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Autore: KH4    23/03/2013    2 recensioni
“La mano che ha utilizzato per rassicurarlo con tocco gentile ricade mollemente sul materasso, seguito da un lungo e roco sospiro che vede Neah mordersi il labbro e distogliere lo sguardo amareggiato.
Lo ha sempre saputo, in fondo, non aveva mai avuto ragione di dubitare dell’affetto di quella preziosissima persona sopra cui stava a cavalcioni, ma solo ora se ne rende veramente conto, solo nel vedere il volto di Mana bagnato di piccole stille d’acqua salata, le sue, capisce che soltanto con lui può essere se stesso, lasciarsi andare senza timore di essere in qualche modo rifiutato ed essere sicuro che tutto andrà per il meglio.”
 
Personaggi: Neah e Mana (di età dieci, circa).
Capitolo d’ispirazione: 214, Searching for A.W/Awakening.
Avvertimenti: Non è una yaoi, solo una mia personale interpretazione del loro speciale legame fraterno. 
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio , Neah/Quattordicesimo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I temporali in campagna erano quanto di più violento madre natura potesse scatenare contro l’essere umano.
Non avevano niente di quella pioggerellina che imperversava costantemente su Londra, ne conoscevano la benché minima forma di remora per chi ci abitava.
 
Erano brutali, cattivi e trasformavano la terra in fangose sabbie mobili.
 
Sembravano farlo apposta, a scatenarsi all’improvviso e a continuare fino all’inverosimile, e il peggio era che nessuno aveva abbastanza voce e potere per farli smettere e spedire da tutt’altra parte. Ma d’altro canto, chi mai poteva avere il privilegio di battere i piedi e sgridare come se nulla fosse, qualcosa di così immenso? Quelli erano la voce della terra, una delle tante, il suo grido più muto e irruente, passeggero come qualsiasi altro capriccio conosciuto, come soleva ripetergli sua madre.
 
Eppure…. A Neah continuavano a non piacere.
 
Tic- Toc….Tic – Toc…. Tic –Toc...
 

Il pendolo dell’orologio in corridoio oscillava pigramente a destra e a sinistra, scandendo il lento avanzare del tempo con suono secco e meccanico. Il bambino vi si era aggrappato con l’intero udito, concentrato al meglio delle proprie forze per non sentire l’acquoso e dirompente picchiettare della pioggia proveniente dalle sue spalle. Conosceva bene il potere ipnotico e calmante di cui l’acqua piovana era intrisa, il silenzio che imperversava in tutta la villa era un chiaro segno che il suo incantesimo aveva già soggiogato tutti i suoi abitanti.
 
Ma non lui.
Lui non voleva, non poteva permetterselo, occorreva ben altro che della stupida pioggia per farlo desistere e nemmeno la totale assenza di lumi e cerini in tutta la dimora lo intimoriva.
 
Mana era lì, a neppure un metro da dov’era seduto, sdraiato su quel letto a baldacchino che lo faceva sembrare tanto piccolo e avvolto fino al mento da calde e soffici coperte.
Neah ne sentiva il respiro pesante e affaticato a intervalli irregolari, immaginandone il viso arrossato e malato con le labbra affondate nei denti. Neppure il buio di tutte le stanze della villa e gli aloni sfumati di blu che la pioggia creava coi riflessi del vetro avrebbero potuto nasconderlo: era sufficiente che un lampo andasse a squarciare quel cielo grondante d’acqua per illuminarne il profilo provato, un semplice attimo luminescente perché tutto l’universo venisse messo in disparte e la trepidazione che riempiva gli occhi neri di Neah ne toccasse il cuore già preoccupato, ma come un fulmine tagliò le nubi e andò a schiantarsi a terra, ecco che il ramo del ciliegio piantato fuori dalla finestra andò a sbattere contro il vetro, e la rabbia del piccolo montò sopra qualsiasi altra cosa.
 
- Smettila di fare casino! Mana sta dormendo! – Sibilò piano, guardando fuori dalla finestra.
 
E come a volergli rispondere, un secondo fulmine si abbatté al suolo. Il ramo colpì ancora il vetro, ma con più forza, come a volerlo sfidare, e nell’infilare la testa nelle spalle, il bambino si ripromise che una volta cessato quell’inferno d’acqua e tuoni, avrebbe reciso quello stupido ramo con le sue stesse mani.
 
Forse non era del tutto corretto pensare che a Neah, un bambino rumoroso e tanto vivace, non piacessero i temporali; più che altro… Erano i fulmini a dargli fastidio, certi di loro non riusciva a sopportarli e lo innervosivano parecchio, ma ammetterlo sarebbe stato come dire che aveva paura e lui non ne aveva. A detta sua, si intende.
 
Tic – Toc… Tic – Toc…. Don! Don! Don!....
 
L’eco dei rintocchi registrati dell’orologio a pendolo si propagò lungo tutti i corridoi presenti, attraversando le pareti e segnando il passaggio alla mezzanotte. Neah lì contò senza pensarci, buttando la testa indietro e chiudendo per qualche secondo gli occhi. Anche se era seduto su quella poltrona da molte ore, era più presto di quanto pensasse, abbastanza perché il sadismo del tempo riuscisse a rubargli giusto due attimi della sua attenzione e gli ricordasse che il dottore non sarebbe arrivato prima delle nove di quella mattina.
 
Sempre che il temporale passi -, si rammentò mentalmente, dischiudendo le palpebre in un’espressione contrariata.
 
Figurarsi se quel ciarlatano lardoso e baffuto si schiodava dalla sua bella casa in città per curare la salute di suo fratello, se fuori pioveva come Dio comandava. Nessuno sano di mente avrebbe preso il calesse, attraversato la campagna fangosa e rischiato di finire in un fosso per un malanno che poteva essere curato con un po’ di riposo e tante pezze d’acqua in fronte, nemmeno le persone che vivevano nella villa, per quanto fossero pienamente coscienti che non c’era alcuna banalità e superficialità nella salute precaria di Mana.

Salvo la madre e lui…. Nessuno si sarebbe dato tanta pena per una persona che molto probabilmente non sarebbe mai diventata adulta.
 
E la colpa era sua, stavolta.
Perché come gli altri, lui sapeva, ma aveva comunque voluto che Mana si alzasse e giocasse con lui, che corresse nel campo di grano per inseguire e farsi trascinare dal vento buttato fuori dalla grandi nubi nere.
 
- Mana… –
 
E’ appena un sussurro, il suo, un sospiro triste che non riceve risposta.
Ha perso il conto di quante volte ha pronunciato il suo nome, ma non riesce a farne a meno.
 
Mana, corri! Corri! –
Aspettami, Neah! –
 
Il ricordo è vivo e fresco come una ferita, lo assilla e domina la sua mente quanto basta per fargli stringere i pugni e conficcare le unghie nella pelle, mentre guarda con smorfia dolorante  il volto dell’unica persona oltre alla madre di cui gli importi veramente qualcosa.

All’intoccabile mare azzurro del cielo se ne antepone uno dorato e ondeggiante. Le spighe sono nel pieno della fioritura, così abbaglianti e fluenti da riflettere e catturare la luce del sole. Il vento è forte, soffia così tanto che i passeri non possono fare a meno di esibirsi in assurde capriole pur arrivare ai loro nidi sicuri.
In lontananza, nuvoloni neri crescono e si ingrandiscono. Sta per arrivare un temporale, ma intanto che il chiaro e la luce splendono sopra le loro teste, Neah vuole soltanto rincorrere il vento.
Vuole saltare e cavalcarne gli scivoli come fanno le foglie e i petali dei primi fiori sbocciati, salire con l’illusione di toccare il sole e capire se i suoi echi abbiano effettivamente un significato. Quando lo sente appena, si siede sui rami del suo albero preferito e rimane ad ascoltarlo, nel tentativo di comprendere cos’abbia di tanto segreto da sussurrare così piano. Ma oggi è diverso, oggi il vento è come piace a lui, forte, fresco e imbizzarrito. E vuole dargli la caccia.
 
In quel buio scandito ogni tanto da lampi tonanti, Neah non riesce a non pensare ad altro e più le memorie proseguono, più il cuore gli batte velocemente e dolorosamente in petto.
 
Chi esce per primo dal campo ha vinto!  –
 
Neah adora giocare con Mana. Sono fratelli, fanno tutto insieme, ma la loro uguaglianza si ferma davanti al riflesso di un qualunque specchio, perché dentro sono diversi e bravi in altre cose.
Mana è il maggiore, quello tranquillo e riflessivo, abile con qualsiasi tipo di pallina colorata e giochi di prestigio che chiedono soltanto pazienza e tempismo.
Neah è il minore, anche se di poco; lui è quello vivace, che parla col vento, che si diverte a testare la sopportazione della cuoca di casa con vari scherzi e che suona il piano così bene da rendere visibile la melodica bellezza di ogni sua singola nota.
Sono fratelli, ma non potrebbero essere più diversi di come appaiono, e chiedere loro di stare separati è eresia pura e folle come il voler vivere del solo giorno.
 
Si sporge appena dalla poltrona e allunga il braccio, quasi come se l’esitazione decidesse per lui. Sa che non troverà niente di diverso nel toccare la fronte di Mana, la sentirà ancora bollente e pulsante esattamente com' è stata per quei due lunghi giorni, ma la vicinanza al fratello gli sembra sempre così insoddisfacente, che a malapena capisce se il flebile e appena accentuato alzarsi e abbassarsi del suo torace sia reale oppure frutto della sua immaginazione.
 
- Mana…? Mi senti? –
 
Avanti, Mana! Dai! Dai! –
 
Neah corre come se avesse altre due gambe oltre a quelle dategli alla nascita.
Sfreccia nel biondo campo senza paura di inciampare, veloce come una di quelle lepri selvatiche che scavano le loro tane presso i vecchi alberi del bosco. Ha atteso troppo un pomeriggio di sole come quello e vuole goderselo, ma da solo non avrebbe avuto senso e a Mana non faceva bene stare tutto il giorno in casa.

 
- Mana? –
 
Gli sfugge un brivido nell’anteporre la sua mano fredda sulla fronte rovente del fratello. Sicuramente anche le braccia, il collo, il torace, le gambe… Tutto il suo corpo sta bruciando come se fosse stato messo sui carboni ardenti. E l’ansia di Neah cresce con i ricordi, scava con cura e lentezza per far strada a quella paura che sempre dice di non avere per nulla….
 
Neah! –
 
Il bambino sente la voce del fratello dietro di lui, e si gira giusto un paio di secondi per sorridergli trionfante. E’ una gara, la loro, la prima cosa venuta in mente al più giovane per meglio sfruttare quel vento capriccioso.
 
Andiamo, Mana! Guarda che ti lascio indietro, se non ti muovi! –
Ma… -
Corri! –
 
Neah sente il vento alle sue spalle farsi così forte da spingerlo verso l’alto e se ne lascia totalmente investire. E’ solo un’illusione, quella di poter spiccare il volo, ma nell’alzare lo sguardo d’onice verso il cielo, vede stormi di rondini fare esattamente quello che farebbe lui se avesse le loro ali. E non riesce a non pensare al gran momento che si avvicina sempre di più.
 
Neah…. Aspettami…! –
 
La voce di Mana è ancora dietro di lui, appena distinguibile dal rumoroso vociare del vento, ma la mente di Neah è estraniata, rivolta davanti a sé. C’è un dislivello che separa il campo dal grande prato che antecede il bosco e lui distende le braccia e si piega leggermente per prendere una maggiore spinta.
 
Viaaaa!!!! –
 
Giunto al bordo, salta con tutta la forza che ha nelle gambe, compiendo un balzo che supera di gran lunga tutti i precedenti. Con le braccia distese e le mani rivolte al cielo, gli sembra di poter afferrare i raggi del sole, imprigionarne il calore e volare con le rondini, ma è solo un attimo e tutto si conclude con un atterraggio perfetto e leggero come il tocco di una piuma.
 
Ho vinto io! – Esulta - Hai visto che salto, Mana? –
 
Si aspetta di vederlo uscire dal soffice ondeggiare delle spighe di granoturco come sempre, con un po’ di fiatone e le guance arrossate. Mana non è un corridore come lui e quel gioco non lo vince mai, ma il solo volerci provare basta perché Neah lo proponga energicamente quando più gli aggrada e lo trascini in nuove sfide.
 
Il traguardo è lo stesso, le regole pure, così come il vincitore…….
 
Mana…? –
 
……. Ma come il secondo non si vede arrivare, tutto cambia.
 
- Scusami… -, chiede con lo sguardo abbassato – Io non …Non… -
 
La voce gli trema per via della gola, dove le corde vocali sono legate fra loro da innumerevoli nodi non scioglibili. Quello che vuole dire l'ha detto e ridetto tantissime volte, ma alle sue orecchie sembra non bastare, perché vede con fin troppa evidenza che niente è mutato a seconda del suo desiderio. Mana è ancora lì, con un'enorme pezza d’acqua appena messa da lui ad alleviare di poco le sue sofferenze, sempre prigioniero in uno stato di profonda incoscienza dove nessuna voce e nessun volto possono raggiungerlo.
 
Neppure quello di suo fratello minore.
 
Mana? Mana, dove sei? –
 
E’ la terza volta che lo chiama, ma niente. In quel mare dorato, la voce di Neah si disperde ovunque, senza ricevere la risposta che tanto cerca, senza trovare la persona che vuole. Il movimento pigro e sinuoso delle spighe fa sembrare tutto uguale, confonde le idee e l’orientamento, ma al bambino dai corti e scompigliati capelli neri non occorre nulla che non sia la sua mente e il suo conoscere bene quel campo, per tornare indietro sui suoi passi.
 
Mana, rispondi! –
 
E’ tanto stanco, suo fratello maggiore, tanto che forse non riuscirà più a svegliarsi…
 
Mana, ti prego, rispondi! Non fare scherzi! –
 
Si sta preoccupando, Neah. Qualcosa di strano gli si agita in petto, tenta di sfuggire al suo controllo. Rallenta il passo perché non riesce a respirare bene e sente distintamente il suo cuore battere con più intensità. Il montare di un presentimento freddo fa vacillare la sua innata sicurezza, cerca di spingerlo via e buttarlo giù dall’altura sopra cui il suo piccolo ego si è insediato, ma lui resiste e continua a cercare con gli occhi neri una qualunque traccia che lo aiuti.
 
E nel mentre le spighe gli solleticano la pelle delle gambe scoperte e i primi tuoni cominciano a farsi sentire, ecco che qualcosa guizza alla sua vista, per poi fuggire via come un pesce d’innanzi al pericolo.
 
Mana….? –
 
- Non volevo farti del male, Mana… -, sussurra con le nocche completamente sbiancate per il troppo stringere i pugni.
 
Pensa di aver sbagliato. Pensa di aver visto male, che quella strana ombra sia un nulla di che. Non sarebbe affatto strano se fosse un animale morto, gli è già capitato di vederne qualcuno……
…….Eppure il suo cuore comincia a riempirsi sempre più di timori  e tremori. Per quanto sappia che non sarebbe per nulla eclatante trovare un passero mezzo mangiato o un riccio in decomposizione, le sue gambe accennano appena a muoversi. La mente è scissa in due parti impermeabili, rimbomba di parole che gliela fanno vorticare come le girandole di carta colorata che tiene nel baule della sua stanza.
 
Non c’è nessun animale morto, lì.
Solo una figurina rannicchiata a terra e con dei lunghi e lisci capelli neri che lui conosce molto bene e che ha anche tirato per dispetto una volta.
 
Ma…….na? –
 
- Perdonami… -
 
Lampi e tuoni stracciano il cielo e lo stropicciano come fosse carta straccia, ma Neah stavolta lascia correre, preferendo appallottolarsi contro lo schienale della poltrona e imbacuccarsi fino al naso con la coperta che ha preso dalla sua stanza. Non ha più voglia di arrabbiarsi con la tempesta, tanto è inutile, non può vincere: non può prendersela con la pioggia per quanto accaduto, ne darle una colpa inesistente, anche se ciò lo aiuterebbe a sopportare meglio quel continuo rumoreggiare secco e dirompente che sembra proprio avercela con lui.
 
Solo con se stesso può avere il lusso di arrabbiarsi e rimproverarsi per quanto capitato.
 
Mana è quello maggiore, vero, ma è anche quello malato, con il braccio violaceo per le tante punture fatte e il sangue tolto.
Quello che il dottore a volte è costretto a legare con legacci e funi perché possa somministrargli una medicina che forse non gli attenuerà il dolore.
Quello che perde i sensi una volta che tutto il suo male comincia lentamente a scivolare via dalle sue membra.
Quello che, pur di non far preoccupare troppo chi è in ansia per lui, stringe i denti e sopporta in silenzio.
 
Neah è il minore, quello impotente.
Quello che urla al dottore di fare qualcosa invece di stare fermo e osservare.
Quello che vorrebbe trovare una soluzione e non ci riesce perché non ha idea del male che Mana ha.
Quello che l'ha quasi ucciso per un suo stupido, banale e insensato capriccio di bambino.
 
Non c’era stata alcuna intenzione cattiva, nessun pensiero mosso da emozioni o sentimenti carichi di chissà quale forza maligna, eppure, nello stendersi accanto a Mana, ma senza andare sotto le coperte, Neah si sente esattamente come uno di quegli uomini capaci di afferrare il morbido e caldo collo di un innocente e stringerlo fino a prendersi la loro vita. Un assassino.
 
- Non l’ho fatto apposta! Non l’ho fatto apposta!- Si prende la testa fra le mani e la nasconde, ripetendo quelle parole con l’intenzione di lasciarsene convincere, sebbene le memorie contrastanti ci cozzassero contro con violenza – Mana…. –
 
Il nome del fratello esce rotto e tremante. Domare l’ansia è praticamente impossibile, Neah ci è in balia a tal punto che non percepisce neppure il calore liquido e bruciante delle lacrime inondargli il viso, mentre del suo piccolo e prezioso universo non rimangono che frammenti luccicanti sparsi in ogni direzione. La paura gli fa male, gli lacera la pelle e lo pugnala dove può sentire più dolore, riempendogli i polmoni di sangue e la bocca di un senso di nausea insopportabile.
 
- N- Non lo faccio più... – Dice con i singhiozzi che si susseguono ritmicamente.
Ti prego…. –
- La prossima volta mi… Mi fermo subito… -, continua.
Ti prego, non andare via… -
- Starò più attento…. –
Non lasciami solo… -
- La mamma tornerà presto e… E di sicuro porterà con sé il dottore. –
Non morire…. –
- Sarebbe bello se, quando arriva, ti trovasse sveglio… -
Non morire… Non morire… -
- Sarebbe così sollevata… Così felice…. –
Non morire… Non morire… Non morire… -
- P...Per favore, Mana… –
NON MORIRE! –
 
Non sa più come chiederlo o pensarlo, le sue ultime energie si prosciugano in un battito di farfalla e lui rimane lì, inerme, con la testa dolorante per il pianto e le palpebre bagnate. Più desidera che Mana si svegli, più questo sembra allontanarsi e il suo animo si sgretola. Nessun altro della famiglia ha così tanto potere su di lui, nessun’altro lo capisce e gli è legato come suo fratello maggiore.
A volte le parole neppure servivano, era sufficiente uno sguardo e tutto andava esattamente come uno dei due voleva. Mana era la sua ancora così come lui era la sua, ma Neah aveva bisogno di lui più di quanto desse a vedere e Mana era sempre lì esclusivamente per lui, più della stessa aria che respirava.
 
Il solo pensiero di non averlo più per sé…. Che non potesse più svegliarsi, che….. Non diventasse adulto con lui…
 
- N… Neah..? -
 
Infine la sente.
Sente quella manina che per giorni aveva stretto, toccargli i corti capelli e appoggiarvisi sopra con delicatezza. Le coperte si muovono di poco, in un movimento lento e forzato che spinge Neah ad aprire gli occhi e a scattare seduto come se qualcosa lo avesse morso a una gamba.
E’ un attimo, un semplice e minuscolo attimo che il tempo ferma appositamente per lui, perché se lo goda al meglio delle sue possibilità. I suoi occhi neri s'incrociano con un altro paio completamente identici, solo molto affaticati dalla malattia e animati da una luce opaca che ne riflette il forte indebolimento.
 
- Neah…Cosa c’è? Perché piangi…? – Gli domanda debolmente, col respiro rocco.
 
Se non vedesse il suo viso arrossato, con i capelli disordinati e un po’ appiccicati alle guance, il minore crederebbe davvero di stare sognando, ma quando percepisce distintamente le mani calde del più grande avvolgere le sue e alzarle un po’, la bocca gli si dischiude in un’ebete espressione e la realtà comincia lentamente a richiamarlo a sé.
 
- Hai le mani gelate….E questi segni? – Portandole vicino alla bocca, il maggiore dei fratelli ci soffia sopra, massaggiandole con molta attenzione – Ecco, così ti si scalderanno…Un po’ più in fretta… -, mormora, sorridendogli debolmente.
 
E’ un sogno, sta di sicuro sognando…
Alla fine, a forza di sperarci come un pazzo, ha perso la capacità di distinguere il sogno dalla realtà. Ha dato fondo a ogni singolo grammo di forza per quella speranza, l'ha chiamato così tante volte, pregato ininterrottamente, che alla fine un contentino, seppur piccolo, se lo è comunque meritato.
 
E cosa può esserci di più gratificante, se non vedere Mana sveglio e di fronte a lui?
Già, Mana…..
 
Mana che si preoccupa prima degli altri invece che di se stesso.
Mana che pensa a lui e alle sue mani fredde anche con la febbre a quaranta.
Mana che sta e starà sempre e comunque dalla sua parte, perché cosi ha promesso e così manterrà.
Mana che, pur di vederlo felice, lo accontenterebbe anche a costo di rinunciare alla propria vita.
 
No… No, quello non è un sogno, non ha affatto perso il dono di distinguere il vero dal falso. Lui sa, è fin troppo cosciente che Mana è semplice e buono, che pensa prima all’uccellino caduto dal nido prima di prendere la medicina, che aspetta che lui abbia finito i compiti che non risolverà neppure fra cent’anni per mangiare insieme il dolce della merenda, che dice sempre che lui non ha fatto apposta a rompere questo o quello, che si preoccupa sempre prima di chi gli è vicino invece di se stesso, anche quand’è lui ad aver bisogno di cure.
 
Altro che sogno, altro che illusione….
Quella brutta testa di rapa è vera quanto lui!
 
- Neah…? -
- Idiota! – Il minore gli salta addosso all’improvviso, gettandolo sul materasso e tenendogli le spalle ben ferme. 
- Neah… - Mana batte più volte gli occhi, cercando di mettere a fuoco il profilo del fratello che, per qualche secondo, gli è apparso sfocato e ondeggiante.
- Sei uno scemo! Un piccolo, stupido e avventato incosciente! – Gli urla quello, con tutta la voce che ha in corpo – Che ti è saltato in mente, eh?! Accasciarti a terra a quel modo…. Se non stavi bene, dovevi dirmelo! -
- Ma io… -
- Ho creduto davvero che questa volta saresti morto! –
 
Continua imperterrito a scuoterlo con forza, completamente estraneo dei deboli tentativi di spiegazione da parte del fratello e della sua debolezza fisica. Non ce la fa a non parlare a voce bassa o a tenersi per sé quelle parole che poco prima erano state soltanto dei pensieri tormentosi: per la prima volta in vita sua, Neah ha avuto paura, una paura mostruosa, che lo ha dominato e reso impotente e incapace di fare ogni cosa, che ha smantellato ogni sua assurda presunzione di poter fronteggiare tutto e tutti con uno sguardo di sfida.
 
Non avrebbe mai potuto andare avanti senza Mana, non sarebbe stato lo stesso.
 
- Non piangere… –
 
Sussulta nel sentire la voce del maggiore chiamarlo e spalanca gli occhi nel sentire ancora una volta la sua mano calda toccargli la guancia che si accorge essere bagnata. Mana lo guarda con occhi preoccupati, impegnandosi a tenere alzato il braccio tremolante che con tanta fatica ha sollevato esclusivamente per lui.
 
- Io non morirò… Te l’ho promesso…. – Si ferma, intontito da uno di quei capogiri a cui mai è riuscito ad abituarsi – Starò sempre dalla tua parte…Qualunque…Cosa succeda -, ansima, per poi sorridergli debolmente – Quindi.. Non piangere. -
 
La mano che ha utilizzato per rassicurarlo con tocco gentile ricade mollemente sul materasso, seguito da un lungo e roco sospiro che vede Neah mordersi il labbro e distogliere lo sguardo amareggiato.Lo ha sempre saputo, in fondo, non aveva mai avuto ragione di dubitare dell’affetto di quella preziosissima persona sopra cui stava a cavalcioni, ma solo ora se ne rende veramente conto, solo nel vedere il volto di Mana bagnato di piccole stille d’acqua salata, le sue, capisce che soltanto con lui può essere se stesso, lasciarsi andare senza timore di essere in qualche modo rifiutato ed essere sicuro che tutto andrà per il meglio.
 
Lui lo ama. Lo ama come solo un fratello maggiore e tanto speciale come lui può fare. Mana è gentile e tanto fedele, non lo tradirebbe, nè mai gli darebbe ragione di dubitare di quell’amore che sempre gli regala con sincerità disarmante. Sa cosa dire o fare per lui anche senza conoscere una determinata situazione, gli legge dentro e lo tranquillizza con modi di fare di cui mai riuscirà ad appropriarsi e gli fornisce quella sicurezza da cui tanto segretamente dipende e che non può emulare con l’intenzione di sorpassare.
 
E’ l’unica consapevolezza che riesce ad appianare ogni sua rabbia, dubbio, timore e scintilla d’orgoglio, che lo addolcisce e gli restituisce la giusta lucidità.
 
- Non devi accontentarmi sempre -, mormora questo poi, più calmo – Sai benissimo che posso rinunciare anch’io a qualcosa, non è mica un fastidio. –
 
Anche Neah lo ama, incondizionatamente, con la stessa intensità.
Darebbe tutto, l’impensabile, per stare con Mana e compensare quella mancanza di libertà di cui lui invece gode pienamente.
Qualche secondo in più… Per vivere la loro promessa e rimanere uniti come adesso. Un istante per fare qualcosa e ricambiare tutte le piccole gentilezze che il maggiore compiva spontaneamente per lui.
 
 WHAM!
 
- Accidenti! – Impreca il minore, sobbalzando vistosamente. L’ennesimo fulmine si era riversato a terra con dirompenza, facendo sbattere contro il vetro quel dannatissimo ramo di ciliegio.
- Piove davvero forte…- nota l’altro, volgendo lo sguardo verso la finestra – Vieni sotto le coperte, Neah. -
- No. Non ho paura -, borbotta quello, incrociando le braccia al petto e alzando la testa – Figurati se un paio di lampi mi spaventano. –
- Ma fa freddo… -, replica Mana – E Il letto è grande abbastanza per tutti e due. Non voglio… Che ti ammali pure tu. –
- Posso resistere benissimo fino a domani mattina! – Si intestardisce ancora di più.
 
Ed esattamente com’era successo prima, come a volerlo nuovamente sfidare e sottolineare la propria supremazia, un altro fulmine scuote le nubi e apre il cielo, seguito da rombi che si guadagnano da parte sua una velocissima occhiata. E’ sempre stato tanto testardo Neah, un bambino che fa di tutto pur di non far trapelare qualcosa che potrebbe minare il suo orgoglio, ma disgraziatamente sa di aver perso la concentrazione a cui prima si era tanto aggrappato, così come sa che non la potrà più recuperare. Il suono dell’orologio è andato perduto e con la notte ancora alle porte e quel dannato diluvio a imperversare fuori casa, l’impresa di resistere fino al sorgere del sole sembrava essere appena stata pesantemente compromessa dalla sua stessa desistenza.
 
Ma che se ne andassero al Diavolo, quei dannati fulmini della malora!
 
- … Solo dieci minuti -, pronuncia infine, infilandosi in fretta e furia sotto la coltre di coperte e affiancandosi al fratello – Giusto il tempo che tu ti riaddormenti. –
- Senti come sono fredde, le tue mani… -, mormora quello, prendendogliele per la seconda volta fra le sue e portandosele al petto – Ti fanno male? –
- Ma mi hai ascoltato, almeno? –
 
A volte Neah non capiva in quale dimensione fantasiosa Mana andasse con la mente. Spesso gli capitava di sentirlo parlare con una tale enigmaticità, che neppure la loro madre riusciva bene a comprendere.  La sua immaginazione lo portava in dimensioni che superavano qualsiasi bellezza e ragione umana, posti in continua espansione, infiniti come il numero di stelle in cielo. Poi era lui quello strano e solo perché s'intestardiva nel voler tradurre il linguaggio del vento!
 
- Mana? Ehi, mi hai…? -
- Sì, tutto… -, gli risponde flebilmente, chiudendo gli occhi – Io ti sento sempre, Neah…Sempre… -
 
La presa sulle sue mani è così fievole che il minore potrebbe sfilarle da quelle del maggiore senza che lui se ne accorga. Basterebbe poco, giusto un movimento fugace, ma nel guardarle, Neah non lo fa. Si accoccola meglio e lascia che quel piacevole calore gli sciolga tutto il corpo e induca le sue membra al meritato riposo. Ciò che più ha desiderato in quelle ultime ore si è avverato: il calore che quella mano identica alla sua sprigiona lo ingloba e lo fa sentire così protetto che il frastagliare dei fulmini non lo raggiunge più.
 
Sii sempre dalla mia parte, sempre mio. Ho bisogno che tu ci sia. –
 
Ha ritrovato il suo mondo, il posto dove c’è sempre un sorriso per lui, tutta la sua sicurezza. Non lascerebbe la mano di Mana per nessuna ragione sufficientemente valida, nè si priverebbe di quanto gli regala anche se fosse per il suo stesso bene. Perderebbe se stesso, se solo ci provasse anche col semplice pensiero.
 
Non andare dove non posso raggiungerti. -
 
Niente di quella tranquillità che li proteggeva come una campana di cristallo sarebbe durata per sempre. Qualcosa, un giorno, sarebbe cambiato, e il bel cristallo della loro cupola si sarebbe incrinato rovinosamente.
Forse Mana sarebbe guarito definitivamente e avrebbe visitato il mondo insieme a lui.
Forse la morte avrebbe bussato alla sua porta e se lo sarebbe portato via come dicevano gli altri della famiglia.
E sempre forse…Lui avrebbe dato voce al peggio di sé pur di impedire a chiunque di appropriarsi della sua felicità.
 
Continua ad amarmi ed io ti proteggerò per l’eternità.
 
Non c’era modo di verificare se quel sentore fosse fattibilmente reale o solo il frutto di un’emozione troppo suggestiva. Il destino era una di quelle cose la cui esistenza stessa tendeva a fuggire dalla comprensione umana, ma se anche in mezzo al loro cammino si fosse parato il più rosso degli inferni, finché stringeva la mano di Mana e aveva il suo amore di fratello a dargli forza, agli occhi di Neah, tutto sarebbe andato tutto bene.
  
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