E’
l’autrice che parla:
questa è una delle mie prime fic, ispirata al telefilm
“RIS, delitti imperfetti”.
L’ho scritta di getto e di certo non pensavo di pubblicarla.
Ma chissà! Io ci
provo! Buona lettura!
La
fontana
Anna
sbuffa, guarda l’orologio. Sono le undici passate.
Si guarda
un po’ intorno, con l’aria indecisa, tamburella le
dita sul tavolo. Alla fine
si toglie il camice e si scioglie i capelli: una cascata di riccioli
castani
scende libera sulle sue spalle.
- Ti sei
decisa, finalmente. –
- Caro
Fabio, ho una notizia da darti: anche Anna Giordano ha un limite di
resistenza.
–
E ride.
Quella risata che riserva a pochi. Quel modo di ridere che ha solo lei:
le ride
tutto, la bocca, gli occhi, persino i capelli.
Vorrei
vederlo più spesso, quel sorriso.
- E
dài, è
notte fonda, stacca un po’, per una volta. –
Sorride
ancora e scuote la testa.
- Se hai
un limite così basso, perché non ti prendi una
pausa anche tu, ogni tanto? –
- Chiedilo
al Capitano, non a me. – Alzo le mani in segno di scusa.
– Non che volessi
offendertelo. –
Anna non
risponde, si limita a fare lo stesso gesto di prima: sorride e scuote
la testa.
Non se la prende mai con nessuno, Anna. Neanche se le offendessi il suo
Capitano.
E quanta
voglia ho di farlo! Perché vorrei trovarmi al suo posto.
Non ho mai
sofferto di quella curiosa malattia chiamata gelosia, ed è
strano per me
provarla. Non sono mai stato in buoni rapporti con il Capitano Riccardo
Venturi, ma da quando lui e Anna stanno insieme, neanche provo
più ad andare
d’accordo. Dovrei odiare anche lei.
Ma come
faccio? Come si fa ad odiare Anna?
Come
faccio, di colpo, a odiarla dopo due anni che la amo in segreto?
Perché così
tanto tempo?
Che
c’è,
Fabio? Hai paura?
- Glielo
chiederò io da parte tua. – prosegue Anna
sistemando da parte il suo camice e
rimettendo insieme tutti i fogli che erano sparsi sulla sua scrivania.
Allora?
Hai paura?
-
Anna… -
-
Sì? –
-
Ehm…
volevo dirti… - Dài, cretino. Parla. Diglielo.
Sputa il rospo. - …Di riposarti,
ecco. – Ma perché faccio così?
- Grazie!
– Posa su una sedia l’impermeabile che stava per
indossare. – Hai ragione,
questa storia dell’Uomo delle Bombe non sta facendo bene a
nessuno di noi. –
- In
particolare a te. – Forza. Sta per uscire, sbrigati, parla,
parla! – Ha cercato
di colpirti già tre volte. Non devi più correre
questi rischi. –
- Non
è
colpa mia, Fabio. – Per la prima volta nella giornata sembra
risoluta. Poi
torna serena. – Questa storia finirà. Non
può durare per sempre. – Fa qualche
passo avanti e mi abbraccia.
Adoro i
momenti come questo…
- Sono
felice che tu sia mio amico. –
Io no. Non
mi basta più.
- Ora
vado. Odio guidare col buio. –
Ma casa
tua è a due passi, vorrei dirle. Che bisogno
c’è di prendere l’auto? Ma
già, tu
hai un appuntamento col Capitano. Alla fontana. Vai pure con calma, lui
si farà
aspettare, come sempre. Fossi al suo posto non mi assumerei la
responsabilità
di questo lusso. Da te, Anna, non mi farei mai aspettare.
Ma non
è
forse quello che sto facendo?
Un bacio
sulla guancia, un sorriso, e lei è già fuori. E
io rimango solo. Come sempre.
Che
c’è,
Fabio, ti spaventi di parlarle? Hai paura di rovinare
l’amicizia? O di far
incavolare Venturi?
O
più
semplicemente credi che il mondo non sia pronto ad accogliere la
notizia che
anche Fabio Martinelli, con la sua freddezza professionale e la sua
chiusura
verso l’umanità, abbia un cuore che sa amare?
E’
troppo?
No. Niente
è troppo per Anna. E chi se ne frega di Venturi,
dell’amicizia, di tutto? Ho
deciso. Le vado dietro, la chiamo, la fermo e glielo dico. TI AMO.
Magari mi
ignorerà, mi riderà in faccia, lo
racconterà al Capitano. No, non lo farebbe
mai. Non è da lei.
Succeda
quel che succeda. Non posso scoppiare.
Quanto mi
rimane da lavorare? Poco. Ce la posso fare. Finisco tutto, chiudo e ci
vado.
Arriverò prima di Venturi.
-
Incredibile! La Giordano ha mollato? Manchi solo tu, ormai. –
La voce
è
quella di Davide. Collega e coinquilino, divertente, compagnone e
rompipalle.
-
Spiritoso. No, ormai ho quasi finito. – …Ma di
certo non ti dico il motivo
della mia fretta.
Incito con
gli occhi il computer. E dài, muoviti. Finalmente
l’operazione è completata.
Premo un tasto per uscire dal programma e improvvisamente non vedo
più niente.
Cala il buio totale.
- Beh?
–
Il premio Nobel per il coraggio tenta di nascondere la sua ansia.
- E’
saltata la corrente, genio! – Ecco, perfetto. Non poteva
filare tutto liscio. –
Ma non fa niente, sistemiamo tutto domani. Ora sono stanco. –
- Certo,
così poi finisce come due mesi fa: una settimana senza
acqua, luce e corrente,
e niente lavoro. –
- Ti
sembra una prospettiva così brutta? –
- Invece
di fare l’idiota, vedi se funziona almeno il telefono.
– Raggiungo a tentoni il
primo telefono che mi capita. Alzo la cornetta: nessun segnale. Cavolo.
E
Davide, purtroppo, ha ragione: finché non torna la corrente,
siamo chiusi
dentro.
Anna…
- E’
morto. Perfetto. Barricati. – Inutile chiedergli se ha il
cellulare: l’ultima
volta che se l’è portato dietro è stato
circa tre mesi fa. Cerco di accendere
il mio, ma naturalmente è scarico. Comincio a sentire una
strana angoscia, ma
non per l’oscurità totale che mi impedisce di
vedere i miei stessi piedi:
riesco soltanto a pensare che perché tutto si sistemi
possono passare cinque
minuti come due ore…
Anna…
Perché,
perché adesso?
Devo
andare da lei.
E mi
prende il panico, come se sapessi che se non vado adesso da Anna, poi
sarà
troppo tardi. Come se questa fosse la mia unica possibilità.
Avanti, Fabio, non
fare il paranoico… E’ solo un piccolo
guasto… Entro dieci minuti, anzi no,
cinque, si aggiusterà tutto e potrò andare da
lei…
Me lo
ripeto incessantemente da mezz’ora e passa mentre sento
Davide trafficare
cercando di far tornare la luce.
- Ohi,
Davide, ti sei addormentato? –
- Ma che
è
quest’ansia? Invece di criticare, potresti anche aiutarmi!
– Ma non gli
rispondo. Sento una smania indescrivibile. Subito dopo il RIS
è inondato di
luce. Davide sorride trionfante.
- Aha!
Visto che ci ho messo un attimo? –
- Un
attimo dura mezz’ora? – Ma Davide non fa in tempo a
ribattere, perché il
telefono comincia a squillare. Ho sentito mille volte quel suono, ma
ora… ha un
nonsochè di minaccioso. Esito, non rispondo. Allora Davide
alza gli occhi al
cielo, sbuffa e alza la cornetta.
- RIS di
Parma, Davide Testi. – Gli piace mantenere
quest’aria ufficiale. Il sorriso
scompare all’istante dalle sue labbra. – C-come?
Dove? Oh cazzo… -
Non mi
piace per niente quello sguardo fisso e incredulo.
-
Sì…
arriviamo subito. – Butta giù la cornetta, ma non
mi guarda.
- Davide.
– Silenzio. – Davide! Cos’è
successo? – Finalmente si volta e fissa il suo
sguardo nel mio. Dalla bocca gli esce una sola parola. Un nome che non
avei mai
voluto sentirgli pronunciare. Non con quella faccia, perlomeno.
-
Anna… -
- Anna
COSA? –
-
L’Uomo
delle Bombe… di nuovo… l’ha…
- Deglutisce. – Era De Biase. Venturi l’ha
trovata… morta. –
Il sangue
mi si gela nelle vene. Il respiro accelera paurosamente.
-
Sei… sei
sicuro di aver capito bene? – Ti prego, dimmi di
sì, dimmi che la linea era
disturbata… Invece, Davide afferra il suo giubbotto ed
esclama:
- Forza,
sbrigati, andiamo! –
Fortunatamente
guida lui: di certo io non ho la lucidità per farlo senza
andarmi a schiantare.
Cerco disperatamente di non pensarci, ma poi mi dico che sono un
idiota, perché
è semplicemente impossibile non pensarci. Guardo fuori dal
finestrino: la notte
ha avvolto case, strade e alberi. E’ una notte senza luna.
Anche il
cielo sente la drammaticità del momento. Ha il mio stesso
stato d’animo.
Le parole
di Davide non sono altro che un confuso brusio di sottofondo.
- Doveva
vedersi con Venturi… Non ho capito se è stata lei
ad anticipare o sia stato lui
che è arrivato troppo tardi… Ha trovato un
pacchetto sul bordo della fontana, e
credeva che fosse stato Venturi a lasciarglielo… A quanto ho
capito era un
braccialetto… L’ha indossato… Conteneva
un veleno che ha dato subito il suo
effetto. – Chiudo gli occhi e mi nascondo la faccia tra le
mani. Non è
possibile. Sembra un film. – E’ stato
l’Uomo delle Bombe a metterlo lì. Lui
sapeva… sapeva del loro appuntamento… -
- Davide,
accidenti, vuoi stare zitto un attimo?! – lo interrompo
bruscamente. Così
bruscamente che il mio collega trasale e si zittisce
all’istante. – Che me ne
frega di come è successo, che me ne frega! Anna è
morta… morta! Riesci a
capirlo, questo? – Volto la testa dall’altra parte
e non lo guardo più in
faccia per tutto il tragitto. Da parte sua, Davide non proferisce
più parola.
Lui non
può capire perché sono così sconvolto.
Può solo stupirsi, pensando “Toh, guarda
un po’, il mio amico è più sensibile di
quanto pensassi. Credevo che fosse di
ghiaccio, e invece è anche troppo emotivo. Certo che fare
così per una
collega…!”.
Se solo
non fosse saltata la corrente… Se non fossi stato
trattenuto…
Arriviamo
a destinazione in meno di un quarto d’ora, quindici minuti di
domande, di
tormento e frustrazione.
Le
immagini mi si confondono davanti agli occhi.
Poliziotti.
Tanti poliziotti. Buio. Una fontana. Solo una fontana, illuminata dai
fari
delle volanti della polizia. Una fontana, e due corpi
nell’acqua.
Non
realizzo subito. Vedo quelle due figure e mi chiedo se non siano solo
frutto
della mia immaginazione. Ma poi le metto a fuoco: un corpo sottile, la
testa
abbandonata sul bordo, immobile, i lunghi riccioli intrisi
d’acqua, un braccio
penzoloni fuori dalla fontana. Anna.
E
un’altra
persona accanto a lei, scossa, tremante, con le braccia strette attorno
alla
vita di quel corpo inerte. Il Capitano, Riccardo Venturi. Anche lui
zuppo
d’acqua dalla testa ai piedi. Alza lo sguardo verso di noi,
che guardiamo
immobili quella scena terrificante, ed è uno sguardo
disperato, un’espressione
che non ha mai attraversato i suoi occhi di ghiaccio.
Davide
china la testa, Vincenzo de Biase si copre la faccia con le mani, il
generale
Tosi non si muove dal suo posto, guarda atterrito quelle due persone
immerse
nell’acqua come se fossero un unico corpo.
Con una
sola differenza. Una di loro è priva di vita.
Attorno al
polso di Anna c’è ancora il bracciale avvelenato.
Lungo il dorso della mano
scende un sottile filo di sangue.
Quanto
può
essere sottile il filo che separa la vita dalla morte?
Venturi
piange, abbraccia Anna, chiama il suo nome, come se servisse a
qualcosa.
“Lasciala in pace!” vorrei gridargli. “A
cosa serve tormentarla così?”
Tu,
Capitano, ti illudi di poterla riportare in vita standotene
semplicemente
abbrancato al suo corpo.
Io,
invece? Mi sono illuso di poter cambiare le cose in modo molto meno
radicale,
ma ci ho comunque creduto.
Guarda in
faccia la realtà, Fabio. Cinque minuti di ritardo, ed ecco
cosa è successo.
D’accordo, magari a una stupida e impacciata dichiarazione
d’amore non sarebbe
seguito nulla. Ma ora non me ne starei qui fermo, mentre Le volanti,
gli
alberi, la fontana, Venturi e Anna si dissolvono davanti a me, e le
loro
immagini si perdono insieme alle lacrime che inondano i miei occhi. Non
starei
a smaniare disperatamente per essere al posto di Venturi, per poterla
toccare,
abbracciare, baciare. Anche se lei non mi sentirebbe. Ma forse
è meglio così.
Chissà che io non mi stia solo comportando da egoista e che
al posto del
Capitano non soffra ancora di più. Ero legato ad Anna, ma
fino a che punto? E
soprattutto, fino a che punto lei era legata a me?
La
verità
è che in quella fontana sono terminate due vite: quella di
Anna è stata portata
via dall’acqua, vi si è dissolta per sempre. In
quella stessa acqua si sono
sciolte le mie speranze, i miei desideri e le mie poche certezze,
lasciandomi
completamente vuoto. Come se morissi anch’io. Forse non ci
avevo creduto
davvero, finché non siamo arrivati qui. Mi ero ripetuto che
era tutto un gioco,
uno scherzo, un brutto incubo.
Poi sbatti
addosso alla realtà e ti fai male, molto male.
Quanto
vorrei essere al posto di Venturi…
No. No,
Fabio, no, non pensarlo neanche. Se stai già male
così, figuriamoci in quel
caso…
Non posso
impormelo. Mi ci è voluto talmente tanto tempo per decidere
di fare una cosa
molto più semplice, di dire ad Anna che l’amavo,
che mi ci vorranno anni per incassare
quest’altra botta.
Ora riesco
solo a pensare che, se tutto fosse filato liscio, se non ci fosse stato
quello
stupido imprevisto, avrei raggiunto Anna, le avrei parlato, magari
l’avrei
persuasa a non andare all’appuntamento… Oh, no,
questo certamente no. Ma
Venturi sarebbe arrivato prima di lei. Avrebbe guardato il pacchetto,
avrebbe
detto che non era da parte sua e lei si sarebbe salvata.
Non
sarebbe mai stata mia. Oh, certo, potevo solamente
sognarlo.
Ma sarebbe
stata ancora viva.
Magari,
passato qualche giorno d’iniziale imbarazzo, avremmo
cominciato perfino a
riderci su. Sì, credo che sarebbe andata così,
per il tipo che è… cioè, che era
Anna. L’avrei raccontato a Davide, ci saremmo fatti quattro
risate. Proprio
lui, che passa da una donna all’altra ma riesce pur sempre ad
amarle tutte, mi
avrebbe preso in giro a tempo indeterminato.
Ma
ora…? A
chi potrò dirlo, ora? Posso avvicinarmi al corpo senza vita
di Anna, posso
dirglielo senza che lei mi senta… ma chissà che
non l’avesse già capito.
Con
Venturi non riuscirò mai ad avere più di un
rapporto professionale. E poi,
sentire una cosa del genere sarebbe per lui il colpo di grazia.
Vincenzo…
Vincenzo è il più vecchio del gruppo, ha una
famiglia, una moglie sempre in
apprensione per via del suo lavoro e una figlia che passa da una
clinica
all’altra nel disperato tentativo di camminare di nuovo.
E’ buono, Vincenzo, è
comprensivo, ma… cosa potrebbe dirmi?
Beh, Anna.
A quanto pare dovremo condividere questo segreto. Mi dici di
dimenticarmene? Mi
dispiace, non posso. Non ora. E va bene, mi porterò dentro
questo peso per un
bel po’. Soffrirò, sì, mi
tormenterò ripensando al tempo che ho perso, ma
cos’altro posso fare?
Il
generale Tosi si avvicina al Capitano, gli tocca una spalla, lo guarda,
sussurra parole indistinte.
- Vieni
via… coraggio… è finita… -
giunge alle mie orecchie.
Venturi
chiude gli occhi, china la testa sul petto di Anna. Non è
nient’altro che un
riflesso sfocato dell’uomo inflessibile che conoscevamo fino
a poche ore fa.
Un’ultima
carezza, uno sguardo sconsolato e poi esce dalla fontana. Scavalca il
muretto
basso in pietra, si passa una mano tra i capelli bagnati, guarda verso
un punto
imprecisato. Non ci rivolge una sola occhiata. Domani girerà
come un fantasma
per tutto il RIS, cercando di darci ordini come sempre, e dopodomani
sarà di
nuovo rigido e inflessibile. Farà finta di dedicarsi solo e
totalmente alle
indagini. Non ci mostrerà più quel lato del suo
carattere.
Chissà
se
anch’io continuerò a dare l’impressione
di stare sotto una campana di vetro.
Ora come ora non so niente, non sono sicuro di niente.
Non sono
più così convinto che al posto di Venturi
soffrirei di più. Sarò egocentrico,
ma non riesco a immaginare un dolore più grande di quello
che prova un uomo
vedendo morire la donna che ama prima di averle espresso il suo amore.
Proprio
un attimo dopo aver deciso di farlo, finalmente, dopo due anni.
Starò
tanto meglio di un uomo che si è innamorato, a quanto dice
lui, di quella stessa
donna in meno di una settimana? Un uomo che non ha fatto altro che
farsi
aspettare… per quanto quella donna fosse felice di attendere.
Donna?
Malgrado tutto, quasi mi viene da ridere. Anna non era che una ragazza
di poco
più di venticinque anni. E io, che la aspettavo da tutta la
vita senza neanche
saperlo, l’ho persa in un attimo, un soffio di vento.
Volto le
spalle alla fontana, caccio le mani nelle tasche e inghiotto le ultime
lacrime.
Mi appello a tutte le mie forze per non raggiungerla di corsa e
gettarmi in
acqua ad abbracciare quel mio amore perduto.
Non voglio
verificare da quale posizione potrei soffrire di più. Mi
basterà ricordare un
sorriso radioso e due vispi occhi scuri incorniciati da morbidi
riccioli
castani. E sperare che a soffrire di più non sia stata
proprio lei.