Audie
guardò la farfalla posarsi accanto a lei e
chinarsi sull’acqua della fontana. La ragazza sapeva bene
cosa sarebbe
successo: se la farfalla avesse toccato l’acqua sarebbe
morta. Audie rimase a
fissare ugualmente ciò che sarebbe accaduto.
Inaspettatamente
la farfalla si librò in aria e si
posò sul dorso della mano di Audie, lei la
guardò, inclinando il viso di lato
con aria curiosa.
Non
ne aveva mai vista una da vicino, con le antennine
di molla e le ali in acciaio. La cosa che l’aveva sempre
incuriosita era la
chiave a molla, collegata all’ingranaggio sotto il corpicino.
A
cosa poteva servire, in qualcosa di così autonomo?
-
Aud? Audie! Che fai?- la farfalla volò via
spaventata ed Audie guardò con disappunto l’amico
– George! Che bisogno c’era
di farla scappare?- si alzò raccogliendo le gonne nelle mani
e le lasciò cadere
nuovamente.
George
apprezzava il modo in cui la stoffa ricadeva
sul giovane corpo dell’amica, per non parlare dei colori che
le illuminavano il
viso: il dorato del vestito giocava in modo particolare con il verde
degli
occhi, facendo al contempo risaltare l’ebano lucido dei
capelli.
-
Allora?- improvvisamente il ragazzo sentì il
tacchetto di una scarpa di Audie battere a terra, le mani tipicamente
appoggiate ai fianchi. – mh.. non me ne ero accorto!
– si scusò distrattamente,
sedendosi impacciato sul bordo della fontana di metallo; Audie
sbuffò, ma ci
passò sopra, piazzandosi davanti a lui. – cosa
facciamo oggi? – George posò il
cappello a bombetta accanto a sé, scompigliandosi i capelli
castani e guardando
nel vuoto con aria assorta, come se pensasse a tutt’altro.
– non so. – disse
alla fine, accorgendosi che l’amica aspettava di nuovo, con
aria spazientita.
Audie diede un colpetto al cilindretto nero in modo che il fiocco
dorato fosse
di lato ed i due nastri di esso le incorniciassero un lato del viso.
George
si alzò, sistemò la cravatta e tese con
leggiadria la mano ad Audie – decideremo
avviandoci… per le strade!- la frase
totalmente priva di un senso logico quasi calmò Audie; la
ragazza era abituata
a sentire l’amico sproloquiare con la testa tra le nuvole.
Con
uno sguardo di scuse Audie non prese la mano che
le era stata porta e fece un passo indietro. – mi spiace
George… oggi non me la
sento di vagabondare per le strade come al solito… scusami-
non aveva neanche
concluso la frase che aveva alzato lo sguardo al cielo perennemente
nero o blu
scuro. Notò la vaga sfumatura di violetto che aveva assunto
quel giorno, ma
ormai aveva smesso di sperare che il sole o la luna facessero capolino
da
dietro le case, i monti o le fabbriche.
D’un
tratto Audrie ripensò a ciò che sua madre le
aveva raccontato precedentemente tramandatole dalla madre circa le
farfalle…
quelle vere, variopinte, con un minuscolo cuoricino che batteva; le
lepri, gli
orsi, i delfini!
Tutto
ciò che un tempo esisteva, per Audie era solo
una leggenda… e ciò che prima era leggenda, ormai
era dimenticato.
E
mentre Audie faceva tutte queste riflessioni a
proposito di come fossero ora gli animali (orrendi, meccanici e ancora
decisamente da perfezionare); George era rimasto a guardarla, con gli
occhi blu
leggermente socchiusi e concentrati a memorizzare ogni singola
espressione
della ragazza. Non era un mistero che lui fosse innamorato della figlia
del
sindaco, solo Audie stessa non ne era consapevole, testarda
sull’ignorare le
voci di corridoio e le parole ammonitrici delle sue care amiche.
Nonostante
ciò andava a tutti bene così.
Audie
era troppo innocente e distratta per
intraprendere alcun tipo di relazione impegnativa e George…
be’, da lui non ci
si aspettavano vette meno ambiziose. Di certo non avrebbe rinunciato;
proprio
colui che era in grado di aspettare che il sole sorgesse per la prima
volta
dopo secoli, tenace e caparbio pur di avere la mano della ragazza.
“Lascia
tempo al tempo” si ripeteva costantemente,
paziente. Era un po’ strano, ma la sua intelligenza era cosa
indubbia; più
volte era stato definito più saggio della sua età.
-
mi spiace… ti va se ci vediamo di nuovo qui, domani
alla sesta? – disse improvvisamente Audie, prendendogli la
mano con
delicatezza, ma con decisione; preso alla sprovvista, George
arrossì –
c..certo!- balbettò insicuro, passandosi la mano tra i
capelli e stringendole
la mano con un fremito – alla ora sesta- ripetè,
mostrando di non essersi perso
nel discorso.
-
perfetto… e scusami ancora… hai fatto strada solo
per tornare indietro da solo!- Audie si mise in punta di piedi a dargli
un
lieve bacio su una guancia, e quella per George non fu certa una magra
consolazione – già… be’, non
fa niente… tranquilla Aud!- esalò il ragazzo, con
una mano appena posata sulla guancia baciata, mentre l’amica
correva verso
casa, nel buio perenne della città.
-
magari… forse… la prossima volta la
accompagnerò io,
a casa- borbottò tra sé e sé il
giovane, una mano nella tasca del pantalone e
l’altra ancora sulla guancia, come a non voler lasciar
sfuggire il bacio da lì,
mentre si avviava senza fretta alcuna verso la casa lontana pochi
distretti.