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Autore: kamy    26/03/2013    1 recensioni
Partecipa al Challenge Think Angst.
What if e probabilmente anche AU che coinvolgono i personaggi di Dragonball Z. Una serie di scene particolarmente tristi e introspettive, perché il dolore può toccare tutti.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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01. Coltello

02. Corda

03. Veleno 

04. Pistola 

05. Fuoco 

06. Vetro

07. Medicine

08. Rasoio

09. Posacenere 

10. Cuscino

COMPLETATE: 0/10

 

Capitolo 1 Suicidi

01. Coltello

 

Le nuvole candide solcavano il cielo azzurro, sopra la serie di lapidi. Le fotografie di Bulma, Vegeta, Gohan e degli altri eroi erano più o meno ingiallite. Le lapidi erano ingrigite, solo una, più vicina alla casetta a forma di cupola, era ancora candida.

Davanti ad essa stava una figura femminile ingobbita.

Pan sollevò il coltello da cucina, guardando la propria immagine riflessa nella lama liscia, e sorrise. Si allontanò una ciocca di capelli ingrigita da davanti al viso e unì le ginocchia. Sollevò la testa, segnata da delle rughe profonde, e accarezzò la lapide bianca. Le sue labbra sottili tremavano, lasciando scoperti i denti ormai irregolari.

“Ho sbagliato a farti allenare, del mio nonnino avevi solo il nome nipotino mio” sussurrò. Sollevò la mano e accarezzò la scritta incisa nel marmo: ‘Goku jr.’.

Strinse l’elsa di legno del coltello con entrambe le mani, fino a far sbiancare le nocche delle mani ossute, dalla pelle ingiallita segnata da macchie nere.

“Questa volta non sarò io a seppellire un altro caro” disse con voce stanca. Si conficcò il pugnale nella gola, incidendo la pelle, il sangue schizzò sulla lapide e sporcò il vetro sopra la fotografia. Coprendo la figura sorridente del bambino e gocciolando sulla superficie candida.

Il corpo di Pan cadde nell’erba umida e il coltello, sporco di sangue, rimase abbandonato nella mano aperta della donna.

 

02. Corda

 

Yamcha si sporse sulle punte dei piedi e appoggiò la mazza da baseball nell’ultimo ripiano dello scaffale di legno, accanto alla fotografia ingiallita di Pual, intento a sorridere con gli occhi chiusi.

Il terrestre si grattò la guancia, si passò il polpastrello sulla macchia nera sotto le rughe intorno agli occhi, il suo viso invecchiato era ingrigito. Si sfilò il cappellino e rimise i talloni a terra. Si voltò e fece un paio di passi, lanciò il copricapo sul tavolo, sopra il giornale. Quest’ultimo era ingiallito dal tempo, spiegazzato, nella prima pagina riportava la foto di un giovane Yamcha con la coppa di baseball tra le mani e la sua squadra festante alle spalle.

Yamcha raggiunse lo specchio e lo raddrizzò, sporcando di lunghe strisce nere il muro, si allontanò un paio di ciocche bianche da davanti al viso. Sentì dei tonfi, delle sirene e sorrise.

Le luci blu delle macchine della polizia si rifletterono sui vetri del suo appartamento.

“Per un po’ di conti non pagati la fanno davvero tragica, in fondo un tempo ho salvato questo pianeta” biascicò Yamcha. Si leccò le labbra, sentendole secche e si girò. Salì sulla sedia, afferrò i lembi della corda e infilò la testa nel cappio. Spinse la sedia e la fece cadere a terra con un tonfo, l’osso del collo si spezzò di netto, mentre la corda si stringeva intorno a lui.

La sua ombra appesa, leggermente intenta ad ondeggiare, si allungava sulla parete illuminata dalle luci blu.

 

03. Veleno

 

C18 si appoggiò alla parete rosa della Kame-house e chiuse gli occhi. Si allontanò un ciuffo di capelli biondi da davanti agli occhi, le sue iridi azzurre brillarono glaciali. Avvertì una serie di fitte al petto, infilò la mano sotto la casacca e ne estrasse una fiala.

 

“Quindi se bevo questa sostanza risulterà del veleno per me?” domandò C18. Piegò di lato la fiala e guardò il liquido azzurrognolo, batté un paio di volte le palpebre e si girò verso Bulma.

“Sì, sta attenta” le rispose la scienziata.

 

C18 stappò la fiala e se la avvicinò alle labbra, annusò e soffiò. Sentì le narici bruciare e chiuse gli occhi.

“Alla tua salute Crilin, in qualsiasi paradiso o inferno tu ti trovi” sancì. Si portò il bordo alle labbra e diede una sorsata. Il suo cervello iniziò a dare una serie di errori a cascata, la sua visuale divenne totalmente blu, mentre delle scintille sprizzavano da tutti i circuiti del suo corpo. I suoi arti si piegarono in modo innaturale e cadde a terra schiantata, chiuse gli occhi e si spense.

 

04. Pistola

 

C17 infilò i proiettili nel fucile, caricandolo, allungò le gambe e sospirò. Il collo dalla pelle pallida era arrossato sotto il fazzoletto che portava e gli stringeva la pelle. Accarezzò il manico di legno levigato della sua arma.

“Sei sempre stato il mio migliore amico” bisbigliò. Socchiuse gli occhi, li sentiva bruciare e strinse le gambe.

“Come cacciatore e come cyborg non ti preferirei nemmeno una macchina da corsa”. Aggiunse con voce roca, fu scosso da una serie di brividi. Si portò la canna alle labbra e chiuse gli occhi, i capelli neri gli aderivano al viso. “Per questo, mio fidato, non posso chiederlo a nessun altro”. Aggiunse.

< Ora aiutami ancora una volta, fammi raggiungere mia sorella > pensò, sentendo il metallo sotto le labbra. Premette il grilletto e lo sparo risuonò nella stanza.

Uno stormo di corvi spiccò il volo fuori dalla finestra.

 

05. Fuoco

 

“Miliardario sposa donna della sua vita. Il bellissimo e atteso matrimonio si svolgerà …” lesse a bassa voce la ragazzina. Lanciò il giornale a terra, la carta s’impregnò di liquido, scurendosi. Pan inspirò, sentendo la puzza della benzina che copriva il pavimento, le iridi nere erano liquide. Infilò la mano in tasca e ne estrasse un accendino, l’aprì e lo fece scattare. Guardò la fiammella e sorrise.

“Spero che tu possa bruciare all’inferno con lei, Trunks” bisbigliò. Lasciò cadere l’accendino e la benzina intorno a lei prese fuoco, avvolgendola.

Le sue urla riempirono l’aria.

 

06. Vetro

Bra si avvicinò allo specchio, si accarezzò il viso sentendo le rughe sotto le dita. I capelli grigi le incorniciavano il volto pallido, le occhiaie le lasciavano dei segni neri intorno agli occhi azzurri. Passò più volte l’indice sulle macchie nere e rabbrividì vedendo una macchia giallastra accanto al mento.

“Una vita senza bellezza non è vita” ringhiò. Gettò a terra lo specchio frantumandolo e ghignò. Afferrò il bordo del vetro, i polpastrelli si tagliarono e il sangue scivolò lungo il vetro, oscurando il suo riflesso. Premette il frammento dello specchio nel polso e aprì una ferita. Dal segno bianco iniziò a sgorgare del sangue, lasciò cadere il pezzo di vetro sporco di liquido vermiglio e si appoggiò contro il divano.

< Rimarrò qui, lasciando che l’esistenza scorra via da me. Addio linfa vitale >.

 

 

07. Medicine

 

“Mi dispiace fratellone, hai fatto tutto il possibile” sussurrò Goten. Si piegò in avanti, si sporse e accarezzò la spalla del fratello.

Gohan singhiozzò, il viso era in ombra coperto dai corti capelli neri. Sollevò la mano e accarezzò quella del minore.

“Ti prego, portami un bicchiere d’acqua” implorò.

Goten allontanò la mano e sospirò.

“Sì, fratellone” sussurrò.

Gohan sentì i suoi passi allontanarsi, si piegò in avanti e accarezzò il viso di Videl. Sentì la pelle gelida sotto le dita e singhiozzò più forte.

“Potevamo passare ancora molti anni insieme” mugolò. Le allontanò una ciocca nera dal viso e le chiuse gli occhi, le iridi erano bianche.

“Non è giusto” ringhiò. Si voltò, afferrò una boccetta e l’aprì. Si versò delle pillole rosse sulla mano e strinse il pugno.

“…Ma almeno passeremo insieme la morte” bisbigliò. Si portò le medicine alla bocca e le ingoiò tutte insieme.

 

08. Rasoio

La piccola Chichi si sporse sulle punte e abbassò la maniglia, spinse la porta ed entrò. Udì un tonfo, rabbrividì e avanzò. Batté un paio di volte le palpebre e afferrò la lama sul caschetto che teneva in testa, si spostò di lato evitando il casco del genitore abbandonato sul pavimento.

Raggiunse il letto matrimoniale, appoggiò le mani sul materasso e si issò. Abbassò il capo, la coperta bianca era macchiata di sangue.

Sollevò la testa e strillò, portandosi la mano alla bocca. Le mani di sua madre erano abbandonate su un rasoio, conficcato nella sua gola.

La sovrana era immersa nel suo stesso sangue.

 

09. Posacenere

“Vedi piccola mia, non si deve fumare. Fa davvero molto male alla salute” sussurrò la donna. Piegò di lato il capo e sorrise in modo innaturale.

La piccola Videl deglutì e annuì. I suoi occhi dalle iridi azzurre incontrarono quelli della madre.

La mora più grande fece un paio di passi avanti, facendo strofinare il bordo della vestaglia sul pavimento. Si piegò in avanti e afferrò un posacenere di cristallo, colpì il tavolinetto un paio di volte, questo tremò, e il soprammobile si spaccò a metà, facendo volare frammenti tutt’intorno.

La bambina saltò in piedi e la sedia dietro di lei cadde a terra con un tonfo.

La madre ridacchiò, strinse con entrambe le mani il frammento di cristallo appuntito, graffiandosi le dita.

“Ormai per la mamma è troppo tardi” disse, conficcandoselo nel ventre.

 

10. Cuscino

 

Vegeta afferrò il cuscino e se lo strinse al viso, inspirò e chiuse gli occhi. Allungò le gambe e sentì gli occhi pizzicare, una lacrima gli solcò la guancia.

“Ha ancora l’odore di mia madre” biascicò con voce roca.

 

La regina si piegò in avanti e gli accarezzò il viso.

“Un giorno diventerai come tuo padre e io non vorrò esserci” sussurrò. Il figlio batté le palpebre e si morse il labbro. Guardò la madre girarsi e raggiungere la finestra.

La donna abbassò la maniglia e aprì le ante.

Il piccolo si mise in piedi guardandola salire sul cornicione.

“Madre” chiamò.

Rosicheena fece un passo avanti e precipitò nel vuoto.

 

“Madre” chiamò il bambino. Digrignò i denti e strinse più forte gli occhi, dimenando la coda.

  
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