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Autore: Albinia    25/03/2013    0 recensioni
[Mr. Nobody]
Nemo Nobody deve scegliere la propria strada e grazie ad una visione futuristica di se è in grado di capire quale strada potrà condurlo al destino che desidera... se vivere nell'infelicità con i genitori o semplicemente scegliere una strada nuova. Deciderà di volersi creare da solo un nuovo percorso che lo porterà all'effettiva felicità che le persone attorno a lui non hanno vissuto.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Mr. Nobody - Il Treno.
betato da  Misfit

Ciuf Ciuf...

Ciuff... Ciuff Ciuf...

Drin Drin

 

La stazione è un andirivieni di suoni. Di volti.

Vedo le labbra di mia madre schiudersi, vedo i suoi occhi velati dalla tristezza e dall'insofferenza per la sua partenza. Forse soffre perché parte, forse sono io a vedere la sua sofferenza perché soffro.

La sua mano è più delicata, forse più pallida, e mi accarezza. Mi scosta i capelli dalla fronte ed è come se fosse la prima volta che mi sfiora la pelle, bado al suo tocco con un infantile distacco e cerco d'individuare la staticità fisica del tocco stesso piuttosto, che visualizzare in quel tocco la sua sensibilità materna.

Mi guarda, china il capo... mi fa sentire piccolo, eppure la scelta che mi chiederà di fare sarà troppo pesante per le mie spalle – e le sentirò piegarsi, sentirò le crepe del corpo e poi rompersi le ossa -.

 

Vedo il volto di mio padre, infranto. Il suo sguardo è composto di mille pezzi, è un campo sterminato e vuoto, senza erba, solo composto d’una tetra desolazione. China anch’egli la testa; nei suoi occhi vedo il treno che mia madre prenderà.

La sua grande mano che stringe il mio piccolo palmo fragile pesa, per il peso della valige che porta con sé mia madre, che stringe in quel vano una vita che rinnega.

 

I freni del treno. Potrei quasi vederli ancor prima di sentirli.

Vedo il mostro di ferro avanzare verso di noi, arrestare la sua corsa. È lì per rapirla. E lei è consenziente.

E mio padre piange.

Alterno gli sguardi fra loro, che si guardano e si piangono come se l'uno fosse morto per l'altra.

Poi mia madre lascia la presa della sua mano sulla mia. Non sento più carezze. Nella presa di mio padre non sento più il peso di quella valigia e, un attimo dopo, il soprabito viola è lontano.

Il Treno ha aperto la sua bocca di metallo. Un uomo s’affaccia.

L'aguzzino che l'aiuta a salire... vedo mille volte immergersi in quel destino. Mille sguardi più labili della creta, ma non voglio vedere i loro sguardi.

Nelle orecchie mi rimbomba un suono: corri. Scegli.

Ma è difficile scegliere, perché finché non si sceglie, è ancora possibile fare tutto quello che si vuole, si crede di avere la possibilità d’ingannare il destino che ci mette di fronte due vie.

 

È un attimo.

 

Sento le gambe pesanti. Le radici dei miei piedi attaccarsi al suolo. Sento le braccia agitarsi in aria come in balia del vento. Mi sento sperso.

La terra mi vuole. Il vento mi vuole.

 

Vedo il volto di mia madre sporgersi dal treno quando questi ormai sta partendo.

«Nemo».

Il mio nome non è stato pronunciato mai con una tale dolcezza, con un tale desiderio d'avermi. Le radici vogliono attaccarsi più in profondità, ma le braccia s'agitano azzerando la forza della terra.

 

Corro. La mano di mio padre non mi lega più.

Egli è la terra. E corro verso mia madre, vento della vita, che vuole condurmi lontano da quella vita da cui anch'ella fugge.

 

Mentre corro mi volto. Perdo una scarpa.

Vedo il volto di mio padre infranto. Mille pezzi che io correndo, calpesto e rompo.

Le gambe tentano di arrestarsi, le braccia s'agitano per correre.

Lacrime. Vedo solo lacrime.

Un attimo. Posso scegliere solo grazie ad un attimo.

Ho corso, ho forse scelto?

«Elise».

Non voglio quel destino... corro e mi volto.

 

Vedo il volto di mia madre. Nei suoi occhi c'è speranza.

Il suo braccio si distende. Il suo palmo si apre per afferrarmi. Stendo il braccio, cerco di acchiapparla, voglio montare sul treno.

«Jeanne».

 

Non voglio questo per me.

 

I piedi si fermano, stavolta li ascolto.

Il treno continua a correre. Mia madre è lontana.

Mio padre è lontano.

Sono solo e bacio Anna.

La voglio. Sì, voglio lei.

Vedo i suoi e i miei passi in quella strada laterale a quel mondo. Al di là dei binari, oltre quella corsa, oltre quella vita.

La mia fuga di salvezza. La mia fuga di felicità.

 

È un attimo trascorso. Una scelta che ho fatto.

Un nuovo tutto è possibile.

E rido anni dopo perché so dove quella strada mi abbia portato.

 

«Nemo» vedo ancora i suoi occhi tristi di gioia. «Anna» assaggio le sue labbra e stringo il suo corpo.

Non è più solo un miraggio lontano.

  
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