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Autore: cherrycherry    10/10/2007    4 recensioni
In realtà questo episodio non ha alcun senso logico, ne si collega ad un particolare momento del manga o dell'anime... Mi è venuto così, spero che vi piaccia!
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Ruchia, Kurosaki Ichigo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IMPORTANTE: PER CAPIRE IL MINI RACCONTO IMMAGINATE CHE ICHIGO E RUKIA SI SIANO QUASI DICHIARATI E CHE IL RAGAZZO SIA ANDATO (SENZA DIRLO A RUKIA) AD UCCIDERE UN PERICOLOSO NEMICO...

Ichigo non sentiva più nulla: il dolore delle ferite che lo tormentava stava poco a poco svanendo e la vista gli si annebbiava, ma continuava a camminare senza capire nemmeno lui dove stasse andando; aveva perso troppo sangue e non ce l’avrebbe fatta ancora per molto. Non aveva rimpianti, solo gli dispiaceva morire senza aver detto a Rukia ciò che provava per lei.
Rukia... Gli pareva quasi di vederla davanti a sé, in piedi, immobile, che lo guardava senza una parola. Lei glielo aveva detto che era troppo presto per affrontare Kurusan, ma lui non le aveva dato retta, come sempre. Che stupido era stato, e ora avrebbe pagato per la sua stupidità...
Rukia gli corse incontro e si fermò a pochi passi da lui. Piangeva? Oppure era solo una visione? Non ne aveva idea e non aveva più la forza per starci a pensare. Neanche se ne rese conto di caderle letteralmente in braccio, né riuscì a capire con precisione ciò che lei gli diceva.
“Perdonami... -mormorò con le ultime energie rimastegli- Avrei dovuto ascoltarti...” tossì del sangue e non riuscì più a dire nulla. Sentiva freddo, ma non paura, non più... Tutto intorno a lui si fece buio e il silenzio lo circondò.

Sentiva delle voci indistinte attorno a sé e cercò di aprire gli occhi ma la luce era troppo intensa. L’ultima cosa che ricordava era quando Kurusan lo aveva trafitto e Rukia davanti a lui, in piedi, immobile... Era morto? Era questo il regno dei morti in cui avrebbe passato il resto dell’eternità?
Una mano fresca e minuta gli accarezzò la guancia. “Ru...ki...a...?” sussurrò. La gola gli bruciava terribilmente e sentiva in bocca il sapore del sangue.
“Non parlare! Non devi sforzarti...” rispose la ragazza passandogli una mano tra i capelli. C’era qualcosa di strano nella sua voce, come se fosse arrabbiata, ma non volesse darlo a vedere. La sentì alzarsi e allontanarsi di qualche passo; aprì la porta facendola scorrere con il meno rumore possibile, e Ichigo capì che si trovava ancora nell’antico Giappone. Ne fu contento: non aveva idea di cosa avrebbe detto sua sorella se lo avesse visto ricoperto di sangue e gravemente ferito come dopo il combattimento.
I passi di due persone che andavano verso di lui lo riscossero dalle sue fantasie sullo svenimento della sorella e sulla scenata di sua madre. Una la riconobbe come Rukia, ma l’altra non sapeva chi potesse essere. “Come ti senti? -chiese una voce maschile da sopra di lui- Riesci a parlare?”.
Il ragazzo non rispose ma aprì lentamente gli occhi.
L’uomo che poco prima aveva parlato era un vecchio che non aveva mai visto ma che aveva tutta l’aria di essere un medico. Rukia era dietro di lui, ma guardava un punto imprecisato alla sua sinistra pur di evitare il suo sguardo. Inizialmente non ci fece caso, ma quando se ne accorse la cosa lo colpì come uno schiaffo in piena faccia: i suoi capelli... Da lunghi fino alla vita che erano, ora le arrivavano a stento alle spalle.
“È normale, ti ci vorrà un po’ per riprenderti del tutto e puoi considerarti più che fortunato di essere ancora vivo!” proseguì il vecchio, ma lui nemmeno lo aveva sentito.
Rimasto solo con Rukia ritentò a fatica di parlare. “Rukia... Cosa è successo? Che hai fatto ai capelli?” bisbigliò.
La ragazza si sedette accanto a lui e sorrise tristemente prendendogli la mano e portandosela al viso senza guardarlo. “Li ho tagliati con la tua spada per salvarti. Se non l’avessi fatto non avresti resistito abbastanza a lungo perché Haposai ti curasse...”.
“Sei molto carina così...” disse Ichigo facendola sorridere e arrossire un poco, ma il sorriso le morì in fretta dalle labbra sostituito da un’espressione di rabbia e tristezza.
“E tu sei un dannatissimo idiota...!” ribatté lei mentre una lacrima solitaria le scendeva lungo la guancia, e ben presto ne scesero altre trasformandosi in un pianto a dirotto. In pochi minuti lei fu tra le sue braccia, singhiozzando sul suo petto.

  
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