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Autore: promiserauhl    26/03/2013    1 recensioni
"Mi fermai a guardarlo dimenticandomi del mondo. Era alto, biondo, aveva zigomi ben definiti...un modello, poi indossava una canottiera nera aderente e dei pantaloni attillati in pelle neri. Cos'era? Un modello? Un dio?"
(è la mia prima fanfiction siate buoni)
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Come immaginavo sono sola, di nuovo sola con quel piatto davanti e circondata da persone che mi guardano con disgusto, poi abbassano i loro sguardi da serpi e ridono...di me.  Dopotutto hanno ragione, sono ridicola anzi no non sono ridicola, sono disgustosa; credo di fare veramente schifo. No, il mio corpo fa schifo.

Quello era il problema: il mio corpo!
Non sono piatta, non sono magra, non sono formosa, sono grassa. Lo so, sono orribile; poi almeno avessi un bel faccino come alcune ragazze che vedo, sono robuste (non grasse) e hanno un viso stupendo, sono meravigliose.
Io no...io no.

Ero ancora seduta nel tavolo all'angolo della mensa con quel piatto davanti, conteneva: patatine fritte, un filetto di carne e un paio di panino in disparte.

Guardai il piatto e sospirai. Presi forchetta e coltello, stavo iniziando a tagliare la carne ma qualcosa mi fermò e una vice nella mia testa mi disse di non farlo. Non dovevo mangiare quella roba, dovevo dimagrire.

Ma avevo troppa fame, non sarei riuscita a resistere. Buttai tutto tranne il pane, presi i panini e lo mangiai con calma e lentamente, non ce l'avevo fatta, non ero riuscita a non mangiare.

Non ho avuto autocontrollo, non sono riuscita a rimanere a digiuno.
Mentre pensavo mi accorsi che la campanella era suonata e nella mensa erano rimasti in pochi, gli altri erano andati ognuno nelle proprie classi. Mi alzai guardandomi i piedi, spostai lo sguardo un po' più in alto e notai le mie cosce e l'unica cosa da dire che mi venne in mente era: CHE SCHIFO!

Avviandomi verso il mio armadietto per prendere i libri notai che lì vicino, appoggiato ad un altro armadietto, c'era un ragazzo accerchiato da un mare di persone; non è vero erano solo due ragazze ma per me che sono abituata a stare sola sembra molta gente.

Mi fermai a guardarlo dimenticandomi del mondo. Era alto, biondo, aveva zigomi ben definiti...un modello, poi indossava una canottiera nera aderente e dei pantaloni attillati in pelle neri. Cos'era? Un modello? Un dio?
Restai a fissarlo finché si girò e io dall'imbarazzo abbassai lo sguardo, si girò e lo stesso feci anche io.
Tornata al pianeta terra mi accorsi che era tardi ed entrai di fretta in classe inciampando dopo l'entrata. Tutti si misero a ridere; lo so, lo so, sono goffa e ridicola.

Cercai di rialzarmi in modo normale ma appena mi sollevai caddi supina, altra risata, scappò una risatina anche al professore ma subito dopo si ricompose, si sistemò gli occhiali e disse: " signorina Stephan, smetta con queste scene e vada al suo posto". Mi limitai ad annuire, mi alzai molto lentamente e tenendo il capo abbassato andai al mio banco e mi preparai per due ore di noia.
Nel frattempo pensai al ragazzo che avevo visto prima, ero rimasta affascinata, oltre al suo aspetto perfetto sentivo che aveva qualcosa di speciale.

Avevo la testa tra le nuvole quando... "Signorina Stephan" disse il professore "è tra noi? La sto richiamando per la seconda volta e non vorrei essere costretto a mandarla dal preside", " No, mi scusi"  risposi semplicemente.

Finita la scuola tornai a casa, sinceramente preferivo restare a scuola, a casa mi aspettava mia madre.

Era una donna, non severa, ma proprio cattiva.

Anche il suo aspetto era sgradevole: capelli corti sparati per aria, viso quadrato, pelle invecchiata, molto (troppo) robusta e (non ci crederete mai) ha anche un pelo da strega sul mento.

Mentre tornavo a casa piano, piano, piano, con tutta la calma del mondo e gli auricolari attaccati alle orecchie, vidi lui.
 
Mi fermai, era appoggiato ad una range rover (dubito fosse sua) con gli stessi abiti e lo stesso fascino di qualche ora prima.
 
Per un momento anche la musica si fermò, ma tutto tornò alla normalità quando fece per andarsene.
 
Sospirai trattenendo il respiro per qualche secondo e poi buttai tutto fuori; incurvai la schiena per poi volgere lo sguardo verso il cielo, le nuvole erano dense e grigie, stava per mettersi a piovere, dovevo fare in fretta a tornare a casa, ero senza ombrello e non andava di bagnarmi.
Iniziai di nuovo a camminare accelerando il passo.
 
Arrivata davanti al portone di casa presi le chiavi, aprì la porta d entrai.
 
"Sono tornata. Ciao, mamma" gridai, "Ciao, Amelie. Com'è andata a scuola?" disse; risposi: "Bene...tutto bene".
 
Si... tutto "bene".
  
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