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Autore: Claire_Poe    19/03/2013    1 recensioni
Jules, nel suo letto d'ospedale psichiatrico, ricorda le vicessitudini più turpi della sua esistenza, al confine tra immaginazione e realtà, tra follia e sanità mentale, in una cornice temporanea tridimensionale: presente, passato e attualità del passato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mi sono ferita oggi, per vedere se faceva ancora male” o perlomeno così mi suggeriscono i Nine Inch Nails. Si tratta solo di una goccia vermiglia e di un sorso di vodka, per trasformarsi in un doppio rinnovato in negativo, è così? Basta davvero una brezza simile, per riportare il mostro in vita?
Siamo davvero deboli, noi esseri umani.
Perché adesso mi gira così tanto la testa? Perché ho questa voglia irrefrenabile di perdere l’equilibrio, di mollare, di dirgli quello che davvero penso? Eppure è più forte di me. La vodka mi ha cucito la bocca, “adesso, sono ammutolita da me stessa”, i Flyleaf non hanno tutti i torti.
Non credo riuscirei a sopravvivere. Credo che se solo cominciassi a parlare, se solo vivessi quell’attimo di respiro prima della nascita di una parola viva, verrei soffocata, sopraffatta dal mondo che per me rappresenta il suo volto. Non riuscirei a sopportare lo sguardo irascibile dei suoi occhi, la violenza che il suo petto emana, le sue sopracciglia arcuate e puntate verso il centro dei miei pensieri e dei suoi, la rabbia nelle sue mani, l’odio nel suo respiro, no, morirei sicuramente.
Allora perché ero ancora al suo fianco, se da sublime pezzo di un puzzle perfettamente combaciante con me si trasformava in una bestia simile? Perché amavo un animale?
E’ amore, non si spiega, eppure provavo con tutta me stessa a spiegarmelo, cercavo dovunque le parole, nascoste forse in fondo all’oceano, sotto di un masso o nella bocca di uno squalo. Era come cercare un ago in un pagliaio, me ne rendevo conto, eppure desideravo trovare una spiegazione con tutte le mie forze, volevo capire quello che non avrei mai potuto capire. Stare insieme a lui comportava questo:confusione, paura, sofferenza, violenza, in cambio di un po’ d’amore e di romanticismo vecchio stampo. Già, perché lui era un uomo d’altri tempi, ottocentesco oserei dire. Ricordo ancora la sera in cui, dopo esserci sposati, mi baciò la mano in modo soffice, dolce, così forte che mi fece quasi implodere il cuore di gioia.
C’erano dei momenti, però, in cui quel cielo così sereno si tingeva di nero e il suo volto si tramutava in una maschera di violenza. Le sue grida e i suoi pugni erano così assordanti che potevo quasi sentirli nel mio stomaco, come se fossero veri. Le sue mani volteggiavano in atteggiamento di guerra e di difesa, come a dire “preparati, la guerra è appena iniziata”. Nel frattempo, io me ne restavo inerme, come un pettirosso indifeso davanti alla grandezza dell’aquila reale, spaventata, tremolante. Ecco, questi giganti assassini dovrebbero capire che non si può giocare con la nostra debolezza, che non bisogna approfittarsene. Eppure lui ci riusciva così bene che l'unica cosa che mi azzardavo a dire era “scusami”. 
Quello era il suo antipasto.
“Ci sputo sopra alle tue scuse” ed era quello che faceva, esattamente.
Quella sera, il ladro del mio cuore aveva violentato la sua refurtiva.
Non riuscivano a sostenersi, i nostri sguardi, un po’ per paura, un po’ per rabbia, per il dolore o il troppo amore. Eppure lui sembrò più forte. Alzò lo sguardo, prese il mio volto fra le sue mani, mi guardò e disse:
Io mi sto innamorando di lei.
Una tempesta m’investii, in quell’istante, facendomi vacillare. Lui cercò di tenermi in piedi, ma il mio istinto era quello di crollare, di naufragare, di non essere …
Ma come puoi annullarti, quando i sentimenti sono così forti che, anche togliendoti il respiro, ti alimentano? E’ lo stesso momento in cui non puoi evitare quella nausea che ti attanaglia le viscere, quel fumo che ti oscura la vista e quel liquore che ti avvelena i polmoni, contaminando l’aria pulita che ti resta.
Puoi affidarti al tempo, alle parole della gente, a quello che ti resta, quando tutti se ne vanno; puoi affidarti alle parole del tuo migliore amico, dei tuoi conoscenti, di un muro che sa troppe cose e che ha visto troppe lacrime. In realtà, non puoi affidarti ad altro se non a quel vivo desiderio di speranza che ti attanaglia e che ti spinge ad alzarti ogni mattina, quando è tutto terribilmente orrendo e non ne vale la pena.
Non ne vale la pena di sperare, di amare, di soffrire. Non ne vale la pena.
  
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