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Autore: Hellen96    23/03/2013    2 recensioni
Penso che un po' tutti pensiamo a ciò che ci rende veramente felici e lo troviamo sempre troppo tardi.
Il corso della vita ci porta dove non vorremmo, ma poi tutto si chiarisce anche se non sempre nei migliore dei modi.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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IN UN MOMENTO

 
Basta poco per raggiungere la felicità, così mi hanno detto. Ma voi ci credete? Per me la felicità non è altro che un momento, una frazione di tempo che passerà e lascerà al suo posto, una voragine o un solco profondo, dal quale sarà difficile uscire, se non impossibile.
Così credevo, almeno.
Non mi accorgevo di come la vita di per se, mi rendesse felice. Di come ogni istante, sia che piovesse rendendo il mio umore nero, sia che con il sole, mi inondasse di gioia, pura gioia di esistere.
Tutto ebbe fine un giorno.
Il giorno in cui io morii.
 
 
- Mamma esco a comprare la carne per la cena di stasera – urlai a mia madre che era dietro al gazebo in giardino, alla ricerca del trapano.
- Stai attenta! – urlò di rimando. Scossi la testa sorridendo: mia madre non sarebbe mai stata d’accordo sulle mie uscite in motorino, ma a mia discolpa le dicevo che ormai avevo raggiunto la maggior età e non potevo farmi accompagnare per ogni piccola cosa. Presi le chiavi sul tavolo e mi diressi direttamente dal mio veicolo.
Qualche minuto dopo ero per strada cercando di non provocare nessun incidente sbadata com’ero.
Il supermarket era a pochi chilometri da casa per questo i miei genitori non facevano storie a mandarmi anche durante le ore serali. Erano le sei passate e il traffico era preponderante. Feci del mio meglio per sviare tra le macchine e raggiunsi il supermercato in un baleno. Parcheggiai fiera di me e andai diretta in gastronomia a comprare un bel pezzo di carne da fare a rosto la sera stessa.
Il mio ragazzo sarebbe venuto a cena da noi per la prima volta ed io ero in fibrillazione.
Fischiettai fra gli scaffali, afferrando quello che mi capitava. Raggiunsi la cassa e quando sentii dire dalla cassiera:
- 43 €- mi cascarono le braccia. Ma che diavolo avevo comprato per spendere tanto? Pagai senza fiatare ripromettendomi che la prossima volta avrei evitato di comprare dopobarba per uomo. Accesi il motorino togliendolo dal cavalletto centrale, pregustandomi in anticipo la cenetta in arrivo. Arrivata allo STOP, guardai attentamente sia a destra che a sinistra. Niente macchine in vista, sospirai accelerando. Due fari mi si frapposero avanti, un camion era appena uscito da una stradina laterale, senza dare la dovuta precedenza. Cercai di scansarlo con una manovra sprint all’ultimo momento. Ce la feci, ma sentii la ruota posteriore slittare e inavvertitamente persi l’equilibrio andando a strisciare su l’asfalto la fiancata della moto e… la mia gamba sinistra. Non provai dolore mentre la gamba mi veniva maciullata, ma una tranquillità surreale. Poi il rombo di uno schianto: io e il mio veicolo eravamo andati a sbattere contro un muri di cinta. Esalai un rantolo in cerca d’aria. Maledetto camion delle consegne, pensai. L’ultimo pensiero della mia breve vita. Mi ero sempre lamentata della monotonia dei giorni e in quell’istante, mentre chiudevo per l’ultima volta gli occhi, desiderai avere più tempo, più tempo per dire ai miei genitori quanto gli volessi bene, alle mie amiche che senza di loro non sarei riuscita a sopravvivere ad un altro anno di scuola e al mio ragazzo avrei finalmente sussurrato il “Ti amo” tanto atteso.
Ma il tempo non bastava, non ce ne era a sufficienza lo sentivo. Avevo avuto diciassette anni per farlo, ma adesso chiedevo solo un minuto per poter essere felice.
Tutto il mio essere fu annullato, in un momento.            
  
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