Il
foglio di
carta era stropicciato e l’inchiostro un po’
sbavato, probabilmente per colpa
dell’acqua piovana.
Nonostante
tutto, le parole si leggevano ancora chiare e concise.
«Oh, piccola Gwen, sapessi quanto mi
dispiace. Mi sento un mostro, forse lo sono addirittura davvero, ma
niente può
giustificare quello che ti ho fatto. E’ stata tutta colpa
mia, non posso
biasimare Emma e i suoi parenti. Spero che almeno tu, con quel sorriso
contagioso che t’illuminava ogni giorno e con quella purezza
d’animo tipica di
un angelo, possa perdonarmi..»
Alla fine
non si riusciva a distinguere la firma, ma immaginavo fosse di Nico.
Quello era
un sincero pentimento, un umile costernazione, chiamatela come volete,
ma il ragazzo
deve aver vissuto tutti questi giorni con un immenso senso di colpa,
autopunendosi per ciò che aveva fatto. Il
carcere dev'essere stato un inferno per lui.
Mi
addormentai sulla poltrona, le mani lasciarono cadere la lettera che,
svolazzando a destra e sinistra, si adagiò sul tappeto in
filigrana.
.
. .
«Mamma
svegliati! Perderò il bus!»
Socchiusi
leggermente gli occhi, trovando Daniel che sbracciava davanti a me e mi
scuoteva energicamente. «Oh santo cielo! Che ore
sono?» dissi, buttando i miei
vestiti di ieri sera nella cesta per i panni. Nella fretta non mi
accorsi che
avevo calpestato quella povera lettera più volte.
«Mancano
cinque minuti alle otto! Dai mamma sbrigati!» mio figlio
salterellava per la
stanza cercando di infilarsi i calzini, mentre ingoiava a fatica una
brioche
intera.
«Daniel
calmati! E smettila di ingozzarti così, finirai per
soffocare!» sbottai di
colpo.
I suoi occhi
diventarono cristallini e una goccia cadde dal suo occhio sinistro.
Daniel, non
devi piangere. Io ci sto male, mi si stringe il cuore ogni volta che lo
vedo
triste.
«Scusami..
non l’ho fatto apposta..» disse, cominciando a
strusciarsi le maniche del
giubbino sugli occhi pieni di lacrime.
«Su, non è
niente. Adesso preparati, vedo che sta per arrivare il bus»
Infatti in
due minuti si sentì il suono di un clacson, che richiamava i
bambini ai loro
doveri. Daniel mi scoccò un bacio sulla guancia e corse
verso i suoi compagni
di scuola.
Finii di
pulire gli ultimi mobili, poi mi sistemai raccogliendo i capelli in uno
chignon
laterale, che metteva in risalto il biondo miele dei miei capelli.
Uscii in
fretta, decisa a raggiungere il mio collega, che a quest’ora
doveva già
trovarsi alla villa.
«Bene, bene,
bene chi abbiamo qui?» disse una voce alle mie spalle,
proprio mentre stavo per
salire in macchina.
«Bè, di
sicuro sono molto più sorpresa io di vederti qui..
Luca» risposi senza neanche
voltarmi per vedere se fosse lui. Ah già, Luca. Storia un
po’ vecchia: già da
pochi mesi dopo la morte di mio marito aveva cominciato a vessarmi,
chiedendomi
di dargli una possibilità oppure di passare una sera a casa
sua. Certo, quell’uomo
voleva solo portarmi a letto, vivere l’avventura di una notte
per poi
scaricarmi come un avanzo. Eh no, per il mio onore di donna non avrei
mai
permesso questo. Comunque, anche quel don Giovanni era diventato
commissario,
ma da quando si era trasferito a Roma non ne avevo più
sentito parlare.
E invece ora
eccolo qui, proprio davanti a me.
«Che vuoi
adesso, specie di depravato sociale?» dissi, poi lo osservai
dalla testa ai
piedi: era invecchiato, e anche parecchio. Era pieno di rughe e i
capelli
bianchi cancellavano ogni segno del Luca di dieci anni fa.
«Questo
depravato sociale qui presente, se la signora mi concede, è
stato incaricato
dal R.I.S. a Roma di investigare sul caso di omicidio scoperto
ieri» sorrise
con aria beffarda.
«Scordatelo!
Questo caso è in mano al mio commissariato!» lo
affrontai tenacemente.
«Sarà anche
cosi, ma da oggi siamo costretti a collaborare, zuccherino. Che ne dici
di una
bella cenetta stasera a casa mia, per inaugurare il nuovo
duo?»
«Vuoi sapere
una cosa? Vai al diavolo!» gli voltai le spalle e salii in
macchina.
«Vedo che
non sei cambiata, sei tuttora la stessa donna irascibile e focosa di
alcuni
anni fa. In ogni caso, ci si vede sul posto dolcezza!» disse
quasi urlando,
dato che io avevo premuto l’acceleratore ancora prima che
iniziasse la frase.
Tsè, sbruffone, egoista e prepotente. Vada a farsi fottere.
Ad
accogliermi all’ingresso della villa una dolce e gentile
Emma, in procinto di
raccogliere deliziosi crisantemi dalle tonalità pastello.
«Ciao Emma!»
la salutai con un ampio movimento del braccio.
«Salve
Sophie! Finisco di raccogliere questi fiori e la raggiungo!»
disse, scomparendo
tra
piccoli
arbusti di cerato stigma, che in quel periodo avevano un colore blu
intenso.
«Ah, eccola qui capo! Il signor
Morgan la cerca, si è offerto volontariamente per parlare
con lei» Lenzi
accennò a un sorriso, poi tornò ad occuparsi del
rilevamento di impronte nella
stanza da bagno.
Lo studio del signor Morgan era
insolitamente al buio, solo un pallido spiraglio di luce si faceva
strada nelle
persiane delle finestre. Spinsi leggermente la porta. Silenzio.
«Così, si è decisa a venire
finalmente» bisbigliò una voce
nell’ombra.
Quel suono, e quella flebile
folata di vento proveniente dall’armadio mi fecero trasalire:
d’istinto misi la
mano sul cane della pistola, pronta a sparare quantunque qualcuno mi
avesse
colpito alle spalle.
«La metta giù commissario, non è
necessaria» disse una figura piuttosto bassa che fu
illuminata dalla luce.
«Venite avanti, prego, così
potremo parlare»ribadii io, sedendomi sulla poltrona davanti
alla scrivania.
Piano piano si fece avanti l’esile
corporatura del signor Morgan, seduto su una sedia a rotelle.
«Signor Morgan! Cosa è mai
accaduto?» mi sporsi dalla poltrona per vedere meglio.
«L’età è quella che
è, mia cara,
e la verità è che le mie gambe ormai sono deboli,
fiacche, così necessito di un
piccolo aiuto per muovermi.»
Prese un bastone dal pomello d’argento,
il legno finemente intagliato e lavorato. Notai anche due iniziali,
A.C.,
proprio sul pomello luccicante.
«Sa, commissario, ci sono molte
cose di cui lei è all’oscuro.. tuttavia vorrei
prima avere la sua parola che
non diventeranno oggetto di diffamazioni giornalistiche o di
gossip» iniziò il
signor Morgan.
«Signore, posso darle la mia
parola, ma comprenderà che alcuni elementi sono essenziali
per le indagini,
pertanto alcune informazioni dovranno essere rivelate, almeno alla
polizia..»
«E va bene, accetto. Dunque, le
stavo dicendo..»
Prima che potesse proferire
parola, una sgommata di un’auto da corsa ci fece sobbalzare.
Notammo che i
giornalisti di fuori si stavano raggruppando in cerchio attorno a
qualcosa.. o
a qualcuno.
Ehilà scrittori!
Vi piace come prosegue il capitolo? Fatemelo sapere nelle recensioni, è davvero molto importante per me :'D
A parte questo.. sciau a presto, vi amo tutti beliiii <3
-Merlins