-Mi
dispiace Young Bae-
Tre
parole.
Solo
tre parole e lei aveva chiuso la porta, lasciandolo lì, al freddo
e al gelo, senza un minimo di premura.
Erano
bastate quelle tre parole a mandare in mille pezzi il suo cuore,
tenuto al caldo e al sicuro, ormai, da quasi quattro anni.
Un
tuono riecheggiò in lontananza e la pioggia iniziò a scendere, prima
lentamente poi copiosamente, bagnando il suo viso e mescolandosi alle
lacrime
che già si erano fatte strada su quella pelle liscia, dove non c’era
nemmeno la
ricrescita della barba, rasata nel pomeriggio, in occasione di
quell’incontro;
iniziò a scendere, mescolandosi alla fragranza maschile che impregnava
i suoi
vestiti e il suo corpo, rendendo quel profumo più forte.
Young
Bae alzò il cappuccio della felpa sulla testa e iniziò a vagare
per la città, mentre lo scrosciare della pioggia era l’unico rumore che
le sue
orecchie udivano, il volto a fissare in terra, i passi lenti e sfuocati
a causa
delle lacrime che occupavano ogni millimetro dei suoi occhi, rossi e
gonfi per
il pianto.
La
fine di una storia durata così tanto tempo, la fine di un amore per
lui importante, nonché il primo, era doloroso e gli straziava il cuore.
Non
poteva negare che era già un lungo periodo di tempo che Han Na era
strana,
distante e distaccata; sembrava addirittura una persona diversa,
diversa da
quella che lui aveva scelto, diversa da quella che lo aveva colpito
talmente da
farlo uscire da quel guscio di timidezza in cui si ritrovava.
Diversa
da quella persona che lo aveva fatto innamorare.
Adesso
si sentiva vuoto, come se gli avessero strappato il cuore e
buttato da qualche parte lontano; solo che, purtroppo, sapeva che era
ancora
lì, a pulsare dolorosamente, dietro la gabbia toracica.
Era
questo che si provava quando si metteva il punto ad una relazione
importante?
Young
Bae se lo chiese più e più volte, mentre la forza di inerzia lo
faceva camminare senza meta; i suoi pensieri stavano urlando e lui era
concentrato su quelli, senza lasciargli ne il tempo ne la volontà di
prestare
attenzione a dove stesse andando e in che condizioni.
Era
distrutto ed era ormai notte inoltrata quando si accasciò contro un
muro, stanco e triste, sotto la pioggia che ancora non accennava a
smettere.
****
-Alex,
metti tu la spazzatura fuori?-
-Si!-
La ragazza si affrettò a riporre le pentole al loro posto,
cercando di fare attenzione; erano ormai un paio di mesi che lavorava
in quel
locale ma la sua sbadataggine non le era d’aiuto. Aveva più volte
rischiato di
rompere qualche piatto o bicchiere e lasciato cadere le pentole nel
tentativo
di riporle al loro posto, facendo arrabbiare il capo che le aveva
categoricamente ordinato di impegnarsi o l’avrebbe cacciata.
E
per lei, una straniera a Seoul che necessitava di un posto fisso per
vivere come si deve, quel lavoro era troppo importante e quindi si
stava
impegnando con tutta sé stessa, mettendo anche l’anima in quel che
faceva, che fosse
lavare i piatti, sparecchiare o solo buttare la spazzatura.
Anche
in quello, infatti, era negata; una volta aveva lanciato il sacchetto
con troppa violenza, ottenendo come risultato una busta rotta e tutti i
rifiuti
per terra, che aveva poi dovuto raccogliere con le mani per non
lasciarli sulla
strada.
-E
ricordati di poggiarla la busta, non di lanciarla!- si premurò di
raccomandarle la collega ma Alex si era già fiondata fuori, senza
riuscire a
sentire nemmeno una parola che la ragazza le aveva detto.
Quando
arrivò fuori, non si accorse che pioveva se non quando era già a
metà strada; si affrettò, quindi, a raggiungere il punto di raccolta e
depositò
le buste, facendo attenzione a non romperle, essendo che era già
bagnata e non
voleva rischiare di rimanere ancora sotto quella pioggia che non
accennava a
smettere.
Ma
qualcosa o, meglio, qualcuno, attirò la sua attenzione, facendola
ritornare sui suoi passi, nonostante stesse piovendo. Rannicchiata
vicino al
muro, con il cappuccio alzato, se ne stava una persona che si stava
prendendo
in pieno la pioggia, immobile e per nulla intenzionata a schiodarsi da
lì.
Aveva
il volto nascosto dal cappuccio e fissava per terra, così la
ragazza non riuscì a distinguere se fosse un uomo o una donna; non
potè, però,
fare a meno di seguire l’istinto e di avvicinarsi, incurante della
pioggia o di
qualunque altro fenomeno atmosferico. Lei era fatta così, era
impulsiva,
ingenua e, soprattutto, sensibile alla tristezza altrui, che riusciva a
percepire con un solo sguardo.
E,
quella persona, lo sentiva... stava soffrendo, in quel momento.
****
Sentiva
di essere bagnato fradicio ma non gli importava; sperava solo
che la pioggia potesse lavare via quella sofferenza che gli stava
attanagliando
il cuore, allontanandola da lui, in modo da fargli tornare il sorriso,
come era
sempre stato.
Sperava
in un miracolo e rimase lì, incollato a quel muro…
-Scusami…
stai bene?-
…
quando una voce, dolcemente preoccupata, gli fece alzare il volto e
incrociare un paio di occhi verde scuro che brillavano alla tenue luce
dei
lampioni che li circondavano.
Erano
bellissimi e lo fissavano davvero con apprensione, neanche percepissero
una parte della sua sofferenza interiore.
Young
Bae strabuzzò gli occhi.
Che
fosse arrivato il miracolo… in cui aveva tanto sperato?
-Lo
so che posso risultare indiscreta ma… sento che sei triste- aggiunse
ancora, facendolo allarmare ancora di più. Come faceva quell’estranea a
sapere
come si sentiva?
E,
soprattutto, cosa la portava a preoccuparsi tanto?
Quelle
domande gli frullarono in testa, cancellando per un attimo tutti
i pensieri che lo avevano oppresso fino ad allora; si concentrò su di
lei ma
non ebbe il coraggio di cacciarla via, né l’intenzione, beandosi di
nuovo di
quello sguardo così compassionevole e sincero che lei gli stava
riservando. E
non per semplice curiosità o altro; quella ragazza era lì, bagnata
fradicia,
solo perché sentiva che lui era triste.
E,
forse, fu proprio questo a farlo sistemare per guardarla meglio in
viso e a farlo rispondere, senza nemmeno pensarci su.
-No…
non sto bene- e di nuovo le sentì, le lacrime, quelle che fino a
poco prima gli avevano solcato il viso, scendere lungo le gote, già
bagnate
dalla pioggia; e pianse, pianse come un bambino.
E
lei lo abbracciò, stringendo a sé quel corpo nascosto dalla felpa,
quel corpo che profumava di uomo e che era scosso dai singhiozzi, quel
corpo
che aveva in sé una sofferenza notevole e palpabile anche a mille
chilometri di
distanza; non si curò di nulla, solo di stringerlo, sperando di poter
alleviare
un minimo le sue pene. Pianse anche lei attraverso una lacrima che,
solitaria,
percorse la sua guancia libera, mimetizzandosi nella pioggia.
Erano
lì, entrambi, sotto il cielo scuro e nuvoloso, persi in
quell’abbraccio,
due anime desiderose di calore; quella di lui che voleva assorbirne e
quella di
lei che voleva cederne, ma entrambe in cerca di qualcosa che nemmeno
loro
sapevano cosa fosse.
Alex
si premurò di accarezzargli la testa, abbassandogli il cappuccio e
toccando quei capelli corti dietro e lunghi sulla nuca, adesso
schiacciati e
ammaccati a causa dell’acqua; erano morbidi e profumati e, per un
secondo, la
fecero sorridere di tenerezza.
E
lei doveva sorridere per cercare di far sorridere anche lui.
Lo
cullò dolcemente, canticchiando una canzoncina che sua nonna le
cantava quando lei era piccola e, da bambina sbadata, cadeva, facendosi
male
alle ginocchia; cantò, lasciando che quel suono dolce si spargesse
nell’aria e
arrivasse anche al cuore ferito di Young Bae, fino in profondità.
Quando
poi si staccò, lo fissò negli occhi, asciugando il suo viso con
i polpastrelli e sorridendo, di nuovo, teneramente.
-Per
quanto possa far bene piangere, le persone hanno bisogno di
sorridere- iniziò a dire, premurandosi ad accarezzargli il volto, -una
persona
mi ha insegnato che la vita ci darà sempre mille e più motivi per
piangere… ma
sta a noi dargliene altrettanti per sorridere e bearci delle meraviglie
che
abbiamo intorno-
Il
ragazzo rimase colpito da quelle parole, colpito dalla sincerità e
dalla forte fede che la ragazza aveva riversato in quelle sillabe; lei
ci
credeva e lo stesso credo lo stava passando a lui, gratuitamente.
-Quella
stessa persona… mi ha anche insegnato un rimedio che cura
tutti i mali- la sentì dire ancora e, a quel punto, i loro occhi si
incrociarono di nuovo; poi, Alex si avvicinò e, dolcemente, poggiò le
sue
labbra su quelle di lui, in un bacio casto e semplice ma ricco di
affetto e
compassione, ricco di quel desiderio di assorbire e alleviare il dolore
che lo
stava attanagliando, ricco di una tenerezza che spazzò via,
completamente, la
sofferenza che lo aveva distrutto.
Non
era un bacio malizioso ma solo un gesto dettato dal cuore e
dall’innocente
impulsività del cuore puro di Alex.
Un
gesto piccolo e semplicissimo ma enorme allo stesso tempo.
Bae
si beò di quel contatto e lasciò scivolare via quell’infelicità che
gli aveva fatto compagnia, lasciando il posto solo alla luce che
quell’anima
gli stava trasmettendo; lo sentiva, lo sentiva quel calore e quel
pizzico di felicità
che gli riempivano il cuore, a poco a poco.
E
lei, dal canto suo, percepì altrettanto calore da lui, da lui che si
era arreso e che le aveva permesso di curarlo da quella profonda ferita.
Era
quello il miracolo di quella notte, il miracolo che avrebbe
cambiato per sempre la vita di entrambi.
E,
come se fosse in festa anche lui, il cielo ritornò limpido,
lasciando spazio alla luce delle stelle; la pioggia cessò e tutto
ritornò
silenzioso, come le loro anime che si erano perse in quell’abbraccio e
in quel
bacio ristoratore.
Alex
si staccò e sorrise, fissando quel manto nero pece e quelle
piccole pietruzze che risplendevano, lassù.
-Grazie-
lo ringraziò, incollando di nuovo i suoi occhi a quelli di
lui; lo stava ringraziando per avergli permesso di curarlo come aveva
desiderato fare, appena lo aveva visto.
Lui
sorrise, un sorriso felice e sereno, un sorriso che le tolse il
fiato; quanta luminosità che emanava e quanta gratitudine!
Lei
ricambiò, lasciando che i loro sorrisi risplendessero in quella
notte di magia.
E,
guardandolo per l’ultima volta, si alzò, ritornando verso il locale.
Young
Bae la fissò e non potè fare a meno di sorridere; quella ragazza
era speciale ed era grazie a lei se, adesso, si sentiva meglio.
Era
grazie a lei se la sofferenza era andata via e il cuore aveva
ripreso a battere, come prima.
Si
alzò in piedi, pronto a ricominciare, quando notò un piccolo oggetto
rosa per terra; prese il cellulare e illuminò il piccolo schermo
dell’oggetto che
aveva nelle mani, andando diritto ai messaggi ricevuti. Quando vide, in
uno di
questi, quello che stava cercando, sorrise di nuovo.
Era
il cellulare della ragazza… il cellulare di Alex.
Un segno che lei esisteva davvero e che
non era stato solo un
meraviglioso miraggio.
NOTE DELL'AUTRICE
Buonasera a tutti!
Eccomi qui, con una nuova one shot, stavolta a rating verde; ero in vena di dolcezza e mi è uscito questo.
Non so come sia, lascio a voi i commenti.
E' una ff incompiuta perchè non so se, in futuro, mi verrà voglia di farci una long; se l'ispirazione vorrà, sarò più che lieta di farlo =)
Un bacione e buonanotte a tutti! ♥
La vostra sognatrice LeLe_Sun