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Autore: Rowena    25/03/2013    8 recensioni
... e la strega che scacciò la Banshee di Bandon aveva il labbro leporino. Voglio dire, andiamo...
Storia di un'avventura dimenticata per mano di un mago vanesio e troppo desideroso di fare fortuna.
[Questa storia partecipa al contest "Paddy’s Day – Festeggiamo San Patrizio!" indetto da Ferao sul forum di EFP].
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Gilderoy Allock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Personaggi senza nome e affini'
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Angoletto dell'Autrice parte prima: Buonasera a tutti, sto per crollare in catalessi dopo una notte in bianco a scrivere e una giornata un po' delirante, ma volevo comunque pubblicare il primo capitolo della mia nuova minilong, già che sono riuscita in qualche modo a finirla in tempo per il contest per cui è stata pensata, il Paddy's Day indetto sul forum dell'archivio da Ferao. Non potevo proprio non partecipare, visto che il tema era l'Irlanda. Sono stata in quest'isola meravigliosa più volte, prima in vacanza studio, poi per i fatti miei, e devo dire che ci ho proprio lasciato il cuore. Comunque, arrivando alla storia: è la classica one-shot alla Rowi, su un personaggio inesistente della Rowling, ossia la strega con il labbro leporino a cui Allock "ruba" la storia della Banshee e che viene liquidata in ben una mezza riga nel secondo libro, più precisamente nel capitolo 16, quando Harry e Ron smascherano il sedicente professore. È doppiamente una one-shot alla Rowi perché è rapidamente lievitata in una minilong in tre parti: ho tutto, tranquilli, per cui aggiornerò e completerò la storia in breve tempo.
Gli eventi sono ambientati nel 1985, perché ho immaginato che fossero necessari alcuni anni per Allock per sottrarre tutte le storie dei malcapitati "bruttoni", scrivere i suoi (eeek) libri e diventare abbastanza famoso al punto da ottenere un Ordine di Merlino, anche se di terza classe. Le note sui rispettivi capitoli vorrei metterle in fondo agli stessi, per cui a tra un po'. :)







La costa dell'Irlanda era verde e splendente, malgrado la pioggerellina che batteva ormai da un paio d'ore. Incurante dell'acqua, Hatty respirava a pieni polmoni la salsedine, mentre il traghetto si avvicinava al porto di Kinsale. La sagoma di Charles Fort, il grande insediamento militare a pianta stellata, si stagliava come un gigante di pietra ricoperto dalla verde erba e dal muschio di tanti anni di abbandono tra il cielo plumbeo e il mare in fermento, come un silenzioso guardiano della piccola insenatura.
Quella presenza scatenò reazioni contrastanti nei Babbani a bordo: il forte ormai era una proprietà irlandese e una meta turistica molto frequentata, eppure ricordava la lunga dominazione inglese e la fallita insurrezione di molti secoli prima, quando i clan chiamarono in aiuto gli spagnoli... Ma senza risultati. Prima l'Invincibile Armata fu sconfitta, poi fallì l'assedio proprio lì, a Kinsale, consegnando definitivamente l'Irlanda ai Tudor. Hatty era incuriosita da quelle persone, specialmente da un uomo dai capelli bianchi ancora folti e lucidi, che raccontava la storia della fallita insurrezione con un forte rimpianto, come se fosse stato presente e avesse visto i grandi galeoni del Re cattolico affondare nelle acque irlandesi, o i suoi compatrioti del Seicento essere sopraffatti dalle truppe inglesi.
Non che avesse da stupirsi molto: sua madre era Babbana, e di famiglia fieramente indipendentista... Salvo per un paio di cugini che erano rimasti in Nord Irlanda e tenevano la foto della Regina in salotto come se fosse una nonna acquisita, e a ogni luglio si vestivano di arancione e marciavano in parata per ricordare la battaglia del Boyne. Hatty conosceva bene quelle storie, avendo frequentato la scuola primaria dei Babbani prima di Hogwarts, ma era sempre interessata a saperne di più, anche perché la sua presenza nel Cork era dovuta anche a fatti avvenuti durante la guerra d'indipendenza...
Nonostante la sua educazione primaria e la sua famiglia, infatti, per una strega che aveva vissuto una parte fondamentale della sua vita in Scozia – e che non aveva nessuna particolare diatriba con gli abitanti dell'isola accanto – quelle testimonianze parevano sempre molto strane. Il mondo della magia era stato più saggio fin dai tempi antichi, su questo non vi erano dubbi: nonostante i pregiudizi tra maghi di paesi diversi fossero tuttora forti, il bisogno più alto di difendersi dall'ignoranza e dalla paura dei Babbani aveva prevalso sulle piccole rivalità tra vicini.
Secondo alcuni storiografi della magia, addirittura, erano stati dei maghi a suggerire ai Babbani di creare un organismo politico più ampio, che riunisse l'Europa in un unico e potente blocco sulla scena mondiale e legiferasse comunitariamente, ma si sapeva che i maghi ci tenevano a prendersi i meriti per ogni raro atto illuminato dei loro simili senza poteri.
«Ma ci pensate, se ci fossimo liberati allora dal giogo degli inglesi?», domandò l'anziano. «L'isola di smeraldo ancora unita, l'Ulster libero dai protestanti!»
La sua voce era marcata dal forte accento di Cork, segno che aveva vissuto nella zona forse tutta la vita: doveva aver sentito quella storia da suo nonno, e chissà quante altre generazioni della sua famiglia avevano ricordato l'occasione mancata dall'Irlanda per essere libera e unita.
Affacciata al parapetto, Hatty ascoltava tenendosi a distanza dagli altri passeggeri del traghetto.
Aveva imparato da tempo a stare in disparte, in modo da non attirare l'attenzione degli altri e i loro commenti crudeli. Il suo unico vezzo era la sciarpa rossa che le copriva la metà inferiore del viso, dal naso in giù: sua madre si era lamentata che era troppo appariscente, ma era meglio dover spiegare un accessorio tenuto sempre indosso, piuttosto che affrontare gli sguardi di pietà e orrore scatenati da ciò che nascondeva là sotto.
Da piccola, tutti l'avevano soprannominata Hatty the Hare. La lepre. I bambini sapevano essere odiosi quanto banali, per prendersi gioco di una persona con la sua deformazione. Si passò la lingua sul labbro diviso a metà che le deturpava il viso fin dalla nascita: se fosse stata una semplice fessura, Hatty probabilmente se ne sarebbe infischiata, specie dopo aver visto certi bozzi pelosi a Diagon Alley, ma l'incisura raggiungeva la narice destra creando un'apertura abbastanza ampia che lasciava vedere i denti, specialmente i due di troppo, dalla forma irregolare causata dal poco spazio in cui crescere. Abbastanza per essere additata per strada, per essere guardata con commiserazione.
Ricordava i pianti di sua madre, che aveva creduto che la magia potesse risolvere il problema, e si era sentita rispondere dal marito che purtroppo non si poteva sistemare tutto con la bacchetta.
Hatty non si era arresa e a scuola aveva studiato con determinazione Trasfigurazione, sotto la guida della professoressa McGonagall. Sapeva scagliarsi degli ottimi Incantesimi di Disillusione, che ingannavano gli estranei, e mutare il suo volto abbastanza da apparire normale, ma erano stratagemmi complessi, che richiedevano molta energia: la sciarpa era una soluzione più semplice e più controllabile, e soprattutto non rischiava di perdere efficacia in situazioni imbarazzanti.
Se fosse riuscita a completare il suo lavoro, però, le cose sarebbero cambiate, la strega se lo sentiva nelle ossa. Aveva raccolto prove, testimonianze... E se ora l'incontro fosse andato a buon fine, avrebbe avuto tutto il materiale per il suo libro.
«Signorina, sta tornando a casa o è in arrivo?»
La stessa voce che poco prima ingiuriava contro gli sporchi inglesi. Hatty si voltò e si trovò di fronte il vecchio Babbano con un sorriso molto più accomodante.
La ragazza si guardò intorno e si rese conto che il battello aveva già attraccato nel porticciolo di Kinsale, e che buona parte dei passeggeri erano già scesi. Probabilmente l'uomo aveva notato la sua aria assorta...
«Sono in viaggio per lavoro», rispose gentilmente facendo attenzione a usare meno erre possibili nella risposta. Le erre le creavano sempre problemi, erano così difficili da pronunciare... «Sto andando a Bandon».
«È un giro curioso, passare da Kinsale quando ci sono pullman molto più comodi da Cork».
«Ho colto l'occasione per gustarmi un po' di mare, non mi capita spesso», spiegò rapida sperando di aver soddisfatto la curiosità del Babbano. Aveva previsto la domanda, ma su un autobus di linea sarebbe stato impossibile passare altrettanto inosservata o anche solo tenere la sciarpa addosso. I pullman pieni di vecchiette curiose e turisti con le macchine fotografiche al collo la mettevano a disagio.
Inoltre non aveva mentito: l'insenatura del piccolo borgo era deliziosa e lei amava il mare, essendo nata sulla riva dell'oceano Atlantico, a Galway. Avrebbe proseguito per Bandon a piedi: i due paesi distavano circa una ventina di chilometri, per cui la strega contava di giungere in giornata, tenendo un buon passo. Erano appena le nove di mattina, sarebbe arrivata prima che scendesse il buio... E se non ci fosse riuscita, aveva la sua tenda nella borsa allargata con la magia.
«Beh, perché non si ferma a Kinsale, almeno per un giorno? Il paese è delizioso, e questo pomeriggio ci sarà un'importante partita di rugby, ogni pub offrirà birra, se l'Irlanda vincerà... Anche se è qui per lavoro, non si perda l'occasione di svagarsi un po'».
Era un consiglio saggio, riconobbe la ragazza, eppure sentiva che non poteva fermarsi: si voltò a guardare la sagoma del forte, che ormai il battello aveva superato e si stagliava in lontananza. Fece due rapidi conti: se avesse perso la giornata nel borgo portuale, avrebbe poi passato la giornata seguente per strada... E avrebbe affrontato la Banshee il primo aprile.
No, non poteva permetterselo. Anche se non era superstiziosa, conosceva abbastanza bene le forze magiche della sua amata isola di smeraldo per sfidare la fortuna. Nel giorno degli scherzi, il fato avrebbe potuto svantaggiarla parecchio nel confrontarsi con uno spirito sofferente come quello che stava cercando.
«La ringrazio, ma è meglio che non perda tempo: festeggerò il doppio quando avrò finito».
Si congedò rapidamente e sgusciò via come una lepre per evitare altre domande. La giornata sembrava buona: nonostante un velo di nubi che velava il sole, quel giorno non sarebbe piovuto. Doveva approfittarne.

***

Un paio d'ore dopo, Hatty si fermò per una tazza di tè: dalla sua borsa recuperò un bollitore, che riempì con l'acqua di un limpido ruscelletto, e le bustine aromatizzate alla vaniglia, quindi con la bacchetta accese un piccolo fuoco in uno spiazzo pulito. Aveva seguito per un po' la strada principale, che andava a ricongiungersi con la via per Cork, solo per abbandonarla dopo i primi chilometri. I sentieri e le stradine minori, infatti, le avrebbero permesso di muoversi agevolmente senza dare nell'occhio.
Le serviva un po' di silenzio, per mettere in ordine le idee e preoccuparsi di come si sarebbe comportata l'indomani di fronte allo spirito: per questo si era inoltrata svelta nella vegetazione, facendo attenzione alle macchie di muschio sui tronchi degli alberi per assicurarsi di mantenere la giusta direzione. In quegli ultimi giorni di marzo, Hatty aveva sorriso nel vedere come il sottobosco fosse puntellato di piccoli fiori bianchi, minutarie e sassifraghe per lo più. Si dispiacque di poter ammirare soltanto i boccioli dei corbezzoli, perché era parecchio golosa dei loro frutti dalla scorza rossa, ma proprio non era stagione.
Una scusa per tornare a Bandon in autunno, magari per promuovere il libro che aveva intenzione di scrivere... Sempre se gliel'avessero pubblicato, ovviamente, e soprattutto se fosse sopravvissuta per completare il suo lavoro.
Sì, perché le poche persone che aveva informato del suo progetto la davano già per spacciata. Come poteva sperare di sconfiggere una Banshee, uno spirito capace di uccidere con un semplice grido, lei che aveva problemi con le magie più semplici se doveva pronunciare gli incantesimi a viso scoperto?
Era un dubbio legittimo, infatti Hatty non si era offesa a quelle insinuazioni: sarebbe stato ancora più gratificante il suo successo, una volta tornata da quell'avventura. Aveva letto tutto ciò che era stato scritto sull'argomento; non una gran fatica, dopo tutto, visto che le Banshee non avevano mai affascinato più di tanto i maghi, o almeno non abbastanza da avvicinarle davvero.
Aveva la sua teoria, ricavata dalle leggende che le erano state raccontate quand'era bambina, uno dei rari argomenti su cui i suoi nonni si trovavano d'accordo: come i Mollicci erano generati dalla paura e i Dissennatori dalla disperazione, secondo la strega gli spiriti caratteristici dell'Irlanda nascevano in luoghi in cui il dolore la faceva da padrone. E nell'isola di smeraldo, con tutta la sofferenza provata in tanti secoli per la conquista britannica, il duro giogo sotto cui erano stati obbligati i nativi e, per finire, la guerra d'indipendenza... E le cose non sembravano destinate a migliorare, pensò.
Quando passava per Londra, rimaneva ogni volta incredula per l'indifferenza con cui i maghi passavano oltre ai problemi dei loro vicini. Eppure tanti di loro erano figli e parenti di Babbani, possibile che non importasse loro quanto capitava a pochi isolati dal Ministero.
Era azzardato, e se si fosse sbagliata il suo paraorecchie non sarebbe bastato a proteggerla, eppure era pronta a rischiare tutto, anche la sua vita.
L'idea le era venuta notando che, negli ultimi tempi, le segnalazioni più frequenti provenivano proprio dalla zona dell'Ulster, dove i dissidi tra Babbani erano ancora ben lungi dall'essere risolti. Tuttavia, Hatty aveva scelto di cercare le prove per la sua teoria nella contea di Cork, attirata da un misterioso omicidio di cui aveva letto sul giornale: due fidanzatini erano stati ritrovati senza vita in una dimora settecentesca ormai abbandonata, ma la polizia non aveva saputo spiegare la causa della morte. La strega era stata attirata da un commento del giornalista di cronaca nera, che descriveva l'inspiegabile smorfia di dolore che deformava i volti dei due giovani sventurati, inspiegabile poiché non vi erano segni di percosse né violenza sui loro corpi. Se li avessero descritti come spaventati oppure orripilati, Hatty avrebbe pensato a un Anatema che Uccide, ma le parole dell'articolo sembravano parlare di sofferenza... Avevano trovato la ragazza con le lacrime ghiacciate sul viso, addirittura.
No, quello era un grido di Banshee, la strega ne era sicura. Anche il luogo in cui erano stati scoperti i cadaveri le dava ragione: la grande villa era stata bruciata dall'IRA durante la guerra d'indipendenza e, anche se non vi erano state vittime, le cronache riportavano quegli avvenimenti in maniera sufficientemente tragica e sofferta per dare la genesi a una Banshee, almeno questo era il suo pensiero mentre soffiava sul tè bollente che aveva preparato.
«Sembri un po' troppo indifesa, per girare da sola in questi boschi», sibilò una vocina alle sue spalle, facendola sobbalzare. Per fortuna non aveva iniziato a bere, o si sarebbe scottata... Una cosa davvero spiacevole, specie per lei che aveva le mucose della bocca particolarmente sensibili e in parte esposte.
Un Leprecauno: Hatty lo osservò con attenzione, ammirata dagli eleganti dettagli del suo completo verde, da vero signore. Per una volta non si affrettò a coprirsi il volto, però; era stufa di permettere alla gente di giudicarla con commiserazione, meno che mai l'avrebbe permesso a una Creatura Magica come quella che aveva di fronte.
«Credevo che steste tutti a Kenmare», ribatté senza lasciarsi intimidire.
L'essere non gradì quel commento e scosse il capo: «Con quegli esibizionisti, intendi? Non tutti i Leprecauni aspirano a fare da portafortuna a una squadra d'imbecilli che sfreccia sulle scope cercando di buttare giù gli avversari, o qualunque sia lo scopo di quel gioco cretino. Noi siamo ovunque, siete voi umani che non ci vedete, nonostante la vostra altezza spropositata: ai nostri occhi, siete tutti deformi».
Era quasi comico quel commento, e allo stesso tempo la donna trovò soddisfacente sentirsi accomunare agli altri in quella che per l'esserino era un'orrenda stranezza: il suo problema particolare scompariva, in confronto alla superiorità fisica dell'uomo... Ad ogni modo, quel Leprecauno doveva essere imparentato con un Jarvey, pensò la strega trattenendo un sorriso. Che i Folletti irlandesi non amassero gli esseri umani non era certo una novità, visto che non si erano mai fatti registrare al Ministero, ma non era a conoscenza che la comunità di Kenmare, che si esibiva come mascotte prima delle partite della squadra di Quidditch locale con giochi di luci e regalando oro agli spettatori, fosse invisa agli altri della loro specie.
Probabilmente era per la storia delle monete, perché i maghi si dimenticavano in fretta che erano destinate a sparire dopo qualche tempo, avidi e eccitati nel mettere le mani su un gruzzoletto inaspettato... Ma quando l'oro scompariva, i Leprecauni venivano accusati di essere dei truffatori.
«Come mai hai deciso di parlare con me? Da quello che so, voi siete loquaci quanto i Centauri, con noi».
«È raro trovare un umano con cui valga la pena di aprire bocca», spiegò l'Essere alzando le spalle con noncuranza. «C'è del tè anche per me?»
«Sì, e ho anche una tazza di scorta», disse Hatty passando la sua ancora intonsa, per recuperare l'altra nella borsa e versarvi il liquido ambrato che era rimasto nel bollitore.
La Creatura si sedette su un masso muscoso e sorseggiò il tè: «Bleah, ma come è dolce!»
«A me piace aromatizzato alla vaniglia, mi spiace. Allora, perché sarei degna di un simile onore?»
«Quante domande... Perché voi umani siete sempre così di fretta?»
«Devo arrivare a Bandon prima che faccia buio», spiegò pazientemente Hatty, «e in questo momento mi stai facendo tardare sulla mia tabella di marcia».
Il Leprecauno non rispose subito, finendo il tè malgrado il sapore non fosse di suo gradimento.
Nella radura non volava una mosca, come se il tempo si fosse fermato per permettere quell'incontro insolito. Solo l'acqua scrosciante del ruscello ricordava alla strega che quella era la realtà, e che doveva convincere il Folletto a lasciarla andare il prima possibile.
«Un soldino per i tuoi pensieri», esclamò a un tratto, estraendo una moneta d'oro lucente dal taschino dei suoi pantaloni.
La strega scosse il capo: «Che scomparirà tra qualche giorno? Valgono così poco, i miei pensieri?»
«Come se quello che passa in quella testaccia durasse altrettanto...», commentò roteando gli occhi il Leprecauno. «Dicono che stai cercando una Banshee».
Questo Hatty non se lo aspettava, eppure cercò di mantenersi indifferente: «Chi lo dice?»
«Sei in Irlanda, non esiste evento magico che sfugga a noi del piccolo popolo, come ci chiamate voi». «I Babbani usano quel nomignolo, non noi maghi».
«Ai nostri occhi siete bambini ignoranti in ogni caso, che sventoliate un bastoncino o meno. Forse ne capite un pochino di più dei Babbani, ma non dovreste credervi tanto migliori di loro».
Questo era assolutamente vero, Hatty non avrebbe saputo dirlo meglio, anche se era fastidioso sentirsi bacchettare in quel modo da una creaturina che arrivava al metro giusto per il cappello a cilindro che indossava.
«E se fosse vero, se stessi cercando una Banshee… Voi del piccolo popolo avreste qualcosa in contrario? Non sapevo vi foste alleati».
Il Leprecauno cambiò espressione, diventando quasi furioso: «Noi non ci interessiamo a loro!»
«Allora perché sei qui?» domandò ancora Hatty, che iniziava a stancarsi: a meno che non si fosse seduta sulla pentola d'oro dell'esserino, e ne dubitava parecchio, vista la sua scarsa fortuna, non c'erano motivi per cui l'Essere la tenesse lì ancora a lungo. Doveva rimettersi in cammino, o avrebbe passato la notte all'aperto.
«Volevo vedere la faccia di chi è così pazzo da sfidarne una».
A quel commento, la strega si irrigidì, chiedendosi se non avesse sbagliato una volta di più a mostrarsi a viso scoperto.
«È questa, sei soddisfatto?», rispose con stizza sollevando il mento per mettere in evidenza il labbro diviso e la spaccatura che risaliva fino al naso.
Il Leprecauno la osservò per un attimo con serietà, senza lasciarsi spaventare né sconvolgere. Ne aveva viste troppe, nella sua lunga vita di Folletto, per permettere a un essere umano non riuscito di metterlo a disagio. Eppure, ora aveva tutto più senso. Hatty, invece, si voltò a guardare il ruscello, sentendosi ferita. Si calcò di nuovo la sciarpa sul volto, per nascondersi, ma non avrebbe potuto celare con la stessa facilità le sue lacrime, segno di un orgoglio troppe volte calpestato.
«Sì, capisco meglio adesso. Le persone come te sono pronte a tutto per sentirsi normali, non è vero? Suppongo di sì...», sentì dire con tono più rispettoso dalla creaturina alle sue spalle, ma non tornò a guardarlo.
Senza commentare quell'atteggiamento a suo dire puerile, il Leprecauno posò la tazza ai suoi piedi e tirò fuori un acciarino d'argento, per accendersi la pipa. «Bene! Di norma, ti farei desiderare i miei consigli a lungo e ti sottoporrei a un sacco di prove ridicole per ottenerli...»
«E ci cascano in tanti?»
«Che sfrontata», ridacchiò lui con uno strano luccichio negli occhi. «Sì, ad ogni modo, soprattutto Babbani. Voi troppo alti siete pronti a tutto per avere un po' del nostro oro. Siete un ottimo passatempo per le serate noiose, se posso dirlo. Ad ogni modo, stavolta sorvolerò su questa parte e ti dirò subito che la tua impresa non ti porterà a niente: molto probabilmente morirai prima che sia aprile e, anche se riuscissi nel compito che ti sei data, gli altri umani non vorranno ascoltarti. Non è colpa tua... La tua specie è gretta, raramente sa andare oltre alle apparenze per ascoltare la verità».
«E se non ti volessi ascoltare?»
Un sospiro.
«Allora dai questa moneta al gestore del Leprecauno ubriaco: quel vecchiaccio è in debito con me per lo stupido nome del suo stupido pub, per cui ti darà una stanza appartata e non farà domande».
Hatty si voltò, per rispondere al Leprecauno, ma al suo posto c'era solo un sottile sbuffo di fumo argenteo. Non sarebbe tornato, comprese la strega. Che se lo fosse solo immaginata? No, la moneta era proprio lì, adagiata sul muschio.
La raccolse e se la rigirò tra le dita, chiedendosi se davvero doveva fidarsi di un membro del piccolo popolo: ricordava tutte le storie che le avevano raccontato fin dalla culla, tutti i tiri mancini che quegli esseri erano soliti giocare agli umani... Eppure questa volta era sembrato sincero. Forse un alleato inaspettato?
Senza rimuginarci oltre, si mise la moneta in tasca e raccolse con un tocco di bacchetta le sue cose: aveva già perso fin troppo tempo.






Angoletto dell'Autrice parte seconda: Eccoci qua, se siete sopravvissuti... Spero di sì, insomma! Dunque, cominciamo col fare un po' di ufficio turistico: Kinsale è un borgo delizioso nella contea di Cork che merita una visita, se foste di strada, se non altro per questa meraviglia: Charles Fort. Merlino benedica l'ingegnere nucleare che me l'ha consigliato in ostello a Cork – e sì, so che sembra una barzelletta ma è successo davvero. XD
Dunque, sul difetto di Hatty mi auguro di non aver scritto castronerie: non sono un medico e ho cercato al mio meglio dati su questa malformazione e di parlarne nel più delicato e rispettoso dei modi. Spero di non aver offeso nessuno. La sua sciarpa è un omaggio a Django unchained di Quentin Tarantino: nel film c'è una ragazza con questo capo sul volto, tra gli scagnozzi di Monsieur Candy, e so che è già un omaggio al Django originale, perché un'armata che appare nel film di Corbucci usa queste sciarpe per non farsi identificare... Comunque, senza divagare troppo: il personaggio misterioso di una donna in un ambiente così duro e violento mi ha affascinato molto, al punto da desiderare di scriverne... Questa è una prima prova sul tema, anche se ovviamente Hatty con Django non c'entra nulla.
Può sembrare forse azzardato mischiare la Storia con la saga potteriana, ma a me continua a sembrare impossibile che il mondo magico e quello comune siano così distaccati. Insomma, eventi come una guerra d'indipendenza o una guerra mondiale sconvolgono tutti, non solo i Babbani... La genesi delle Banshee è una mia trovata, basata davvero sulle informazioni che sono apparse sul Pottermore di recente sui Mollicci: sembra che parecchie creature oscure siano in realtà causate dalle forti emozioni umane, per cui perché non anche in questo caso, mi sono detta... Kenmare è un'altra cittadina nel Kerry, la contea a ovest di Cork, che è riportata su Il Quidditch attraverso i secoli per avere una squadra e per aver introdotto i Leprecauni come mascotte, poi ripresi dalla nazionale irlandese stessa. Mi piaceva l'idea di dare il parere di un diretto interessato sulla questione. Avrete notato forse che i nomi sono in inglese: avevo bisogno, per motivi che scoprirete più avanti, di mantenere il titolo del libro Break with a Banshee, che in italiano è stato mutilato in A merenda con la morte. Giuro, a volte la Masini mi ispira sentimenti davvero violenti... Comunque, per coerenza anche i nomi dei personaggi della Rowling sono stati mantenuti in lingua originale.

Bene, spero di non avervi annoiato con la mia didascalia – non mi capita spesso di scrivere note così lunghe XD – e di avervi incuriosito. Stay tuned per i prossimi capitoli e, se volete, fatemi sapere come avete trovato questo capitolo.

Rowena

   
 
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