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Autore: ElvasRevenge    24/03/2013    1 recensioni
"Era il giugno dei 1989 e i giovani californiani già si chiedevano chi avrebbe suonato Knowledge per loro il sabato sera, quando nessuna droga sembrava più potente della folla accatastata sotto il palco del 924, ora che gli Operation Ivy si erano sciolti."
Fanfiction sull'ingresso di Tré nei Green Day c:
POV: Tré Cool
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Tré Cool
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Testa alta. Sguardo vacante, volubile, quasi divertito. Camminata insolente; suole che battevano rumorosamente sull'asfalto, calpestando gli ultimi residui di una pioggia durata fin troppo per essere accettabile.

Non cercavo di attirare l'attenzione della gente, evidentemente era l'attenzione della gente a sentirsi attratta da me. Le scritte volgari sulla maglia, poi, erano solo dettagli.

Premetti con più forza le mani nelle tasche eccessivamente larghe dei pantaloni eccessivamente bassi, saltellai per qualche metro, poi attraversai l'incrocio che mi separava dal seguente isolato dando giusto un'occhiata a destra e a sinistra perché – hey, dopotutto alla mia vita ci tenevo. Quando approdai sul marciapiede opposto, tirai fuori le mani dalle tasche e reclinai il capo all'indietro, schermando la luce del sole con la mano destra. E il 924 di Gilman Street era lì, quasi completamente sommerso dal mare di creste che lo circondava. E sotto quei tagli stravaganti facevano capolino occhi incazzati, desiderosi di riscatto, a volte forti a volte troppo annoiati, o anche occhi persi dentro una canzone registrata tempo addietro, in uno studio non troppo lontano, da una voce non meno incazzata e ribelle. Colori fluorescenti, maglie tempestate di borchie, jeans lacerati all'altezza delle ginocchia, anfibi. E musica. Musica nelle orecchie della gente, sulle loro labbra, nei nomi delle band che pronunciavano continuamente. E musica anche nella mia testa, da quando uno stupido motivetto si era infiltrato nel mio cervello, devastandone la perfezione.

 

Era il giugno dei 1989 e i giovani californiani già si chiedevano chi avrebbe suonato Knowledge per loro il sabato sera, quando nessuna droga sembrava più potente della folla accatastata sotto il palco del 924, ora che gli Operation Ivy si erano sciolti.

 

Entrai nel locale facendomi strada a fatica tra la folla che ostruiva l'ingresso, già pronto a catapultarmi in un mare ancora più denso, ma di certo più vivo, pulsante, in movimento, mentre l'odore pungente dei colori riversati sulle pareti si insinuava nelle mie narici. Sembrava quasi che qualcuno su quelle pareti ci avesse vomitato l'anima e quella sensazione di vita, ovattata dalla musica che si schiantava contro il soffitto, mi piaceva più di ogni altra cosa. Quella volta, però, quel sentimento si presentò in maniera decisamente incompleta.

Quando scesi la pedana rossa che seguiva l'ingresso al 924 – espressione interrogativa, fronte un po' arricciata, occhi vispi che schizzavano da ogni parte – quello psichedelico mare pulsante che credevo di trovare non era altro che un agglomerato di corpi districati, sciolti, divisi, non una massa compatta di giovani desiderosi di divertirsi. E la cosa era abbastanza evidente, perché da quella postazione si riusciva a scorgere la porta del bagno maschile e, accanto a quella, una specie di sgabuzzino che le band usavano per prepararsi prima dello spettacolo.

Senza cambiare andatura, tenendo sempre la testa dannatamente alta e il passo saltellante, mi feci strada fino al palco, e quando sfiorai il bordo acuminato della pedana mi resi definitivamente conto che qualcosa non andava. Solitamente non si arrivava a quel punto senza aver ingaggiato e vinto un'aspra lotta contro quel mare compatto di coglioni armati di borchie lunghe dieci centimetri.

Per un momento mi fermai a pensare – o meglio, tentai di capire se avessi perso qualche avvenimento negli ultimi giorni – ma non passò un secondo che le persone distribuite per la stanza sembrarono rianimarsi all'improvviso. Fu una cosa graduale, come l'esplosione i duna bomba atomica. A quel punto non persi tempo : scattai come una molla e mi gettai nella mischia di gente che si era radunata tutta contro la porta di quella specie di camerino a sinistra del palco. Poi ci fu uno schianto e dalla folla si sollevò un boato di disapprovazione, seguito da una serie di imprecazioni e bestemmie che sembravano essere state importate da un altro pianeta, tanto erano assurde. E poi c'erano quelle ragazzine incontenibili che scagliavano la punta degli anfibi contro tutto ciò che capitava sotto i loro sguardi funesti, per non parlare dei giovani magri quanto chiodi che tiravano ripetutamente pugni contro la porta, minacciando di forzare la serratura. E questa era una cosa stupida, perché quella serratura era rotta da tempo ed era praticamente impossibile chiudere a chiave. Ci sarebbe potuto arrivare anche un coglione.

Guardai i gruppi ricomporsi e subito dopo disporsi negli stessi punti in cui si trovavano inizialmente. Aspettai. La situazione si stabilizzò, gli attacchi d'ira diventarono più rari e, lentamente, la sala si svuotò per metà, fino a quando solo pochi nullafacenti del cazzo restarono seduti sui gradini della pedana d'ingresso. E la cosa migliore era che questi nullafacenti del cazzo – chi pomiciava, chi programmava una bevuta tra amici e sconosciuti, chi si chiedeva come fare ad evitare la scuola anche il giorno successivo – non stavano assolutamente prestando attenzione a me. Fu quello il momento in cui agii. Corsi dietro il palco e afferrai un pacco da sei birre che avevo notato entrando, poi bussai alla porta sulla parte sinistra della pedana e le voci dall'interno cessarono di colpo. Ci fu una serie di mormorii soffocati, poi qualcuno parlò.

'Fanculo! Andate a farvi fottere!”

Non mi feci scoraggiare, d'altronde me l'aspettavo. Bussai ancora e scossi il pacco di bottiglie, che cozzarono tra di loro tintinnando angelicamente. Quindi posizionai la confezione davanti al buco della serratura in modo tale che chiunque avesse guardato l'avrebbe notata.

Attesi qualche istante. Nessuna risposta.

Bussai ancora. La porta si aprì un poco ed un occhio verde ed indagatore fece capolino dalla fessura. Il ragazzo guardò meglio, ispezionò la sala da quel suo piccolo osservatorio, poi richiuse la porta e disse qualcosa. Un secondo dopo l'uscio girò nuovamente sui cardini scricchiolanti, questa volta ancora più cautamente, mentre all'occhio verde si aggiungeva una massa di ricci castani dietro la quale si poté scorgere uno spicchio di stanza.

Sorrisi in maniera idiota per qualche secondo, poi, quando il tipo ebbe avuto conferma della totale assenza di punk incazzati, mi prese per un braccio e mi tirò dentro, attento a non far cadere le birre, dopodiché chiuse cautamente la porta, come se quello fosse un accampamento posto sotto assedio.

Nella stanza, oltre al tipo che mi aveva fatto entrare, c'erano un ragazzino biondo – capelli lunghi, lunghi e lisci che arrivavano alle spalle – ed un uomo che riconobbi come il gestore del locale, il quale teneva una mano avvolta intorno alla propria mascella, gli occhi sollevati e la testa bassa, come se il mio ingresso l'avesse interrotto nel bel mezzo di un gesto di sconforto. Entrambi mi fissavano intensamente, come se aspettassero che facessi qualcosa, poi l'attenzione si spostò sul ragazzo alla mia sinistra. Il biondo parlò.

E questo chi cazzo sarebbe?”

Quasi mi venne da ridere.

Che cazzo ne so.” disse l'altro, divertito quasi quanto me. “Ha da bere” E prese la confezione da sei che avevo portato dentro.

E non ha intenzione di ucciderci, spero.” incalzò l'altro, roteando le iridi azzurre che toccarono il soffitto per un momento per poi cadere nei miei occhi sorridenti. Scossi la testa. Certo che no, perché avrei dovuto farlo?

Il gestore del 924 – un tipo abbastanza robusto, occhi neri e profondi e capelli ricci che arrivavano alle spalle – si passò una mano sul volto, sconsolato.

E' rimasto qualcuno di là?”

No.” dissi “Sono andati via tutti.” Sogghignai.

Il riccio – che riconobbi come l'Altro-Armstrong, Two Dollar Bill – buttò giù qualche sorso, poi passò una birra all'amico, una al gestore ed una a me, dopodiché mi accomodai su uno sgabello vicino ad un amplificatore.

Bene. Allora possiamo andare!” Billie sorrise, evidentemente confortato, poi fece un cenno di saluto con la mano destra – quella che non reggeva la bottiglia – e si voltò per uscire, ma il direttore lo bloccò dicendo che non sarebbe andato da nessuna parte prima di aver risolto “quella-cazzo-di-faccenda”. Bill si voltò, fulminò l'uomo con lo sguardo e poi tornò a sedersi, roteando gli occhi in ogni direzione, sul punto di esplodere.

Che problema c'è?” Azzardai, consapevole della tensione nell'aria. Sentii Billie prendere un respiro seduto sullo sgabello alla mia sinistra, come se fosse stato sul punto di dire qualcosa – o meglio, di urlare qualcosa – ma non fu lui a parlare.

La gente è incazzata perché abbiamo fatto saltare lo spettacolo...ma non è stata colpa nostra se Al ha deciso di andare a fanculo proprio oggi” Disse il biondino – Mike? Osservandolo mi resi conto che fissava il pavimento, nonostante tenesse la testa alta e il collo spostato in indietro, e che le sue labbra si muovevano impercettibilmente, mentre la sua voce era flebile e le parole venivano fuori ad intervallo irregolari. Era una persona strana.

Avevo sentito storie su un probabile show dei Green Day al 924 quella settimana – non che la gente fosse troppo entusiasmata da quella band, comunque, credo che i ragazzi fossero incazzati soprattutto perché avevano voglia di divertirsi e senza musica il 924 è tutt'altro che divertente.

Al?”

Sì.” riprese il biondino “Il batterista figlio di puttana che suonava con noi. Ma che...non sai nulla?”

No, non sapevo nulla, e la cosa non mi preoccupava troppo, a dire la verità. Però quella faccenda era più interessante di quanto avessi pensato all'inizio e immediatamente ringraziai la mia sfrontata curiosità per avermi spinto ad entrare in quella stanza. E grazie anche alle birre che Chris aveva probabilmente scordato dietro il palco come sempre, ovviamente.

Ew...” cominciai, tanto per attirare l'attenzione “Io so suonare la batteria...se volete...”

Non finii la frase, i loro sguardi parlavano da soli. Seguirono alcuni istanti di tensione, poi un urlo di gioia alla mia sinistra ruppe il ghiaccio e mi fece capire che quella sera avrei dovuto rinunciare alla mia sbronza da uomo solitario nell'angolo dell'isolato di fronte al Supermarket. Cazzo, sì.

Possiamo provare subito!” Annunciò Billie.

Che cazzo, non c'è nessuno di là!”

Quindi? Intano proviamo!”

Mike dove cazzo è il tuo basso?”

Hai delle bacchette? Come suoni senza bacchette? AH, no, ecco, possiamo fregare queste.”

Gli istanti che seguirono furono riempiti da una serie di esclamazioni concitate e divertite. Ci fiondammo in pochi secondi sopra il palco del 924; sulla pedana accanto all'ingresso erano ancora sedute quattro persone, ma le voci provenienti dal nulla ci fecero capire che all'esterno c'era ancora qualcuno. E la musica nel 924 è sempre molto alta.

Sai suonare qualche pezzo nostro?”

Scossi la testa. Davvero, come band non mi avevano mai entusiasmato parecchio, quei Green Day. Quindi suonammo Knowledge. Quella sapevo farla.

Lentamente la musica si propagò nella sala, poi le note raggiunsero il soffitto e qualcuno mise la testa dentro, per poi sparire di nuovo all'esterno del locale e tornare con alcuni amici. E così il 924 tornò a splendere di creste e maglie fluorescenti. Ma la cosa migliore era che quella gente rideva, si divertiva.

A dire la verità inizialmente non credevo che avremmo potuto coinvolgere la folla più di quanto non avessero già fatto gli Operation Ivy durante i loro spettacolari concerti al 924. Ero convinto che non saremmo mai arrivati al loro livello.

Evidentemente mi sbagliavo.

  
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