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Autore: EliseBoydTurner    21/03/2013    7 recensioni
-Come cazzo hai fatto ad entrare?-, lo guardai con gli occhi spalancati, cercando di mascherare le lacrimucce.
-Ronald-, tirò fuori qualcosa di penzolante dalle tasche,-ho le chiavi.

{Slash: Mannie lievemente accennato.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Max Green , Ronnie Radke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciau.

Non tutti si ricorderanno di me ma va bene.

Mi chiamo Elisa, attualmente ho quindici anni, sono stata su questo sito e in particolare su questo fandom per tre anni con il nome di I Walk With Shadows. Mi facevo chiamare Walks. Finivo tutti i racconti, anche quelli che non c'entravano una minchia con 'peace, love and mannie.' e avevo scritto una ff intitolata The Day I Started Breathing che contavo di portare ai 100, ma che purtroppo dubito che finirò mai veramente.
Questo è il mio nuovo profilo e questa sono la nuova io. Ho sentito malinconia delle Mannie e degli Escape in questi giorni e il risultato è questo. Non è granchè, ma alla fine è sempre bello scrivere su di loro, è liberatorio. Sono tutt'ora la mia coppia preferita in assoluto.

Spero che venga apprezzato il tutto, almeno un pochino.

Peace, love and Mannie.

 

Corsivo: flashback

Non-corsivo(?): presente

 

-Soldier.

 

-No cazzo Max, mi devi ascoltare quando ti spiego le cose.
Alzò lo sguardo dal libro e mi fissò con i suoi occhi vitrei, con le pupille strette come quelle di un cagnolino che fissa il sole.

-Te l'ho detto, la matematica e io siamo incompatibili

Alzai un sopracciglio:-Tu sei incompatibile con tutto, Green. Persino con il nero, e di solito il nero sta bene con tutto.

Max ci arrivò dopo qualche minuto al senso della battuta che avevo appena fatto, ma ne restò talmente tanto colpito che chiuse il libro e si alzò a guardarmi così serio che, nel caso Dio fosse qualcosa di concreto, vedendomi in chiesa farebbe di sicuro quell'espressione.

Da un paio di mesi non andavamo più d'accordo. Max non mi ascoltava sul serio quando gli parlavo, e non solo quando gli spiegavo i compiti che doveva, che dovevamo fare per il giorno dopo, ma anche quando gli parlavo di cosa mi diceva mio padre o quando gli dicevo che avevo scritto qualcosa di nuovo. Alzava semplicemente lo sguardo e annuiva a volte.

Eppure sapevo cosa voleva alla fine.

In qualche modo, dovevo soddisfarlo.
Mascherai un sorrisetto:-Comunque ho una sorpresa per te.

Il Green che avevo sempre conosciuto uscì allo scoperto all'improvviso esattamente come una folata di vento che ti porta via il portafoglio, mi saltò addosso e mi diede un bacio non si sa bene dove. Iniziò ad urlare con la sua vocina stridula da Alvin Superstar chiedendomi dov'era, cos'era, ma soprattutto perchè non era ancora tra le sue mani.
Gli sorrisi.

-E' dietro il divano Maxie, attento che non gli ho dato da mangiare.

Con un'espressione perplessa si gettò dietro i morbidi cuscinetti quasi facendo un buco nel pavimento. Ne uscì felice e sorridente e con una nuova bomba atomica per vicini.
-Quanto ti è costato?- chiese urlando a squarciagola quasi fossi in un'altra stanza.
La settimana prima aveva rotto il basso durante delle prove in garage.

A volte mi chiedo cosa ne farà dei bassi che gli regalo una volta che saremo famosi.

Sempre se lo saremo.

 

Torno sempre a casa stanco dopo la fine di un tour. Jacky mi aveva riaccompagnato in macchina da dove si era fermato il tourbus, facendo anche solo una piccola passeggiata per raggiungerla.

Aprii la porta e buttai le scarpe al vento. Mi tolsi i pantaloni, che nonostante ami portarli così non sono e non saranno mai esattamente comodi.
Casa mia non era mai esattamente accogliente dopo il ritorno da un tour. Era sporca, nessuno la visitava da mesi, nemmeno Crissy. Quando non andava in tour con me una capatina ogni tanto la faceva: il mio angelo custode mi metteva a posto i vestiti o mi controllava le mail, ma da quando era incinta preferivo averla sempre con me, anche in tour. Stranamente quel giorno non era con me, aveva preferito andare a dormire dai suoi genitori almeno per una sera, sarebbe comunque tornata il giorno dopo o due dopo.

Charlie aveva iniziato a tirare per darmi il suo tipico segnale del “mollami, fammi andare a dormire, vecchio bastardo”, del resto era stato un tour anche per lui, una volta slegato magari avrebbe anche smesso di abbaiare svegliando il condominio.

Chiusi la porta lentamente per non fare rumore, ma il cane rese inutili tutti i miei sforzi.

-Che cazzo hai adesso, Charlie?!

Saltò in aria appena gli tolsi il collare e iniziò a correre verso la porta chiusa e a raschiare, non era un comportamento che avevo visto spesso in lui. Cercai di tenerlo e di calmarlo, ma invano. Continuava ad abbaiare contro la porta, graffiandola così tanto da lasciare i segni profondi.
-Va bene, va bene,- sussurrai, come se parlare a bassa voce a 'sto punto servisse a tanto -ma smettila di abbaiare, testa di cazzo.

Charlie mi guardò con quegli occhioni stanchi e sembrò sorridere, grato del grande sacrificio che avevo fatto comprandolo.

Aprii la porta e lui corse verso l'indefinito. Eravamo appena entrati in camera mia e io volevo solo coricarmi sul letto, dormire e non cantare Raised by the Wolves per i prossimi 15 giorni. Accesi la luce.

Una figura era immobile davanti a me con fare colpevole. Charlie allora non si era improvvisamente rincoglionito, come invece ero sicuro, ma io probabilmente lo ero.
Per un attimo ripercorrei la serata.
Avevo bevuto?
No, una birra. Una birra per Ronnie Radke è come Coca Cola.

Avevo fumato?

No.

Avevo preso dei funghetti allucinogeni?
No, quello che vedevo davanti non era un sasquatch.

Eppure lui era in piedi davanti a me e mi guardava con fare colpevole, come se dicesse con gli occhi “Non pensavo saresti arrivato.”

-...Maxwell?

Avevo la voce rotta e non riuscivo a regolare le parole. Lui accennò un mezzo sorriso.

-Sì, bravo.

Non lo vedevo da almeno uno, due anni. Ora era un hippie in piena regola, aveva i denti sporchi e i capelli messi peggio, lunghi come tre volte i miei. Le sue labbra carnose erano bucherellate dai denti e il suo sorrisetto faceva uscire qualche gocciolina di sangue.

La droga lo aveva rovinato del tutto.

-Come cazzo hai fatto ad entrare?-, lo guardai con gli occhi spalancati, cercando di mascherare le lacrimucce.
-Ronald-, tirò fuori qualcosa di penzolante dalle tasche,-ho le chiavi.

Oh, quasi dimenticavo.

 

-Ron!
Max corse verso di me talmente veloce che al posto delle sue gambe vedevo quel guazzabuglio rotondo dei cartoni animati. Mi sorrise a trentadue denti e mi diede un bacio sulla guancia.
-Che ore sono?

I miei occhi socchiusi lasciavano intendere che stavo dormendo bene come non mai, e lui puntualmente mi aveva svegliato. L'unico lavoro che potrebbe fare sarebbe veramente la rockstar, altrimenti andrebbe in rovina: immaginatelo solo per un attimo come infermiere in un ospedale, la gioia che metterebbe nello svegliare i pazienti li farebbe scappare dall'edificio.

In effetti, perchè io non l'ho ancora fatto?

-Sono le 6.40

-Ma cazzo Maxwell!-, mi misi seduto e scossi i capelli mentre lui mi continuava a guardare con quell'espressione euforica sul faccino da bimbo.

-Te lo avevo detto che ti avrei svegliato presto!
-Sì, ma non così presto.

Sbuffò e mi guardò ancora:-Donnina mestruata.

-Detto da te Max...

-Che intendi dire?
-Niente tesoro, niente. Che dobbiamo fare?

Sbuffò ancora:-Ho preso una decisione.

Stanotte aveva dormito qui per motivi a me sconosciuti, ma non mi dà fastidio averlo in casa, insomma, è il mio migliore amico.

E' Max.

Ogni tanto mentre dorme gli verso anche dello yogurt nel naso. Solo perchè lo amo tanto.

-Dimmi, tesorina.

-Ho deciso di trasferirmi qui.

La notizia mi lasciò un sorriso ebete in faccia.

-Davvero?
-Ieri, mentre comperavi quegli orrendi pantaloni colorati che compri tutti i sabati-, ridacchiò e si mise le mani in tasca -ho fatto questa. E' la copia della tua chiave, resterò qui.
In quel momento mi parve di mollare tutto e di restare senza pensieri se non il mascherare il mio sorriso, e forse per questo motivo sta volta i ruoli si invertirono e fui io a saltargli addosso.

Lo strinsi forte.

-Sei felice?

-No, checca. No.

 

Max continuava a sorridermi lievemente, a malapena vedevo il suo volto illuminato da quella lampadina polverosa che penzolava sopra di lui.

La cosa che sapevo era che le stesse chiavi che gli avevo visto in mano decenni fa, la teneva anche ora tra le dita. Era rovinata, sporca, arrugginita, ma era sempre lei. Stesso portachiavi, stesso possessore, stessa emozione nel vederla.

In quel momento mi parve di mollare tutto e di restare senza pensieri se non il mascherare il mio sorriso, e forse per questo motivo sta volta i ruoli si invertirono e fui io a saltargli addosso.

C'era solo una piccola differenza.
Lo strinsi forte, come se fosse un soldato tornato da una lunga guerra infernale, e così come gli ero saltato addosso, senza controllo, gli scoppiai a piangere su una spalla.
-Lacrime di Radke. Dobbiamo andarle ad analizzare. Capita una volta ogni cento anni.
Gli diedi uno spintone:-Figlio di puttana.
Sentii le sue lacrime scendere sulle mie spalle e abbracciò anche lui forte, la sua pelle era ruvida ormai per le piccole ferite.
-Ti sono mancato?

Ci pensai un attimo su cosa rispondere. Avevo dato libero sfogo a tutte le mie emozioni, perchè non anche alle altre? Non sarebbe stato male, infondo.

-No, checca. No.

Ridacchiò e mi accarezzò i capelli.

-Donnina mestruata.

  
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