Disclaimer: Bruce Wayne, Harley Quinn, il Joker e tutti gli altri personaggi
appartengono a Bob Kane, alla DC Comics e a chi detiene i diritti
sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto
personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si
ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece
copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la
citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite
permesso scritto.
"Chi è normale?
È colui che ha saputo mascherare la propria follia.
Quindi, il folle è il normale ingenuo."
- Davide Lopez -
Malattia
Canta Gotham e intona una canzone di guerra e sangue, solo per te, solo per lui.
Canta e scivola sulle tue note scomposte, pianista folle e ballerino d'un valzer al suo ultimo giro.
Canta e si innalza al cielo quella voce, quello sfrigolio acuto e corrosivo, quel latrato disperato e disperante.
"Sei arrivato."
Sorridi tanto da spaccarti le labbra, ma Harley - il tuo arlecchino, il tuo cosino, il tuo specchio - è vicino a te, all'ombra d'una malattia che non conosce fine.
"Cos'è, non sei in vena di chiacchiere questa sera?"
Rumoreggia Gotham - tuona - in un rombo eccitato e fremente.
"Quanto sei noioso, Batsy."
E comincia a marciare Gotham, al passo d'un soldato ferito dal rasoio della follia - o era quello della ragione, della sanità?
"È finita, Joker."
Ride Harley e pare il suono dell'osso che si scheggia.
"Non è mai finita davvero e tu questo lo sai, pipistrello."
Si accende all'improvviso Gotham e rende la notte più luminosa del giorno, un pugno al neon e il baluginio spietato d'un pagliaccio assassino.
Facce nuove, facce vecchie, facce a metà, Gotham si appresta alla sua lunga marcia verso l'inferno.
"Non c'è più spazio per te: non c'è mai stato."
Menzogna.
La vedi Gotham, vestita a festa e truccata come una puttana dell'East End, che marcia e marcia, mento alzato e ginocchia ben flesse.
La vedi e ne segui l'onda, una massa liquida d'errori chiamati eroi.
"Oh, è qui che ti sbagli."
Piove ora su Gotham, ma non riesce a pulire alcuna anima, alcuna maschera.
Piove e le marionette si muovono ancora, piante velenose e paure annichilenti.
"Io non posso andarmene: non potrei mai, neppure se volessi, pipistrello."
Alza la mano Gotham e mostra il suo volto - il suo vero volto.
È infetta quella città, contagiata da un morbo che pochi chiamano verità.
"Vedi pipistrello, io e te..."
Ti avvicini, la pupilla uno spillo arroventato sul fondo di quelle iridi d'ossidiana.
"...io e te..."
Ribatte il pipistrello e lo fa con un montante sinistro da stendere un cavallo.
Ribatte e usa l'unica lingua che gli sia congeniale davvero, bestia sopita sul fondo del suo cuore, cucciolo deforme e pericoloso: la violenza.
"...io e te..."
Ridi e bevi il tuo stesso sangue, schiacciato tra le braccia di Gotham.
Harley sobbalza e stringe le labbra, contrita, furiosa, gelosa.
"...siamo uguali!"
È un guaito?
È un urlo quello che hai sentito, oppure solo l'umido rumore della carne che si stacca dalla carcassa del suo ego?
"No!"
Oh, adesso lo riconosci: adesso vi capite.
Barcolli in punta di piedi e si dilata Gotham, nell'oscena parodia d'una nascita che non c'è mai stata.
Inspira e si contrae, pronta all'ultimo assalto, pronta all'ultima spinta.
Rialzi lo sguardo e mostri l'eburneo dei denti in una smorfia derisoria, tra di voi l'aria chimica d'una città - d'una madre - egoista e crudele.
"Ti sto aspettando, pipistrello. Ti sto aspettando."
E affondi.
****
C'è una malattia a Gotham. C'è una malattia a Gotham ed essa ti ha generato, come un seme la propria pianta.
Vive e muore tra di noi, parassita d'anime e consumatrice di speranze.
È un morbo implacabile, un grumo di cellule anomale e voraci.
È iniziata una notte d'inverno, con un simbolo nel cielo e nel cuore.
Si è diffusa una mattina di primavera, un sorriso sul volto e una lama tra le dita.
Non finirà: non ora, non domani.
Perché Gotham ha una malattia: una malattia che si chiama Batman.