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Autore: _Miss Swan_    07/10/2007    7 recensioni
Così provai ad immaginare come sarebbe stato il fatidico giorno. E non parlo delle nozze.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mordimi

Ecco qui la mia prima One-Shot. Spero ovviamente che sia di vostro gradimento.

Ricevere un qualsiasi tipo di recensione mi farà molto piacere e, spero, di tornare a postare presto.

Un sincero ed affettuoso saluto,

_Miss Swan_

Pioveva. Il vento ululava forte fuori dalla finestra della mia camera, le chiome degli alberi ondeggiavano pericolosamente, ed il termometro segnava, al solito, una temperatura bassa. Era una comunissima mattinata primaverile… o almeno, normale lo era per Forks.

Al mio risveglio, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra della mia camera, capii subito che quella giornata sarebbe stata diversa dalle altre ma, ciò che tuttavia non mi era chiaro, era se sarebbe stata positivamente o negativamente differente.

Mi rigirai fra le coperte, tirandole fino su al naso e rabbrividendo. Non erano mai abbastanza caldi quei piumoni. Edward, stranamente, quella mattina non era lì, nella mia camera. Ma, sinceramente, devo ammettere che la sua presenza non mi avrebbe riscaldata più di tanto, perché il suo corpo era di ghiaccio.

Aprii gli occhi, guardando il soffitto della mia camera, rassegnandomi di essere ormai definitivamente sveglia. Non sarei più riuscita ad addormentarmi. Così, mettendomi svogliatamente a sedere, mi guardai intorno, passandomi entrambe le mani fra i capelli, lasciandomi infine andare ad un largo sbadiglio.

Era passato del tempo da quando io ed Edward avevamo deciso di stringere Quella promessa, ovvero che sarei diventata come lui dopo aver finito la scuola e dopo esserci sposati. Una di quelle due condizioni era stata rispettata. Avevo terminato da un anno il Liceo a Forks e, in quel momento, studiavo per essere ammessa all’università che più preferivo. Ed il matrimonio? Ormai mi ero stancata di assillare Edward, perché ogni qual volta io assillavo lui, lui assillava me. Era una cosa corrisposta, per dirla tutta. Inutile dire che fremevo dalla voglia di farla finita con tutto quel temporeggiamento, con l’attesa a mio parere inutile. Ormai non potevo neanche immaginare una vita senza di lui, e quale migliore modo per seguirlo se non essere trasformata in Vampiro? Nessuno.

Mi alzai dal letto, barcollando appena e reggendomi di conseguenza, al comò vicino al mio letto, per non rischiare di finire faccia a terra come ero solita fare ogni Santa mattina. Presi un asciugamano, una maglietta pulita e, nel momento in cui mi girai per lanciare un’occhiata alla finestra, vidi qualcosa che mi portò a lanciare un urlo allucinante. Un viso ovale, bianco, con occhi rossi, era appiccicato alla mia finestra, ghignante, con i capelli smossi dal freddo vento.

-Charlie…- Gemetti, avvicinandomi sempre più alla porta. Poi realizzai: quella domenica mattina Charlie non era in casa. Il rumore assordante di vetri rotti mi annunciò che quello sconosciuto aveva rotto la finestra. Non ci misi troppo a comprendere che si trattava di un Vampiro. Una bellezza eterea lo raffigurava, disturbata da quella malvagità che non si preoccupava di lasciar trasparire.

Camminava con passo sicuro lungo il perimetro della mia stanza, guardandomi con quegli occhi inquietanti, mentre io sembravo paralizzata. Il sonno mattutino non aveva più alcun effetto su di me, ero sveglissima, ma forse era meglio aver sonno di aver paura. Pian piano lo sconosciuto si avvicinava, in quel silenzio spaventoso, rotto dall’ululare del vento. La pioggia, approfittandosi della finestra rotta, cadeva nella mia stanza, bagnando la mia scrivania. Ma cosa me ne importava? Forse stavo per morire. Era un seguace di Victoria? O ancor peggio…

-Volturi.- La risposta venne così semplicemente che me ne stupii, alzando lo sguardo e cercando colui che aveva parlato. Conoscevo a memoria la voce di Edward ma, in quel momento terrorizzata com’ero, non l’avevo riconosciuta. Lui era lì, affianco a quel vampiro sconosciuto, guardandolo in cagnesco.

Indietreggiai, cadendo quasi sul letto, guardandoli entrambi. In quel momento ero al sicuro? Edward mi aveva sempre protetta, dovevo assolutamente calmarmi.

-Perché sei qui?- Ringhiò Edward, guardando l’uomo.

-Mi sembra ovvio, Cullen.- Rispose con una calma spaventosa l’altro, guardandolo beffardo. –La mortale è ancora… mortale.- Disse, osservandomi. Se prima avevo freddo, in quel momento stavo diventando un cubetto di ghiaccio.

-Rispetto sempre i patti, Henry.- Continuò Edward, senza cambiare di una virgola il tono. Lo vedevo arrabbiato, molto, non mi guardava per niente, troppo impegnato a cercare di mantenere la calma nei confronti di quel Henry.

-Rispettali in breve tempo, già è tanto se oggi… non rispetto la nostra parte dei patti.- Sussurrò Henry, ghignando. Capii che quella mattina le sue intenzioni erano state quelle di uccidermi.

-Li…rispetterò.- Mormorò infine Edward e, capii, che quella giornata sarebbe cambiata, e capivo forse anche in che senso. Henry fece un inchino ad entrambi, prima di scomparire in quella fredda mattinata.

Calò nuovamente il silenzio. Edward mi guardò, io lo guardai. Un silenzio inquietante che avrei preferito evitare. Perché entrambi capivamo, ma nessuno introduceva il discorso. Infine fu un suo movimento ad interrompere il contatto dei nostri occhi. Con il dito mi fece il movimento di raggiungerlo ed io, ancora tremante e bagnata dalla pioggia che aveva colpito anche me, mi avvicinai, tenendo ben strette le braccia al petto, per scaldarmi.

-Mi dispiace.- Sussurrò Edward, portando una sua gelida mano sul mio viso, carezzandolo delicatamente, tenendo il capo chino. Io lo guardai, con gli occhi lucidi, e le lacrime che lottavano per sfociare in un pianto. –Non volevo che…succedesse così.- Aggiunse, mentre veniva scosso a sua volta da tremiti, ma non di freddo.

-Non ti scusare.- Presi ad un tratto la parola. Eravamo entrambi accanto alla finestra, e la pioggia non aveva impedimenti per bagnarci. La finestra era piuttosto grande e, senz’essa, era come stare fuori. –Edward…- Cominciai, mordendomi piano il labbro inferiore. -…so perfettamente quanto tu abbia sofferto. So che sei stato male, che avresti voluto finire tutto, che ti sei odiato e che ti odi per quello che sei. Ma, Edward, io affronterò tutto ciò in una situazione diversa. Amore, io ho te.- Continuai, con la voce appena rotta dalla commozione, portando entrambe le mie mani sul suo viso, annuendo nel frattempo, cercando di convincere anche me stessa. –Tu non avevi qualcosa che io ho.- Conclusi, guardandolo seriamente. Ed in quel momento non riuscivo a distinguere le mie lacrime dalle grandi gocce di pioggia che bagnavano il mio viso.

-Cos’hai tu?- Mi disse in tutta risposta, e notai di essere riuscita nel mio scopo, lo avevo quasi del tutto convinto.

-Ho te.- Annuimmo entrambi. Ci guardammo un’ennesima volta, prima che l’altra mano di Edward scivolasse sul mio fianco, avvicinandomi con leggera decisione a lui. Sentii il mio corpo aderire perfettamente al suo, i miei seni contro il suo petto, il mio respiro contro la pelle del suo collo. Non mi rispose, limitandosi a carezzare i miei capelli rossicci con la mano che prima mi aveva carezzato il viso. Quella stessa mano scostò i capelli dal mio collo, lasciandoli tutti su di una spalla. Lo sentii esitare un momento, per poi poggiare con delicatezza le labbra sul mio collo. Chiusi gli occhi, sentendo che si stava limitando solo a dei lievi baci, mentre mettevo le mie mani come scudo fra noi, aggrappandomi alla sua camicia. Ad un tratto lo sentii ringhiare lievemente e, a quel punto, un leggero bruciore al collo, seguito da più dolore, mi fece intendere che mi aveva morso.

Pian piano si avvicinò di più a me, sentii la foga nei suoi movimenti, sentii la veemenza con la quale beveva il mio sangue, sentii la sua presa sempre più forte sul mio corpo. Pian piano tutto cominciò anche a sbiadire. Le forze pian piano sembrarono abbandonarmi, le mie gambe si fecero più molli e, se Edward non fosse stato lì, sarei caduta a terra, svenuta.

Anche se avessi aperto gli occhi, non avrei visto niente, ormai le forze venivano man mano meno e, decisi di fare la mia ultima cosa da mortale. Con voce flebile, ormai priva di alcuna energia, gli sussurrai all’orecchio: -Ti amo.-

  
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