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Autore: cherrycherry    11/10/2007    3 recensioni
Ehilà, vecch! Questa storia su Venezia l'ho scritta diverso tempo fa, però spero che sia carina ugualmente. L'idea mi è stata data dalla prof di italiano che ha detto "Se Venezia si dovesse trasformare, cosa diventerebbe? E perchè vorrebbe cambiare?". ECCO LA MIA VERSIONE!!!!! Buona lettura, vecch! (e vi prego: lasciate un commentino!)
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Venezia, città antica e unica al mondo, regina del mare e fiera dominatrice della laguna e della sua fauna e flora...
Questo è ciò che si sente dire Venezia ogni santo giorno! Ma ormai lei non ci crede più da tempo immemorabile... E come potrebbe? Masse di turisti a camminarle sopra e a sporcarla senza ritegno ventiquattro ore al giorno, sette giorni la settimana, dodici mesi l’anno!
Non che i Veneziani siano da meno, ovviamente: nessuno si preoccupa più dello stato della sua sa-lute, nessuno controlla se l’acqua sporca e ondosa rovini i suoi preziosi marmi!
Venezia è stufa di tutto questo, non ne può proprio più! Ogni tanto le capita di sognare di essere tornata ai vecchi tempi: le dame in gondola nell’ondeggiare delle sue acque pulite dove ancora ci si poteva fare il bagno, i nobiluomini che passeggiano oziosamente tra le sue calli, e le voci squillanti dei pescatori a Rialto che cercano di vendere ai passanti le loro merci...
WWWWRRRRRRRRROOOOOOOOMMMM!!!!!!!!!!!!!!!!!!! “Che succede?! Che succede?!”, pensa la città tutta allarmata con il cuore a duemila. Una barca è appena sfrecciata in laguna nord davanti a Murano a una velocità folle, svegliando così il povero la-birinto di calli e ponti dal suo sogno ad occhi aperti.
“Adesso basta! -esclama Venezia furiosa come mai prima- Questa è la goccia che ha fatto trabocca-re il vaso! Sono arcistufa di voi e di tutti i vostri barchini con i motori truccati per andare ancora più veloci, e non sopporto più l’odore delle vostre schifezze nella mia laguna, e del salso che mi scava e corrode ogni minuto!”
Avviene tutto in una manciata di secondi: i canali cominciano a svuotarsi, dapprima lentamente, poi sempre più veloci, mentre l’acqua scorre ai bordi delle fondamenta e dei rii. La città si alza dall’intrico dei pali e della melma scura e puzzolente sulla quale era rimasta incastrata per più di mezzo millennio sollevata da gigantesche ali piumate bianche, nere e grigie che lentamente le stan-no crescendo ai lati delle due lagune, nord e sud. Davanti a Sant’Elena, proprio dove fino a poco prima i vecchietti andavano ad ammirare il Lido durante le loro quotidiane passeggiate pomeridiane, un becco arancione esce da sotto le radici degli alberi e subito dopo anche la testa chiara dai vispi occhi neri che scrutano attorno a loro animati da una vivace curiosità. I turisti urlano di terrore, i cittadini si gettano nella fanghiglia acquosa sollevata dal fondo della la-guna e guardano su, i menti sollevati e gli occhi al gabbiano che sta facendo salire nel cielo Venezia e che sul suo dorso la porta in un posto lontano, dove nessuno la rivedrà mai più.
I poveri ritardatari che non sono riusciti a fuggire in tempo ora guardano il mondo scorrere sotto di loro con uno stupore euforico, vivo, diverso, completamente nuovo oppure con la mente annebbiata dalla sorpresa, e pensano che finalmente la città si è fatta sentire e che nessuno d’ora in avanti avrà mai più il coraggio di maltrattarla.

  
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