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Autore: BrutalLove    25/03/2013    11 recensioni
[LINGUAGGIO]
DAL TESTO:
Sono qui dentro da tre mesi.
Sono qui dentro perchè credono che io sia pazzo. Oh no, io non lo sono. E chiunque mi abbia definito tale, evidentemente, non ha compreso pienamente la mia condizione.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi trovo in una stanza rettangolare e piuttosto piccola.

Il letto è appoggiato alla parete ed è in realtà una brandina da campeggio con una coperta rovinata appoggiata sul telaio.

Niente cuscino.

Nient'altro.

Non è proprio una camera d'albergo a cinque stelle.

Del resto cosa pretendo da una clinica psichiatrica?

 

Sono qui dentro da tre mesi.

Sono qui dentro perchè credono che io sia pazzo. Oh no, io non lo sono. E chiunque mi abbia definito tale, evidentemente, non ha compreso pienamente la mia condizione.

Perchè io sono solo stanco.

Stanco delle persone, stanco delle cose.

Stanco della vita.

Perchè il mondo sta andando a puttane. Ah, la stupidità degli uomini. Questi individui che non sono neanche più degni di essere chiamati uomini.

Per questo non meritano di vivere. Nessuno di loro merita di vivere.

 

Oggi ho il colloquio con lo psicologo.

Ma io non ho bisogno di un fottuto strizzacervelli che non sarà mai in grado di capirmi e che tenterà in ogni modo di imbottirmi di medicine e di foderarmi il cervello con le sue stronzate poetiche.

Io non ho bisogno di niente e di nessuno, ma qui qualcuno la pensa diversamente.

Hanno paura di me, e non sono sicuro che non debbano averne.

Non mi lasciano nemmeno andare in bagno da solo. Devo chiamare e farmici accompagnare.

Qui tutti saranno in pericolo finchè ci sarò io.

 

 

Nella mia vita sono stato tante cose.

Bambino innocente, prima di tutto.

Troppo innocente, costretto a credere in valori che mi venivano imposti e che non condividevo.

Costretto ad andare in chiesa la domenica, costretto ad andare a scuola in uniforme, costretto a partecipare a cene di lavoro con i miei genitori... Quando invece avrei solo avuto bisogno di pensare.

Pensare a cosa volessi fare veramente io.

Pensare a chi fossi, io.

Ignoravano le mie opinioni, non condividevano i miei pensieri. O comunque non me li lasciavano esprimere. Non avevano rispetto per me, proprio come io non ne avevo per loro.

Sono cresciuto senza amici.

Sono cresciuto tra persone che odiavo.

 

E poi sono stato adolescente.

Adolescente senza casa, perchè mi avevano cacciato. Senza scuola, perchè l'avevo lasciata.

Cosa sapevano loro più di me, in fondo? Coloro che si vantavano di conoscere e di poter insegnare non erano, alla fine dei conti, esseri umani come tutti gli altri? Sì, e anche loro, proprio come tutti gli altri, non meritavano di vivere.

L'età non garantisce il sapere. Avrei potuto insegnare loro molto cose di cui non erano a conoscenza. Ma non meritavano.

Io sapevo. Oh si, se sapevo!

Vissi per un po' per strada e divenni uomo.

Lavoravo con le donne; facevo loro vivere il sogno di una notte e, dopo il servizio, ritornavano alla loro vita di sempre. A volte non le guardavo nemmeno in faccia. Erano semplice sconosciute, per me. Sconosciute la cui vita si incrociava per qualche ora con la mia.

Le fottevo, e ne andavo fiero.

Ma poi mi stancai.

Fu allora che tornai alla casa dove ero nato e vidi la mia famiglia dopo molto tempo.

E uccisi.

Entrai di notte, senza fare rumore. La casa non era cambiata da quando me n'ero andato.

Presi un coltello dalla cucina e salii silenziosamente al piano di sopra.

Aprii le stanze ad una ad una e, dove trovai vite umane, uccisi.

Uccisi i miei genitori, uccisi mio fratello minore che dormiva beato in quella che una volta era stata la mia stanza.

Uccisi senza pietà. Mi macchiai le mani del loro sangue.

Sangue. Era sparso ovunque.

I corpi smembrati di quella che era stata la mia famiglia giacevano sul pavimento delle rispettive camere, immersi in un lago di sangue scuro che minacciava di allargarsi oltre i confini segnati dalle porte.

Sangue, sangue, sangue.

In parte lo avevo anche addosso, sugli abiti e sulle braccia scoperte, sul viso e sulla punta delle scarpe. Era schizzato ovunque quando avevo tagliato le loro gole.

Mi svestii per liberarmi di tutto quel rosso impuro, appartenuto a esseri impuri che non avevano meritato la vita.

Le persone che mi avevano creato e che avevo odiato con tutto me stesso non esistevano più.

 

Facile, folle, pazzo. Lo chiamano omicidio. Io la chiamo vendetta.

 

La polizia mi trovò la mattina dopo, nudo e in ginocchio sul pianerottolo.

Piangevo lacrime di gioia per essermi finalmente vendicato.

Ah, che dolce il sapore della vendetta.

Ma evidentemente erano degli incapaci e interpretarono in modo sbagliato quelle lacrime.

Pensarono che fossi pentito. E malato.

Decisero così, su due piedi, la mia destinazione.

 

Arrivai qui, dove sono anche adesso, quello stesso giorno.

Da allora non ho ancora rivisto la luce del sole, l'esterno. Non sono mai più uscito e non so se mai uscirò.

Non credo di meritare tutto ciò.

Un giorno o l'altro mi vendicherò anche di loro, di tutti quelli che mi tengono chiuso qui. Quel giorno non si salverà nessuno, nessuna vita verrà risparmiata. Perchè nessuno merita davvero di vivere.

 

Nella mia vita sono stato tante cose.

Sono stato assassino, e non me ne sono mai pentito.

 

 

 

 

Angolo autrice individuo mentalmente instabile

Ho scritto questo breve racconto mesi fa, durante una noiosissima (?) lezione che non riuscivo a seguire...

Spero vi sia piaciuto, sono gradite le recensioni!

Grazie mille e a presto :)

 

BrutalLove x

  
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