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Autore: _Nica89_    22/03/2013    3 recensioni
Diventare madre è sempre stata una delle più grandi paure di Katniss, ma cosa ha provato, quando ha stretto per la prima volta sua figlia tra le braccia?
Spoiler per chi non ha letto il terzo libro
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Storia partecipante al contest "Il Giro del Mondo in Ottanta Giorni" di Soul'sLullaby
Titolo: Un nuovo inizio

Autore: _Nica89_ (nica89 sul forum)    
Beta-reading: no
Fandom: Hunger Games    
Tipologia: One-shot
Introduzione: Diventare madre è sempre stata una delle più grandi paure di Katniss, ma cosa ha provato, quando ha stretto per la prima volta sua figlia tra le braccia?
Rating: verde    
Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark    
Generi: Fluff, sentimentale, introspettivo, slice of life
Avvertimenti: Missing moment    
Pacchetto scelto: Il Cairo. La canzone è usata come spunto per un dialogo di due protagonisti.
NdA: In corsivo sono riportate, oltre ai tre prompt del pacchetto, anche le frasi (molto) liberamente ispirate alla canzone “Wake me up when September ends” dei Green Day. Il resto delle note sono in fondo alla storia.


Un nuovo inizio



È finito tutto. Non è rimasto nulla della confusione che fino a poco fa mi circondava. Anche le mie grida sono cessate, insieme al dolore che provavo. Il silenzio che è nuovamente sceso nella stanza è rotto solo da un nuovo suono: il pianto di un neonato.    
Mi abbandono tra i cuscini, sfinita, cercando di regolare il mio respiro ancora affannoso.    
Osservo mia madre avvicinarsi, mentre stringe tra le braccia la sua prima nipote; anche lei sembra provata dalla notte che abbiamo passato, ma nel suo sguardo riscopro quella dolcezza che da troppo tempo non illuminava più i suoi occhi azzurri.    
Anche se dolorante, faccio forza sulle braccia per mettermi a sedere.     
“È una femminuccia” mi ripete commossa, passandomi la bambina avvolta in una coperta di lana, per proteggerla dal freddo.    

Appena stringo la piccola al mio petto, sento una strana sensazione invadere ogni fibra del mio corpo: non è la paura che ho provato per tutta la gravidanza, o almeno, non solo. La gioia di poterla finalmente conoscere si mischia a un nuovo istinto che mi porta a volerla proteggere ad ogni costo, molto simile a quello che provavo nei confronti di Prim, solo più forte.    
Inizio a cullarla dolcemente, domandandomi se sia questo il legame segreto che dovrebbe unire una madre a sua figlia, o forse si tratta del tanto osannato “istinto materno”, quello che credevo di non possedere, che invece dimostravo già nei confronti di mia sorella. Prim, ormai pensare a lei non è più così doloroso come un tempo, sebbene la sua assenza oggi si faccia sentire più del solito.  
 
Facendo attenzione, seguo i lineamenti del volto che fanno capolino dalla coperta tra le mie braccia, domandandomi distrattamente se sarà sempre così, oppure anch’io, come mia madre, mi allontanerò da questa bambina che ho fatto nascere, abbandonandola a se stessa.    

Distolgo lo sguardo, vergognandomi dei miei stessi pensieri, e solo in questo momento mi rendo conto che mia madre è seduta sul bordo del letto e mi osserva orgogliosa, asciugandosi con un fazzoletto alcune lacrime di gioia.    
“Hai una figlia stupenda, Katniss, sei stata bravissima” mi dice, accarezzandomi delicatamente il braccio, come se temesse che ogni altro gesto possa urtarmi. 
  
“Grazie mamma”.    
La mia voce è poco più che un sussurro, ma la vedo annuire a quelle due semplici parole che vanno ben oltre la banale risposta per dei complimenti ricevuti. Sono anche il mio modo per chiederle scusa per tutto l’odio che ho provato nei suoi confronti, per essere scivolata via dopo la morte di papà e per averlo rifatto anche dopo quella di Prim, buttandosi a capofitto nel lavoro, scegliendo di vivere in un distretto così lontano da me, dall’unica figlia che ancora aveva, o almeno da quello che ne restava dopo la rivolta. Non era mai tornata di sua spontanea volontà nel distretto 12, lo aveva sempre fatto su richiesta mia o di Peeta, per il nostro fidanzamento e il nostro matrimonio. Anche per questo motivo, quando l’avevo chiamata per annunciarle della mia gravidanza, ero rimasta sorpresa nel sentirle dire che sarebbe venuta ad aiutarmi per il resto della gravidanza. All’inizio era stata dura, perché entrambe dovevamo imparare nuovamente a vivere insieme. Solo ora mi rendo conto di quanto mia madre sia stata preziosa in questo periodo.    

Talmente persa nei miei pensieri, non mi sono neppure resa conto che lei ha lasciato la stanza per chiamare mio marito. Vedo Peeta spostare ansiosamente lo sguardo da me a mia madre, che tenta di rassicurarlo sia sulla mia salute che su quella della bambina.    

Un moto di tenerezza mi scioglie il cuore nel vederlo in quello stato, se i lineamenti del suo volto non si fossero induriti in questi anni, potrei affermare di avere davanti lo stesso ragazzo che diciassette anni fa, in una grotta, mi pregava di non partecipare al festino, per paura di perdermi.    
Mia madre si congeda, regalandoci qualche momento d’intimità.    

Senza aspettare oltre, Peeta annulla la distanza che ci divide e viene a sedersi sul letto accanto a me.    
“Amore, come stai? – domanda – Tua madre ha detto che è una femmina, come sta? E tu come tu senti? Credevo d’impazzire fuori da quella porta, avevo paura …” continua, senza darmi il tempo per potergli rispondere.    
“Peeta” lo chiamo, con un sorriso sulle labbra, cercando di arginare quel flusso ininterrotto di domande. “Stiamo bene tutte e due” affermo, posandogli una mano sul viso, prima di cercare le sue labbra con le mie.
Quando ci stacchiamo, noto che il suo sguardo è fisso sul fagottino ancora tra le mie braccia.    
“Aspetta” inizio con tono deciso, allontanando la bambina da lui e posandola sull’altro braccio, in modo che il visino della piccola sia rivolto verso quello del padre. Per un istante Peeta fraintende il mio gesto, ma appena riprendo a parlare a mia figlia, vedo il suo sguardo rasserenarsi.    

“Guarda, Lucy, ti presento il tuo papà” sussurro a bassa voce, ma in modo che anche Peeta possa sentirmi distintamente.    
La bambina, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi chiusi, quasi avesse compreso le mie parole, li apre, rivelando le sue iridi azzurre, della stessa tonalità di quelle di Peeta.    
Non so perché questo dettaglio mi sorprenda tanto, o mi renda così orgogliosa di questa creaturina, ma ne sono felice.     
Peeta sembra essere rimasto senza parole, incantato a osservare sua figlia.    

“Lucy?” domanda, dopo essersi ripreso, accarezzando le dita sottili che sbucano dalla lana ricamata.
“Credevo che l’avresti voluta chiamare Primrose, o Rue” dice, facendosi serio. Sento il suo sguardo attento su di me, per catturare un qualsiasi segno di cedimento.    
“Perdonami, Katniss, non volevo, è che abbiamo sempre parlato di nomi per un maschio …” si affretta ad aggiungere, vedendo che la mia risposta tarda ad arrivare. Scuoto appena la testa, rimanendo con il viso chinato verso la bambina che si muove pigramente tra le mie braccia. Quando lo rialzo, un sorriso amaro appare sulle mie labbra, mentre rispondo sinceramente:
Ci ho pensato. A essere sincera, penso molto spesso a loro, a Prim e Rue. – specifico – Non le ho dimenticate, non potrei farlo, anche se non ne parlo mai. Ma …” esito, incerta su come continuare.    
“Ma?” m’incoraggia a continuare Peeta.    
Loro sono il passato, rappresentano l’innocenza perduta, il dolore che abbiamo vissuto …
Lo stesso che ci ha fatti diventare quelli che siamo” mi fa notare Peeta.    
“Sì – ammetto – ma non voglio che nostra figlia significhi tutto questo. Non voglio passare tutta la vita a chiamarla, nella speranza che mi risponda un’altra persona. Lei non è il nostro passato, è il nostro nuovo inizio”.
Peeta annuisce, cercando invano di trattenere le lacrime.    

“Allora, ben venuta, piccola Lucy” esclama, mentre prende la bambina tra le braccia e la bacia dolcemente. In tutta risposta, Lucy emette qualche strilletto e sia io che Peeta scoppiamo a ridere.    
“Hai sentito? Ti ha ringraziato” spiego, divertita dal tempismo di questa piccolina.    
Peeta punta il suo sguardo su di me. I suoi occhi brillano di una luce nuova.    
“Grazie, Katniss. Ti amo” mi sussurra sulle labbra, prima di posarvi un nuovo, delicatissimo bacio.
“Ti amo anch’io” rispondo, prima che nostra figlia richiami nuovamente la nostra attenzione su se stessa.

Peeta si alza dal letto, iniziando a passeggiare con Lucy ancora in braccio ed io rimango incantata a osservarlo. È bellissimo vederlo tenere con tanta delicatezza quel fagottino bianco. Tra le sue braccia robuste, Lucy sembra ancora più piccola di quanto non sia, ma lei non sembra per niente dispiaciuta di essere in braccio al padre e ascolta la sua voce, mentre lui le mormora alcune parole, quasi fossero dei segreti solo tra lui e lei.
    
“Cosa c’è?” mi domanda, quando si accorge che lo sto osservando.    
“Sembra che tu sia nato per essere padre” ammetto, non riuscendo a celare completamente il senso d’inadeguatezza che mi attanaglia.  
 
Peeta mi ripassa la bambina e mi stringe in uno dei suoi solidi abbracci. Questo, insieme al tenere nuovamente mia figlia tra le braccia sembra lenire le mie paure e riempire quel vuoto che improvvisamente si è fatto strada in me, non sentendo più il suo peso leggero sul mio corpo.

Rimaniamo in silenzio, godendoci questi primi momenti della nostra nuova famiglia. Mi sistemo meglio tra le braccia di mio marito che continua ad alternare baci sulla mia fronte con carezze alla piccola. Mi beo di questo momento di serenità finché la bimba non inizia ad agitarsi e si mette a piangere.    

Colta alla sprovvista, sposto il mio sguardo perso su Peeta, notando nei suoi occhi lo stesso smarrimento che provo io, prima di iniziare a cercare la causa del pianto di Lucy.    
“Avrà fame” ipotizzo, infine, slacciandomi i primi bottoni della camicia da notte e avvicinando mia figlia al seno. Vederla piangere senza riuscire a calmarla mi rende ancora più nervosa e incapace di provvedere alle sue necessità.     
“Vado a chiamare tua madre” si offre Peeta, vedendomi in difficoltà, appena prima che Lucy riesca ad attaccarsi e iniziare a poppare.

Mi concentro solo sul leggero rumore che le labbra di mia figlia producono, riuscendo lentamente a calmarmi. Mi rendo conto che Peeta è in piedi, tra la porta e il letto, solo quando non lo trovo accanto a me. Lo vedo osservarmi, incantato.
Sebbene nei suoi occhi possa leggere solo amore e adorazione, non posso fare a meno di arrossire, anche se non è la prima volta che Peeta vede un mio seno. In dodici anni di matrimonio non ci siamo limitati a condividere il letto e non mi era mai successo di sentire il bisogno di nascondere le mie nudità ai suoi occhi, perlomeno non dopo esserci sposati.
Distolgo lo sguardo dal suo. Ancora una volta, Peeta sembra intuire i miei pensieri.
“Se vuoi, posso uscire” propone, attirando nuovamente la mia attenzione.    
“No, resta” gli chiedo, osservandolo dritto negli occhi e indicandogli, ancora una volta, la parte del letto libera vicino a me. Lui obbedisce, felice di quell’invito e, insieme, vegliamo su nostra figlia che continua a mangiare tranquilla.














Note dell'autrice: un paio di precisazioni sui passaggi temporali indicati: ho cercato di mantenere gli stessi tempi descritti nell’epilogo della Collins (quindi sono passati più o meno quindici anni dalla rivolta alla nascita di Lucy). Per quanto riguarda i dodici anni di matrimonio, mi sono basata su quello che avevo scritto in un’altra one-shot “Only a Bride” dove Peeta e Katniss si sposano tre anni dopo la fine della rivolta. Per quanto riguarda la scelta degli aggettivi e delle parole che usa Katniss per riferirsi a Lucy è stata una scelta difficile, inizialmente volevo sottolineare il fatto che fosse stato Peeta a desiderare così tanto un figlio e che lei si fosse limitata ad “assecondare” questo desiderio, però nell’epilogo Katniss non solo non chiama i figli per nome, ma usa sempre il termine “mio” (o miei), così ho cercato di fare lo stesso, quasi a sottolineare la sua possessività. Niente, spero che vi sia piaciuta. _Nica89_
Un'ultima cosa, ho aperto un blog su Hunger Games aggiornandolo con le ultime nuvità sulla saga e sui suoi attori, se avete voglia di farci un salto potete cliccare qui
  
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