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Autore: The dark prince    07/10/2007    0 recensioni
[PRIMA PARTE TRILOGIA]
Salzar Serpeverde.
Godric Grifondoro.
Cosetta Corvonero.
Tosca Tassorosso.
Ambizione. Coraggio. Intelligenza. Lealtà.
Insieme, sono la perfezione.
Ambizione di arrivare in alto, di divenire grande, potente.
Coraggio di ammettere i propri sbagli, di pensare agli altri prima che di se stesso.
Intelligenza di prevedere eventi, di usare le proprie capacità per il bene comune.
Lealtà verso se stessi, verso gli altri.
Da sole, senza una di queste cose, un uomo non è niente.
Quattro vite. Quattro persone.
Quattro persone che hanno forgiato un mondo, una civiltà, un'era.
Quattro persone che sono divenute immortali, non nella carne, ma nella memoria.
Quattro ombre del passato, sedute su quattro troni d'oro massiccio intarsiati con gemme preziose.
Noi li vediamo così, semplicemente irrangiungibili, mistici.
Ombre di un'era passata, ma anche loro erano uomini, anche loro avevano una vita.
La vita, di due uomini e due donne, che cambiarono il mondo.
Quattro anime.
Una leggenda.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Corvonero, Serpeverde, Sorpresa, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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IN PRINCIPIO FU DIFFIDENZA….


1°)
Iridi d’argento

Anno Domini 928.
Gran Bretagna.
Inghilterra.
Cumbria.

 

 

Pioveva, o meglio, diluviava.

Il cielo nero, coperto da nuvole color metallo scuro, era colorato da una tenue luce scarlatta, donata dal disco che si inabissava oltre la linea dell’orizzonte.

Piccole strisce color del sangue si ritiravano dal terreno che le aveva paternamente accolte per l’arco della giornata, seguendo il disco colorato, di cui ormai era visibile solo una piccola striscia dorata.

La vegetazione era fitta, molto: alberi  dal grande busto, si innalzavano verso il cielo, come se volessero toccarlo con un ramo; la corteccia color del metallo e della terra sembrava più dura dell’acciaio;  le spesse foglie color smeraldo intenso, rilucevano di un tetro color arancio, al riflesso del crepuscolo.

Lampi d’oro comparivano rapidi e violenti nel cupo cielo, accompagnati dal caratteristico e sordo boato, e regalavano per il tempo di un battito di ciglia, il loro intenso colore alla natura sottostante.

Sotto quei lampi e tuoni sorgeva una casa color dell’argento, dal cui camino, fumo si protendeva come una cupa mano verso le grigie nuvole.

Una porta, color del metallo, costituiva l’unico accesso all’abitazione costruita con grossi blocchi di nero marmo.

All’interno, l’unica illuminazione era fornita dal sinistro fuoco color smeraldo che divampava sotto un opaco calderone di peltro e dal candelabro in rame poggiato sul tavolo di freddo e bianco marmo, che diffondeva una tetra luce argentata.

Un effluvio di vapori di mutevole colore, fuoriusciva dal liquido contenuto dal calderone.

Un uomo, anzi un ragazzo sui venti anni era seduto su una sedia di pietra, chino sul libro appoggiato al tavolo di marmo.

Il libro in questione, sembrava alquanto antico:

le pagine erano ingiallite dal tempo, sgualcite e stropicciate in più punti, in molte righe, il verde inchiostro era sbiadito e la copertina di nera pelle era usurata dall’uso.

I grigi occhi del ragazzo, iniettati di sangue, scorrevano febbrilmente le pagine del libro, intingendo ogni tanto la penna di struzzo nel calamaio e prendendo appunti sui fogli lì accanto.

Dei ciuffi di capelli nero pece, lunghi fino alle spalle, gli dimezzavano la visuale cadendo proprio su gli occhi dalle iridi d’argento, la pelle era color d’alabastro.

Indossava nei pantaloni neri, una camicia color argento, legato al collo un mantello color smeraldo.

Il freddo silenzio era interrotto solo dagli scoppiettii del fuoco, dal rumore delle pioggia che si scontrava con il duro tetto e dal suono della penna che sfregava il foglio.

Il boato di un tuono, scosse il terreno, e il calamaio del ragazzo cadde a terra, frantumandosi in migliaia di schegge trasparenti, intrise di verde inchiostro.

Un sibilo di un serpente, si aggiunse ai rumori che già permanevano l’aria:

- Sta attento… -

Un enorme serpente verde, chiazzato in più punti di un verde più intenso, si mosse nell’ombra che fino ad allora l’aveva tenuto nascosto.

Le iridi cremisi guizzarono per l’intera sala, come a cercare un particolare che gli fosse sfuggito, allargando e si restringendo le pupille verticali a seconda della necessità.

- Scusa.-

Un altro sibilo si aggiunse al precedente, come in risposta: proveniva dal ragazzo.

Per qualche battito di ciglia, lo sguardo del serpente si concentrò sul giovane, per poi tornare a scrutare lo spazio circostante.

- Ti fa bene stare alzato per tre notti di fila…. –

L’ennesimo sibilo provenne dal grosso serpente, che intanto si spostava per la stanza, strisciando, come in cerca di qualcosa, o qualcuno.

- ….. diventi più cordiale, gentile…. –

- Orvoloson, ti do un consiglio: taci. –

Un sibilo proveniva dal ragazzo, ancora chino sul libro.

- Certo, ti migliora …. –

Il sibilo del serpente si caricò di una pungente ironia, mentre si muoveva per lo spazio circostante.

- …. ma di certo non ti guarisce, d’altra parte… -

- “D’altra parte” cosa? –

Il sibilo del ragazzo si sfumò di rabbia, e per la prima volta le argentate iridi si staccarono dal libro per scrutare torvo il serpente.

- …. d’altra parte… non credo sia possibile guarire un psicopatico come te…. –

La pungente ironia del serpente, sembrò rallegrare, leggermente, il ragazzo.

- Lo sai che hai una lingua veramente biforcuta? –

Il sibilo del ragazzo giunge carico di sarcasmo alla serpe.

- Odio quando cerchi di fare del sarcasmo: sei negato. –

La serpe sembrò leggermente infastidita dall’ironia del giovane.

- Vuoi essere trasfigurato in un topo?O forse preferisce in un gatto? –

Una scherzosa, forse non troppo, minaccia venne letteralmente sibilata dal ragazzo.

- Lasciamo perdere….piuttosto: dove si è cacciato Orfin? –

- Orv, Orv, mio caro Orv… -

Carica di pungente ironia il sibilo dell’uomo giunse alla serpe.

- NON chiamarmi “Orv”… -

Nervoso, il sibilo di Orvoloson non giunse mai alla conclusione.

- Orvoloson!Dormito bene? –

Un annoiato sibilo, interruppe la frase di Orvoloson.

Un sorriso comparve sulle rosee labbra del ragazzo.

Con uno scatto, la serpe si girò per far scontrare le sue iridi cremisi con quelle smeraldo di un serpente identico a lui, se non per le chiazze color metallo anziché verde scuro, vicino alla porta.

- Orfin!Dove ti eri cacciato? –

Il cupo sibilo di Orvoloson risuonò tra i muri di nero marmo.

- Facevo un giro… -

Un lampo illuminò d’oro la casa, per poi scomparire, improvvisamente, così come era venuto. Le iridi cremisi squadrarono l’esterno, dove sembrava che un intero torrente si stesse rovesciando impetuoso, mentre il vento freddo sembrava voler sradicare gli alberi.

- …. mi stavo annoiando…. –

Lo strascicato sibilo di Orfin giunse all’altra serpe.

- Ma piove!Anzi: diluvia! –

Il sibilo di Orvoloson risuonò nitido per la stanza, mentre con le iridi cremisi squadrò disorientato la serpe dalle iridi smeraldo.

- Non sta affatto diluviando!-

Il sibilo convinto di Orfin fece sorridere il ragazzo dalle iridi d’argento e dai capelli corvini.

- No? –

Il sibilo confuso e contemporaneamente sarcastico di Orvoloson strappò un piccolo sbuffo divertito al giovane, che lanciò un’occhiata divertita all’esterno:

“Dire “diluvia” è davvero poco!”

Esclamò mentalmente il ragazzo, cercando di non farsi scappare una frase di quella buffissima conversazione tra serpi.

- No! –

Esclamò sibilando Orfin.

- Sta grandinando. –

Il giovane soffocò un risata, con le lacrime agli occhi, intanto Orvoloson scoccò un’occhiata esasperata alla serpe dalle iridi smeraldo.

- Toc. Toc. –

Qualcuno bussò alla porta.

- Orvoloson, ti dispiacerebbe aprire? –

Il sibilo del ragazzo dalla carnagione color del latte e dai capelli corvini raggiunse una scioccata serpe.

- Sono in un covo di pazzi!-

Sibilò visibilmente al limite della pazienza Orvoloson.

- Uno… -

Le iridi cremisi scoccarono uno sguardo omicida a Orfin.

- Nega che stia diluviando, per esclamare, poi, che grandina…. –

- Toc. Toc –

Di nuovo, qualcuno bussò alla porta.

- E l’altro …. –

Scoccò uno sguardo identico al primo al giovane.

- Mi dice di aprire la porta, quando sa benissimo che la mia razza non ha le braccia e tanto meno le mani! –

- Che sbadato! –

Sibilò sinceramente divertito il giovane.

Dal tavolo, prese una bacchetta color delle tenebre.

- No!No!Non provarci neanche… -

Il sibilo disperato di Orvoloson fu zittito dal movimento secco della bacchetta e dal mormorio indistinto che pronunciò il giovane: una luce argentata avvolse il serpente, per allargarsi  fino a giungere alle dimensioni di una piccola poltrona infine, delle sinuose linee smeraldo iniziarono a delinearsi su quella luce argentata, che scoppiò in milioni di schegge.

Dove in principio c’era Orvoloson, il serpente, ora vi stava Orvoloson, la scimmia.

- Io ti ammazzo. –

Il sibilo secco di Orvoloson, fu zittito dall’ennesimo rumore proveniente dalla porta.

- E ora, se sei così gentile, va ad aprire la porta –

Il sibilo del giovane, fu come un comando.

Orvoloson raggiunse la porta e l’aprì.

Poi si fece da parte nascondendosi nell’ombra, Orfin d’altro canto rimase immobile, come pietrificato.

Sulla soglia si profilò un uomo anziano, occhi gelidi che sembravano luccicare come diamanti nell’ombra e barba fluente.

- Si accomodi, signor? –

La fredda voce del ragazzo risuonò nitida nella stanza.

- Mi chiami Wulfric. –

La calda voce dell’anziano avvolse paterna la sala che sembrò splendere di luce propria quando l’uomo varcò la soglia.

- Wulfric, e poi?-

Una gelida smorfia di irritazione si delineò sul viso del ragazzo, quando la risposta giunse all’orecchio:

- Wulfric, e basta; scusi la scortesia. Potremmo illuminare l’ambiente? –

- Questo qui non mi piace…. –

Sibilò Orvoloson.

Orfin non si era ancora mosso e fissava con le sue iridi smeraldo il vecchio.

Il giovane li ignorò, concentrandosi sull’uomo.

- Ma certo. –

Sibilò. Gelido. Secco.

- Molto bene. –

La voce calda del vecchio avvolse nuovamente la stanza, mentre prendeva in mano la sua bacchetta ambrata; una sfera luminosa fuoriuscì andandosi a sistemare al centro della stanza.

Con un lieve cenno della bacchetta, il giovane fece apparire una poltrona color argento per poi sibilare, a labbra strette:

- Si accomodi. –

- Grazie. –

Con un sorriso, Wulfric lanciò un’occhiata di ringraziamento all’ospite, ma questi rimase impassibile, come privo di sentimenti.

- Bene signor Wulfric, potrebbe illuminarmi sul motivo della sua inaspettata visita? –

La voce del ragazzo dai capelli corvini risuonò ancora. Fredda. Dura.

- Ma certo, signor? –

- Preferisco non rispondere, se non le dispiace. –

- Come vuole. Bene, vede…. –

Una tempesta di fuoco sembrava scoppiare istante dopo istante nelle sue iridi di ghiaccio che si scontravano con quelle argentate del ragazzo lì migliaia di pagliuzze smeraldo vorticavano come  in un eterno gorgo.

-….ho sentito parlare molto di lei…. –

- In modo positivo, spero. –

Come al solito, soltanto un gelido sibilo fuoriuscì da quelle rosee labbra.

- In un certo senso…. –

Dondolando leggermente il capo Wulfric trafiggeva gli occhi d’argento del giovane con i suoi.

- ….molto positivo, riguardo ai vostri poteri magici; sembra infatti che lei sia tra i cinque più potenti maghi in Gran Bretagna e comunque uno dei più potenti nel mondo intero ma…. –

Con estrema calma Wulfric spiegava e suoi occhi non abbandonavano quelli del suo interlocutore.

- Ma? –

Fredda come al solito, la voce del giovane risuonò ancora.

- ….ma, a quanto sembra, lei ha delle inclinazioni un po’, come dire…. –

“Non è affatto imbarazzato.”

Costatò mentalmente il giovane socchiudendo leggermente gli occhi per scrutare meglio Wulfric; questi sembrava pensare a un termine adatto da usare.

“Tutto il discorso fino ad ora era perfettamente calcolato. Programmato. Non mi stupirei se anche questa pausa fosse scritta nel suo copione. Bene, cerchiamo di scompigliare un po’ le carte in tavola….”

Un freddo, gelido sorriso apparve sul viso de giovane.

- Chi sono gli altri quattro? –

Domandò, sempre sibilando come una serpe, con le pupille completamente verticali.

- Chi? –

Domandò disorientato Wulfric.

- Gli altri quattro stregoni più potenti in Gran Bretagna. –

Sorrise sinceramente, il ragazzo dai capelli corvini sorrise per essere riuscito, con una sola frase, a disorientarlo; per un attimo è vero, ma a disorientarlo, a far cadere per pochi istanti quella maschera di perfezione che gli vedeva appoggiata sul viso.

- Beh, il mio intento è proprio quello di riunirvi….-

Disse. Voce ferma, fiera.

- Bene, allora cosa aspettiamo? –

Voce gelida come al solito.

- Possiamo partire anche subito. –

Disse Wulfric.

- Posso portare i miei animali da compagnia?-

Chiese sempre gelido, anticipando Orvoloson che gli aveva lanciato un’occhiata assassina per essere ancora trasfigurato in una scimmia.

- Ma certo. –

Disse con voce calda e amabile Wulfric.

- Bene. –

Sibilò il ragazzo.

Un lieve movimento della bacchetta, e una gabbia nera come l’inchiostro comparve sul pavimento con una fessura grande quanto una testa umana.

Un altro colpo di bacchetta e Orvoloson tornò a essere un serpente gigantesco, sotto gli occhi divertiti e contemporaneamente curiosi di Wulfric.

- Dentro. –

Sibilò freddo il ragazzo rivolto alle serpi, indicando la gabbia; i due guardandolo truce e sibilando  qualcosa tipo:

- Questa me la paghi… - o – Me lo ricorderò, o se me lo ricorderò…. –

Ci entrarono.

L’ennesimo cenno di bacchetta e delle sbarre calarono sull’entrata della gabbia.

- State tranquilli. –

Ordinò freddo sibilando, poi si rivolse a Wulfric:

- Andiamo? –

Chiese, gelido.

- Molto bene. –

Disse calmo il vecchio, sempre con una tempesta di fuoco e fiamme negli occhi di ghiaccio.

- Congiunta? –

Chiese amichevole, cordiale.

“No guarda, mi smaterializzo da solo, tanto so dove andare….”

Pensò nervoso il ragazzo.

- Non sapendo la destinazione… -

Sibilò freddo il ragazzo.

- Bene. –

Disse Wulfric, con voce calda.

Il ragazzo sfidò Wulfric in una battaglia di sguardi:

le fiamme all’interno delle iridi di ghiaccio, i frammenti di smeraldo all’interno di quelle d’argento

Non ci furono vincitori; per il momento.

- Adesso posso sapere il tuo nome? –

Chiese con voce paterna, stringendogli con forza un braccio.

- Salazar… -

Rispose freddo, gelido il ragazzo.

- Salazar Serpeverde. –

Una luce intensa, di un bianco malato:

 i due uomini erano, semplicemente, scomparsi.

CONTINUA.....

Ringrazio infinite per la lettura, e vi invito a lasciare un commento  in caso abbiate notato errori di qualsiasi tipo o se qualcosa vi sgugge.
Grazie ancora,

The Dark Prince

 

  
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