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Autore: 4lb1c0cc4 Herondale    23/03/2013    2 recensioni
I fatti sono ambientati sei anni dopo l'epilogo de "il bacio ribelle", quindi per chi non lo avesse letto costituiscono spoiler.
Dylan da sempre sogna di poter realizzare il suo più grande desiderio: essere madre e mettere su famiglia con il suo uomo. Ma Rio non sembra intenzionato a darle questo piacere. Il parto per le compagne della stipe è di per se pericoloso e molte sono le giovani donne che non sono riuscite a sopravvivervi. Il giovane guerriero non è disposto a rischiare la vita della sua donna ma troverà lo stesso il modo di accontentare il suo desiderio.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dylan , Nuovo personaggio, Rio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai erano quasi sei anni che la stirpe viveva in pace con gli uomini. Da quando Dragos era stato definitivamente sconfitto l'unico problema dell'Ordine erano i Ribelli. Dylan si fermò a riflettere, se Dragos fosse sopravvissuto quella notte molto probabilmente si starebbe mangiando il fegato. I suoi tentativi di assoggettare gli umani gli si erano rivolti contro, anzi avevano permesso alla Stirpe  di uscire allo scoperto e di venire accettati. Ormai la pace era consolidata, nonostante ci fossero piccoli gruppi di oppositori che non vedevano di buon occhio la presenza di una nuovo membro all'interno della costituzione: la nazione della stirpe, ma al momento non era nulla di cui la Stipe e l'Ordine dovessero preoccuparsi. Anche se ancora non avevano scoperto nulla di concreto sulle reale esistenza di un'altra razza aliena, da cui proverrebbero suo padre e il padre di tutte le altre Compagne come lei. Con uno sbuffo scacciò quel pensiero fastidioso, non era il momento di fare simili pensieri.
La donna lasciò la cucina con un vassoio carico di biscotti alla cannella e si ritrovò nel salone dove venne accolta da un gioioso vociare. Molte cose erano cambiate da quando erano stati costretti a lasciare il rifugio dell'Ordine di Boston, ora percepiva davvero l'aria di casa e la gioia dei suoi abitanti. La grande maggioranza dei guerrieri, oltre ad aver preso una compagna al loro fianco, avevano avuto la gioia di diventare padre. Tegan, Lucan, Chase, Dante avevano avuto dei figli, anche Gideon e Savannah stavano pensando di mettere su famiglia. L'unico guerriero che non aveva la minima intenzione di avere un figlio, non da lei per lo meno, era il suo Rio.
 Lasciò il salone e il resto della sua famiglia, non voleva rovinare con il suo malumore l'atmosfera felice che si era creata.
Da quando avevano affrontato l'argomento il guerriero spagnolo le era sembrato sempre più distante e scontroso. Eppure più di una volta l'aveva sorpreso a giocare con il bambini, quando era con loro assumeva un'espressione dolcissima.
L'idea di avere un figlio da lei doveva essere veramente terribile per lui e questo pensiero addolorava la giovane donna.
Un velo di delusione le coprì il viso.
Due braccia calde e forti la strinsero da dietro, avrebbe riconosciuto ovunque quell'odore e quel calore ... era il suo Rio. Le era mancato da morire, ma non poteva impedirsi di essere triste. Al momento non riuscivano a capirsi, lui non riusciva a comprendere quanto per lei fosse importante poter stringere tra le braccia un figlio loro, un figlio da poter accudire, da poter coccolare. Perché per lui questo non aveva importanza?
« Dylan vieni di là a mangiare, altrimenti Mira si mangerà tutti i biscotti » disse scoccandole un lieve bacio dietro l'orecchio. Il suo tono era allegro, ma Dylan non era in vena di festeggiamenti.
« Tu va pure ... ho bisogno di restare da sola »
In un unico movimento fluido Rio la fece girare, si ritrovarono così stretti in un abbraccio con i visi a pochi centimetri di distanza. Una distanza che faceva male alla donna, una distanza che al momento le sembrava incolmabile.
« Sei scostante in questi giorni ... si può sapere cosa sta succedendo? Non ti senti bene, forse Tessa può » scacciò in malo modo la sua mano, che le stava accarezzando teneramente una guancia, lasciandolo interdetto. Non era lei quella scostante, non era lei quella che aveva fatto di tutto per evitare ogni minimo contatto in quei giorno, perché sembrava capire sempre le cose a modo suo era quello che di Rio non sopportava.
« Io? sei tu quello che da quando abbiamo affrontato quell'argomento mi evita. Non vuoi avere un figlio da me lo accetto, anche se non riesco a capire il perché visto che dici di amarmi ma non evitarmi e non continuare a ferirmi. Non ce la faccio più con i tuoi silenzi » le sue parole l'avevano spiazzato.
Sorrise, il suo era un sorriso caldo e rassicurante.
Sorrise facendo arricciare le cicatrici, che gli avevano deturpato la parte sinistra del volto. Quelle stesse cicatrici che agli occhi di altri lo facevano apparire un mostro, ma che per lei rappresentavano la sua lealtà a Lucan e all'ordine. Un sorriso che però fece innervosire Dylan, che sbuffò esasperata. « Vorrei proprio sapere perché trovi la cosa così divertente »
« Mi sembra assurdo anche solo l'idea che io non voglia mettere su famiglia con te. Il problema è che sono terrorizzato. Il parto per una  compagna della stirpe come te, non è così facile da portare a termine. Ho semplicemente paura di perderti. Hai visto l'ansia dei miei amici quando le loro donne erano in dolce attesa. Ho una voglia metta di diventare padre, di avere una famiglia con te, ma non sono disposto a rischiare di vederti morire. Abbiamo ancora decenni, secoli, per vedere realizzato questo sogno. Voglio godermi tutte le tue attenzioni senza avere la continua preoccupazione che un piccolo me possa rubarti la vita.» man mano che parlava Rio diventava sempre più triste, e lei percepiva questo suo stato d'animo grazie al legame di sangue che li univa. Si sentì una stupida per tutti i pensieri che aveva avuto. Lui l'amava, l'amava in maniera così intensa da non poter neppure sopportare l'eventualità di perderla.
« Una soluzione ci sarebbe » ci aveva pensato a lungo « è un'idea che mi è venuta guardando Renata e Mira ... potremmo provare ad adottare un figlio. So che ti può sembrare sciocco, ma molte compagne della stirpe non hanno dei genitori che li amano e spesso si sentono spaesate ... così pensavo ...» l'uomo non la fece nemmeno finire di parlare, intrappolandole le labbra con le sue.
« E` un'idea fantastica » disse facendole fare una giravolta tra le sue braccia, Dylan rise felice come una bambina e fece ridere anche il resto della sua grande famiglia, che erano stati attirati dalle risate della donna.
 


 

 *****





La scelta dell'orfanotrofio non fu difficile, scelsero quello in cui Gabrielle aveva vissuto per anni. Lei conosceva la direttrice del posto e quindi non le fu difficile ottenere un colloquio nel tardo pomeriggio, dopo il calar del sole. Non potevano di certo rischiare che Rio arrostisse. E la compagna di Lucan fu più che felice di accompagnarli.
L'edificio dall'ultima volta che Gabriel era stata lì era diventato più fatiscente. Piccole macchie di muffa decoravano il soffitto ingrigito dal fumo del camino. Il linoleum verde acido era appiccicoso e sembrava non venir spazzato da anni. L'aspetto di quel posto lasciava a desiderare e Dylan era sempre più convinta che doveva salvare almeno una bambina dal decadimento e dal grigiore di quel posto, che per un attimo le riportò alla mente la lettura di Oliver Twist.
I bambini dell'orfanotrofio stavano giocando spensierati nel cortile retrostante l'edificio, nessuno di loro si era accorto della presenza di ospiti e per ora era un bene. Non aveva senso dare a tutti delle false speranze, solo uno di loro quella sera avrebbe lasciato quella vita.
Dylan era poggiata al vetro, opaco a causa dell'umidità, ed osservava con un sorriso i bambini, mentre Rio cercava di nascondersi allo sguardo della vecchia direttrice.
Una bambina però cattura l'attenzione di Dylan. La piccola se ne sta da sola in disparte a giocare con un po' di fango e dei fili d'erba, creando nella sua mente un mondo fantastico e mille e più avventure « Mi scusi » Dylan interruppe la chiacchierata che stava avvenendo tra la sua amica e la direttrice, di cui non aveva sentito neppure una parola « come si chiama quella bambina che gioca lì da sola ».
La donna non ebbe bisogno di affacciarsi alla finestra per sapere di chi stesse parlando « E` la piccola Naima». Il sospiro afflitto della donna incuriosì tutti i presenti e così la direttrice un po' controvoglia raccontò a tutti la storia della bambina. Dylan ascoltava distratta il racconto poiché non riusciva ad allontanare lo sguardo dalla piccola Naima. Vedeva che i bambini le giravano a largo e quei pochi che le si avvicinavano lo facevano solo per darle fastidio, tirandole qualche ciocca di capelli, o farle dei brutti scherzi. La piccola testolina castana - rossiccia, però, restava bassa e accumulava tutti gli insulti e le beffe di quelli che avrebbero dovuto essere i suoi amici, la sua famiglia. Doveva essere stato così difficile per lei. Molti erano stati i genitori che l'avevano presa in affido e altrettanti erano quelli che l'avevano riportata indietro come se fosse un giocattolo difettoso.
«Ormai se ne sta sempre in disparte, non parla con nessuno. Si fa scivolare il mondo addosso, come se più niente le importasse. Povera gioia, ha solo cinque anni e già ha sofferto moltissimo. So che siete delle brave persone, ma se non siete intenzionati a prendervi cura di lei non datele false speranze» le parole della direttrice erano così vere e così aspre.
Dylan però moriva dalla voglia di conoscerla, la sentiva così affine. Così incurante delle parole della direttrice scese le scale, aprì il portone e si ritrovò nel giardino.
 Il rumore del pesante portone di legno che si apriva fece voltare molte testoline incuriosite dalla nuova arrivata. Lei però continuava a giocare da sola nella sua bolla dove nessuno poteva ferirla.
 Dylan si avvicinò e si accovacciò al suo fianco per essere alla sua altezza. « Ciao io sono Dylan.» vedendo che continuava ad ignorarla la ragazza continuò a parlare, nella speranza di attirare la sua attenzione « Come mai stai qui tutta sola? Posso giocare un po' con te, quella costruzione sembra averti proprio affascinato ... mi dici che cosa rappresenta? » Dylan dovette ammettere che era molto determinata e per questo le piaceva sempre di più.
Le sue mani piccole e paffute lavoravano con il fango come se stesse creando una difficile scultura, la rossa guardava le sue mani affascinata. In mezzo alla sporcizia del fango però scorse qualcosa che la fece sorridere, un punto d'appiglio per riuscire ad entrare nel cuoricino di Naima. Una piccola voglia cremisi proprio sul palmo della sua mano, una voglia che lei conosceva bene. La stessa voglia che contraddistingueva le Compagne della stipe dalle altre donne. Così spinta dall'impulso Dylan le prese la mano e cercò di pulire alla meglio la voglia, doveva avere la certezza che fosse la sua stessa voglia.
Naima la fissò con i suoi grandi occhi verdi screziati d'oro, occhi così simili a quelli della donna che aveva davanti, ma allo stesso tempo diversi perché gli occhi della bambina erano tristi e spenti.
La bambina aveva paura, il suo gesto avventato l'aveva spaventata così le lasciò le mani libere. Naima le tolse di scatto e se le strinse al petto, per cercare un po' di sicurezza.
Parlare con lei, cercare di istaurare un dialogo era inutile non si fidava di nessuno e non poteva che biasimarla per questo. Così si scostò i capelli dalla nuca e si girò di spalle per mostrarle che in fondo erano uguali. La bambina che non aveva distolto lo sguardo da lei, per paura che si avvicinasse ancora, rimase affascinata quando scorse alla base del collo la stessa voglia rossa a lacrima e falce di luna.
Allungò una mano per percorrerne con un dito i contorni, come aveva fatto tante volte sulla sua.
 « Sono uguali » c'era stupore e una punta di gioia nella sua voce, Dylan si girò per sorriderle e si accorse che nei suoi occhi c'era una scintilla di speranza.
 


Per la prima volta Naima si soffermò ad osservare quella donna che le aveva rivolto la parola e che non aveva cercato di prenderla in giro o ferirla. Dondolava la testa da una parte e poi dall'altra durante la sua analisi. Il fatto che però si chiamasse Dylan la mandava un po' in confusione, non era un nome da maschi quello? Proprio non riusciva a capire bene. Quando la guardava la prima parola che le venne in mente fu bella ... quella donna era veramente bella. Aveva una folta frangia di ciglia castano scuro che le incorniciava gli occhi verdi come i suoi e setosi capelli rossi, con piccoli riflessi più chiari, raccolti in una coda.
La osservava ancora e uno strano pensiero si fece strada nella sua mente. Un pensiero bellissimo che ebbe paura di formulare, ma che fuoriuscì dalle sue labbra perché era troppo curiosa.
Sicuramente avrebbe sofferto di nuovo, ma non le importava doveva sapere.
« Mi somigli tanto ... sei la mia mamma » gli occhi della donna si fecero tristi, già sapeva cosa le stava per dire.
Non voleva ascoltare, era stata stupida a sperare ancora una volta; la sua mamma non la voleva perché lei era cattiva.
« No tesoro, non sono la tua mamma. Ma mi piacerebbe tanto diventarlo se per te va bene ».
Tutto questo stava realmente accadendo? Poteva essere felice? O l'avrebbero portata di nuovo all'orfanotrofio una volta scoperto che lei era diversa, che non era normale?

 
Dylan le tese la mano ed entrambe rientrarono nell'edificio.
Le carte e tutti i documenti che servivano furono firmati in fretta, con l'aiuto del controllo mentale di Rio. Lo sapevano entrambi che non si giocava con le menti delle persone, ma era troppo importante perché dell'inutile burocrazia li bloccasse.
Nella strada verso casa Naima rimase con il viso incollato al finestrino, assorbendo ogni singola immagine, ogni casa, ogni albero che incontrava per strada. Le volte che aveva lasciato l'orfanotrofio era troppo piccola per ricordare come fosse il mondo esterno e ne rimase affascinata. L'auto era grande e comoda, odorava di pelle e di buono, aveva l'odore che sicuramente avrebbe potuto attribuire al suo papà ... al suo nuovo papà, che però se ne stava sempre in disparte. La evitava, forse lui aveva già capito che non era normale. La paura le attanagliò lo stomaco, facendole venire i conati.
Dylan preoccupata l'aveva presa tra le braccia e la cullava, cercando di rassicurarla che presto sarebbero arrivate a casa. Quelle sensazioni di paura e di sconforto pian piano furono sostituite da un lieve torpore e dal sopraggiungere del sonno. Era stato Rio ad indurre uno stato di trance nella bambina, pensando che magari poteva soffrire il mal d'auto.
 

 

***** 


 
 
 
Quando Naima si svegliò si sentì spaesata. Dove si trovava? Dov'erano i muri pieni di disegni e pedate della stanza che divideva all'orfanotrofio? Le lenzuola profumavano di pulito e di sole, non erano umide e fredde.
Un morbido piumone lilla aveva sostituito la coperta vecchia e logora che copriva il suo lettino. Non era più all'orfanotrofio, ma era sola ... era di nuovo sola. Le lacrime iniziarono a rigarle il volto. Non riusciva a smettere di piangere.
Un pianto silenzioso.
Quante volte aveva pianto da sola nel buio sotto le lenzuola senza farsi sentire da nessuno, era diventata un'esperta in questo. All'orfanotrofio non potevi lasciare che nessuno ti vedesse debole, ne avrebbero approfittato.
L'avrebbero presa in giro ancora e ancora, l'avrebbero picchiata perché lei era quella strana.
Perché lei agli occhi di tutti era un mostro.
Sola ... mostro ... le parole e i volti degli altri bambini si alternavano nella sua mente urlandole insulti di ogni genere,facendo trasformare il suo pianto silenzioso. Per la prima volta Naima pianse con tutto il fiato che aveva, urlando al mondo il suo dolore.
Cercava di scacciare quelle voci e il dolore che portavano con loro, si rannicchio al centro del letto portandosi le ginocchia al petto e le mani sulle orecchie. Ma le voci non andavano via, continuavano ad urlarle mostro, mostro.
« Ehi! » una vocina si insinuò tra gli insulti « non piangere, ti sei fatta la bua?»
Naima scosse la testa e sollevò lo sguardo per incontrare due profondi e vispi occhi di un insolito colore le ricordavano le caramelle mou, che la direttrice le dava il giorno del suo compleanno, solo un po' più scuri, leggermente coperti da ciocche lisce e nere, di un nero così lucente da sembrare seta. « Per fottuna » le rivolse un sorriso incoraggiante e un po' sdentato « Io sono Xander ... finalmente ti sei svegliata. Tutti gli altri ti stanno aspettando. Io e Ethan volevamo venire a svegliarti ma mamma e papà mi hanno sgridato, però sono venuto lo stesso » il bambino di fronte a lei parlava molto velocemente per l'eccitazione, mangiandosi qualche lettera. Naima si accorse che diceva la erre in modo buffo e questo la fece sorridere. Poi spostò la sua attenzione sull'altro bambino in quella stanza e lo analizzò silenziosamente. Era leggermente più basso di Xander e aveva il viso più paffuto. Sembrava un angelo con brillanti occhi azzurri e cortissimi capelli biondi. Entrambi erano molto belli e avevano un sorriso contagioso.
« Dai vieni  » Xander le tese la mano per assicurarsi che lo seguisse e tutti e tre entrarono nel salone, dove un folto gruppo li stava aspettando.
« Xander Raphael che cosa ti avevo detto? Non potevi lasciarla dormire un altro po' » la donna con i capelli castano rossicci e un sorriso benevolo aveva ripreso il bambino al suo fianco, che sembrava mortificato di essere stato sgridato davanti a tutti.
« Ma mamma ... » la voce era diventata improvvisamente lamentosa « non l'abbiamo svegliata noi. Si è svegliata da sola e stava piangendo » cercò di giustificarsi.
Naima si sentì tradita da lui, aveva fatto la spia, e contrariata gli lasciò la mano.
Alla notizia Dylan le si era avvicinata e l'aveva presa tra le sue braccia per coccolarla. « Piccola, hai avuto un brutto sogno? ».  Scosse velocemente la testa, si sentiva la gola secca e non aveva voglia di parlare.
« Si sentiva sola ... aveva paura di essere stata abbandonata anche da voi » a parlare era stato Ethan, anche se non capiva davvero come avesse fatto a sapere la verità. Lei non gli aveva detto niente.
Le sue domande vennero messe a tacere prima del tempo dal brontolio del suo stomaco.
« Non devi aver paura non ti abbandoneremo ... ora questa è la tua casa. Andiamo a mangiare, Savannah ha preparato tante cose deliziose ».
Naima aveva stretto l'abbraccio, tra le sue braccia si sentiva più sicura. Quei piccoli gesti riempivano di gioia il cuore della giovane compagna, anche se la bambina sembrava non aver intenzione al momento di parlare con nessuno.
« Se c'è qualcosa che non ti piace o che ti preoccupa dimmelo, non aver paura » aveva concluso Dylan.
Avevano passato il resto del tempo tutti insieme a parlare e chiacchierare, anche se la piccola era rimasta in disparte a guardarli affascinata. Non aveva mai visto nessuno volersi così bene, e per di più non sembrava stessero fingendo. Però si chiese dove era andato il suo nuovo papà e tutti gli altri adulti maschi, erano rimasti solo i bambini e le donne nell'immenso salone.
« Mami possiamo andare a giocare fuori con lei » disse Xander indicando Naima, che se ne stava seduta sulle gambe di Dylan beandosi di quel contatto.
« Certo che potete, ma devi vedere se lei vuole venire ... non fare il prepotente » lo rimproverò bonariamente Tessa, scompigliando la folta chioma corvina.
« Ma io sono bravo mamma » affermò convinto Xander, come se le parole della giovane donna fossero totalmente assurde « Vuoi venire a giocare fuori con noi due? Ci sono anche i cani » disse per convincerla.
« Va bene » disse a bassa voce ed allungò le mani per afferrare quelle che i due bambini le stavano porgendo.
« Hai visto Ethan lei parla ... è fantastico » il figlio di Dante sembrava entusiasta della sua nuova scoperta e la piccola Naima non riuscì ad arrabbiarsi con lui.
 

 

 *****




 
 
 
L'aria era fredda e fuori era buio, all'improvviso Naima non era più molto convinta di voler giocare all'aperto anche se c'erano i cani. Davanti all'uscita piantò i piedi per terra, non aveva intenzione di uscire. All'orfanotrofio le avevano raccontato un sacco di storie sui fantasmi e altri mostri che escono di notte e lei ne ha paura.
« Tranquilla non devi avere paura ci siamo io e Xander a proteggerti, noi siamo fortissimi » ancora una volta Ethan era riuscito a capire cosa la turbasse.
« E` verissimo »
Si fidò, era facile fidarsi delle loro parole e del loro entusiasmo; mise il cappottino che le porgeva Mira e uscì a giocare nel giardino. Il posto era molto più grande del prato dell'orfanotrofio, lì alte mura impedivano di vedere al di là della strada ...
I bambini correvano felici arrampicandosi sugli alberi per mostrare la loro bravura a Naima, che li guardava con i suoi occhioni verdi spalancati.
« Sembrate delle scimmiette »
Risero di gusto.
 
A Naima piacevano davvero tanto i cani, ne aveva sempre voluto uno ma alla direttrice dell'orfanotrofio non piaceva questa sua idea, e ora davanti a lei c'erano due cani che richiedevano le sue attenzioni e le sue coccole. Si sentiva felicissima; ora aveva tutto quello che aveva sempre desiderato, chi sa quanto sarebbe durata questa volta la favola.
Dylan le aveva ripetuto più volta che lei sarebbe rimasta per sempre con loro, ma Naima sapeva che quando avrebbero scoperto il suo segreto non le avrebbero più voluto bene.
Harvard strofinò il suo tartufo umido sul palmo della mano per reclamare l'attenzione della bambina, al contatto la bambina sobbalzò riscuotendosi dai suoi tristi pensieri. Non voleva pensare al futuro, voleva solo vivere il suo momento di felicità e gustare quel calore di famiglia. Il meticcio non contento prese a tirare la gonnellina della bambina nella direzione opposta a quella dove si trovavano Ethan e Xander e dove lei era diretta, sembrava volerle far vedere qualcosa e così lo seguì. A terra ad un albero c'era un piccolo uccellino con un'ala spezzata, probabilmente era caduto dal nido. « Povero uccellino » di corsa lo portò da Mira, la ragazza era rimasta con loro per controllare che nessuno si facesse male.
 
La giovane compagna della stirpe vide la piccola correre a perdifiato, con le braccia protese in avanti e le mani a conca, come se stesse portando qualcosa.
I suoi passi sull'erba erano incerti e un paio di volte rischiò di inciampare.
« Naima che succede » la bambina alzò lo sguardo sulla ragazza e si scontrò con i suoi occhi viola, li trovava bellissimi ma sapeva che non era il loro colore naturale lei usava delle lenti a contatto colorate.
« E` ferito possiamo portarlo a casa per provare a curarlo  » si sentiva responsabile di quel fragile esserino che sarebbe di certo morto se lo avesse lasciato sull'erba.
Mira si rilassò, rendendosi conto che non c'era nulla di cui preoccuparsi e chiamò Xander con un gesto della mano. Entrambi i bambini arrivarono saltellando, sembravano essere un'unica persona. La ragazza indicò l'uccellino tra le mani di Naima e disse « Vuole curarlo le dai una mano? ».
Xander annuì semplicemente per poi prendere il piccolo volatile tra le sue mani anche se la bambina non glielo voleva dare, i maschi non erano molto delicati e gli avrebbe fatto di sicuro male. Però lui fu più forte di lei.
Chiuse le mani per un paio di secondi e quando le riaprì l'uccellino sbatté entrambe le ali e volò via.
« Ma ... come hai fatto? »
« Hai visto ... io sono speciale come la mia mamma » disse strofinandosi sotto il naso con l'indice.
« Io so leggere nella mente » disse Ethan, anche lui era speciale e non voleva essere da meno del suo amichetto « e nessuno pensa che tu sei un mostro. Anche tu hai un potere speciale vero? »
La bambina annuì « Posso far vedere agli altri quello che voglio, come se fosse vero ». Si ricordava bene il giorno che aveva scoperto la sua capacità, Beatrice piangeva perché Zac l'aveva spinta e lei voleva solo proteggere la sua amichetta, era arrabbiata e aveva immaginato che tanti piccoli ragnetti camminassero addosso al bambino. Sapeva che lui aveva paura dei ragni. L'aveva solo immaginato ma all'improvviso Zac aveva iniziato a strillare e ad agitarsi, cercando di scacciare via gli insetti invisibili. Nessuno tranne lei aveva capito cosa stesse realmente succedendo. Quando l'episodio si ripeté ancora e ancora la bambina iniziò a pensare di avere qualcosa di sbagliato, di essere diversa, di essere un mostro.
« Te lo ripeto non sei un mostro e poi hai fatto bene, quello si meritava una lezione » le rispose Ethan intercettando nuovamente i suoi pensieri.
« Uffi non lo fare » disse Naima coprendosi la testa con le mani, nella speranza di ostacolare il potere del bambino.
Continuarono a parlare dei loro poteri e a mostrarle le loro capacità, stupendola ogni volta. Ogni suo sorriso o gridolino di gioia li faceva sentire sempre più importanti e orgogliosi di loro stessi. Era anche partita una specie di gara tra di loro per risultare più speciale dell'altro ai suoi occhi.
Mira li guardava in silenzio, sghignazzando di tanto in tanto. Quando si accorse dell'ora chiamò tutti a raccolta per rientrare, il sole sarebbe sorto a breve e non poteva permettere che i due membri della stirpe rimanessero feriti.
« Possiamo vedere il sole che nasce? Mi piace farlo, anche all'orfanotrofio lo facevo sempre. Lo guardavo nascere dalla finestra » poteva capire le obiezioni di Naima, poter vedere l'alba, godere del tepore dei raggi del sole erano sempre state le cose che le piacevano di più fin da bambina, ma era pericoloso.
« Noi non possiamo restare al sole, ci fa male, ci brucia la pelle » Xander aveva sempre desiderato vedere il sole almeno una volta, ma semplicemente non poteva farlo.
La bambina si intristì per l'informazione ricevuta e mogia mogia rientrò con gli altri nel complesso dell'Ordine.
 
 

 

 *****





 
 
Naima si ambientò pian piano, scoprendo una realtà molto diversa da quella in cui era cresciuta. Fu accettata subito per il suo dono, e non ebbe più paura di venir cacciato per questo. Tutti sembravano entusiasti di averla al complesso, la coccolavano e cercavano di viziarla in ogni modo facendo arrabbiare Dylan, la sua mamma. Tutti ad eccezione di Rio.
Il guerriero aveva continuato a restare in disparte, cercando di restarle il più lontano possibile. Ogni volta che la piccola entrava in una stanza o provava ad avvicinarsi lui magistralmente si defilava andando ad allenarsi. La palestra era una delle poche stanze che non erano accessibili ai bambini e soprattutto a Naima, che era la più vulnerabile, ed era diventato il paradiso di Rio.
 
All'ennesima fuga del guerriero il viso della bambina si adombrò. Rimase seduta sul tappeto con le gambe incrociate, non prestando la minima attenzione né al libro da colorare, che aveva sulle gambe, né a Xander, che le stava parlando.
« Ehi, Naima, mi vuoi rispondere? Uffi!!! » il piccolo membro della stirpe stava iniziando a spazientirsi, non gli piaceva parlare a vuoto, però vedendo gli occhi della bambina inumidirsi sempre di più si sentì in colpa « Scusa. Non piangere dai, non sono arrabbiato con te. » come sempre le regalò il sorriso più bello e genuino del mondo; quel sorriso che era solito mettere tutti di buon umore, ma non quel giorno.
« Xander il mio papà non mi vuole bene. E` sempre triste ed arrabbiato quando mi vede, forse se me ne vado lui diventa più contento » mentre parlava tirava su col naso, per impedirsi di piangere.
« Non è vero, Rio ti vuole bene. E poi se te ne vai diventiamo tutti molto tristi. La tua idea non mi piace molto, dobbiamo trovare un'altra soluzione. »
Dopo molte idee insensate, molti disegni colorati e merendine mangiate i due bambini, con l'aiuto indispensabile di Ethan, erano giunti ad una soluzione; Naima avrebbe fatto un regalo al suo papà per renderlo felice.
 
 
All'interno del complesso era difficile stabilire se fosse giorno o notte, non vi era nessuna finestra nel piano dove abitavano tutti i guerrieri con la loro famiglia; Naima però era sicura che stesse per arrivare la notte, perché il complesso stava pian piano prendendo vita sotto i suoi occhi, ma prima che ognuno fosse impegnato in qualsiasi attività lei ,con l'aiuto dei suoi due amici, chiamò a raccolta tutti gli abitanti del complesso, e li fece radunare nel salone.
« Buonasera, signore e signori. La nostra famosissima artista, Naima, si esibirà per voi in uno spettacolo sensazionale solo per voi...  » Mira stava leggendo con enfasi il foglietto un po' stropicciato, che Naima le aveva dato alcuni secondi prima.
Nessuno degli abitanti del complesso sapeva cosa avesse in mente quella piccola testolina rossa, lei si era allenata con i suoi nuovi amici; aveva cercato di potenziare il suo potere, quello stesso potere che l'aveva fatta sentire diversa e cattiva. Con un atteggiamento da diva Naima si posizionò al centro della sala, fece un lungo inchino per salutare il suo pubblico; dopo aver lisciato le pieghe della gonna verde, regalatale da Gideon e Savannah, iniziò a concentrarsi. Sembrava non stesse accadendo nulla di speciale, ma non era così. Pian piano nella mente di tutti inizia a comparire l'immagine di una bella giornata primaverile, nel cielo volavano e cinguettavano alcuni uccellini, il vento accarezzava il viso dei presenti;nonostante la lieve brezza nessuno avvertiva il freddo perché il tepore dei raggi del sole riscaldava la loro pelle.
La vista del sole e del suo calore spaventarono non poco i guerrieri, che avevano paura di bruciare, ma pian piano capirono di non avere nulla da temere. Rimasero tutti piacevolmente colpiti dallo spettacolo che la bambina aveva organizzato per loro.
Xander ed Ethan iniziarono ad applaudire, coinvolgendo anche i genitori.
« Vi è piaciuto? L'ho fatto io con il mio dono » utilizzò la stessa parola che aveva sentito più volte uscire dalle bocche dei suoi amici « Questo è un regalo per il mio nuovo papà » continuò a parlare rivolta a Rio « anche se non mi vuoi bene, io ti voglio bene tanto così » allargò le braccia per riuscire a far capire a tutti quanto fosse grande il suo affetto « e se non vuoi che io stia qui, tu dimmelo ... mi faccio riaccompagnare all'orfanotrofio. Anche se mi piace stare con tutti voi, non voglio vedere che sei triste per colpa mia ».
Rio rimase commosso dalle sue parole, le andò incontrò per stringerla tra le sue braccia. L'unico motivo che lo spingeva a starle lontano era il suo volto deturpato. « Piccolina tu non devi andare da nessuna parte, il tuo posto è qui con me e la tua mamma. Ti voglio bene anch'io ... ma non hai paura di me? »
« Perché dovrei ... sei il mio papà » affermò con semplicità, come se le parole del guerriero fossero totalmente assurde.
Gli abbracci affettuosi e i bacini che Naima regalò a Rio scaldò il cuore di tutti.
Dylan in disparte guardava la scena con le lacrime agli occhi, finalmente erano una famiglia e forse anche quell'angioletto rosso sarebbe riuscita a far capire al suo uomo che non doveva vergognarsi del suo volto.

  
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