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Autore: Merlins    23/03/2013    2 recensioni
Una giornata come le altre nella Livorno del 1983, se non fosse per un caso di omicidio che scoinvolge l'intera città e suscita scalpore tra la folla: la signora Morgan, una tra le donne più ricche nei dintorni, viene trovata morta nella sua stanza. Porta chiusa a chiave, finestre sbarrate. Tutto fa pensare ad un omicidio, eccetto il ritrovamento di un piccolo ciondolo d'oro a forma di angelo vicino al letto..
Volete sapere cosa accadrà? Restate con me e con la stravagante investigatrice Corsini, in questo viaggio tra gelosie, intrighi e ricatti, che faranno scoprire una faccia nascosta di quella famiglia.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il foglio di carta era stropicciato e l’inchiostro un po’ sbavato, probabilmente per colpa dell’acqua piovana.
Nonostante tutto, le parole si leggevano ancora chiare e concise.
«Oh, piccola Gwen, sapessi quanto mi dispiace. Mi sento un mostro, forse lo sono addirittura davvero, ma niente può giustificare quello che ti ho fatto. E’ stata tutta colpa mia, non posso biasimare Emma e i suoi parenti. Spero che almeno tu, con quel sorriso contagioso che t’illuminava ogni giorno e con quella purezza d’animo tipica di un angelo, possa perdonarmi..»
Alla fine non si riusciva a distinguere la firma, ma immaginavo fosse di Nico.
Quello era un sincero pentimento, un umile costernazione, chiamatela come volete, ma il ragazzo deve aver vissuto tutti questi giorni con un immenso senso di colpa, autopunendosi per ciò che aveva fatto. Il carcere dev'essere stato un inferno per lui.
Mi addormentai sulla poltrona, le mani lasciarono cadere la lettera che, svolazzando a destra e sinistra, si adagiò sul tappeto in filigrana.

 . . .

«Mamma svegliati! Perderò il bus!»
Socchiusi leggermente gli occhi, trovando Daniel che sbracciava davanti a me e mi scuoteva energicamente. «Oh santo cielo! Che ore sono?» dissi, buttando i miei vestiti di ieri sera nella cesta per i panni. Nella fretta non mi accorsi che avevo calpestato quella povera lettera più volte.
«Mancano cinque minuti alle otto! Dai mamma sbrigati!» mio figlio salterellava per la stanza cercando di infilarsi i calzini, mentre ingoiava a fatica una brioche intera.
«Daniel calmati! E smettila di ingozzarti così, finirai per soffocare!» sbottai di colpo.
I suoi occhi diventarono cristallini e una goccia cadde dal suo occhio sinistro. Daniel, non devi piangere. Io ci sto male, mi si stringe il cuore ogni volta che lo vedo triste.
«Scusami.. non l’ho fatto apposta..» disse, cominciando a strusciarsi le maniche del giubbino sugli occhi pieni di lacrime.
«Su, non è niente. Adesso preparati, vedo che sta per arrivare il bus»
Infatti in due minuti si sentì il suono di un clacson, che richiamava i bambini ai loro doveri. Daniel mi scoccò un bacio sulla guancia e corse verso i suoi compagni di scuola.
Finii di pulire gli ultimi mobili, poi mi sistemai raccogliendo i capelli in uno chignon laterale, che metteva in risalto il biondo miele dei miei capelli. Uscii in fretta, decisa a raggiungere il mio collega, che a quest’ora doveva già trovarsi alla villa.
«Bene, bene, bene chi abbiamo qui?» disse una voce alle mie spalle, proprio mentre stavo per salire in macchina.
«Bè, di sicuro sono molto più sorpresa io di vederti qui.. Luca» risposi senza neanche voltarmi per vedere se fosse lui. Ah già, Luca. Storia un po’ vecchia: già da pochi mesi dopo la morte di mio marito aveva cominciato a vessarmi, chiedendomi di dargli una possibilità oppure di passare una sera a casa sua. Certo, quell’uomo voleva solo portarmi a letto, vivere l’avventura di una notte per poi scaricarmi come un avanzo. Eh no, per il mio onore di donna non avrei mai permesso questo. Comunque, anche quel don Giovanni era diventato commissario, ma da quando si era trasferito a Roma non ne avevo più sentito parlare.
E invece ora eccolo qui, proprio davanti a me.
«Che vuoi adesso, specie di depravato sociale?» dissi, poi lo osservai dalla testa ai piedi: era invecchiato, e anche parecchio. Era pieno di rughe e i capelli bianchi cancellavano ogni segno del Luca di dieci anni fa.
«Questo depravato sociale qui presente, se la signora mi concede, è stato incaricato dal R.I.S. a Roma di investigare sul caso di omicidio scoperto ieri» sorrise con aria beffarda.
«Scordatelo! Questo caso è in mano al mio commissariato!» lo affrontai tenacemente.
«Sarà anche cosi, ma da oggi siamo costretti a collaborare, zuccherino. Che ne dici di una bella cenetta stasera a casa mia, per inaugurare il nuovo duo?»
«Vuoi sapere una cosa? Vai al diavolo!» gli voltai le spalle e salii in macchina.
«Vedo che non sei cambiata, sei tuttora la stessa donna irascibile e focosa di alcuni anni fa. In ogni caso, ci si vede sul posto dolcezza!» disse quasi urlando, dato che io avevo premuto l’acceleratore ancora prima che iniziasse la frase. Tsè, sbruffone, egoista e prepotente. Vada a farsi fottere.
Ad accogliermi all’ingresso della villa una dolce e gentile Emma, in procinto di raccogliere deliziosi crisantemi dalle tonalità pastello.
«Ciao Emma!» la salutai con un ampio movimento del braccio.
«Salve Sophie! Finisco di raccogliere questi fiori e la raggiungo!» disse, scomparendo tra
piccoli arbusti di cerato stigma, che in quel periodo avevano un colore blu intenso.
«Ah, eccola qui capo! Il signor Morgan la cerca, si è offerto volontariamente per parlare con lei» Lenzi accennò a un sorriso, poi tornò ad occuparsi del rilevamento di impronte nella stanza da bagno.
Lo studio del signor Morgan era insolitamente al buio, solo un pallido spiraglio di luce si faceva strada nelle persiane delle finestre. Spinsi leggermente la porta. Silenzio.
«Così, si è decisa a venire finalmente» bisbigliò una voce nell’ombra.
Quel suono, e quella flebile folata di vento proveniente dall’armadio mi fecero trasalire: d’istinto misi la mano sul cane della pistola, pronta a sparare quantunque qualcuno mi avesse colpito alle spalle.
«La metta giù commissario, non è necessaria» disse una figura piuttosto bassa che fu illuminata dalla luce.
«Venite avanti, prego, così potremo parlare»ribadii io, sedendomi sulla poltrona davanti alla scrivania.
Piano piano si fece avanti l’esile corporatura del signor Morgan, seduto su una sedia a rotelle.
«Signor Morgan! Cosa è mai accaduto?» mi sporsi dalla poltrona per vedere meglio.
«L’età è quella che è, mia cara, e la verità è che le mie gambe ormai sono deboli, fiacche, così necessito di un piccolo aiuto per muovermi.»
Prese un bastone dal pomello d’argento, il legno finemente intagliato e lavorato. Notai anche due iniziali, A.C., proprio sul pomello luccicante.
«Sa, commissario, ci sono molte cose di cui lei è all’oscuro.. tuttavia vorrei prima avere la sua parola che non diventeranno oggetto di diffamazioni giornalistiche o di gossip» iniziò il signor Morgan.
«Signore, posso darle la mia parola, ma comprenderà che alcuni elementi sono essenziali per le indagini, pertanto alcune informazioni dovranno essere rivelate, almeno alla polizia..»
«E va bene, accetto. Dunque, le stavo dicendo..»
Prima che potesse proferire parola, una sgommata di un’auto da corsa ci fece sobbalzare. Notammo che i giornalisti di fuori si stavano raggruppando in cerchio attorno a qualcosa.. o a qualcuno.

Ehilà scrittori!

Vi piace come prosegue il capitolo? Fatemelo sapere nelle recensioni, è davvero molto importante per me :'D

A parte questo.. sciau a presto, vi amo tutti beliiii <3

-Merlins

  
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