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Autore: Flick Ic    23/03/2013    2 recensioni
-Manca poco- mormorò sottovoce, con le guance che si chiazzavano amabilmente di rosso sulla pelle candida.
Chiunque non avesse avuto l’onore di parlare con mademoiselle non avrebbe mai voluto attendere che il momento di udirne la flebile voce, quasi un sussurro, velatamente pudica ma realmente morbida come la panna sul latte appena tiepido o i frutti di gelso che i primi di settembre colmavano gli alberi del minuscolo bosco a qualche passo dal campo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                  “…sedean pastori e ninfe
                                                                     meschiando a le parole
                                                          vezzi e sussurri, ed a i sussurri i baci
                                                                     strettamente tenaci”*
 
Ginevra sistemò con grazia le spighe di grano che teneva intrecciate sul capo, tra le onde bionde dei suoi capelli appena umidi.
Chiuse i fogli che teneva tra le mani, ingialliti ma accuratamente ripuliti da ogni traccia di polvere, prima di alzarsi dal terreno zolloso e cominciare a vagare tra le felci che, poco rigogliose, si piegavano al contatto con la lunga gonna di lino che sua madre, quella mattina, le aveva raccomandato di tener buona per l’ora del tè.
Osservò con indulgenza il vescovo che al di fuori della sua sacrestia si apprestava ad invitarne al suo interno gli abitanti del piccolo borgo e sorrise, più per se stessa che per qualcun’altro, schiudendo le labbra rosee e sottili per permettere alla deliziosa dentatura bianca di sorgere e tramontare in un breve lasso di tempo.
Frugò nella tasca laterale del suo corsetto per poi trovare l’orologio da taschino di suo padre e controllare con attenzione l’orario che riportava.
-Manca poco- mormorò sottovoce, con le guance che si chiazzavano amabilmente di rosso sulla pelle candida.
Chiunque non avesse avuto l’onore di parlare con mademoiselle non avrebbe mai voluto attendere che il momento di udirne la flebile voce, quasi un sussurro, velatamente pudica ma realmente morbida come la panna sul latte appena tiepido o i frutti di gelso che i primi di settembre colmavano gli alberi del minuscolo bosco a qualche passo dal campo.
-Signorina!-
La ragazza alzò lo sguardo ceruleo dall’orologio, all’uomo che le correva incontro. Sistemò accortamente la gonna all’altezza delle caviglie e, controllando che non un solo centimetro di pelle fosse visibile ad occhio altrui, guardò il giovane che le si avvicinava.
Aveva un accenno di barba sul mento ed i capelli discretamente lunghi sulle tempie, almeno una settimana in ritardo sul taglio, commentò mentalmente.
Quando le fu sufficientemente vicino, Ginevra pizzicò i bordi della sua gonna chinandosi in un sommesso inchino di cortesia e lasciando che morbide ciocche della sua chioma le sfuggissero sulle gote.
-In cosa posso esservi umilmente utile?- chiese la fanciulla, soffermandosi sulla mandibola ben definita dell’uomo dinanzi a lei.
Un prete, nel frattempo uscito dalla sacrestia, osservava morboso i due aspettando un accenno di solo Dio sa cosa per intervenire e, magari, approfittarne per inculcare nella testa dei giovani qualche sano valore da seguire.
Il giovane uomo chinò a sua volta il capo con un leggero sorriso tra le labbra.
-Potreste essere così gentile da mostrarmi la via più breve per gli appartamenti del signore?-
Sollevò lo sguardo sul viso dalle perfette proporzioni della ragazza e attese, vagamente divertito, una risposta.
Ginevra diede una rapida occhiata alle sue caviglie ben coperte ed al suo seno avvolto dal bustino rosa antico prima di sfilare una spiga dorata dalla sua corona e porgerla al giovane.
-Dovremmo attraversare il borgo e, in ogni caso, non saremmo lì che per l’ora di cena- osservò mentre notava che il prete, annoiato dal tentare di origliare il loro discorso, si era appena ritirato nelle sue stanze, dietro il confessionale.
-Non importa- continuò l’uomo accettando l’omaggio che gli veniva offerto –Tutto per voi, mademoiselle-
Seguì lo sguardo della ragazza, e sorrise quando vide che oramai nessuno li guardava più.
Ginevra arrossì nuovamente, in maniera più decisa e vistosa di qualche minuto prima.
-E’ ora- disse avvicinandosi con lentezza al forestiero, le iridi grigie mescolavano dense i colori delle spesse nuvole sopra di loro.
Lui la accolse tra le braccia stringendola con poca delicatezza a sé, abbandonando totalmente le buone intenzioni di poco prima, mentre lei si chiedeva se avessero avuto davvero importanza tutti quei preamboli se non solo quella di allontanare sguardi indiscreti. Assaggiò le labbra bollenti dell’uomo quasi con ferocia che non le apparteneva affatto, aspirandone il profumo e ricordandone ogni screpolatura ed ogni morso che in precedenza gli aveva procurato.
I fogli che teneva arrotolati, caddero in terra e si coprirono di terriccio mentre i due scesero con veemenza dalla collina per rifugiarsi nel loro luogo segreto.
Ginevra sorrise di nuovo mentre, frugando nei ricordi, immaginò cosa sarebbe successo di lì a poco.
 
                                                                   “Né fu sua dura legge
                                                       nota a quell’alme in libertate avvezze
                                                                   ma legge aurea e felice
                                                       che natura scolpì: S’ei piace, ei lice”*
 
 
 
 
Note dell’autore:Sono tornata, dopo un periodo lunghissimo. Non di pausa letteraria, non potrei mai, più che altro tengo a definirla come una sorta di reimpostazione ed indirizzamento. Mi sono avvicinata ad un genere che, partendo dal mio conosciuto ed amato introspettivo, stavolta sfuma decisamente più sullo storico. E, come si può notare, i termini che ho accuratamente selezionato per questo testo sono quelli che ho ritenuto più adatti per questo periodo (varia tra la prima e la seconda metà del 1600).
Ginevra è, come tutte le ragazze di quest’epoca, devota alle consuetudini fisiche e mentali che costringono il suo giovane corpo ad essere segregato all’interno del suo corsetto, delle sue caviglie rigorosamente coperte, della restrizione popolare all’idea delle passioni carnali e via dicendo.
Possiede però, a differenza delle altre, i suoi manoscritti, le sue poesie, le idee che le permettono di sfuggirne anche solo un poco. Quei pochi istanti in cui riesce a sentirsi più viva nei confronti delle sue coetanee, di sua madre, della sua lunga gonna di lino. Ginevra sa di sbagliare, sa che probabilmente verrà scoperta ma dopotutto: s’ei piace, ei lice. Se piace, è lecito.
 
*I versi sono liberamente ripresi dall’Aminta, Torquato Tasso.
   
 
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