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Autore: Angelstorm    09/10/2007    2 recensioni
In quel momento, tutta la sala si zittì; era scattato l’incantesimo sirena che rilevava la presenza di un estraneo nei confini del castello. “Merda!” Draco si alzò all’unisono con gli altri. Le porte della sala si spalancarono e l’auror, che era di guardia, entrò gridando “I mangiamorte sono nel parco e c’è anche Voldemort con loro”. Tutti si disposero per dare battaglia e mentre Harry correva al suo posto insieme ai suoi amici si voltò verso Draco e disse “Avevi ragione, questa è proprio una giornata come tutte le altre!”. Non sapeva ancora che quella giornata gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
Genere: Generale, Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Allora ragazzi salve a tutti  ^___-

Siamo i magnifici Angelstorm e Gokychan

E siamo qui con la nostra prima ficcy a quattro mani

Evviva ^0^

Speriamo bene… =.=””

Allora in questa fic Harry ha diciassette anni e si deve preparare per affrontare la battaglia finale contro Voldemort.

Solo che un imprevisto cambierà per sempre la vita del ragazzo sopravvissuto…siete curiosi? O.O

Allora vedete di leggere questa fic

BUONA LETTURA!

Gokychan e Angelstorm

 

 

PROLOGO

 

UNA GIORNATA COME LE ALTRE

 

 

Il vento soffiava nella notte di settembre, il vento soffiava e portava consiglio.

Un ragazzo era appoggiato al parapetto della terrazza di un castello in rovina con i capelli, per natura indomabili, scompigliati dalla brezza notturna.

I suoi occhi, colore dello smeraldo, erano spenti e tristi; non c’era più gioia per renderli brillanti e spensierati.

Quel ragazzo si chiamava Harry Potter.

“Perché?” un sospiro usci dalle sue labbra mentre pensoso osservava le stelle “perché la vita è così ingiusta?” e si perse nelle spire del vento.

Nella stanza, dietro di lui, tutti dormivano ma non era un sonno tranquillo; era il sonno dei soldati, pronti a svegliarsi al primo segno di pericolo.

Harry sorrise guardando i suoi migliori amici: Ron e Hermione.

Non l’avrebbero mai lasciato solo, sarebbero morti per lui, e lo stesso avrebbe fatto lui per loro.

“Non meritano tutto questo!” un altro sospiro e ancora una volta lo sguardo rivolto alle stelle.

La costellazione di Sirio, da cui il suo padrino aveva preso il nome, brillava quella sera e gli fece ritornare alla mente ricordi dolorosi.

I suoi genitori, Sirius, Silente e la maggior parte dei membri dell’Ordine della Fenice compreso Remus, erano morti per la causa. pensò Harry, era l’unica cosa che li faceva andare avanti e che li stava decimando; era sempre la stessa, la stessa di sedici anni prima, sconfiggere Lord Voldemort e i suoi seguaci.

Molti erano morti per la causa, periti sotto la ferocia dei mangiamorte, uomini spietati e privi di qualsiasi compassione o rimorso.

Anche i Weasley avevano subito un duro colpo, quasi tutta la famiglia era perita, solo Ron e Ginny erano rimasti in vita; per i due fratelli la perdita della famiglia era stata terribile ma con il tempo erano riusciti ad andare avanti: Ron si era fatto addestrare al massimo, insieme ad Harry e Draco, dagli auror sopravvissuti e dava tutto se stesso per salvare, in Inghilterra, tutte le persone che poteva e Ginny, invece, era diventata una guaritrice, non aveva ancora il diploma ma il talento non le mancava.

Lui li aveva sempre considerati, tutti, come la sua famiglia perché erano stati i primi che lo avevano trattato come un figlio diversamente da quanto era accaduto con i Dursley.

Harry e i suoi amici avevano perso tutto ma non la speranza di riuscire a far terminare per il meglio quella guerra assurda, sì assurda, perché una persona non poteva credere che maghi e streghe del calibro della sua amica Hermione fossero inferiori solo perché mezzosangue, un termine dispregiativo che usavano i mangiamorte per definire chiunque non discendesse completamente da maghi.

“Potter!” a quel richiamo Harry si voltò e vide colui che credeva, fino a pochi mesi prima, un bastardo per cui non valesse la pena di preoccuparsi, ma adesso gli era caro come i suoi migliori amici.

Draco Malfoy si avvicinò e si appoggiò al parapetto accanto a lui, senza dire una parola tirò fuori una sigaretta e la accese, aspirò tre lunghe boccate e poi lo guardò “A cosa stavi pensando?”.

Era strano, constatò Harry, come due persone così diverse come lui e Malfoy (non avevano perso l’abitudine di chiamarsi per cognome, d'altronde le vecchie buone abitudini non si cambiano mai) ora si comportassero da amici di sempre e Malfoy riuscisse sempre a capire ciò che Harry pensava solo dandogli un’occhiata.

Anche quella volta non si smentì “Non starai pensando di nuovo a tutte le persone che sono morte, vero?” chiese con aria annoiata.

“Ma come fai ad essere così cinico?” replicò Harry infervorandosi.

Sul volto di Draco comparve un ghigno, pensò, era facilissimo capire cosa passasse per la testa del moro.

“Tua madre non ti ha insegnato che non si risponde ad una domanda con un'altra, Potter?” però, appena finita la frase capì di essere andato troppo oltre infatti Harry si oscurò e non rispose.

“Scusami non dovevo, è stata una cattiveria, ho parlato senza pensare” Harry sorrise, ecco un nuovo aspetto di Draco che aveva imparato a conoscere: ammetteva i propri errori.

E’ per questo che non se la prese e rispose a tono “Ti faccio notare che anche tu mi hai risposto con una domanda”.

Draco rise di gusto “Hai ragione, comunque non è vero che sono cinico; penso solo che, ormai, quel che è successo non si può cambiare e bisogna pensare al presente dato che non sappiamo nemmeno cosa ci succederà domani: se saremo ancora vivi o se rivedremo i nostri amici e le persone che ci stanno a cuore…” mentre parlava il sorriso scomparve dalle sue labbra per lasciare spazio a uno sguardo cupo.

“Sei proprio cambiato, Malfoy, non ti riconosco più, sai?”.

 “Se è per questo nemmeno io mi riconosco…” diede un ultima boccata alla sigaretta prima di gettarla e voltarsi di nuovo verso Harry “…ma mi preferisco così!” e gli sorrise.

Harry lo guardò e ricambiò il sorriso “Andiamo a dormire!” Draco annuì “Domani sarà una giornata dura” dichiarò il moro.

“Come tutte le altre!” e risero di nuovo mentre la luna con la sua pallida luce li illuminava.

 

 

La mattina dopo Harry si svegliò a causa di un raggio di sole che penetrava da una crepa nel muro di fianco a lui, si alzò dalla brandina e fece uno sbadiglio che poteva far concorrenza a quello di un leone per quanto era rumoroso.

Dopo essersi stropicciato gli occhi si guardò intorno, ormai quella stanza era diventata la casa che divideva con Ron, Draco, Hermione e Ginny.

Non era molto grande e all’inizio neanche tanto confortevole ma poi con il passare del tempo avevano aggiunto tutti gli oggetti che gli erano rimasti e quindi aveva assunto un aspetto più vivibile: ora Harry la considerava migliore della camera da letto che aveva quando stava dai Dursley.

Quella, dove vivevano loro, era una stanza della ex torre di Corvonero ad Hogwarts, l’unica torre ad essere rimasta in piedi dopo l’attacco avvenuto un anno prima quando Harry aveva sedici anni.

Harry non l’avrebbe mai dimenticato, in quell’attacco era morta la sua guida: Albus Silente. Il ragazzo ci aveva messo un po’ di tempo per accettare la morte del preside, che gli era caro come un nonno, ma alla fine Harry pensò che non era giusto perdere tempo in lacrime e ritornò a combattere come aveva sempre fatto.

Quando finì di prepararsi, scese in sala grande per la colazione e notò che era l’unico che mancava all’appello, tutti gli altri si erano già svegliati da un pezzo.

Salutando con un “Buongiorno” alquanto incolore si sedette tra Ron e Hermione e si servì di due toast con burro e marmellata.

“Ehi amico, che hai?” chiese Ron con la bocca piena di uova.

“RON! Non hai ancora imparato che non si parla con la bocca piena?” si infervorò Hermione notando che l’amico, a diciassette anni, non aveva ancora raggiunto il giusto grado di civiltà che si dovrebbe tenere di fronte ad altri.

“Ha ragione, Weasley, sembri proprio un maiale. Lo sai di essere disgustoso?” lo punzecchiò Draco che era di fronte a Harry.

Ron deglutì “Tu stai zitto, furetto!” disse puntando un dito verso Draco “E tu…” si rivolse ad Hermione, ma appena la guardò negli occhi perse tutto l’impeto che aveva all’inizio e dopo un “Io, cosa Ronald?” della ragazza disse “…tu…tu hai perfettamente ragione!” e si affloscio come se si fosse sgonfiato.

Sia Draco che Harry si misero a ridere per l’espressione assunta dall’amico, facendo dimenticare al moro tutte le preoccupazioni che lo assillavano.

Harry ritornò serio e rispose alla domanda dell’amico “Non ti preoccupare Ron solo cattivi pensieri” il rosso lo guardò accigliato “Prima o poi, ti distruggerai logorandoti in questo modo” proferì serio.

Adesso nessuno aveva più voglia di ridere “Ha ragione, Harry, non puoi continuare così! Non è colpa tua, la causa di tutto è quel bastardo di Voldemort” disse Hermione ed Harry alzò di scatto la testa guardandola meravigliato.

“Che c’è?” gli chiese lei.

“Hermione tu…tu hai detto una parolaccia” di nuovo, tutti scoppiarono a ridere.

“Non fare lo spiritoso Harry, non c’è proprio niente da ridere, l’argomento è serio non puoi andare avanti così!” disse lei accalorata.

“Hermione, guarda che va tutto bene, non c’è niente di cui preoccuparsi” disse Harry e, vedendo che l’amica non sembrava convinta, aggiunse “Davvero, non ti preoccupare!”.

In quel momento, tutta la sala si zittì; era scattato l’incantesimo sirena che rilevava la presenza di un estraneo nei confini del castello.

“Merda!” Draco si alzò all’unisono con gli altri.

Le porte della sala si spalancarono e l’auror, che era di guardia, entrò gridando “I mangiamorte sono nel parco e c’è anche Voldemort con loro”.

Tutti si disposero per dare battaglia e mentre Harry correva al suo posto insieme ai suoi amici si voltò verso Draco e disse “Avevi ragione, questa è proprio una giornata come tutte le altre!”.

Non sapeva ancora che quella giornata gli avrebbe cambiato la vita per sempre.

  
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