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Autore: Bloody Alice    21/03/2013    6 recensioni
[Questa Fanfiction si è classificata quarta al contest "Parallel Times" indetto da Destroyed Fairy e The Pridestalker]
[Francia, secondo conflitto mondiale]
Prima di salire, stretta ad Alpha, su un pullman pieno di altra gente, Beta rivolse un ultimo sguardo dietro di sé. Ciò che vide fu il volto arrossato e rigato dalle lacrime di Heloise Lambert, che gridava e pregava.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Alpha, Beta, Gamma
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi protagonisti presenti in questa fic non appartengono a me, ma alla Level 5. La sottoscritta non guadagna nemmeno un centesimo da questa storia, però io ho la cioccolata Lindt e voi no (?).
Warning: chiunque plagerà e/o prenderà indebitamente ispirazione da questa fic verrà appeso per i pollici e cruciato ♥
Ricordate che vi voglio bene ♥
 
Autore: Bloody Alice.
Titolo: bonne nuit, princesse.
Prompt (se c'è): //
Epoca: Seconda Guerra Mondiale.
Parole: 2.899 (Word).
Pairing: sì, ma non ve la dico (?).
Note: in questa fan fiction ho usato i nomi che io e augustin abbiamo inventato per Alpha, Beta e Gamma: Hikaru Otonashi, Ame Kodoku, Chisaku Jiga. Le loro età sono diverse da quelle dell’anime. Alpha ha 13 anni e mezzo, Beta 9 e mezzo, Gamma 12.
 
Note storiche:
“Nel 1942 lo Stato francese accorda il suo appoggio al regime nazista. Il regime diviene responsabile della "retata del velodromo" (“Rafle du Vélodrome d’Hiver”) a Parigi, tra il 16 e il 17 luglio del ’42, eseguita dalla polizia parigina, in cui vengono arrestati circa 13.000 ebrei, tra cui 4.051 bambini tra i 2 e i 15 anni.
Il nome in codice dell’operazione è Opération Vent printanier (“Operazione vento di primavera”). Le persone arrestate sono radunate in campi di detenzione, tra cui il campo di transito di Drancy. Da lì verranno condotti al campo di sterminio di Aushwitz.”
 



 

 


 

 


 
bonne nuit, princesse.
 
 


[Non ci è dato sapere ciò che il destino già sa.]
 
 


Dolce ninna nanna sotto un cielo blu
tra le bianche stelle so che ci sei tu.

 

 
Luglio 1942. Francia (zona occupata), Parigi.
 
Beta attraversò la via con gli occhi bassi e il passo veloce. Rischiò di inciampare più volte, ma non le importò; ad ogni metro che faceva sentiva gli occhi della gente puntarsi sulla sua giacca e sulla stella ricamata sopra.
Svoltò in una stradina più stretta delle altre e giunse davanti ad un grande edificio dai muri grigi.
Bussò al portone in legno massiccio e una donna le aprì « Beta » mormorò quella « Sei in ritardo per la cena, signorina. Non dovresti stare in giro così tanto. Non ora che ci sono tutti questi soldati tedeschi per la città … ».
La ragazzina si scusò e attraversò l’atrio in silenzio, andando nella sala mensa. Appena si sedette i bambini di fianco a lei si distanziarono parecchio e cominciarono a parlare a bassa voce. Ame sapeva che parlavano di lei, perché lei era la matta, là dentro.
Era stata abbandonata dai genitori e prima che la direttrice dell’orfanotrofio la trovasse a vagare per le vie di Parigi aveva fatto tempo a impazzire.
Si versò dell’acqua ghiacciata nel bicchiere, poi si guardò in giro e vide entrare nella sala Alpha e Gamma.
« Hikaru, Chisaku, buonasera ~ » salutò felice Kodoku. Il maggiore dei due le rivolse un sorriso, mettendosi accanto a lei, mentre l’altro si limitò a fare un verso strano che doveva somigliare vagamente ad un “’sera” e si sedette all’altro capo della tavola.
« Oggi ho incontrato dei soldati tedeschi. » mormorò la bambina.
Alpha la guardò preoccupato « Ti hanno detto qualcosa? » domandò e Beta sorrise « No, tranquillo. Però ho visto che ce ne sono sempre di più. La direttrice è molto preoccupata già da diverse settimane ormai. » sussurrò. Per il resto della cena cadde il silenzio più assoluto tra i tre amici.
 
La signorina Lambert era ogni giorno sempre più irrequieta. Le leggi contro gli ebrei aumentavano di giorno in giorno e presto né a Beta né ad altri ragazzini dell’orfanotrofio fu più permesso andare a scuola o girare per la città in certi orari.
Ame si sistemò sul davanzale della finestra e iniziò a pettinarsi i boccoli dei capelli turchesi.
Osservò fuori dalla finestra e puntò lo sguardo verso i lampioni accesi lungo la strada: erano dieci passate, ma non aveva sonno.
Di solito a quell’ora stava ancora gironzolando per le vie intorno all’orfanotrofio. Preferiva passeggiare da sola e magari essere scoperta dai soldati tedeschi, piuttosto che restare rinchiusa in un edificio per la maggior parte del tempo, con tutte quelle persone che la guardavano, che bisbigliavano cose su di lei, che la credevano pazza e pensavano che ogni qual volta schiudesse la bocca, quando era da sola, fosse perché stava parlando con l’altro della sua personalità.
Continuò a pettinarsi i capelli e intanto canticchiò qualcosa tra sé e sé.
La signorina Lambert chiamò i ragazzi per chiedere se volessero del the caldo prima di andare a dormire, e qualche bambino passò accanto a Beta per andare verso la sala mensa.
« Che sta facendo? » mormorò una ragazzina.
Qualcuno le rispose « Sarà di nuovo per i fatti suoi a parlare da sola. » Beta non si voltò, ma sentì chiaramente il resto del discorso « È pazza, meglio starle lontano ».
Kodoku attese che la stanza si svuotasse dei bambini rimasti. Con un balzo scese dal davanzale, contemplò per qualche attimo la lampada accesa nell’angolo del salottino e poi corse fuori, su per le scale, dentro la sua stanza e si buttò sul letto, l’unico, il solo della stanza. Beta era il suo letto. Si sentiva così, praticamente ogni volta che parlavano di lei, che la evitavano. Sola.
Continuò a piangere –più per rabbia, che per tristezza- con il viso affondato nel cuscino e le mani così strette alle coperte che pensò si sarebbero strappate, prima o poi.
Un cigolio le fece interrompere i singhiozzi. Si voltò appena e vide Alpha e Gamma entrare nella stanza. Il maggiore avanzò verso di lei lentamente e si sedette sul bordo del letto, con in viso un’espressione indecifrabile, come al solito; Chisaku invece si fermò qualche passo prima, un po’ cupo in volto, con gli occhi leggermente rossi.
« Che ti sei fatto? » chiese Ame guardando Jiga e il graffio che aveva sulla guancia.
Il ragazzino sbuffò, incrociando le braccia al petto « I ragazzi più grandi oggi mi hanno preso in giro perché ho una bellissima scrittura, che secondo loro è da femmina. » spiegò, calcando il “bellissima” e facendo capire che lui amava la sua grafia anche se per gli altri era da ragazza « Ho risposto e poi ci siamo picchiati. » borbottò poi « Alpha è arrivato appena in tempo, prima che li facessi neri. » gongolò.
Hikaru lo guardò « A me è parso il contrario. Eri a terra e stavano per riempirti di calci. » disse piatto.
Beta fece qualcosa a metà tra un sorriso e una strana smorfia e Otonashi si voltò verso di lei « Perché stavi piangendo, principessa? » domandò, con quel tono di voce dolce e pacato che tirava fuori raramente.
La bambina si lanciò letteralmente tra le braccia di Alpha, affondando il viso nella sua spalla « Mi odiano. » si lamentò, tornando a singhiozzare « Mi odiano tutti. Sono sempre sola, se non ci siete voi » fece convinta. Hikaru la abbracciò e cercò di trovare un modo per consolarla « Guarda che loro non ti lasciano sola perché ti odiano » sussurrò « ma perché sei così bella che ti invidiano, principessa ».
Beta tirò su con il naso e abbozzò un piccolo sorriso, mentre si stringeva di più al tredicenne. Gamma sbuffò e si avvicinò ai due « Certe cose così carine a me non le dici » si lamentò, e Hikaru lo fissò « Tu sei un maschio. Vuoi che chiami principessa anche te, per caso? ».
« C-certo che no, sc-scemo! Ma ho pur sempre bisogno di essere consolato! » esclamò, arrossendo e gettandosi sull’amico.
I tre caddero all’indietro e finirono sdraiati sul letto.
Beta e Gamma risero, mentre Alpha si rimetteva seduto, senza dire una parola. Qualche secondo dopo la signorina Lambert iniziò a chiamare i bambini per farli andare a letto.
Jiga schizzò come una scheggia verso la porta « Ci vediamo in stanza, Alpha. ‘Notte Ame. » salutò, per poi uscire dalla camera.
Anche Hikaru fece per alzarsi, ma Beta lo bloccò, abbracciandolo di nuovo « Grazie » mormorò solo. Alpha le rivolse un’occhiata e fece qualcosa che doveva rassomigliare ad un sorriso « Bonne nuit, princesse. » disse, poi uscì.
Kodoku rimase immobile a guardare la porta.
Gamma la faceva ridere, ma era solo con Alpha, era solo quando lo guardava negli occhi o lo abbracciava, che si sentiva davvero protetta. Perché lei ne era certa. Il suo principe l’avrebbe sempre protetta.
 



Ascolta chi ti ama o mio buon Gesù
fa che in questo mondo
guerra non ci sia mai più.

 


16 luglio 1942. Francia (zona occupata), Parigi.
Rafle du Vélodrome d’Hiver.

 
Quelli della Gestapo entrarono nell’orfanotrofio all’improvviso, armati.
Avevano superato la signorina Lambert spingendola via. Radunarono tutti i bambini nell’atrio dell’orfanotrofio e diedero degli ordini precisi alla signorina Lambert e alle sue aiutanti. I soldati avrebbero chiamato uno ad uno i bambini che dovevano essere portati via e gli adulti avrebbero dato loro cibo, acqua e vestiti per un numero preciso di giorni.
C’era una gran confusione. Ad ogni nome il cuore di Beta perdeva battiti.
I bambini si muovevano, parlavano, alcuni piangevano, si abbracciavano e l’aria nella stanza era diventata improvvisamente irrespirabile. L’unica luce nella stanza era quella del grande lampadario appeso al soffitto grigio spento.
Dopo poco un soldato alto, con i capelli biondi e piccoli occhi neri, chiamò il nome Gamma, il suo e quello di Alpha.
Uscirono dall’orfanotrofio, raggruppati, con soldati da ogni parte. Sentirono la signorina Lambert piangere e gridare che non potevano, che loro erano solo bambini, ma fu spinta nuovamente da una delle guardie e cadde a terra sulla scalinata all’ingresso dell’edificio.
Le altre donne vicine a lei la aiutarono a rialzarsi.
Prima di salire, stretta ad Alpha, su un pullman pieno di altra gente, Beta rivolse un ultimo sguardo dietro di sé.
Ciò che vide fu il volto arrossato e rigato dalle lacrime di Heloise Lambert, che gridava e pregava.
 
Il Velodromo in cui li avevano portati era affollato e l’aria era soffocante a causa della moltitudine di persone ammassate sugli spalti. Intorno alla pista Ame notò delle tende da cui entravano e uscivano persone che si muovevano a fatica aiutati da dottori ed infermiere. Donne incinte, bambini, anziani; i poliziotti non avevano tralasciato nessuno.
Beta si guardò intorno e vide ragazzi come lei correre per la pista del velodromo. Avevano tutti la stella gialla ricamata sul petto.
« Dove ci porteranno, secondo voi? » chiese piano la bambina mentre salivano le scale degli spalti e cercavano un posto per sedersi.
Gamma lanciò uno sguardo preoccupato ad Alpha, che camminava accanto a lui « Non lo so » rispose Hikaru. Mentì, gli ci volle tutta la forza che aveva in corpo per dire una bugia così grande mentre guardava Ame negli occhi, ma con Chisaku che gli stringeva la mano ci riuscì, in qualche modo. La piccola Kodoku sorrise ai due ragazzini e si mise a sedere su una sedia gialla.
 
Passarono cinque giorni. Cinque lunghi e caldi giorni. L’acqua aveva iniziato a scarseggiare e i soldati si rifiutavano di aiutare.
La gente si abbracciava, pregava, piangeva, moriva.
Quel giorno dagli spalti più alti si buttarono un totale di sei persone. Hikaru le mise una mano davanti agli occhi più volte, spesso troppo tardi, ma anche in quel modo Beta non poteva fare a meno di sentire il rumore dei corpi che si schiantava al suolo, sulla pista sporca.
L’aria era rarefatta e si respirava sempre più a fatica. Avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare all’aria aperta. Avvicinò le gambe al petto e appoggiò la testa tra le ginocchia, voltandosi leggermente a guardare gli altri due. Gamma stava dormendo, con il viso appoggiato sulla spalla di Alpha, mentre quest’ultimo guardava un punto imprecisato della pista.
« Hikaru. » lo chiamò Ame. Il ragazzino si voltò « Sì, principessa? » chiese, osservandola « Hai degli occhi molto belli, Hikaru. » sussurrò la bambina « Gamma una volta ha detto che sembrano illuminati da una luce che ti fa sentire protetto. » continuò, mentre sotto di loro si udiva il suono di barelle e bambini che piangevano « Io mi sento protetta quando sono con te. Volevo dirtelo già da un po’, voglio che tu lo sappia, prima che ci accada qualcosa … » mormorò.
Alpha la fissò, serio in volto « No. Non ci succederà proprio nulla, credimi ».
E mentiva.
Circa una settimana più tardi i poliziotti francesi e i soldati nazisti li vennero a prendere.
 




Errant dans le ciel j'ai arraché
 A l'un des nuages un lambeau léger
 Et je l'ai trouvé si fin si doux
 Que je l'ai noué autour de mon cou
 Mon écharpe de nuage.




Luglio 1942. Francia, campo di internamento di Drancy.
 
Beta fu spinta giù dal camion pieno di gente con malagrazia, rischiando di cadere al suolo, ma Gamma la afferrò per le spalle prima che il suo viso toccasse terra.
Appena entrati nel campo un vecchio uomo in divisa iniziò a urlare ordini in tedesco, che furono poi tradotti dai soldati francesi.
Gli uomini e le donne sarebbero partiti subito –per dove nessuno lo sapeva- mentre i bambini sotto i quattordici anni sarebbero rimasti lì ancora per due settimane. Le mamme furono separate dai loro figli nel caos generale, con i soldati che puntavano i loro fucili sulla gente mentre il più anziano di loro continuava a dare ordini.
Per separare il resto dei ragazzini dalle loro famiglie fu usato un getto d’acqua, che colpì sia Ame che Gamma in pieno petto, facendoli cadere all’indietro, sulla terra bagnata. Alpha li aiutò a rialzarli, mentre i soldati rimasti portavano i bambini negli edifici in legno al centro del campo.
Beta si sentiva la testa scoppiare, aveva i brividi, ma non disse nulla.
 
Il tempo al campo di Drancy scorreva lentamente. Nel piccolo edificio in cui Hikaru, Ame e Chisaku si trovavano c’erano diversi letti a castello con materassi vecchi, logori e sporchi. Beta si sdraiò su quello accanto all’ingresso e i suoi amici si sedettero vicino a lei. Gamma si guardò intorno: i bambini più piccoli correvano e saltavano per il campo, ogni tanto inciampando per terra, per poi rialzarsi poco dopo. Sorrise, pensando che forse era meglio così. Sia lui che Alpha sapevano che probabilmente quelli sarebbero stati i loro ultimi giorni felici.
Beta tossì improvvisamente, facendo scattare Hikaru in piedi: il tredicenne si avvicinò alla ragazzina e le poggiò una mano sulla guancia. Trovandola bollente al tatto, provò a toccarle la fronte « Hai la febbre. » sussurrò, rimettendosi seduto.
Kodoku gli sorrise debolmente « Deve essere il caldo, Alpha. E poi ci hanno sparato addosso acqua ghiacciata. » rispose, ma i due ragazzini non sembravano convinti, così si tirò su con i gomiti « Andiamo, voi non l’avete mai presa l’influenza? » sbottò, gonfiando le guance. Alpha sospirò, decidendo di non parlarne più.
Quello stesso giorno, un soldato francese annunciò che i bambini sarebbero stati portavi via dal campo con un treno, mentre la destinazione ancora non si sapeva.
Il loro destino era stato già deciso e loro non avevano nemmeno idea di quale fosse.
Gli ultimi pomeriggi al campo di Drancy Beta li passò correndo con gli altri ragazzini. Il sole di luglio splendeva nel cielo terso e l’atmosfera non sembrava triste come al Velodromo.
 
La sera prima del trasferimento c’era più silenzio. Beta si rigirò nel letto più volte cercando una posizione comoda per dormire, ma ogni volta che chiudeva gli occhi e  provava a rilassarsi le urla della signorina Lambert e l’immagine di corpi che cadevano dagli spalti del velodromo le invadevano la mente, così che scattava ogni minuto a sedere, sudata, per poi sdraiarsi di nuovo.
Alpha si sedette accanto a lei « Cosa c’è che non va, principessa? » domandò, piano.
Ame annuì piano « Fa un po’ troppo caldo per dormire, ecco … » mentì. Il maggiore le accarezzò piano la testa, con una strana espressione preoccupata in volto. Kodoku era ancora calda, ma nonostante quello tremava un po’ e la sua pelle aveva preso uno strano colorito. Lui e Gamma, che si trovava nel letto sopra quello di Hikaru, rimasero in silenzio ad osservarla.
« Tutto bene voi due, invece? » chiese la bambina. « Eh? » fece Alpha « Ah, io … sì … » rispose, pensieroso.
Beta gli sorrise e si sistemò meglio sul vecchio materasso. Voltò lo sguardo verso la finestra dietro di lei e osservò la luna nel cielo.
« È molto bella. » sussurrò « Mi piacerebbe andarci. Sulla luna, intendo. Sarebbe un bel viaggio da fare, sarebbe divertente. » sorrise « Potremmo andare sulla luna insieme. » disse, spostandosi una ciocca di cappelli turchesi dal viso « Alpha … potresti cantare quella ninna nanna? » domandò dopo qualche istante, senza distogliere lo sguardo dalla luna. Hikaru annuì.
 

À bord de mon rêve
Quand se taisent les bruits
La lune se lève dans la nuit …

 
Beta si addormentò dopo qualche minuto, esausta. Alpha invece non riusciva a prendere sonno. Si girò e rigirò nel letto più volte, senza chiudere gli occhi nemmeno un secondo.
Ad un tratto sentì un rumore e vide Gamma scendere dal suo letto, per poi stendersi accanto a lui « Sei preoccupato. Ti agiti sempre nel letto quando sei preoccupato. » mormorò, prendendogli la mano « Alpha, ho paura. » confessò.
Hikaru si voltò e lo strinse a sé. Nessuno dei due aggiunse altro.
 
La mattina seguente i soldati li fecero svegliare quando il sole era alto nel cielo. Divisero alcuni bambini da altri, portandoli in vagoni diversi del treno che li attendeva.
Non si videro più. E nessuno seppe per anni il destino degli altri.
 


Je pars en voyage
Là je vole bientôt.

 

Agosto 1945. Francia, Parigi.
 
« Hai perso la luce che avevi negli occhi dopo … quello. Vuoi davvero andare? » domandò, stringendogli la mano « Da solo. » mormorò, un po’ contrario, ma in fondo andava bene così. In fondo lui non avrebbe sopportato.
La persona accanto a lui gli posò un bacio sulle labbra e camminò verso l’ingresso del cimitero. Sentì che l’altro continuò a parlare, ma non vi diede peso.
Attraversò il porticato in pietra e camminò lungo un sentiero in porfido che attraversava il cimitero. Volse prima un veloce sguardo al cielo terso e illuminato dal sole caldo, poi osservò le lapidi attorno a sé.
Si fermò davanti ad una di quelle: era in marmo, piccola, e il nome inciso su di essa era scritto con un grafia elegante. 
Si chinò, lentamente, e lasciò un garofano rosso sulla tomba.
“Perdu mais jamais oubliée” era la frase sotto il nome. Chissà grazie a quale forza, riuscì miracolosamente a trattenere le lacrime.
Non poteva mettersi a piangere. Non davanti alla tomba di quella persona.
« Bonne nuit, ma petite princesse. » mormorò solo, poi Alpha se ne andò, lentamente, lo sguardo basso, senza aggiungere altro.
Per un secondo credette che il suo dolore avrebbe potuto oscurare il Sole, ma quando Gamma fece intrecciare le dita delle loro mani il cielo tornò un po’ più sereno.
  


Je pars en voyage
Là je vole bientôt.

 
 




 






/Angolo del Girallo Lallo con la febbre che mangia pop corn dolci/
È una delle pagine di storia più orribili, quella che ho scelto, lo ammetto, ma ho visto così tanti film sulla seconda guerra mondiale che alla fine sono riuscita a pensare solo a quello. So che è un argomento già visto e stravisto, ma quando ho letto su un libro di storia che la Francia collaborò con il regima nazista di Hitler mi sono stupita –e anche disgustata. In seguito ho scoperto che praticamente nessuno dei miei compagni era a conoscenza di ciò che accadde nel luglio del ’42 in Francia, perciò ho deciso di scriverci sopra qualcosa.
Sicuramente la fic non è delle mie peggiori, ma potevo fare di meglio, quindi non voletemene troppo se dico che “è brutta ma la pubblico lo stesso”.
Poi. I nomi. Sono venuti fuori a me e la BiscottA (augustin) in un momento random delle nostre vite (?), ma vi posso assicurare che sono tutto tranne che sparati a caso *schiva pirofila*.
Per Alpha ho scelto Hikaru, cioè “luce”, perché, come ho detto nella fic, Alpha aveva una luce negli occhi che faceva sentire Beta protetta, da piccola. Otonashi invece significa “zero suono”, tradotto letteralmente, quindi “silenzio” e credo che con un tipo come Alpha calzi a pennello (?).
Beta è Ame “pioggia” perché mi piaceva –ecco, questo è l’unico nome che non ha un senso- e Kodoku “solitudine” perché a mio parere Beta ha una doppia personalità solo perché si sente molto sola.
Infine, Chisaku è “piccolo” e Jiga “ego”. Il nome l’ha scelto augustin e io ho scelto il cognome e di fatto per intero il nome (“piccolo ego”)accanto a Gamma ha un che di ironico (dafuq).
Queste sono le note più lunghe della storia, perciò la farò breve.
Le parti della fic scritte in corsivo e allineate a destra sono ninna nanne. Quella in italiano l'ho trovata sul web, quella in francese invece l'avevo imparata a memoria alle medie e mi piace particolarmente. Di fatto non potrebbe interessarvi di meno ma okay lo stesso.
Voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto la fic e che magari sono giunti anche alla fine di queste note (se è così vi stimo) e ringrazio ancora di più chi recensirà questa fic.
Ringrazio infine –ma quanti ringraziamenti oh- Aster e Fay per aver indetto questo contest, e gli auguro buona fortuna, visto che i partecipanti sono quasi cinquanta.
Detto questo, ho chiuso *gente esulta*.
A presto,
Alicchan ~
 
Ps: tanto per chiarire (?) Beta è morta di tifo, infatti al di testa, febbre alta e brividi sono tra i sintomi della malattia (insieme alle eruzioni cutanee).
Pps: la citazione all’inizio della fic è di Sofocle, nato vicino ad Atene nel 495 a.C. ca.

   
 
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