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Autore: moni93    26/03/2013    4 recensioni
I pensieri di Manigoldo prima della fine.
Una sequenza di ricordi, a volte confusi, altre volte limpidi come l'acqua di un ruscello. Ricordi felici, tristi, ma reali. E che appartengono solo a lui. A lui e al suo maestro, Sage.
Ho aggiunto alcuni dettagli sull'infanzia di Manigoldo che sono di mia invenzione. Spero che vi piaccia, quello che non sono riuscita a dire io, l'hanno detto le parole di una canzone...
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Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cancer Manigoldo, Cancer Sage
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Requiem For A Dream'
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TEACH ME AGAIN

 

What's it to walk on a silent road?

To be thirsty and wait for

Wait for the rain?

What is it like?

 

Ah, caro maestro... voi mi avrete pure insegnato tante cose, ma molte le conoscevo già.

Prima ancora che ci incontrassimo, io sapevo com’era stare sotto la pioggia, sapevo che faceva male più allo spirito che al corpo starsene lì, immobili, a subire quella grondante cascata di colpi. Una goccia mi fa ricordare il viso di mia madre, un’altra la giornata trascorsa a giocare con gli amici, senza un motivo, così. Semplicemente, avevamo voglia di vivere e di urlarlo al mondo.

È stato forse questo, il nostro peccato?

Aspirare alla gioia?

E certo, noi siamo solo spazzatura, ricorda, maestro?

Misera, schifosa spazzatura, che viene irrisa dagli dei. Anzi, nemmeno questo. Siamo troppo insignificanti, per essere notati. D’altronde, quando si getta l’immondizia, non la si osserva. Né uno sguardo di rammarico, né una parola di conforto o di schermo, nulla.

Solo, veniamo sostituiti da altra spazzatura.

E questo misero destino, non lo possiamo cambiare.

 

You wake me up with a ray of light,

Tell me a joke and if you don't know one,

Never mind!

Can't we just look at the Sun?

 

Avevo sentito dire che, quando si sta per morire, si rivive ogni istante della propria vita al rallentatore. Se la vita è uno spettacolo teatrale, la mia si concluderebbe in mezzo atto.

Cosa avrei da raccontare, eh?

I miei primissimi anni su questa terra infame e meravigliosa, sono offuscati, confusi.

Le melodie di mia madre, mentre mi cullava dolcemente.

Le storie di mio padre, circa grandi cavalieri e valenti condottieri.

I dispetti di mia sorella, quella disgraziata, che non mi lasciava in pace nemmeno quando non potevo ancora reggermi in piedi da solo. Eppure, quando ripenso alla terribile febbre che mi colpì a sette anni, rammento la sua figura, seduta accanto a me nel lettino che, per le mie minute dimensioni, mi appariva enorme. Mi stringeva forte forte la manina, e mi parlava, parlava, tutta la notte. Per farmi sapere che non ero solo, che lei non voleva che me ne andassi, anche se gli stavo antipatico, perchè adesso mamma e papà si interessavano più a me, che di lei.

“Ti voglio bene, fratellino... se non muori, prometto di non farti più i dispetti! Lo giuro, al massimo uno ogni tanto, per mantenere le apparenze, ecco!”

Non sono sicuro di quelle parole.

A essere sincero, forse me le sono inventate io, durante un sogno, chissà.

A me, però, piace pensare che me le abbia dette sul serio, ma anche se così non fosse, non m’interessa. Perchè so che, nel profondo, le pensava veramente tutte quelle belle cose.

Ne sono certo, perchè ha mantenuto quella promessa.

Non c’era giorno in cui non mancasse di mantenere le apparenze. Una palla di fango in faccia, o meglio ancora sul vestito nuovo, così mamma me le diceva contro per tutto il pomeriggio, mentre lei se la rideva in un angolo. Una generosa spintarella nel fiume, che per poco non mi fece affogare. Stavolta fu lei a sorbirsi una ramanzina che fece sentire in colpa perfino Belzebù. Ma non lei, non certo mia sorella. Troppo orgogliosa per ammettere di avere torto, casomai era il mondo che funzionava male! Però scusa me l’ha chiesta, di nascosto, quando pensava che dormissi...

Eheheh, la mia dolce sorella, l’unica al mondo in grado di farmi uscire dal letto per andare a scuola. Nemmeno mamma ci riusciva, ma lei era speciale per me. Era il mio vanto, il mio orgoglio. La mia stella personale che brillava anche di giorno, anche quando tutto andava male.

Se la mia vita si fosse conclusa a dodici anni, forse questo sarebbe stato il massimo dei miei ricordi. I ricordi di un povero, miserevole, bambino orfano.

Le memorie, di un pezzo di spazzatura, talmente impuro, da non meritare nemmeno di morire con i propri cari.

 

And live a lifetime in a day

like some butterflies? Not quite the same!

A lifetime in a day

in which we learn to fly out of our cage!

 

Rimpianti?

Ahahah, c’è tutta da ridersela!

Rimpianti, io? Il bambino che perseguitava a respirare, appestare l’aria con la sua esistenza, mentre assaliva i passanti e conversava con le anime dei propri cari? Anime, talmente ferite e deboli, da poter solo splendere intorno a me, come fuochi fatui, come guide nelle notti di luna nuova della mia fanciullezza.

Non c’era giorno in cui non mi dannassi, in cui non mi odiassi.

Perchè, perchè stramaledizione non ero morto anch’io?

Perchè mi avevano abbandonato tutti?!

Ero forse così indegno di morire? Di stare assieme a loro? Non andavo bene, così com’ero?

Mamma, papà... sorella... amici... voi non mi amavate per come ero?

“Sei il mio splendido tesoro!”

“Il mio ometto, che un giorno farà stragi di cuori, tra le ragazze!”

“Stupido fratellino, certo che ti voglio bene!... Ma dillo in giro e sei morto, intesi?”

“Dai, vieni a giocare con noi, altrimenti non ci divertiamo!”

Speravo di vederli ancora, perchè incontrarli unicamente nei miei sogni, per poi vederli svanire all’alba, o come più spesso mi capitava, nel cuore della notte, dopo l’ennesimo incubo, non mi bastava. Mi straziava dentro, mi faceva venir voglia di usare il mio coltello per ferirmi e farla finita. Potevo raggiungerli, bastava poco.

Un taglietto da nulla, e via, sarei stato nuovamente con loro.

Ma mi fermavo sempre un attimo prima.

La mano tremava troppo...

No, non è corretto... loro mi impedivano di compiere l’estremo passo.

Per un istante tornavano in vita, e mi osservavano con preoccupazione e sconforto.

“Non farlo, non farlo... noi vogliamo che tu viva!”

Bastava quello.

Gettavo lontano da me il coltello, e piangevo, celando il volto tra le ginocchia.

Non volevo che mi vedessero in quello stato...

 

So what is the smell of summer like? And

what is the sound of your heart when you're running? And

what is to be fearless like? And

what is to have nothing in mind but plenty of space?

 

Quante domande che avrei voluto porre loro.

Quanti quesiti, quanti dubbi che i miei cari avrebbe svelato, con più o meno sincerità.

Perchè non posso dormire nello stesso letto con la sorellona?

Perchè lei me lo lascia fare, quando fuori ci sono i tuoni, o quando ci sono mostri cattivi che mi vogliono mangiare sotto il letto? E non provate a dirmi che non ci sono, perchè lo so che si rendono invisibili agli adulti, per ingannarli, mica sono scemo!

Perchè quando corro mi batte forte il cuore? E perchè mi capita anche quando quella bambina mi fissa?

Perchè mamma, quando ti chiedo da dove vengono i bambini, scoppi a ridere e mi dici di chiederlo a papà?

Perchè papà, quando ti chiedo da dove vengono i bambini, strabuzzi gli occhi e poi, con un sorrisetto strano, quello che regali a mamma quando le sussurri misteriose cose all’orecchio, che poi la fanno arrossire e ridere, mi dici: “Vieni qui, figliuolo, è ora che tu diventi un uomo... ma non dire a mamma che te l’ho detto!”?

Perchè, poi mamma arriva, ti picchia il mattarello in testa e urla: “Prova a dirglielo, e passerai il resto della tua vita su quel divano... e non solo la notte! Anche durante i pranzi!”?

Perchè sono ancora troppo piccolo per certe cose?

Che poi, quelle certe cose, cosa sono?

Ma soprattutto... mamma, dimmi... perchè mi fa tanto male il cuore, quando ripenso a noi?

Perchè non possiamo più giocare assieme?

Perchè non mi racconti più le tue favole, eh, mamma?

Perchè non mi vieni a prendere?

Giuro che sarò bravo, prometto che farò i miei compiti, finirò tutta la cena, anche le verdure che mi fanno schifo... sarò migliore, te lo prometto!

Solo... rispondimi mamma...

Quando mi vieni a prendere?

 

In this place there's the law of the strongest

but we confuse the weak with the one that

makes big mistakes

and the strong with the perfect

 

La mia innocenza, la mia infanzia, è morta quel giorno.

Io sarò pure sopravvissuto nel corpo a quella terribile strage, avvenuta per un gioco di adulti chiamato Guerra, ma dentro ero vuoto, una bambola senz’anima né padrone.

Potevo solo rubare e mangiare, dormire e ripararmi dalla pioggia con qualche straccio.

Tutto il resto, il mondo, le risate, le altre persone, erano come svanite.

Spazzatura.

E a cominciare da un certo punto, perfino il dolore svanì.

È così che funziona il mondo: il più forte prevale sul debole, e se sei debole, o diventi più forte o soccombi. Ma anche questo, è un’illusione, è solo la lezione di base. A cosa serve essere forti, potenti o ricchi?

Tanto quando si muore, si finisce sottoterra e la nostra anima cessa di esistere.

Quando l’orologio scocca per noi la mezzanotte, non c’è ricchezza o potere, affetto o devozione, che possa salvarci.

Siamo scarti di esseri perfetti, di divinità che ci rinnegano e che osservano le nostre vite, come noi osserviamo con ludo le formiche. Quando ci annoiamo, possiamo anche andarcene, e lasciarle al loro triste destino. Che ce ne importa? Tanto sono tutte identiche, non c’è gusto.

Oppure, le possiamo schiacciare. Per dimostrare di essere superiori almeno a qualcosa.

Possiamo decidere la vita o la morte degli esseri viventi a noi inferiori, questo è il nostro solo vanto. Il resto, è mera illusione.

Perfino lo spettacolo del prestigiatore, tuttavia, giunge al termine.

Il sipario cala, e non ci saranno applausi.  

 

And live a lifetime in a day,

like some butterflies? Not quite the same!

A lifetime in a day,

in which we learn to fly out of this cage!

 

Fine dello spettacolo.

Sono graditi applausi, ma anche verdura e ortaggi vari, che riempiono lo stomaco meglio di arbusti ed erbacce acide.

Non vi è piaciuto?

Troppo melodrammatico?

Signori e signore, questa è la mia vita, se non vi piace, voltatevi dall’altra parte e scordatevi di me. Come hanno fatto tutti...

Ecco, così sarebbe dovuta andare a finire.

Invece no!

No, no, no, nossignore!

Dopo quasi due anni che vivevo in quelle disgustose condizioni, sul mio cammino apparve un vecchio. Un vecchiastro rugoso e agghindato come un re, pensa un po’ che tonto! La preda perfetta, da uccidere e poi derubare. Cosa ci facesse lì, perchè aveva quell’aria forte e temibile, ma allo stesso tempo gentile e comprensiva, non me lo chiesi. Non mi posi il dubbio che, forse, la sua regalità non era data dagli abiti, ma dal suo spirito. Non ci badai neanche. E che mi fregava?

Solo altra spazzatura da smaltire nell’Ade, sai che roba.

Invece feci male, malissimo i miei conti.

Quel vecchio saccente, quel trombone arrogante, sì, proprio di lei sto parlando, maestro! Ha capito bene, lei per me non era altro che un fastidio, un indesiderato. Come me.

Che voleva, eh?

Con le sue belle parole, sperava forse di redimermi? Di farmi comprendere chissà quale segreto della vita? Che c’era speranza anche per me? Che qualcuno... qualcuno ancora mi volesse?

“Per me la vita, non è mai spazzatura, per nulla al mondo. Nemmeno la tua.”

Mi prendi in giro... non è possibile, non ti credo!

Se la vita non è spazzatura, allora cos’è?!

“Un universo.”

Quando guardo il cielo, oggi come allora, perchè mi sembra di vederlo per la prima volta? Come se all’inizio non avesse tutte quelle stelle, tutta quella profondità, tutto quel significato.

“Le nostre vite sono minuscole, se prese singolarmente. Eppure, ognuna di esse costituisce un frammento dell’universo. Se lo si comprende, sentendo e ardendo la propria vita, ciascuno di noi è in grado di farla brillare.”

Adesso lo so, maestro, ma allora non riuscivo a capirlo.

Io non ero spazzatura... io non sono spazzatura! Riuscivo a pensare solo a quello, e anche ora che combatto contro un dio, contro quella divinità della morte che tanto stimavo e lodavo, la mia mente mi urla questo.

Non sono spazzatura, non lo sono mai stato.

E voi, maestro, mi volevate già bene... anche se io non capivo.

 

So what is the smell of summer like? And

what is the sound of your heart when you're running? And

what is to be fearless like? And

what is to have nothing in mind but plenty of space?

 

Voglio imparare!

È inutile che mi fissiate con quell’aria stupita, maestro, ma io intendo imparare, e voi mi insegnerete!

Certo, non mi interessa un fico secco delle vostre filippiche, circa il fatto che manco sempre agli allenamenti, o che creo risse con i compagni di camerata, o che tiro su le gonne delle sacerdotesse. Come se lei non l’avesse mai fatto! Tsk, che essere ingiusto e presuntuoso che è, maestro!

Io voglio imparare, insegnatemelo!

Sono stanco della mia vecchia vita, sono stufo di essere Manigoldo, il boia, il crudele, il carnefice. Voglio valere di più, voglio essere una persona migliore.

E per migliore, non intendo perfetta o ineccepibile.

Voglio soltanto essere me stesso, e come unica guida voglio voi.

Non vi va bene?

Cavoli vostri, siete stato voi a raccattarmi da terra, a darmi una casa, uno scopo, una vita.

L’unica cosa che posso fare ora, l’unico metodo che ho per dimostrarvi che non vi sbagliavate, che voi riponevate tanta fiducia in me, in egual misura all’affetto che io ponevo in voi, è quello di diventare cavaliere. Non più di sopravvivere, quindi, ma di vivere.

Eh lo so, così facendo temete che voglia prendere il vostro posto, che vestendo l’armatura del Cancro, io possa identificarmi in voi. Suvvia, vecchio Sage, un po’ di autostima! Nessuno potrebbe mai prendere il vostro posto, nessuno vorrebbe mai essere un vecchio trombone essiccato!

Io sono bello così, impulsivo, tenace e stolto quanto basta a far incavolare i compagni, ma a conquistare le belle donzelle.

Voi mi avete insegnato a essere me stesso, e io non intendo deludervi.

La mia lezione, l’ho imparata.

 

Teach me again! Teach me again, please!

Teach me again! Teach me again!

 

Sono a posto così.

Ho dato un pugno alla Morte, nel vero senso della parola. Spero che a Thanatos rimanga il livido, come ricordo della mia forza, ahahahahah!

Sì, sono proprio soddisfatto.

Ho servito Athena, ho salvato quegli stupidi mocciosi di Tenma e compagnia bella, ho perfino rivisto Yuzuriha... però, è cresciuta bene la bambina. Che dice, maestro, ho qualche chance di provarci? No, eh?

Ah già, è vero che le ragazze amano i ragazzacci duri e col passato tenebroso, per poterli così accudire, le fa sentire come mamme che coccolano i propri figliuoli.

Vero anche, però, che mal sopportano i cadaveri, ed io sto per diventare tale.

Ops, forse ho un tantino esagerato con quel pugno, ora sì che Thanatos è incazzato nero!

Ma la colpa è anche sua, maestro! Poteva portarsi dietro qualche altro talismano! E poi, sempre a me fa fare il lavoro sporco. Tsk, alla fine mi tocca fare l’eroe, che spreco per le giovani pulzelle che attendevano in grazia il mio ritorno al Santuario!

Veda di consolarle a dovere, perlomeno, neh, vecchiaccio?

Le faccio un regalo d’oro, non lo sprechi!

Io ora vado... però... mi farebbe un ultimo favore?

Sono egoista, me ne rendo conto, però, mi insegnerebbe ancora una volta?

Anche una lezione elementare, anche una frase fatta... va bene, ma mi parli ancora, maestro.

Per favore...

 

So what is the smell of summer like? And

what is the sound of your heart when you're running? And

what is to be fearless like? And

what is to have nothing in mind but plenty of space?

 

No, eh?

Eheheh, il solito vecchio stolto, troppo preoccupato per la fine del mondo per badare al suo allievo. Ma dico, l’umanità verrà pure dopo di me, o no?

Ecco fatto, oramai ci siamo, basta con le idiozie.

“Armatura del cancro, torna dal tuo proprietario!”

Sono le mie ultime parole.

Perchè è lei il maestro, è lei il vero eroe.

Io sono solo l’allievo, l’ombra.

Dovrei essere triste, per questo, invece non posso fare a meno di sorriderle ancora.

Vuole sapere cosa risponderei a qualcuno che mi chiedesse, perchè ci siamo incontrati? Anzi, perchè ci siamo legati così indissolubilmente l’uno all’altro, come il cielo con la terra?

È un esame a sorpresa, vero?

Dannato vecchio...

Ebbene, non lo so. Non ne ho idea.

Destino, forse? Il Caso?

Il fatto che abbiamo condiviso lacrime e sorrisi? Perdite e trionfi?

Per l’affinità delle nostre anime?

Non ne ho idea, e sinceramente, non m’interessa.

Forse doveva solo accadere, punto.

“Sono felice di averla seguita, maestro.”

Così va meglio.

Questo sono io, queste sono le mie ultime volontà, i miei ultimi ricordi prima della fine.

Lei, in piedi su di un macigno, che mi spiega come frantumare un masso, alternando citazioni di dotti filosofi, che non avevano di meglio da fare che ciarlare del nulla. Cosa c’entra poi il cosmo con un pugno ben assestato, ancora non l’ho capito. Però io sono lì, accanto a lei, svaccato al suolo che fingo di dormire, quando invece non mi perdo una sola sillaba.

Grazie, maestro.

 

Teach me again! Teach me again!

Teach me again, please! Teach me again!

Teach me again...

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Peste e carestia su di me!!!

A meno di 24 ore dalla pubblicazione del nuovo capitolo sulla mia long dei Lost Canvas, che è a un quarto del suo completamento, io che faccio?! Scrivo una fic su Manigoldo, ma sarò demente!!

Ehm... ciao! Perdonate lo sclero! xD

Sono io, Moni, la matta che ha tre fic a capitoli da postare, più una ventina di racconti vari da completare, e che nonostante tutto, in un botto di creatività, decide di scrivere a tempo di record una nuova storia su un personaggio che adora: Manigoldo del Cancro!

Mi è venuta in mente assolutamente per caso. Stavo entrando su Fb, per vedere se non c’erano news, quand’ecco, mentre digito la password, sorgermi alla mente la bellissima canzone di Tina Turner ed Elisa “Teach Me Again”. Poi, l’immagine di Manigoldo e del suo maestro Sage.

Eh no, maledizione, c’ero cascata di nuovo!! 

Purtroppo all’ispirazione non si comanda, brutta bestia...

Molti dettagli dell’infanzia di Manigoldo sono di mia invenzione. Sia nel manga che nel Gaiden, non viene specificato nulla sulla sua vita prima dell’incontro con Sage. Non chiedetemi perchè, ma io ce lo vedevo con una sorella maggiore... So che quanto dirò sarà l’ennesimo gesto masochista nei miei confronti, ma ho intenzione di scrivere una fic su quel periodo della vita di Manigoldo. Sarà a capitoli, sarà lunga, conoscendomi, e mi ridurrò uno straccio per completarla. Ma ci tengo a farla... chissà se qualcuno di voi avrà il coraggio di leggerla?

Non ho altro da aggiungere, se non che attendo commenti, di ogni sorta, e che se qualcuno è interessato a conversare con me di questo fantastico personaggio (o anche di altri!), ben venga! Io sono sempre aperta e disponibile al dialogo.

A fra pochissimo, per quelli che attendono la mia long, non odiatemi, sarò puntuale lo stesso, giurooooo!!! (o almeno ci provo, dai! xD)

Un bacione!


Moni =)

   
 
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