto immerso in una pozzanghera.

"Splut" sputando e maledicendo i suoi stupidi compagni di classe, si rialzò da terra, togliendosi dal volto quella schifosa poltiglia grigia. Grigia esattamente come la sua pelle, come la strada sotto i suoi piedi, come i muri di tutti gli edifici lì attorno, come il suo sangue, l'erba, il cielo e il sole...come tutto quello che esiste. Tranne l'Imperatore ovviamente: lui rifulgeva di colore dalla testa ai piedi in quanto essi erano appannaggio esclusivo della sua carica, solo a lui si aprivano le porte del Santuario, dove si trovava l'unica fonte di colore di tutto il pianeta. Rainbow Shrine era proprio dietro quel muro, troppo alto per vederci oltre e troppo liscio per essere scavalcato; il sogno di chiunque, riuscire a vedere cosa c'era dietro, a poter vedere la Fonte, a toccare anche solo uno dei colori, per provare la gioia di essere diverso da tutti gli altri. Ma questo era impossibile, perciò, togliendosi la fanghiglia dal volto, Hairo decise, con una scrollata di spalle, di lasciar perdere questi sogni inutili e di tornare a casa.

Ogni volta che si trovava a camminare da solo, non riusciva a trattenere lo scorrere dei pensieri dal vagare senza meta, e puntualmente uno era il luogo dove essi approdavano. Perchè non c'era colore nel loro mondo? Perchè solo lui? La Sede parlava chiaro, questo il volere della divinità e solo il Magister poteva avere accesso alla fonte dei colori, solo lui poteva immergercisi, per trarre da essi la saggezza e la capacità di guidare il popolo, un popolo condannato a vivere la propria vita sotto la luce di un solo colore, quel grigio di cui si era da tempo stufato.

Non ebbe tuttavia tempo per lagnarsi a lungo, visto che si trovò davanti ad un evento raro quanto l'apocalisse: la porta laterale della cinta muraria del Santuario era aperta per far passare un carretto scortato da un plotone di soldati; proprio quella porta abitualmente sbarrata e attraverso la quale, quando nessuno era in vista, aveva più volte provato invano a sbirciare dentro assieme ai suoi amici. Ma questa volta poteva essere diverso, così affrettò il passo, cercando con noncuranza di passare affianco al portone prima che lo richiudessero per poter gettare un'occhiata dentro "Laralà.." canticchiava, cercando di apparire il più naturale e spontaneo possibile, un ragazzo che per puro caso si trovava da quelle parti e che non aveva il minimo interesse per quella porta aperta.

-BOOOM-

Un suono assordante e improvviso, unito a lingue di fuoco che saettavano davanti al varco ancora aperto, fecero sparire del tutto questa finzione: "Che diav..." non potè fare a meno di avvicinarsi all'ingresso lasciato incustodito, poco più distante il carro di prima, in fiamme, veniva spinto via frettolosamente da soldati in stato di agitazione e dimentichi di aver lasciato il portone aperto. L'attenzione verso di loro durò meno di un secondo, perchè appena si rese conto di trovarsi sulla soglia del perimetro del Santuario, con la visuale completa di tutto quello che c'era dietro, nella sua mente non ci fu posto per altro; se non forse, per la delusione che subentrò subito dopo.

Si aspettava una specie di edificio enorme, vista la statura del muro di cinta, tutto colorato come l'imperatore, circondato da un giardino meraviglioso o da chissà quali incredibili decorazioni: quello che si trovò davanti agli occhi era un prato normalissimo, grigio come tutti gli altri e privo di qualsiasi decorazione esclusa una costruzione cubica al centro di esso dello stesso colore e un edificio che aveva tutta l'aria di essere un magazzino lungo il lato più lontano del muro di cinta, da dove probabilmente era uscito il carro delle polveri appena detonato.

"Q-questo sarebbe Rainbow Shrine?" balbettò Hairo, non riuscendo a credere ai propri occhi. Una schifezza, ecco cos'era, un capannone osannato da tutti come il posto più importante del paese, forse persino più del palazzo imperiale, che di sfarzo e lusso (tutto rigorosamente grigio) faceva certamente una delle proprie armi migliori.

Non poteva aver desiderato quasi ogni giorno della sua vita di vedere quel posto, per poi scoprire che era...era...così, ecco.

"Imbecilli, scommetto che uno di quei soldati si è messo a fumare affianco al carro della polvere da sparo"

Si voltò di scatto, facendo uno sforzo immane sulle ginocchia per non svenire direttamente: chi aveva parlato? L'avevano beccato? Non aveva idea di quale fosse la pena per chi si introducesse abusivamente nel perimetro sacro, fino a quel giorno nessuno aveva mai compiuto un simile atto; magra consolazione, sarebbe forse stato ricordato proprio per questo.

"Comunque..ma alla Sede vi fanno girare così malandati?" commentò l'uomo che Hairo si trovò ad avere di fronte, un signore di mezza età, con barba folta ma quasi calvo, che ridacchiava tenendo una mano poggiata sulla pancia "In genere l'adepto scelto che ci mandano ogni anno è tutto perfettino e impeccabile, non veste come un ragazzo di strada e si lava con cura la faccia" l'occhiataccia ai residui di fango sul viso di Hairo era inequivocabile "Va bene essere nervoso, ma addirittura terrorizzato... Per la miseria, ragazzo, è un onore immenso essere ammesso a completare il corso di studi qua al santuario!" Breve pausa, e una distratta occhiata verso ciò che stava acacdendo fuori dal portone. "Però devo ammetterlo, sei l'adepto più puntuale che abbia mai visto, addirittura in anticipo, difatti stavo aspettando che i soldati tornassero dalla consegna delle polveri per preparare un comitato di accoglienza, ma vabbè, visto che sei già qua andiamo pure, tanto quegli incapaci ci metteranno parecchio a ripulire tutto e a preparare un nuovo carico." Detto ciò s'incamminò verso una struttura bassa e allungata che non aveva notato fino a quel momento vista la sua posizione, radente al muro di cinta dallo stesso lato dell'ingresso. Hairo restò immobile, gli occhi fissi sulla schiena di quel tizio, incredulo.

Uno scherzo? Una burla prima di arrestarlo?

Lui, un adepto della Sede? Era più probabile che le rane si mettessero a cantare l'opera lirica.

Eppure, quel tizio ne era convinto, e che poteva fare, dire "Hey no, aspetta, in realtà sono un ragazzo qualsiasi che passava di lì per caso e ha approfittato dell'incidente per intrufolarsi nel proibitissimo recinto del santuario"? Decisamente una scelta non intelligente, non gli restava che dare corda a quel signore e sperare per il meglio.

"Come ti chiami, ragazzo?" domandò quest'ultimo senza girarsi, quasi raggiunta la loro meta. "Ha-Hairo, signore" riuscì a balbettare tra un passo e l'altro, fermandosi alle spalle dell'uomo che stava armeggiando con la serratura dell'edificio. "Yone, piacere di conoscerti" borbottò egli di rimando, spalancando la porta e sparendo all'interno della costruzione.

No, un attimo, che diavolo stava facendo? Presto avrebbero scoperto tutto, sarebbe arrivato il vero adepto e lui si sarebbe trovato in guai ancora maggiori, non poteva entrare. Quell'uomo gli sembrava comprensivo, ma era troppo pericoloso rischiare così. Eppure, un'occhiata al portone bastò per raggelarlo: chiuso, evidentemente dai soldati. Non poteva fuggire, ma neppure entrare in quella casa e spacciarsi per chi non era, aspettando il momento in cui sarebbe stato smascherato. Che alternative restavano, allora? Piangere ed implorare clemenza, oppure sgattaiolare e nascondersi nell'unico luogo dove nessuno sarebbe mai entrato, dove avrebbe potuto aspettare la notte o un momento di maggiore confusione, forse proprio l'arrivo del vero adepto, per fuggire. Invece di seguire Yone strinse i denti e fece uno scatto attraverso il prato, pregando di non essere visto, e rilasciò il respiro solo quando la porta della costruzione cubica fu chiusa alle sue spalle.

"..."

Non c'erano parole. Il suo gesto era la cosa più grave mai accaduta nella storia, neppure insultare l'imperatore in faccia sarebbe stato considerato così terribile. E dire che in quel tempio non c'era proprio nulla, nè decorazioni alle pareti, nè tesori o chissà quali meraviglie. Solo un alberello rinsecchito in vaso, poggiato sopra un anonimo tavolo. Un albero macilento, grigio scuro, con sette rami sporgenti verso l'esterno, sotto ad ognuno dei quali era posto un bacile.

Avrebbe dovuto restare vicino alla porta, sbirciare fuori per cogliere il momento più propizio per fuggire, ma la curiosità ebbe la meglio e si avvicinò all'albero. "Stupido albero, rischio la vita solo per averti visto, ma sei orribile" commentò dando un colpetto al ramo più vicino a sè.

-plic-

Qualcosa era caduto dalla punta del ramo direttamente nella bacinella sottostante, che come Hairo ebbe modo di notare abbassando lo sguardo, non era più vuota: al suo interno, sul fondo, una goccia. Una goccia diversa da tutte le altre gocce che avesse mai visto in vita sua, e non servì più di un istante per capire cosa aveva di particolare quella goccia: era rossa, una piccola, spendente goccia rosso brillante.

"Uaaaaah" cadde all'indietro sul pavimento, gli occhi che quasi bruciavano per aver visto da così vicino un colore splendente, diverso dal grigio a cui erano abituati i suoi occhi.

Iniziava a capire l'importanza di quel luogo, e per averne la certezza toccò un altro ramo, e la goccia che cadde nel vaso era giallo sfolgorante.

Un altro ramo, e i suoi occhi si riempirono dell'azzurro che ne uscì.

Ancora, e fu la volta dell'arancione.

Poi verde.

Viola.

Indaco.

Quando anche l'ultimo ramo fu toccato, in ogni bacile c'era un leggero strato di colore. Incerto, immerse il dito indice nel rosso: era freddo e scorreva sulla pelle senza sporcarla, lasciandola del suo colore grigio naturale. Eppure la massima onorificenza conseguibile nel suo paese era quella di avere una parte del proprio corpo colorata; di solito agli eroi di guerra si lasciavano portare i capelli del colore che più desiderassero, agli scienziati e agli artisti che si erano distinti per merito e abilità venivano tinte le labbra e i sommi capi dei sacerdoti ricevevano l'altissimo privilegio di avere gli occhi di un colore diverso dal grigio. Ma se spalmare il colore sulla pelle non sortiva alcun effetto, come facevano a colorare le persone?

Restò fermo fissando il vuoto per qualche secondo, e se l'avesse bevuto?A questo punto nulla di ciò che potesse fare avrebbe aggravato la sua già grave oltre l'inverosimile situazione, tanto valeva provare, quindi rovesciò il contenuto della bacinella del rosso in quella dell'arancione e così via, finchè tutti i bacili furono vuoti tranne uno, contenente la poltiglia marroncina ottenuta dal mischiare assieme tutti i colori.

Sollevò il contenitore, avvicinandone il bordo alle labbra.

"Salute" mormorò, e una lunga sorsata di quel liquido scese giù per la sua gola. Nessun sapore nè odore, solo una sensazione di freddo sulla lingua e nello stomaco.

Non ebbe il tempo di chiedersi cosa gli sarebbe successo, che cadde in ginocchio tremando per via delle fitte di dolore che percorrevano i suoi arti e la sua pelle.

Non si girò neppure quando uno scricchiolio alle sue spalle, seguito da grida terrorizzate e sconvolte, fecero intuire che qualcuno aveva finalmente scoperto la sua "marachella", e sebbene si aspettasse di essere placcato a terra e arrestato da guardie e sacerdoti nel giro di pochi secondi, nessuno mosse un passo nella sua direzione, si sentivano solo delle frasi come "E ora che facciamo?"

"Non possiamo toccarlo, non voglio essere accusato di eresia."

"Presto, chiamate il Sacerdote Capo!"

Perchè dicevano questo invece di balzargli addosso e sbatterlo nella più oscura delle celle senza pensarci due volte? Riuscì finalmente a rialzarsi in piedi, il dolore era passato e gli bastò dare un'occhiata verso il basso per capire il motivo. Le persone che venivano premiate con parti del corpo colorate come onorificenza acquisivano una specie di immunità al tocco, anche sfiorarle se non autorizzati veniva considerato maleducato e oltraggioso per via della natura sacra dei colori stessi, trasmessa quindi anche a chi da essi fosse tinto.

E tutta la propria pelle che Hairo riusciva a vedere, dalle caviglie ai palmi delle mani, rifletteva tutte le sfumature dell'arcobaleno in morbide tonalità pastello, colori così delicati e allo stesso tempo decisi che forse neppure l'Imperatore era così bello al suo confronto.

Capì subito che nessuna di quelle persone avrebbe osato sfiorarlo neppure con un dito.

  
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