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Autore: Stray cat Eyes     12/10/2007    4 recensioni
Come semplici colori possano descrivere gli attimi più intensi di tutta una vita.
La vita di una bambina, ovviamente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rin, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sorriso in Bianco e Nero


Kohaku Hoshi


Il sole regnava maestoso sul manto azzurro del mattino, calando le sue dita sottili fra le foglie del sottobosco. L'aria era dolce, frizzante, anche se un po' fredda.


[Luce.. calda..]


La bimba si nascose meglio tra il fogliame, reprimendo un gridolino di dolore acuto per le spine che le ferivano i piedini pallidi. Mai infilarsi in un cespuglio di more, la sua mamma lo diceva sempre.
Ma, dopotutto, valeva la pena di graffiarsi se era per osservare Lui.

Lui. Che cosa fosse.. non ne era pienamente sicura.
Un uomo? No di certo, perché sapeva per esperienza che i lineamenti di un uomo non avrebbero potuto essere così dolci, e insieme così affilati. Un semplice uomo non avrebbe avuto una pelle lattea e tanto liscia, soprattutto un contadino delle risaie.
E non lo era.

D'altronde, avrebbe potuto essere un nobile.
Le sue vesti la dicevano lunga, su questo. Lei non poteva intendersene, ma, nella sua breve vita, non aveva mai visto nessun tessuto così morbido e lucente, così.. così pregiato, almeno in apparenza. E quei decori, non potevano che appartenere alla mano abile di qualcuno che aveva ottenuto una paga che lei - che gli stessi uomini del villaggio avrebbero potuto soltanto immaginare.

Ma Lui non poteva essere un uomo, non poteva.

Non aveva nulla di simile, nulla a che spartire con gli esseri umani.

Possedeva una bellezza straordinaria, che il suo occhio sano di bambina ammirava, luccicando d'emozione. L'emozione di avere qualcosa di suo che nessuno mai avrebbe potuto portarle via.


***


Midorii Garasu


La brezza pomeridiana soffiava gentile fra i rami del salice sotto cui si era riparata, facendolo ondeggiare come le tende di bambù che spesso chiudevano le capanne. La bimba si mosse lentamente, gattonando sul tappeto d'erba smeraldina, tenera come le sue carni d'infante, dello stesso colore della speranza che le albergava nel cuore.

Finalmente, i suoi occhi nocciola si posarono su quella visione paradossalmente angelica.


[Oh..]


Paradossale. C'era sul serio qualcosa di paradossale, in Lui, in lei, soprattutto in quella situazione. Poiché la bambina sapeva bene che, al suo posto, un altro degli abitanti del villaggio sarebbe fuggito a gambe levate da lì.

Sì, lo sapeva. E, ormai, era addirittura a conoscenza della natura di quell'essere maestoso che giaceva dolorosamente ai piedi della enorme quercia che squarciava il lungo intrico verde del boschetto. Era un..


[D.. demone?]


Ma lei non aveva paura degli spiriti maligni.
E poi, come poteva una creatura tanto pura essere cattiva?
Il suo viso sembrava così gentile, la sua pelle così fragile, e il suo sguardo d'oro.. era tanto profondo quanto uno specchio che si riflette in un altro, ripetendosi per centinaia di volte.


[Uno specchio.. cos'è uno specchio? Haha-ue ne ha mai avuto uno?..]


***


Shiroi Mizu


Drappi neri avvolgevano il cielo, impigliandosi in strani spilli luminosi.

Di nuovo, là dietro, con la certezza di essere scrutata a fondo dall'oggetto del suo innocente desiderio. Di nuovo. Stavolta, però, con un accenno di tristezza nelle dolci iridi di cioccolato.
Dispiacere, delusione forse.

Lui non aveva mangiato. Lei gli aveva portato del cibo, ma lui non l'aveva mangiato.
L'aveva lasciato lì, poggiato sulla radice nodosa di un grosso albero, ignorandolo deliberatamente.
E la piccola si era sentita indesiderata: rifiutando quel che con amore e con difficoltà gli aveva donato, aveva automaticamente rifiutato lei, e la sua presenza che con tanto timore aveva rivelato.


[Perché il signore non ha mangiato?..]


Il vento spirò leggero, portandole all'orecchio la sua voce in un soffio. Gelido.

Gelida.


Distante.

Come le lacrime che, ormai, nutrivano il suolo avido d'acqua.


***


Momoiroi Kuuki


Il cielo si era ancora tinto di un tenue blu, quasi azzurro - come i pastelli usati dai bambini di un'era che lei non avrebbe mai visto.

La bimba guardò con aria trasognata la volta sgombra di nuvole, mentre correva felice verso quel posto. Verso il posto.
La caviglia slogata non aveva importanza, ora; così come la schiena dolente e l'occhio colorato come il cielo notturno. Ma sì, anche la piccola falla nel suo sorriso contava ben poco, rispetto alla gioia che Lui riusciva a donarle soltanto degnandola di uno sguardo vacuo, stravolto dal troppo orgoglio.

Va bene, non aveva accettato il suo cibo. Ma unicamente perché i demoni come lui si nutrivano di altro - qualcosa che lei, evidentemente, non avrebbe potuto offrirgli.

E non era stato molto gentile con lei, ma a questo era abituata.
Inoltre, il signore non aveva usato violenza od altri mezzi rozzi nel rivolgerle quelle poche, fredde parole. Era stato semplicemente indifferente, cosa a cui l'istinto le gridava di abituarsi presto, e che il cuore le suggeriva di accettare con pazienza, ricambiando con affetto.

Per quella che sarebbe forse stata l'ultima volta, giunse a destinazione.
Uno strano calore la pervase, quando si ritrovò occhi negli occhi con il suo signore.


[Casa.. Lui è.. casa mia?]


La lunga chioma albina danzava nel vento, che sollevava in sbuffi rosseggianti le sue vesti pesanti e macchiate qua e là di sangue rappreso. Sangue proveniente da ferite ormai immaginarie, che si erano sanate nel giro di due giorni e due notti.
Neppure, anzi.


[Una casa non va via. O sì?]


Lentamente, si avvicinò.
E Lui, sfiorandola con le sue iridi di ghiaccio ambrato, fece ciò che nessuno aveva mai fatto prima per lei, nessuno. Non dopo la morte dei suoi genitori, della sua intera famiglia; da allora, tutti si erano preoccupati solo di malmenarla.
Di farle pesare la sua stessa esistenza.
Ma ora.. il suo signore si interessava ai suoi graffi, domandandone il perché.

E il perché del suo raggiante sorriso, al sentire quelle frasi tanto nuove quanto da lei apprezzate. Un sorriso con uno o due denti mancanti, che si affacciavano in un'oscurità dal sapore dolce.




"Rin, sbrigati!"

Improvvisamente, il tempo s'allontanò, e l'aria si fece più leggera, portando con sé l'essenza vaga e tremula di fiori di pesco non ancora sbocciati.




***

Vocabolario:
- Kohaku hoshi: Stella ambra
- Midorii garasu: Vetro verde
- Shiroi mizu: Acqua bianca
- Momoiroi kuuki: Aria color pesca
- Haha-ue:l'appellativo più rispettoso utilizzato per rivolgersi alla propria madre
[Se mi è sfuggito qualcosa, segnalatemelo e lo aggiungerò.]

Chiedo scusa per l'intrusione momentanea (forse l'ho portata un po' troppo per le lunghe.. eheh!), ma ne avevo proprio bisogno. ^^ Era da un bel po' (o almeno così vale per me) che non postavo una oneshot, così, eccomi qua.
L'ho scritta in due momenti diversi, ma ovviamente non starò qui a dirvi dov'è che ho interrotto per poi ricominciare!.. ;D Chiedo ovviamente scusa per eventuali errori, perché ce ne sono sempre. -_^ Alla prossima!

Sayounara!

Stray cat Eyes
  
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