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Autore: The queen of darkness    22/03/2013    1 recensioni
Solo due risate innocenti, ma forti, sono a volte in grado di strappare dalla propria apatia, e farci aprire gli occhi su ciò che stiamo realmente attendendo: il tramonto, per essere noi stessi. Una volta per tutte.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono due bambine.
Hanno i capelli biondi, e tanti sogni in tasca. Lasciano tintinnare le loro risate lungo il selciato, facendole rimbalzare lungo le siepi irregolari o sulle collanine che adornano i loro colli sottili.
Le mani sono piccole e fragili, ma le chiome liscie si agitano al vento come se fossero quelle di un leone invincibile, eterno. Ridono e corrono, senza che nulla sia più importante di quel momento.
E in effetti, niente conta maggiormente di due giovani fiori, delle loro radici sempre più lontane dai prati e dei petali rosei che li circondano.
Lungo la strada cammina una donna vestita di scuro. Ha un passo lento e disilluso, di colei che ha visto tanto e sopportato troppo. Quando le vede sfiorare il terreno con i piedi, trova il coraggio di sorridere, dando un senso alla meta che sta per raggiungere.
Vicino ad una vecchia auto parcheggiata, dalla portiera scheggiata dal vento di una corsa troppo sfrenata per essere vera, due anziani discutono di fatti che non trovano importanti. Le rughe sembrano sparire accogliendo la giovinezza fra le ossa provate, che stanno per sbriciolarsi.
Nella casa gialla, con il profumo di gelsomino alle finestre, si sente un tramestio, ma nessuno lo vuole ascoltare a lungo. Le uniche che si girano sono proprio loro sue, piccole farfalle ora posate davanti ad una porta, in attesa.
Il sole, infiacchito, rimane a brillare fioco per pura inerzia sull’orizzonte spento, pronto ad eclissarsi per tutta la notte. Poche nubi cercano di nascondere la sua prossima uscita di scena, ma suo malgrado i raggi sono troppo indispensabili per essere celati.
Così si arrende, dando ombre allungate ed infinite a tutte le cose.
Sul marciapiede irregolare, si posano migliaia di passi. Essi rimangono impressi a terra come se fossero stati tatuati su un terriccio molle, dopo la pioggia. Ma la pioggia non c’è, il cielo ha smesso di piangere dedicandosi invece all’apatia.
Una donna porta un passeggino. È diventata madre da poco, e porta il suo bambino a prendere un’aria viziata fuori da casa, per cambiare scenario con l’illusione di mutare anche situazione; se passa accanto a qualcuno, si premura di far scivolare il ciuffo davanti all’occhio, annerito da nocche crudeli.
Ora le leonesse tacciono: l’allegria scoppietta ancora nell’aria, come un bicchiere di carta vuoto, unico reduce di una festa.
I vecchi tornano a discutere, forse ripetendo le parole di prima.
La donna vestita di scuro riprende a camminare, rabbuiandosi e perdendo di nuovo il proprio scopo.
La casa gialla si placa, i gelsomini smettono di profumare.
Il sole saluta tutti, ma rimane nel cielo. Forse non ha la forza nemmeno di sparire, proprio come tutti coloro che illumina.
C’è un recinto sottile, bianco come l’albume di un uovo sodo, ma nessuno lo nota. Esso divide lentamente le persone: colei che le fanciulle stanno aspettando, gli anziani che ancora parlano, piccandosi per questo o quello, la donna vestita di scuro, ormai al confine del mondo, e la casa gialla, già stata demolita troppe volte per essere altro che semplici calcinacci.
L’erba piano riprende a ricoprire tutto quanto, bocche spalancate, dentini aguzzi e mani che gesticolano, l’asfalto che indossa migliaia di crepe e le cime di alberi piegati da un vento che non viene mai a far loro visita.
In mano c’è un libro aperto. Nessuno sa come ci sia finito fra collanine e recinti spettacolari, però le sue parole urlano quando vengono lette. Parla di gas, di persone e di tanti, troppi leoni.
All’improvviso, l’orizzonte decide di far calare il sipario: tutti si inchinano, le verità vengono espresse, mazzi di fiori veri e dal profumo sincero sbocciano ovunque, le case vengono ricostruite.
Con il fiato sospeso, gli attori guardando la tenda rossa nascondere tutto, obliare il superfluo e, cibandosi dell’essenziale, eccoci tornati.
Più fulgidi, più sinceri, più pronti a far tintinnare le nostre risate.
Saremo in grado? 
  
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