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Autore: twobirdsonesong_    24/03/2013    4 recensioni
Kurt è appena stato assunto come assistente di Carrie Bradshaw. Uno dei suoi compiti è di portarle il caffè la mattina. E qui entra in scena Blaine, il barista. Questa è la storia di come ognuno cambia la vita dell'altro.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Burt Hummel, Cooper Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: Con Panna

Blaine dà un’occhiata all’orologio.

7:35

Ha ancora cinque minuti prima che entri lui. Blaine guarda la fila di clienti che sembra non finire mai andare di fianco alla cassa, passata la vetrina dei dolci e infine alla porta. Se comincia a fare il caffè ora, diventerà freddo prima che lui possa prenderlo. E Blaine non vuole assolutamente dargli un caffè tiepido con la panna smontata.

È passata una settimana. Una settimana da quando il bellissimo ragazzo con la pelle liscia e candida e gli occhi mozzafiato è entrato nel frenetico Starbucks di Blaine un lunedì mattina, con le braccia piene di taccuini e troppe borse appese alle sue spalle larghe. Le sue guance erano di un leggero rosa e aveva sbattuto più volte le palpebre, osservando la coda di clienti davanti a lui, spostando il peso da un piede all’altro mentre avanzava troppo lentamente per i suoi gusti.

Blaine non lo aveva mai visto prima.

Aveva ordinato una bevanda, leggendo l’ordine da un foglietto e aveva frugato un po’ con una carta di credito per pagare, lottando con le sue borse e i bloc-notes. Blaine era al bar quella mattina, come lo è quasi sempre, e aveva rovesciato due tazze di espresso e bruciato del latte cercando di osservare di sfuggita l’uomo che era vestito troppo, troppo bene per essere un turista.

Da quello che Blaine riuscì a vedere da dietro alla macchina del caffè, l’uomo indossava un cappotto scuro, fatto su misura per slanciare la sua figura, con una sciarpa azzurra avvolta attorno al collo, anche se era Settembre ed ancora caldo. I suoi capelli erano tirati all’indietro, ma sistemati in modo da sembrare soffici. Non che Blaine volesse toccare i suoi capelli. Sarebbe stato strano, e inopportuno.

Blaine impiegò una manciata di minuti per arrivare all’ordine dell’uomo, ma quando lo fece, rallentò il suo solito ritmo, stranamente ansioso di fare questo caffè al meglio che poteva – ed essendo totalmente onesti, lui sapeva come fare una tazza di caffè dannatamente buona. Fece bollire il latte con cura, infastidito, e non per la prima volta, con la macchina che toglieva il leggero strato necessario per creare una schiuma davvero bella. E il risultato fu una schiuma liscia come la seta, dal colore dorato. Perfetta.

Blaine non si preoccupò di leggere il nome sulla tazza fino a che non lo chiamò:

“C’è un cappuccino medio, dietetico e con poca schiuma per Mrs. Bradshaw.”

Blaine rimase sorpreso nel sentire il nome.

“È per me, grazie.” Il ragazzo con i capelli perfetti e i vestiti bellissimi allungò la mano per prendere il suo caffè, ma Blaine non lo lasciò. Le loro dita si sfioravano quasi contro il bicchiere di carta.

“Mrs. Bradshaw?” chiese Blaine, stupidamente.

L’uomo arrossì leggermente e si morse il labbro. “È per il mio capo,” ammise, e Blaine rabbrividì al dolce suono della sua voce. “È il mio primo giorno. Non sapevo di doverle portare il caffè. Nessuno me l’aveva detto.”

“Oh. Ecco.” Blaine finalmente lasciò la presa e sperò che il suo sorriso non sembrasse così idiota come credeva. Non si era nemmeno accorto delle occhiatacce che gli altri clienti stavano lanciando ad entrambi appena gli ordini cominciarono ad accumularsi.

“Grazie. Spero sia buono,” l’uomo accennò al caffè che teneva in mano, sistemandosi le borse sulle spalle. “Sarò licenziato se non lo è.”

Blaine sentì il sangue defluire dalla sua faccia e rimané a bocca aperta davanti all’uomo, che sembrava troppo serio rispetto allo sguardo malizioso che c’era nei suoi bellissimi occhi. “Come?”

L’uomo sorrise e alzò gli occhi al cielo. “Sto scherzando, sto scherzando. Anche se la tua faccia era impagabile.”

Blaine pensò velocemente a qualcosa da dire, qualcosa intelligente e spiritoso e pensato per far ridere l’altro uomo, ma un cellulare vibrò da qualche parte nel suo cappotto.

“Merda,” sussurrò. “Sono in ritardo. Grazie ancora.” E poi se ne andò, aprendo la porta con la spalla e sparendo nel caos di Times Square.

Blaine lo guardò andarsene dalla grande finestra. “ Spero che tu non venga licenziato.”

Il ragazzo era tornato il giorno dopo, un’ora prima, e questa volta non portava niente se non una cartella in pelle. Sembrava più calmo, meno ansioso, e stesse fermo e impeccabilmente vestito in fila fino a che non arrivò alla cassa e ordinò la stessa cosa del giorno prima.

“Vedo che non ti hanno licenziato.” Disse Blaine, quando l’uomo arrivò davanti al bancone e il suo perfetto caffè era pronto.

“E per questo ti ringrazio,” rispose, e i suoi occhi erano di una sfumatura di blu leggermente diversa rispetto a com’erano la mattina prima. “Potrebbe piacermi questo lavoro, o almeno lo penso. È solo il mio secondo giorno. Vedremo se non riesco a rovinare niente nelle prossime nove ore.”

“Bè, io spero per un terzo.” Blaine era meravigliato di essere riuscito in qualche modo a dire qualcosa di non vagamente stupido. La sua lingua, già non tanto lesta, si sentiva lenta e pesante nella sua bocca quando era attorno a questo meraviglioso, intrigante straniero.

L’uomo aveva lasciato la mancia a Blaine e se n’era andato con un altro sorriso.

Era tornato ogni mattina quella settimana, alla stessa ora, e ordinò lo stesso caffè. E Blaine non sapeva ancora il suo nome.

***

Un altro lunedì mattina e Blaine è pronto per lui. Ha una brocca di latte fresco che aspetta e una serie di bicchieri puliti, solo per il caffè dell’uomo. Si era assicurato di mantenere il suo impiego al bar; non era difficile – tutti sapevano che lui faceva i caffè migliori del negozio.

L’orologio segna un altro minuto e Blaine dà un’occhiata alla porta proprio mentre lui entra, alto e regale nel suo cappotto lungo e stivali alti.

Gli occhi dell’uomo trovano immediatamente i suoi nella folla di clienti e Blaine abbozza un saluto, rabbrividendo fino alle dita dei piedi quando lo straniero sorride e muove le sue dita (lunghe, forti dita) di rimando a lui.

Blaine ignora tutti gli insegnamenti di Starbucks e comincia a preparare il caffè dell’uomo, prima degli altri in coda. Sente un altro ordine che viene chiamato e vede una tazza con un nome di fianco a lui. Le dà un’occhiata: un caffè grande, dietetico e senza panna. Il nome scarabocchiato in cima alla tazza è Kurt. Blaine mette a scaldare un’altra brocca di latte senza grassi e finisce il caffè medio con un po’ di arte schiumosa che Mrs. Bradshaw non noterà mai, ma a Blaine fa piacere comunque.

“Ecco il tuo caffè, assistente di Mrs. Bradshaw,” dice, facendo emergere un tono leggermente civettuolo nella sua voce. Ha avuto un paio di giorni liberi durante il weekend, ha finito tutti i suoi compiti, è un bellissimo lunedì mattina, e si sente coraggioso.

L’uomo alza gli occhi al cielo, ma prende la tazza. “Sei troppo buono con me. Ti ho visto cominciare il mio caffè prima di tutte le altre persone. Posso solo immaginare la loro ira se lo venissero a sapere.”

“Non so di cosa tu stia parlando.” Blaine è stranamente fiero di sé, che sta provando a flirtare, solo un po’, mentre sta facendo un caffè.

“Oh, ovviamente. È un mio errore.” L’uomo morde il suo labbro inferiore, e Blaine vuole sapere com’è. Si concentra sul caffè davanti a lui, e non sull’ampiezza delle spalle dello straniero, o sul suo pallido collo, messo in mostra dalla sciarpa leggera.

“Posso avere un vassoio?” Chiede l’uomo, ammiccando verso la catasta di vassoi vicino alla cassa.

“Per una tazza?” Chiede Blaine, confuso. Non è la prima volta che qualcuno chiede un vassoio solo per una bevanda, ma è la prima volta in assoluto che lo straniero chiede qualcosa.

“Oh, anche quello è mio. Finalmente ho preso qualcosa per me. Il mio capo mi ha urlato contro per aver trascurato il rituale del caffè.” L’uomo alza leggermente le spalle, chiaramente in imbarazzo, ma anche riconoscente per l’indulgenza del suo capo. Dovrebbe essere il suo primo vero lavoro, ed è fortunato che il suo datore di lavoro non sembra uno stronzo.

Blaine guarda la tazza che sta riempiendo.

Kurt.

Il nome dell’uomo è Kurt. Non è più l’assistente di Mrs. Bradshaw, è Kurt.

“Kurt.” Dice Blaine, e arrossisce davanti alla sua palese idiozia.

“Sono io.”

“Caffè grande, dietetico e senza panna.”

“Sì, sono io anche quello.”

Blaine esita a dare il caffè all’uomo, Kurt. L’ha fatto a memoria, senza cura per i dettagli, senza finezza – solo la solita routine. Non come l’altro caffè, sul quale, anche se sapeva non essere per Kurt, aveva speso ugualmente del tempo in più.

“Lascia che te lo rifaccia.” Dice, già a metà strada per lasciarlo. Probabilmente il cioccolato non è incorporato bene con il latte e probabilmente è raggruppato sul fondo. Non può darlo a Kurt.

“Cosa? No. Sono sicuro che va bene.” Kurt si sporge  e prende la tazza dalle mani di Blaine, e questa volta le loro dita si sfiorano. Blaine arrossisce, anche se è sempre caldo dietro al bancone, con le macchine del caffè davanti a lui e il forno dietro. Spera che le sue guance non siano così rosse come gli sembrano.

“Ma,”

“No,” Kurt sistema il secondo caffè dentro la borsa e se la mette a tracolla. “Se non è buono allora tornerò indietro e ti farò licenziare.” Fa l’occhiolino a Blaine, fa un fottuto occhiolino, e Blaine sa che la sua faccia è rossa e la sua mascella è caduta.

“Ci vediamo domani, barista.” E Kurt se n’è andato; di nuovo fuori nel caos senza fine che è Times Square. Blaine cerca di riconoscerlo, alto in mezzo alla folla, per vedere dove va dopo essersene andato ogni mattina, ma Kurt gira l’angolo verso Broadway ed è fuori dalla vista.

Blaine sa che Kurt sarà tornato il giorno dopo, e avrà il miglior caffè di sempre ad aspettarlo.

  
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